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Autore: isabel_benson    07/09/2012    1 recensioni
E' ormai passato un anno dall'ultima avventura di Percy e i suoi amici.
Arrivano nuovi semidei da tutto il mondo, nuove cabine vengono costruite.
L'Olimpo è finalmente tornato un posto sicuro, come una volta.
Insomma, tutto procede come dovrebbe...o quasi.
Genere: Fantasy, Fluff, Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Percy Jackson, Quasi tutti, Tre Pezzi Grossi
Note: Otherverse | Avvertimenti: Incompiuta
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Sentii bussare alla porta :”Avanti Percy! E' ora di andare!”. Come immaginavo era mia madre. Guardai l'orologio al polso, era ora di partire, finalmente. Anche se avevo scelto di tornare a casa a New York per l'anno scolastico, non vedevo l'ora lo stesso di tornare al Campo Mezzosangue. Era come una seconda casa, una seconda famiglia. Li potevo essere me stesso ventiquattro ore su ventiquattro. Avrei rivisto Chirone, l'addetto all'addestramento degli eroi, avrei rivisto Grover, il mio migliore amico satiro. Ma soprattutto avrei rivisto Annabeth, la mia ragazza. Erano sei mesi che non la vedevo, che non la abbracciavo...
”Percy!? Ci sei tesoro?”, mi ero immerso nei pensieri, dimenticandomi di alzarmi e andare giù alla macchina. Aprii la porta con il borsone sulle spalle. Ero felicissimo all'idea di riabbracciare Annabeth, anche se l'avevo sentita per tutti questi mesi, non era la stessa cosa rispetto a vederla.
Salimmo in macchina dopo aver salutato il mio patrigno, anche se questa parola può sembrare brutta, Paul mi stava simpatico, ed ero contento che finalmente anche mia madre potesse essere felice.
Dopo un' ora e mezza di viaggio sulla macchina blu di mia madre arrivammo al Campo. Lei mi lasciò ai piedi della collina e dopo averla salutata mi incamminai verso il grande pino che segnava il confine del Campo. Il pino permetteva, con la sua magia, di non far vedere il campo agli umani. Prima di varcare il confine salutai Bolt, il drago che faceva da guardia al Vello d'Oro, il quale permetteva all'albero di far funzionare la barriera.
“Ehi Bolt! Ciao piccolo. Come sei cresciuto!” Gli dissi, grattandolo sotto il mento come si fa ai gatti. Lui mi leccò la mano tutto felice, poi mi avviai giù per la collina, questo è quello che pensavo di fare, perchè appena misi il piede dentro al Campo, una ragazza mi saltò addosso, coprendomi la faccia con i ricci biondi. Avrei potuto riconoscere quella chioma e quel profumo di vaniglia ovunque. Strinsi forte Annabeth e lei fece lo stesso. Poi sciolsi l'abbraccio e la guardai in faccia, era bellissima, non era cambiata di una virgola, tranne per il colore della carnagione che era meno abbronzata rispetto alla fine dell'estate, essendo ancora giugno. I suoi occhi grigi come le nuvole, ereditati dalla madre Atena, emanavano una felicità innata. Mentre la osservavo, lei osservava me e questo mi mise un po' a disagio. Poi con tutto il coraggio, la baciai delicatamente sulle labbra, Annabeth ricambiò il bacio. Quegli attimi sembrarono infiniti finchè una voce maschile famigliare non parlò, interrompendo il tutto.
“Grazie per la considerazione eh! Mi aspettavo almeno un 'ciao Grover, ti trovo bene!' “ disse il mio migliore amico, un po' scocciato. Io e Annabeth ci guardammo, poi io scoppiai a ridere.
“Ehi Grover! Ciao amico!” dicendo questo gli battei una mano sulla spalla e intravidi un sorriso.
“Vedo che hai trovato Annabeth” Disse lui, dimenticandosi di essere imbronciato.
“Eh già...” risposi un po' in imbarazzo. Annabeth mi prese la mano e me la stinse non troppo forte.
“Vedo che le corna ti sono cresciute!” osservai, cercando di cambiare discorso. Grover alzò un sopracciglio, come se qualcosa non gli quadrasse.
“Si....” disse sospettoso, poi mi sorrise. Era davvero strano, cambiava umore molto facilmente, come se fosse innamorato. Il che era un po' improbabile visto che lui e Juniper si erano lasciati.
“Ehi amico, ti va se dopo io e te facciamo quattro chiacchiere?” chiesi allora con tono indagatore. Lui annuì felice, come se non vedesse l'ora di dirmi qualcosa. Poi se ne andò con la scusa di lasciarci soli. Mi girai verso Annabeth, che era rimasta zitta tutto il tempo, stringendomi la mano. Sorrisi, rosso come un peperone, non so bene il perchè. Ci fu un minuto infinito di silenzio imbarazzante. Poi ci andammo a sedere su di una panchina li vicino, lontano da tutto e da tutti.
“Ehm....” dissi un po' imbarazzato.
Come non detto, un secondo dopo sentimmo un rumore di zoccoli al galoppo. Avrei scommesso cinque dollari che fosse Chirone, e di fatti era proprio lui. Appena lo intravidi mi alzai in piedi, sorridendogli. Poi rivolsi uno sguardo di scuse ad Annabeth, lei mi rispose con uno sguardo del tipo “non fa niente”. Poi sentimmo Chirone schiarirsi la voce, lui non era d'accordo sul fatto che noi stessimo assieme, per l'esattezza non lo erano gli Dei. In teoria noi semidei non dovremmo stare assieme, e poi i nostri genitori si odiano profondamente per diverse ragioni.
“Ciao Percy, come stai? Tutto bene?” chiese Chirone con la sua voce profonda ma rassicurante. Io gli sorrisi e risposi:
“Salve Chirone, tutto bene grazie”. Poi Chirone mi invitò ad andare a svuotare la mia unica borsa in cabina, forse per allontanarmi da Annabeth. Così a testa bassa mi avviai verso la cabina tre, dedicata a mio padre. Poi notai che oltre alle dodici cabine ce ne erano altre, finalmente erano finite e tutte decorate. Soddisfatto, salii i tre scali e entrai nella cabina, buttai la borsa sul mio letto, e inspirai l'aria. C'era sempre quel profumo di acqua marina. Ora si che mi sentivo a mio agio. Mi avvicinai alla fontana in fondo alla cabina, raccolsi una moneta e poi invocai:
“Oh divina Iride, accogli questa mia offerta. Fammi vedere Tyson, nelle Fucine dei Ciclopi, grazie.” Poi dall'arcobaleno si vide il volto con un occhio solo del mio fratellastro, stava lavorando sodo:
“Ehi Tyson!” esclamai contento. Lui si guardò attorno, sorpreso...
“Percy!” esclamò anch'esso felice dopo avermi visto.
“Volevo dirti che sono arrivato al Campo e va tutto bene.” gli spiegai.
“Annabeth va bene?” mi chiese lui preoccupato.
“Ah si, l'ho vista prima...si, non ti preoccupare ha ancora tutti e due gli occhi” lo rassicurai.
Dopo alcuni minuti di chiacchiere, passai la mano nell'arcobaleno per interrompere la comunicazione.
Non sapendo cosa fare, rinchiuso nella cabina, andai in cerca di Grover, per sentire cosa aveva da dirmi.

  
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