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Autore: Gulminar    09/09/2012    6 recensioni
“Sei una guerriera?”
Rivolse uno sguardo privo di emozioni in direzione della voce, una ragazzina sui dodici anni la osservava incuriosita dalla sedia accanto. Aveva lunghi capelli neri e occhi verde scuro, con una sfumatura di giallo. Una bellezza strana, selvatica.
“Sono un medico ninja.” Rispose.
“Non ho mai visto un medico ninja con la spada.” Osservò divertita la ragazzina.
“Era di una persona a cui volevo molto bene.”
“Il tuo ragazzo? È morto in battaglia?”
Alla sua età, Sakura non si sarebbe mai sognata di porre una domanda del genere con tanta leggerezza. Fu tentata di tirare un ceffone a quella ragazzina impertinente.
“Sì.” Rispose, riportando l’attenzione al proprio bicchiere.

Sono passati anni dalla fine della quarta grande guerra ninja, la pace regna ma non per Sakura. Nonostante le promesse fatte agli amici e gli impegni presi con se stessa, c'è qualcuno che non può dimenticare. Quando la speranza si riaccende, seppur flebile e quasi assurda, non può fare a meno di partire per una misteriosa destinazione.
Personalissima interpretazione del mondo di Naruto.
Genere: Avventura, Azione, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo Personaggio, Sakura Haruno, Sasuke Uchiha, Un po' tutti | Coppie: Sasuke/Sakura
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler! | Contesto: Dopo la serie
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Chiamata a raccolta

