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Autore: Hotaru_Tomoe    09/09/2012    17 recensioni
Raccolta di oneshot ispirate dalle fanart o prompt che ho trovato in rete su questa bellissima serie. Per lo più Johnlock centriche, con probabile presenza di slash.
Aggiunta la storia I'll be home for Christmas:Sherlock è lontano da casa per una missione, ma durante questo periodo il legame con John si rinforza. John gli chiede di tornare a casa per Natale, riuscirà Sherlock ad accontentarlo?
Questa storia, in versione inglese, partecipa alla H.I.A.T.U.S. Johnlock challenge di dicembre.
Genere: Angst, Generale, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Watson, Lestrade, Mycroft Holmes, Sherlock Holmes
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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Partendo da una fanart di Tumblr avevo in mente di scrivere una storia fluff, ma alla fine è uscita molto più cretina di quanto avessi immaginato. Infinitamente più cretina. Probabilmente dovrei vergognarmene e chiedere scusa, but I regret nothing.
Volendo, potrebbe svolgersi cronologicamente qualche tempo dopo la fine di “Movimento a spirale” (come se ci fosse bisogno di collocare temporalmente una cosa del genere. Sto messa male).




DEFAILLANCE



"Ho visto un film. E non so se quelle cose le so fare."
Harrison Ford - A proposito di Henry


Se gli avessero chiesto cosa gli piaceva di più del fisico di Sherlock, John avrebbe risposto “Tutto.” Ed era vero: amava ogni particolare di lui. Tuttavia, se avesse dovuto scegliere con una pistola puntata alla tempia, probabilmente avrebbe risposto “Il collo.”
Quel lungo, pallido collo da cigno che in quel momento stava osservando appoggiato al lavello della cucina mentre Sherlock era chino sul microscopio. Lo stesso collo che il suo proprietario stava grattando sovrappensiero con un dito.
A quel punto, chiunque gli avrebbe fatto notare che il consulente investigativo lo stava provocando, di sicuro! Che faceva apposta a muovere lentamente l’indice su e giù in quella che apparentemente sembrava una distratta carezza, ma che in realtà era un modo subdolo per farsi saltare addosso.
Purtroppo John sapeva benissimo che non era così e non c’era malizia nei suoi gesti, perché in quei giorni Sherlock era impegnato in un’indagine e non c’era una sola cellula cerebrale che non fosse concentrata sul lavoro, non un singolo neurone che si preoccupasse di cose quali mangiare, dormire o fare sesso con il suo compagno (quello appoggiato al lavello, per inciso).
Nossignore, non quando Lestrade compariva sulla soglia del 221B di Baker Street chiedendogli aiuto, allargando le braccia perché nessuno a Scotland Yard sapeva più dove sbattere la testa e “Sherlock, per favore, vedi se riesci a venirne a capo tu che io ho i media col fiato sul collo e sto impazzendo.” Mancava solo che gli si prostrasse davanti in ginocchio.
Come se l’ego del detective avesse bisogno di essere alimentato a quel modo.
Un giorno o l’altro doveva prendere da parte Greg e fargli un discorsetto. Perché il brillante risultato della visita del poliziotto era che da quindici giorni Sherlock non pensava ad altro, aveva fatto fuori un archetto a furia di suonare il violino e dalla sera prima si era chiuso nel mutismo tipico della sua concentrazione più estrema. Probabilmente non avrebbe alzato gli occhi dal microscopio nemmeno se John avesse tentato di possederlo in quell'istante, lì su quella sedia.
Dannazione, perché evocava certe immagini? Era proprio bravo a farsi del male da solo, si maledisse stropicciandosi la faccia.
In quel momento Sherlock balzò in piedi e John sperò che fosse stato colpito da una improvvisa illuminazione per la risoluzione del crimine. Il suo pene stava per urlare di felicità, ma il consulente investigativo superò entrambi come se fossero trasparenti, sparì nella loro camera da letto, ne uscì poco dopo con l’ennesimo cerotto di nicotina attaccato all’avambraccio e andò a sdraiarsi sul suo pensatoio personale, il divano.
L’astinenza forzata proseguiva.
John valutò se prendere a craniate la stessa parete dove Sherlock sfogava la noia a suon di proiettili (che era diventato una specie di muro del pianto, insomma). Ma poiché la loro padrona di casa non sarebbe stata affatto contenta di nuovi buchi nel muro e il loro affitto avrebbe subito un nuovo ritocco, si limitò a sospirare affranto.

