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Autore: damonslaugh    11/09/2012    3 recensioni
Come la vita di una perfetta adolescente puo' cambiare, facendola diventare un'altra persona e farla chiudere in se stessa.
Genere: Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Raccolta | Avvertimenti: Gender Bender
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Salì in macchina senza parlare, ero completamente scioccata. Non ero mai stata di persona in un centro psichiatrico ma le persone non ne parlavano molto bene. La mia valigia conteneva qualche vestito nero e in una tasca nascosta una ventina di pacchetti di sigarette. Guardai per l'ultima volta la casetta sull'albero mentre mio padre girava la chiave e il motore si preparava per far ingranare la macchina. La casetta si allontanava sempre di più fino a sparire. Passammo davanti al Tabacchi, davanti la scuola e davanti la discoteca dove feci la festa. Un crampo mi colpì lo stomaco, il dolore mi penetrò il cuore e senza accorgermene stavo urlando. I miei genitori mi ignoravano guardando la strada, avevano il cuore freddo ed erano irremovibili sulla loro decisione. Le mie urla fecero premere nervosamente il piede di mio padre sul pedale, accellerammo. Palazzine, prati verdi e negozi passavano velocemente sulla strada, la fitta al cuore si faceva sempre più forte e le urla aumentavano sempre di più. Mio padre frenò bruscamente davanti a una palazzina grigia che aveva un'aria estremamente malinconica e buia. Io ero piegata dal dolore nel sedile posteriore quando mia madre scese e con aria indifferente mi aprì la portiera, prese la valigia e mi fece scendere. Pian piano il dolore si dissolse e le mie grida divennero irregolari respiri, i miei occhi diventarono gonfi e rossi mentre scrutavo l'ambiente. Non era un centro psichiatrico pieno di pazzi come mi aspettavo, anzi era come un centro anziani con ragazzi che avevano problemi. Le categorie andavano dai fumatori ai drogati oppure dai depressi gravi ai traumi psicologici. Presi la mia valigia mezza bruciacchiata ed estrassi una sigaretta dalla tasca, arrivammo alla porta e ci accolse una signora sui trentacinque anni, i riccioli biondi gli risaltavano il volto, corporatura fine e con un altezza nella norma. 
<< Benvenuti >> iniziò << Io sono Amelia >> fece una pausa e io accesi la mia sigaretta <<  Tu devi essere Rox? >>  chiese retoricamente facendo una pausa << Sai qui non si può fumare >> mi levò la sigaretta dalla mano e io iniziai ad urlare, le fitte di dolore mi penetravano lo stomaco e mi buttai a terra scalciando. Amelia si mise in ginocchio e mi accarezzò i capelli, cercando di rassicurarmi invanamente. Poi mi ridiede la sigaretta e mi aiutò ad alzare. 
<< Ci vorrà una terapia intensiva e tanto tempo, cara >>  mi spiegò, poi riprese << Ma non ti preoccupare, andrà tutto bene >> la sua voce era rassicurante e materna, mi tranquillizzai e continuai a fumare tranquillamente la mia sigaretta. Mia madre ringraziò Amelia e levò il disturbo. La signora mi fece accomodare e facemmo un giro di orientamento. Appena entrata vidi un lungo corridoio con quattro porte ai lati che portavano alla sala da pranzo, alla cucina, all'infermeria e al cortile. Ci dirigemmo verso il cortile, era enorme. Il sentiero pieno di ciottoli portava a una biforcazione di piccole casette che scoprì in seguito essere delle stanze. Amelia mi spiegò che se il bisogno di sigarette era incontrollabile non dovevo fumare in presenza di pazienti in terapia, quindi avrei dovuto fumare da sola. Mi scortò nella mia camera, anche essa immensa. Mi aiutò a disfare la valigia e cercò di aprire un dialogo con me ma io restai muta tutto il tempo. Mi portò il pranzo e poi la cena ma io non toccai cibo. Stetti seduta in un angolo tutto il tempo a fumare sigaretta dopo sigaretta, non mangiavo ne bevevo niente, non parlavo con nessuno. Amelie aspettò un paio d'ore sperando che mangiassi la mia cena, poi prese il piatto e si diresse alla porta della stanza 