Veleggiava in una dimensione incorporea fatta d’oscurità, non sapeva da quanto tempo e nemmeno se e quando ne sarebbe uscita. Volti e voci si susseguivano sovrapponendosi in un delirio confuso, momenti che non ricordava di aver vissuto ma che in qualche modo facevano parte di lei. Ninja fuorilegge, Tsunade, Sommo Ookami, lupi, Oinomori, Sasuke. Frammenti di conversazioni, vociare nelle strade affollate di un’antica città, la voce di una ragazzina indisponente. C’erano momenti in cui desiderava ardentemente che si spegnesse tutto, per non sentirle più, altri in cui invece la lasciavano in pace, dandole un relativo sollievo. Nelle pause avvertiva una presenza ma, per quanto cercasse di avvicinarsi e di toccarla, non riusciva a raggiungerla.
Il Sommo Ookami.
Qualcuno le aveva detto che doveva trattarsi di lui, chiunque egli fosse. Ogni volta che lo sentiva allontanarsi fino a svanire, per quanto lei gridasse di non lasciarla, le voci tornavano ad alzarsi per tormentarla.
Quando la tenebra cominciò a ritirarsi, si rese conto di avere ancora un corpo, disteso su qualcosa di morbido. Il Sommo Ookami era con lei anche in quel momento, la teneva per mano. Cercò di stringere la presa ma non aveva forza. Lui dovette percepire il cambiamento, perché la lasciò andare e svanì come le altre volte.
Sommo Ookami non andare via!
Avrebbe voluto urlarlo, ma non era ancora abbastanza padrona del corpo in cui la vita stava tornando lentamente. Fu come emergere a rilento da acque profonde, tornare al mondo reale con lentezza snervante. I pensieri ripresero a correre su binari diritti, i sensi si ritrovarono. Aveva già gli occhi aperti, ma solo dopo molto tempo riuscì a intuire una stanza da letto in penombra. Nessuna traccia del Sommo Ookami. Soltanto gli occhi assonnati e pieni di preoccupazione di una donna, seduta accanto al letto, accolsero il suo primo sguardo.
“Dove mi trovo?” La voce suonò talmente roca che non la riconobbe.
“Nella casa di Aso Shuzen a Oinomori.” Rispose la donna con un sorriso materno. “Non ti devi preoccupare, sei al sicuro qui.”
“Cosa mi è successo?”
“Sei stata colpita da un ago avvelenato. Un veleno che paralizza all’istante e uccide quasi con la stessa rapidità. Per fortuna ti hanno soccorsa subito, è stata mia figlia a farti portare qui.”
La ragazzina alla taverna.
Anche la memoria stava ricominciando a lavorare secondo logica, rimettendo gli avvenimenti in quello che doveva essere il giusto ordine. Sì, stava parlando con una ragazzina antipatica davanti a una taverna, una fitta al collo, si era sentita cadere e tutto era svanito.
“Chi c’era qui poco fa?”
“Nessuno, a parte me.”
“No, c’era un’altra persona che mi teneva per mano, è stata con me tutto il tempo.”
“In molti ti abbiamo tenuta per mano mentre eri malata.”
“No, lui… lui era con me mentre sognavo.”
Avrebbe detto anche che si trattava del Sommo Ookami ma si trattenne, non ricordava ancora perché ma Tsunade aveva proibito di nominarlo.
“Devi averlo immaginato, sei stata male a lungo e hai avuto molto tempo per sognare.”
“Per quanto tempo?”
“Diversi giorni. Te la senti di mangiare qualcosa?” La ragazza annuì impercettibilmente. “Ti preparo qualcosa, intanto bevi questo tonico, ti schiarirà la mente.”
Sakura osservò i contorni della stanza in penombra, dopo che la donna se ne fu andata. Fuori doveva essere una splendida giornata di fine giugno, a giudicare dalla luce che filtrava dalla finestra semichiusa. Bel modo di iniziare la sua missione privata a Oinomori, rischiare di morire avvelenata. Qualcuno aveva cercato di ucciderla poco dopo il suo arrivo, d’accordo ma chi? E perché?
La porta si riaprì e la donna di poco prima mise dentro la testa.
“Hai una visita.”
Sakura cercò in qualche modo di mettersi a sedere contro la spalliera del letto, per un folle istante sperò che fosse colui che aveva avvertito tenerle la mano prima del risveglio, lo stesso che l’aveva salvata nella foresta dai ninja fuorilegge.
Fu invece un uomo anziano a entrare. Una cascata di capelli d’argento scendeva sulle enormi spalle e incorniciava un viso bruciato dal sole e solcato da rughe. Si sedette e le rivolse quello che nell’oscurità le parve un sorriso.
“Come ti senti?” Domandò.
“Meglio, grazie.”
“Io sono Hiki Danjyo, attuale capo villaggio di Oinomori. Ci hai fatto prendere un bello spavento. Ti chiami Sakura, giusto?”
“Sì. Chi ha tentato di uccidermi?”
“Non lo sappiamo, i nostri migliori ninja hanno rivoltato la città come un calzino, battuto la foresta in lungo e in largo per niente. Il sicario doveva essere molto in gamba. Sai se c’è qualcuno che ha interesse a ucciderti?”
La ragazza scosse la testa, il vecchio ne fu palesemente deluso.
“Speravo potessi darmi qualche indicazione, i lupi hanno ripercorso il tuo cammino da Konoha a qui. Sei stata pedinata per gran parte del viaggio, lo sapevi?”
Il vecchio poté vedere chiaramente l’espressione sconvolta della ragazza, leggerla in profondità. No, non lo sapeva ed era sincera, non gli stava nascondendo nulla.
“Perché hanno aspettato che fossi in città per attaccarmi?”
“Non ti viene in mente niente?”
“Perché la città dei lupi ci andasse di mezzo.”
Il vecchio annuì con solennità. Sakura sentì blocchi di ghiaccio formarsi nello stomaco.
“Quindi, la domanda che dobbiamo farci è un’altra. Chi può avere interesse a scatenare di nuovo l’inimicizia fra Konoha e Oinomori?”
Sakura sentì scariche di puro terrore, il vecchio stava sviscerando le implicazioni troppo velocemente per la sua mente appena tornata attiva.
“Non lo so.” Disse in un sussurro.
“Non mi dai molto su cui lavorare. Non ho ancora informato Konoha dell’accaduto, voglio che sia tu a farlo, appena potrai alzarti dal letto. Il Villaggio della Foglia è da sempre sospettoso nei confronti di Oinomori, non vorrei che si facessero strane idee, se gli mandassi a dire che hanno tentato di ucciderti ma ora stai bene e sei al sicuro.”
“Mi dispiace che siate in questa situazione a causa mia.”
“Non è stata colpa tua. Ora pensa a riposare e non preoccuparti, sei al sicuro qui. Il Sommo Ookami stesso fa la guardia a questa casa.”
A sentire quel nome, Sakura pensò che il cuore potesse esploderle. Dunque, il sommo Ookami era veramente tornato, non si era sbagliata. Le mancava soltanto di scoprirne l’identità.
Il vecchio era già sulla porta, non appena fu uscito, rientrò la donna, recando un vassoio colmo di cibo. Sakura ricordò di essere affamata.