* * * *



Il loro uomo si nascondeva nel palazzo giallo, nel sottotetto o a piano terra, così aveva detto Sherlock. “Potrei essere più preciso se mi lasciassi analizzare la situazione ancora un po’.”
“No – aveva tagliato corto John – io controllo il sottotetto e tu il cortile.”
Non era un animale, ma i giorni di astinenza erano arrivati a venti e Sherlock continuava imperterrito a vagare per casa con le sue gambe chilometriche, il sedere scolpito, quella t-shirt grigia troppo corta che lasciava scoperti deleteri centimetri di pelle pallida e, be’, John sfidava chiunque a non impazzire nell’attesa di ritornare visibile agli occhi del suo compagno.
Sperava di essere lui ad acchiappare il sospettato, così oltre che per aver truffato dei poveri pensionati, l’avrebbe pagata anche per tutta la frustrazione sessuale che gli aveva fatto accumulare in quelle settimane.
L’ultimo piano dell’edificio appariva tranquillo. Una delle mansarde era usata come deposito ed era deserta, ma dalla seconda John sentì provenire una serie di tonfi sordi. Provò cautamente ad abbassare la maniglia: non era chiusa a chiave.
Fece irruzione nella stanza e si trovò davanti l’ultima scena che si aspettava di vedere: non il loro sospettato, bensì il set casalingo di un film amatoriale. E non un film qualsiasi. Due uomini stavano facendo sesso aggrovigliati in una posizione che dal punto di vista tecnico poteva essere descritta solo come “anatomicamente impossibile.” Ma non per i due protagonisti, a quanto pareva, dato che erano talmente presi a gemere e contorcersi che si accorsero della presenza di John solo dopo svariati secondi.
Quest’ultimo, d’altro canto, era rimasto a guardarli a bocca aperta, incapace di articolare qualcosa di sensato che non fosse "Io questo non lo so fare."
“Si può sapere chi sei?” chiese Attivo, una volta accortosi dell’intrusione, le mani sui fianchi, completamente nudo e con tutta l’attrezzatura in bella mostra. Un’attrezzatura di tutto rispetto, da fare invidia a molti esperti del settore.
E John non era mai stato uno che si perdeva in invidie e paragoni, nemmeno durante il periodo delle docce comuni e dei dormitori di quand’era sotto le armi. Ma, caspita…
“Sei un poliziotto?” biascicò Passivo sdraiato sul letto. Ancora provato dalla performance di prima, sembrava incapace di muoversi. Aveva tutta la solidarietà di John.
“No.” li tranquillizzò l’ex-soldato una volta riavutosi dalla sorpresa; poi si accorse che stava ancora fissando l’impressionante dotazione di Attivo e distolse lo sguardo, osservando con interesse l'arredamento della stanza. “Ehm, a dire il vero sto cercando un uomo: sulla sessantina, capelli corti e brizzolati, occhi castani.”
“Dev’essere quel tipo che ha i due magazzini giù in cortile. – Attivo andò alla finestra senza darsi pena di coprirsi – Oh. Oh, miseria! Ehi, vieni a vedere!” fece cenno a Passivo di raggiungerlo.
“Oh mio dio! Che meraviglia!” strillò quest’ultimo.
"E' dir poco." rincarò la dose quell'altro.
Incuriosito John andò alla finestra per scoprire che l’oggetto delle attenzioni del duo di esibizionisti assatanati non era altri che Sherlock. Il dottore fu assalito da una bizzarra e curiosa brama di cavar gli occhi ad entrambi, perché non potessero posarsi mai più sul suo ragazzo.
“Che riccioli stupendi!” sospirò Passivo.
“E il culo? Dio, gli hai visto il culo? Cosa non gli farei!” Attivo sfoderò un sorriso rapace.
Cavare gli occhi a quel tipo era un'opzione fin troppo magnanima e John non era un filantropo. Si domandò se potesse ucciderlo impunemente e si rispose che sì certo, poteva. Era sicuro che gli avrebbero concesso tutte le attenuanti possibili: nella sua scala di valori, le attenzioni sessuali altrui rivolte a Sherlock erano equiparate al delitto di lesa maestà.
Ignaro di tutto, il consulente investigativo continuava a saltellare da un lato all’altro del cortile alla ricerca di indizi.
“Che vitalità! Scommetto che è uno di quelli insaziabili, che…”