<< Rox ti converrebbe andare a dormire, domani incontrerai il tuo infermiere e inizierai la terapia >>  si raccomandò mentre apriva la porta, poi uscì dalla stanza silenziosamente. Io finì la mia sigaretta e andai a sdraiarmi sul letto guardando il soffitto bianco. Le ore passavano e le palpebre si facevano sempre più pesanti finchè non si chiusero definitivamente. Quella notta fu piena di incubi come al solito. La mattina mi svegliai urlante, mi tappai la bocca e ansimando misi la testa sotto il cuscino trattenendo le grida. La porta si aprì e una persona entrò a grandi passi verso di me, mi levò il cuscino dalla faccia e disse ironicamente << Vuoi già suicidarti? >>  Io restai muta e mi girai, ritrovandomi davanti il mio infermiere. Era alto, capelli corti sbarazzini tendenti al castano, occhi verdi, mani forti e un sorriso puro. Io continuai a non parlare, mi diressi all'angolo della stanza e iniziai a fumare. Lui venne vicino a me e mi portò la colazione
 << Io sono Kyle, oggi valuteremo quanto disperato sia il tuo caso >> mi sorrise ironicamente e mi mise la colazione davanti. Io continuai a non spiccicare parola, non toccai il piatto e accesi le mie sigarette una dopo l'altra. La giornata passò così quando Kyle si sedette vicino a me e iniziò a illustrarmi il mio 'grado di disperazione'
 << Mi dispiace ma anche se non sei uno dei peggiori casi devo comunque stare con te tutto il giorno, tra poco aggiungeranno un  letto e inizieremo la terapia intensiva >> fece una pausa e mi scrutò attentamente << Io sono solo un infermiere, ma sto aspirando a diventare un dottore >>  mi spiegò, io restai muta. Montarono un altro letto ai piedi del mio e Kyle mi portò la cena, io rifiutai e andai a sdraiarmi nel letto. Mi addormentai subito e gli incubi mi sovrappopolarono la testa. Sognavo di incontrare mio fratello e lui mi puntava il dito assumendo la stessa aria rigida dei miei genitori dicendo le loro stesse parole, poi la scena si fece buia e apparvero i miei genitori che scuotevano il capo in segno di disapprovazione, poi il tabacchi e il viaggio in macchina verso il centro. Stavo urlando strappandomi i capelli quando sentì una presenza vicino a me che mi strinse, svegliandomi. Istintivamente mi strinsi a lui credendolo Sam, ma quando mi accorsi che non poteva essere lui mi staccai automaticamente. Soffocai la gola cercando di far cessare le urla e quando Kyle cercò di prendere le mie mani iniziai ad ansimare. Lui si mise accanto a me e mi lasciò le mani << E' il caso che io sappia cosa ti abbia ridotto così? >> mi chiese preoccupato, io non risposi ma lui insistette << Non credi che per aiutarti e dirti qualcosa di concreto dovrei sapere che ti succede? >> di solito non mi fidavo della gente ma con lui era diverso. Alzai lo sguardo verso il suo viso << Non mi fido. Di nessuno. Tanto meno di uno che ho conosciuto oggi >> dissi bruscamente, lui mi passò una sigaretta e me l'accese << Con queste vedo che ti calmi, però dovremmo diminuire la dose >> mi spiegò e poi rimase in silenzio accanto a me scrutando la stanza. Era l'unica persona che ci aveva fatto caso e magari lui poteva capirmi, cercai di formulare un discorso ma scoppiai in lacrime tra le sue braccia. Non so il perchè della mia azione, mi venne d'impulso. Kyle mi accolse fra le sue braccia << Il fatto che tu stia parlando con me è un grande risultato >>  disse sorridendomi e continuando a stringermi tra le sue braccia, lasciandomi sfogare. Io crollai e gli raccontai tutto, senza descrivere le emozioni che provavo, anche se sembrava che lui le capisse benissimo. Parlammo tutta la notte, non solo di me, ma anche della sua ambizione di diventare dottore e come sia finito in un centro. Kyle aveva studiato per tre anni psicologia quando si accorse che la scuola non faceva per lui e andò a cercare lavoro come dottore o meglio, psicologo, ma nessuno lo prese e si ritrovò a fare l'infermiere. Io mi sdraiai accanto a lui, sempre stretta tra le sue braccia quando mi disse << Se vuoi riposati, domani sarà una giornata lunga >>  fece una pausa e continuò << Io sarò