“Non fare i capricci, fammi vedere quel braccio!” Ordinò Kinuye autoritaria.
Keiji si ritrasse sulla panca, nascondendole il più possibile il braccio ferito. Koshiro, intento ad asciugarsi il sudore con un asciugamano, ridacchiò della scena.
“Stai lontana da me! Il mio braccio sta bene!” Protestò Keiji.
“Sì, certo, e le mucche volano!”
“Spostati Kinuye!”
“Sasuke sensei!” Esclamò la ragazzina, accorgendosi solo in quel momento del suo arrivo. Lo sguardo di Keiji passò dall’indispettito allo spaesato, poi al timoroso.
“Fammi vedere quel braccio.” Ordinò Sasuke, in un tono che non ammetteva repliche.
Seppur riluttante, il giovane Keiji dovette rassegnarsi a farsi visitare dal maestro. Stava facendo di tutto per non darlo a vedere, ma il braccio doveva fargli un male d’inferno.
Orgoglioso e testardo com’ero io.
Un pensiero che Sasuke aveva avuto più di una volta del giovane allievo, d’altronde era il motivo per cui lo aveva scelto.
Ookami.
Un richiamo telepatico che lo disturbò non poco. Abbandonò il lavoro che stava facendo, se qualcuno lo chiamava in quel modo, era per qualcosa di importante. L’arena delle sfide era deserta, gli spettatori e l’altro team avevano già abbandonato il campo. Sasuke notò un lupo dal manto grigio scuro che lo osservava da uno degli ingressi sotto le gradinate.
Ti manda Makiko?
Sì, la ragazza si è svegliata.

Il lupo, riferito il messaggio, svanì lungo il corridoio da cui era arrivato.
“Scusate ragazzi, devo andare. Kinuye, prenditi cura di Keiji.”
“Di chi dovrebbe prendersi cura lei?” Insorse subito Keiji. Koshiro sghignazzò più forte, mentre Kinuye si faceva avanti, ben contenta di obbedire all’ordine ricevuto.


Makiko lo aspettava sulla strada di casa, le mani in grembo e l’aria da perfetta madre preoccupata. Quando la vide, Sasuke intuì cosa si sarebbero detti.
“Come sta?” Domandò, senza dare alla donna il tempo di parlare per prima.
“Bene, ora che ha mangiato, c’è Reira con lei.”
“Ottimo, io devo tornare all’arena…”
“No!” La donna lo interruppe in modo secco.
“Perché no?”
“Mi ha raccontato tutto.” Nel tono di Makiko c’era una tristezza da far stringere il cuore. “Da quando ti ha conosciuto, tutto quello che ha passato per amor tuo. Molte cose le sapevo già, ma sentirle dal suo punto di vista è stato molto diverso.”
Sasuke sentì il cuore contrarsi, la madre adottiva era l’unica cui avesse confidato la verità sul suo passato. Come Sakura, le aveva raccontato ogni cosa, senza tralasciare particolari o cercare di rendere meno evidenti le cazzate immani che aveva fatto.
“La notte che l’hai salvata ha riconosciuto la tua aura, nonostante fosse semisvenuta. È molto sensibile, è venuta fin qui per controllare di non essersi sbagliata, nella speranza di rivederti.”
“Mamma, tu sei la sola che può capire. È meglio che lei non sappia che sono ancora vivo, lo sai quanto me. Quindi, per cortesia, ora vai là dentro e dille che si è sbagliata.”
“Le spezzerei il cuore! Cosa che tu hai già fatto più di una volta. Non chiedermelo, non posso farlo, non a Sakura.”
Sasuke non poté fare a meno di sorridere.
“Ha conquistato anche te, tipico di Sakura.” Scosse la testa. “Questo non cambia le cose, non deve vedermi, servirebbe solo a riaprire vecchie ferite.”
Makiko allargò le braccia in un gesto esasperato.
“È solo perché hai paura che non ti perdoni!”
“No! E comunque io al suo posto non mi perdonerei!”
“È venuta fin qui da Konoha per cercare una persona ritenuta morta, sulla base di una sensazione. Non mi sembra il comportamento di una che non ti perdonerebbe! Quindi adesso vai da lei, è un ordine Sasuke Uchiha!”
Sentirle dire Uchiha invece di Shuzen fu come prendere uno schiaffo in pieno viso, sapeva di fargli male usando il suo vecchio nome. Stava per ribattere quando una serie di ululati attraversò il cielo della città dei lupi, entrambi si volsero.
“La chiamata a raccolta.”
“Va a vedere che succede. Ma non pensare di averla scampata, è solo rimandata.”

   
 
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