“EHI! – sbottò John – Quello è il mio ragazzo.”
Poteva strangolarlo o spezzargli il collo con un movimento secco, come gli avevano insegnato nell’esercito, per poi dire che era accidentalmente rovinato giù dalle scale.
Attivo sbarrò gli occhi, come se la cosa gli risultasse inconcepibile “Davvero? Senti, non è puoi chiedergli se gli va di girare qualche scena con noi?” E indicò la telecamera alle sue spalle con un cenno della testa.
“Sei impazzito?” boccheggiò il povero dottore.
“Con uno così – e indicò nuovamente Sherlock – il film venderebbe come il pane, ci faremmo soldi a palate. Senza contare che ci divertiremmo parecchio.”
“Non se ne parla.” scandì John categorico, mentre faticava a reprimere istinti omicidi.
Che idea! Poteva smembrarlo con una mannaia, congelarlo e far ritrovare i pezzi del cadavere a Sherlock come regalo di Natale o di compleanno. Gliene sarebbe stato grato a vita ed anche Molly sarebbe stata contenta di non veder più saccheggiato impunemente l’obitorio del Barts. Due piccioni con una fava.
Attivo si lisciò il mento e ridacchiò “Che sguardo assassino! Ho capito, il tuo ragazzo è proprietà privata: guardare ma non toccare, eh?”
“Evitare anche di guardare sarebbe meglio.” ringhiò l’ex-soldato.
“Questa sì che si chiama possessività.” intervenne Passivo con un risolino.
“Sai, a guardarti non si direbbe affatto, ma devi essere un vero stallone sotto le lenzuola per tenerti stretto un capolavoro del genere. Chissà, forse dovrei venire a prendere qualche lezione da te.”
“Puoi scommetterci.” rispose John spavaldo, anche se in realtà non credeva di aver nulla da insegnare a uno in grado di compiere certe acrobazie anatomiche.
Poi Sherlock scoprì dove si nascondeva il sospettato, il quale si dimostrò particolarmente restio a farsi catturare e schizzò su per le scale. John lasciò Attivo e Passivo al loro porno casalingo e, ci scommetteva, ad ulteriori commenti sulla prestanza fisica del suo ragazzo e si gettò addosso al truffatore come se fosse il più pericoloso dei terroristi.
Dieci deliranti minuti dopo il criminale, con un occhio nero e lo sguardo terrorizzato, era ammanettato sul sedile posteriore dell’auto di Lestrade e quest’ultimo chiedeva lumi a John sulla rocambolesca cattura.
“Il sospettato ti ha descritto come ‘una informe massa ringhiante piovutagli addosso dalla rampa delle scale’. A cosa è dovuta tanta aggressività? Non eri nemmeno fra i truffati.”
“Insomma Greg, cosa dovevo fare, chiedergli ‘la prego mi scusi, non è che può farsi arrestare?’ Hai il tuo uomo, il caso è risolto e i contribuenti hanno risparmiato un sacco di soldi, che altro ti serve?” Cercò Sherlock con gli occhi e quando lo individuò, a momenti gli venne un infarto: stava chiacchierando amabilmente con Attivo. Gli si avvicinò a grandi passi, frapponendosi tra loro "Direi che qui abbiamo finito. - disse a Sherlock, ignorando l'altro di proposito - Andiamo a casa." e lo spinse con fare perentorio verso il posteggio dei taxi.
"Pensa a quello che ti ho detto." disse Attivo rivolto a Sherlock.
"Te l'ha chiesto, vero?" sbottò John.
"Di girare un film porno? Sì. - il detective lanciò un'occhiata di sottecchi al viso imbronciato del dottore - Ma gli ho risposto che o ci prende tutti e due o non se ne fa niente."
"COSA?" proruppe John già nel panico; stava quasi per aggiungere che non credeva di essere in grado di fare certe cose prima di accorgersi che Sherlock stava ridacchiando.
"Scherzavo."
"Idiota."
Mezz'ora più tardi, finalmente, i due erano a casa, abbracciati l'un l'altro sul divano e John voleva baciarlo fino a sentire la bocca indolenzita. "Mmh. Mi sei mancato." sospirò.
Sherlock aggrottò la fronte "Non sono andato da nessuna parte, sono 258 giorni che non mi allontano da Londra."
"Ma eri talmente preso dal caso che era come se non ci fossi." e cercò di nuovo la sua bocca, ma Sherlock lo bloccò posandogli le mani sulle spalle. "John, quando il nostro rapporto si è, per così dire, evoluto, ti avevo avvisato che per quel che riguarda il lavoro non sarebbe cambiato nulla. Se sono concentrato su un'indagine, la mia mente..."