qui accanto a te e se i sogni si deformano diventando incubi puoi stringerti a me >> disse dolcemente, rimasi sbalordita. Nessuno lo aveva mai fatto per me tranne mio fratello, Sam. Mi addormentai cercando di cacciare gli incubi, ma invanamente. Il mattino seguente, quando mi svegliai, Kyle era stretto vicino a me che mi accarezzava i capelli. Io mi alzai e andai al solito angolino per fumare le mie sigarette, Kyle mi portò la colazione ma io la rifiutai e così iniziò a imboccarmi. Appena ingoiato il primo boccone misi in fretta la testa vicino alla finestra, rigettai tutto e svenni per terra. Al mio risveglio mi trovavo in una strana stanza bianca che doveva essere l'infermeria, avevo dei tubi attaccati al braccio e quando mi accorsi che mi stavano somministrando del cibo li strappai e cadendo dal lettino iniziai ad urlare. Non era volontario, il mio cervello ormai era programmato così e non riuscivo a smettere. Kyle mi prese di peso e mi portò nella mia stanza, mi adagiò sul letto e mi strinse forte, le mie urla si placarono dopo un'oretta e mi fermai a guardare i lunghi tagli che mi avevano provocato i tubi. Mi alzai per prendere una sigaretta ma Kyle mi fermò << Dobbiamo diminuire le dosi e cercare un altra cosa che ti faccia stare meglio >>  mi spiegò ma io cercai con tutte le mie forze di prendere quel dannato pacchetto, invanamente. I giorni seguenti passarono velocemente e la mia terapia era uno strazio. Pian piano riuscì a diminuire le dosi di sigarette, ogni tanto mangiavo dei Cracker e bevevo un po' d'acqua, le sere le passavo a chiaccherare con Kyle finchè non ero stanca e mi stringevo a lui, anche i miei incubi diminuirono. Una mattina Kyle mi fece provare a stare in mezzo alla gente, a persone come me e andai a ' pranzare ' nella sala con gli altri. Non potevo portare le sigarette nè tanto meno fumarne una. Tremai tutto il tempo ma nonostante ciò riuscì a chiaccherare un po' con qualche persona, non erano veri e propri discorsi ma era più tipo ' Mi passi il sale? ' e balbettavo sempre. Quando tutti se ne furono andati dalla sala mi diressi a grandi passi verso il cortile dove Kyle mi aspettava
 << Missione compiuta! >> mi disse scherzando e io gli sorrisi imbarazzata, lui continuò  <> mi prese il braccio e mi condusse dietro la struttura dove c'erano delle scalette, salimmo velocemente. Arrivammo in un balcone molto grande dove c'era una panoramica fantastica su dei campi di girasole che splendevano tra i prati.  Kyle mi porse un pacchetto di sigarette dicendo che me le ero meritate, parlammo dei miei progressi mentre passavo da una sigaretta all'altra. Il sole iniziò a calare creando un bellissimo tramonto sullo sfondo dei girasoli. Presi la mia ultima sigaretta e iniziai a fumarla 
<< E' arrivato il momento che io ti confessi una cosa >> mi disse dolcemente Kyle << Ho chiesto io di essere affidato a te >> continuò, gli occhi fissi sui miei
<< Quale sano di mente chiederebbe di avere a che fare con me? >>  ribattei scherzando mentre facevo un altro tiro di sigaretta 
<< Un innamorato. Dalla prima volta che sei entrata i tuoi occhi mi hanno catturato e conoscendoti mi sono innamorato di te, Roxanne >> . 
Non sapevo che dire, ero immobile, cercando le parole adatte: in effetti una sensazione strana mi invadeva quando stavo con lui ed è l'unico che avrei sempre voluto al mio fianco, l'unico che mi sia sempre stato vicino e l'unico di cui sia importato davvero qualcosa di me. I miei occhi sprofondarono nei suoi mentre cercavo di tirar fuori un discorso, ma non ce ne fu bisogno. Lui si sporse vicino a me e io feci lo stesso. Le nostre labbra si incontrarono nel tramonto, come in un film romantico. Avevo la mia ultima sigaretta in mano, ispirai profondamente e un odore si distinse. Non era quello del fumo, era dolce e mi rassicurava. Buttai la mia ultima sigaretta concentrandomi solo su quel profumo, il profumo di Kyle. Quello che ancora non sapevo era quanti progressi significasse quel piccolo gesto.
  
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