"Lo so, lo so!" lo interruppe John tappandogli la bocca con la mano: non aveva voglia di ascoltare uno sproloquio tecnico/scientifico sulle dinamiche del funzionamento del cervello del suo compagno. Ora come ora voleva dedicarsi esclusivamente ad attività fisiche a zero impatto intellettuale. "So come sei fatto e mi sta bene. - sospirò - E' solo che a volte è dannatamente frustrante. Venti giorni, Sherlock, venti giorni."
"A voler essere precisi sono ventuno, perché quando Lestrade si è presentato col caso, non facevamo sesso da quindici ore e adesso..."
"Adesso taci." ordinò John e poi sprofondò la lingua in quella bocca paradisiaca. Sherlock partecipava con entusiasmo, forse anche per farsi perdonare, ma in breve John notò che una parte di sé non aveva ancora iniziato a prender parte all'evento, nonostante dovesse essere uno dei protagonisti principali. Va bene, erano stati giorni molto stressanti, forse aveva bisogno di scaldare i motori con un po' di sani preliminari. "Letto." mormorò.
Lo seguì mentre Sherlock ancheggiava sinuoso verso la loro camera da letto (il verginello aveva imparato in fretta molte cose sulla seduzione), lo guardò spogliarsi, sorridente e metodico, e adagiarsi lentamente sul letto, uno sguardo malizioso attraverso i riccioli scuri che gli erano caduti sugli occhi.
Normalmente John doveva stare attento che questi spettacolini erotici improvvisati non lo portassero troppo oltre, ma per ora non stava succedendo niente.
"Andiamo! Mi hai dato il tormento per tre settimane e adesso che puoi darti alla pazza gioia fai il difficile?"
Dai piani bassi nessun cenno di risposta.
D'accordo, a volte guardare non era sufficiente, ma toccare lo sarebbe stato di sicuro. Si spogliò frenetico, tenne inchiodato Sherlock sul materasso e prese a mordicchiargli il collo e le spalle, mentre con le mani gli stringeva i fianchi ed i glutei così forte che a un certo punto lo sentì soffocare una protesta contro il cuscino.
"Scusa." ansimò tra i suoi capelli, iniziando a sentirsi seriamente disperato, perché nulla sembrava poter svegliare il suo amico là sotto, in stato di shock dopo la performance di Attivo vista quel pomeriggio e la sua testa era piena di posizioni improbabili e delle insinuazioni di quel cretino sulle sue abilità a letto e presto Sherlock si sarebbe accorto che qualcosa non andava.
"Maledizione!" imprecò, sollevandosi di scatto e sedendosi sul bordo del letto. Non aveva mai avuto una défaillance così clamorosa. Da medico sapeva che era una cosa normale che quasi tutti gli uomini avevano sperimentato prima o poi ma, dannazione, non era meno umiliante.
Un fruscio alle sue spalle gli segnalò che Sherlock si stava muovendo. Strinse gli occhi e incassò la testa tra le spalle, perché l'ultima cosa di cui aveva bisogno era mettersi a discutere con lui delle sue capacità amatorie. Strano, in effetti, che il detective non avesse ancora aperto bocca.
Sentì le sue dita snelle sfiorargli una spalle e restare lì, come incerte sul da farsi. Non ebbe il coraggio di aprire gli occhi e guardarlo in faccia, ma se lo avesse fatto avrebbe visto uno sguardo esitante, per nulla indagatore.
Non era bravo Sherlock in quelle cose e non aveva idea di come comportarsi.
Lentamente si portò alle spalle di John e lo abbracciò. O meglio, lo avviluppò con la sua intera persona, gambe contro gambe, petto contro schiena, le braccia che gli cingevano la vita in una stretta forte, la testa morbida e riccioluta posata sulla spalle.
John si sentì pervadere da una tenerezza infinita e per la seconda volta in vita sua si rivolse a quel dio invocato quando gli avevano bucato la spalla, stavolta per ringraziarlo di avergli fatto incontrare il migliore ed il più saggio tra gli uomini che avesse mai conosciuto. [1]
Poi Sherlock lo trascinò dolcemente con sé sul materasso e lo tenne stretto finché entrambi non sprofondarono nel sonno.

* * * *



Quando si svegliò, l’altro lato del letto era freddo, constatò John allungando un braccio nel dormiveglia: Sherlock era già uscito da tempo.
Si svegliò del tutto, e decisamente di malumore, quando sentì la sua erezione premere contro il materasso: ebbene sì, dopo il disastroso flop della notte precedente, il suo pene era arzillo e pimpante. Mancava solo che gli chiedesse "Be', che è quella faccia? Cosa mi sono perso?"
“Ti odio. – ruggì John – Ti odio con tutto il cuore.”
"Credevo avessi raggiunto l'apice del surreale con la litigata con la cassa automatica, ma mi sbagliavo." disse la voce ironica di Sherlock dalla soglia della stanza.
"Non dovevi andare da Lestrade, tu?" borbottò il dottore di rimando.
"Già fatto."
"Ma sono le... - John alzò la testa dal cuscino per guardare la sveglia - otto di mattina, l'hai buttato giù dal letto! Sarà stato furibondo."
"Problema suo." rispose Sherlock, raggiungendolo e liberandosi dei vestiti strada facendo. Si sedette sul bordo del letto, gli posò una mano sul petto e poi la fece scivolare giù, lentamente. "Certo che se lo tratti così, non devi stupirti che poi ti faccia i dispetti. Poverino." indugiò con le dita appena sotto l'ombelico.
Stava imparando decisamente troppe cose sulla seduzione, il verginello. John non sapeva se esserne felice o terrorizzato, ma quando sentì la mano del compagno ricominciare a scendere con studiata lentezza, decise che ci avrebbe pensato in un altro momento. "Confessate - mormorò coprendosi gli occhi con un braccio - voi due vi siete messi d'accordo per farmi impazzire."
"Non so di cosa tu stia parlando." Sherlock sfoderò la sua miglior espressione candida ed ingenua, di quelle che gli facevano ribollire il sangue e se il pene di John avesse potuto parlare avrebbe intonato l'Inno alla gioia facendo le veci di orchestra, soprani e tenori contemporaneamente.
Restava solo ancora un piccolissimo dubbio, un neo, una fastidiosa scheggia di legno conficcata sotto l'unghia. "Sherlock, tu... sì, insomma, tu, riguardo a noi..." Sbuffò nervosamente: dov'era la facoltà di parola quando ne avevi bisogno?
Sherlock scandagliò il suo viso con aria assorta, poi avvicinò la bocca all'orecchio per sussurrargli "Sì e no." il fiato umido e caldo che gli provocò brividi accesi.
"Eh?" oltre alla favella, anche le residue facoltà intellettive gli avevano dato il benservito.
"Sì - ripeté con pazienza Sherlock - sono molto soddisfatto del nostro rapporto e, no, non sono interessato ai contorsionismi da lenzuola fini a se stessi. Il sesso mi piace solo perché lo faccio con te."
John avrebbe voluto dirgli che era la cosa più romantica che gli fosse mai stata detta. Sfortunatamente Sherlock scelse proprio quell'istante per abbandonarsi su di lui a peso morto e, al diavolo, l'eloquenza non era mai stata il suo forte, perciò gli avrebbe dimostrato con i fatti tutto l'entusiasmo che quelle parole avevano suscitato in lui.
Ponderò per un attimo se recuperare la videocamera per girare un bel filmino da inviare ad Attivo, poi si scrollò quel pensiero di dosso e decise di dedicarsi ad attività più serie. Afferrò il suo ragazzo per i fianchi e lo rovesciò sul materasso con un sorriso di trionfo.

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NOTE
[1] Citazione letterale dal racconto del canone "L'ultima avventura."

   
 
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