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Autore: Padmini    13/09/2012    2 recensioni
Maximillian Webb, medico legale al Saint Bartholomews Hospital di Londra, con una fidanzata opprimente e un lavoro che non lo soddisfano totalmente.
Tutto ciò è destinato a cambiare quando incontrerà una donna molto speciale ...
Genere: Avventura | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altro personaggio
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Violet'
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My new life

 

 

 



 

Il tragitto dalla stazione della metropolitana a casa mia fu breve. Troppo breve. Non avevo ancora messo in ordine tutti i pensieri. Non avevo ancora idea di come dover affrontare Elisabeth. Di sicuro l’avrei trovata arrabbiatissima con me.

Furiosa.

La cosa, devo ammetterlo, mi riempiva di ansia, ma anche di eccitazione. Non vedevo l’ora di affrontarla ma allo stesso tempo avevo rallentato il passo. Se avessi creduto ad un Dio lo avrei pregato per tutto il tempo del tragitto.

 

La trovai in camera, distesa sul letto, ancora vestita di tutto punto. Aveva le braccia incrociate sul petto e mi guardava con aria truce. Era esattamente così che me l’ero immaginata.

“Era ora che tornassi” mi dice, guardando ostentatamente l’orologio “Hai idea di che ore sono?”

“Anche tu sei tornata da poco, immagino” risposi io, cercando di comportarmi come se non fosse successo niente. Lei, naturalmente, non era della stessa opinione.

“Maximillian!” mi riprese urlando letteralmente il mio nome “Non hai niente da dirmi?”

“No” risposi guardandola “Che cosa dovrei dirti?”

“Che ne so?” rispose lei sarcastica “Forse ‘Scusami tanto amore mio per quello che ti ho fatto stasera, non te lo meritavi’? Mi hai fatto fare una figura di merda con le mie amiche, sai? Andartene in quel modo con quella sgualdrina!”

“Hai ragione tesoro” risposi io tranquillamente. Era l’occasione che aspettavo.

“Bene” riprese lei “Sto aspettando”

“Scusami tanto tesoro” cominciai, cercando di trattenere le risate “Avrei dovuto dirti prima quello che penso di te …” mi interruppi, per vedere che reazione avrebbe avuto. Mi guardava con la bocca spalancata per lo stupore.

“Sono mesi che voglio dirtelo” ripresi poi, incrociando le mani dietro la schiena e cominciando a camminare avanti e indietro per la stanza, davanti al letto “Sono stanco di te, del tuo controllo, di come vuoi programmare ogni singolo minuto della mia vita. Non voglio figli da te, non voglio sposarti, non voglio passare neanche un minuto in più in tua compagnia!”

Lei mi guardò attonita. Non si sarebbe mai aspettata una reazione simile da me. A mia volta la guardai, restituendole uno sguardo sereno. Ero sicuro di me e della mia scelta. Non sarei tornato indietro.

“Adesso” disse lei alzandosi “Ritiri subito tutto quello che hai detto e non dormiremo finché non avremo risolto questa situazione!”

La guardai e non potei fare a meno di scoppiare a ridere.

“Ti rendi conto di quello che dici?” le chiesi “Hai capito quello che ho detto?”

“Tu non puoi …” rispose lei, sull’orlo delle lacrime.

“Chiedilo pure a chi vuoi” le dissi io “Tutti i miei amici ti considerano petulante e anche un po’ oca”

“Cosa ….”

“Comunque se non vuoi dormire, peggio per te. Io sono stanco e vorrei …”

“Te lo impedirò!” urlò lei “Ti impedirò di andartene! Ti impedirò di dormire! Non puoi farmi questo! Non puoi!”

Ormai stava gridando e mi chiesi quanto tempo ci avrebbero messo i vicini a chiamare la polizia. Non volevo avere a che fare con le forze dell’ordine, quindi presi alla svelta una seconda decisione importante.

“Bene” dissi infine “Se non vuoi che dorma, non dormirò. Non qui almeno”

Detto questo aprii l’armadio e presi una grande valigia, quella che mi aveva regalato mia sorella, e cominciai a riempirla con cura con tutti i miei vestiti. Quelli belli, intendo, non quelli che mi aveva regalato lei! I completi eleganti, le cravatte, le camicie, le magliette, i maglioni, i calzini, le mutande … in breve tutto fu dentro. Andai in bagno e presi le mie cose. In una mezz’oretta ero pronto a partire. Lei, in tutto quel tempo mi aveva guardato sconvolta. Non poteva credere a quello che vedeva e ogni tanto si pizzicava la guancia, come per verificare di essere sveglia veramente.

Quando infine mi vide uscire dalla stanza con la valigia in mano si ridestò.

“Dove vai?” chiese, con una voce lamentosa e supplichevole.

“Te l’ho detto” le risposi “Me ne vado”

“Non puoi!” mi disse lei, cominciando a piangere “Non così all’improvviso! Se mi avessi detto … avrei potuto … se mi avessi detto i problemi che avevi con me … avrei potuto cambiare!”

“Ci ho provato” dissi “Più di una volta, ma tu non hai mai capito. Addio”

Così, senza darle il tempo di ribattere, uscii dall’appartamento. Non sapevo bene dove andare, ma avevo solo un indirizzo in mente.

 

Per mia fortuna la fermata di Baker Street non era tanto lontana dal numero 221, così in pochi minuti mi trovai sotto la sua porta. La luce, al piano di sopra, era accesa. ‘Bene! È ancora sveglia!’ mi dissi prendendo coraggio e suonando il campanello. Aspettai. Niente da fare. Mi misi in ascolto. Dall’appartamento proveniva il suono malinconico e romantico di un pianoforte. Forse non aveva sentito. Suonai con più entusiasmo e sentii il rumore metallico del campanello sovrastare quello dello strumento musicale. Dopo qualche istante la vidi scostare una tenda e guardare fuori. Immagino che per una donna come lei dovesse essere fondamentale tenere sempre la guardia alta.

Mi riconobbe e, rassicurata, venne ad aprire.

La porta scattò e si aprì con un cigolio. Entrai e, con un senso di reverenziale timore, salii i gradini che mi avrebbero portato al suo appartamento. Lei era lì, in piedi, davanti alla porta, e mi aspettava.

Era bellissima.

Indossava una vestaglia blu scura che le arrivava fino alle caviglie sotto la quale si poteva intravedere una camicia da notte di seta bianca, lucida e sensuale. Aveva i capelli più spettinati di quando l’avevo incontrata al Criterium bar e mi guardava con sospetto.

“Immaginavo che ti avrei rivisto” disse, incamminandosi verso la stanza “Benedict aveva proprio ragione sul tuo conto. Così hai lasciato la tua fidanzata, eh?”

“Sì” risposi, senza appoggiare la valigia, ma tenendola stretta al corpo. Non sapevo bene perché, ma mi intimoriva. Mi attirava e mi intimoriva.

“Hai intenzione di rimanere lì ancora per molto?” mi chiese spostandosi dalla porta per farmi entrare “La tua stanza è al piano di sopra” disse poi indicando le scale con un cenno del mento.

“Spero che il suono del mio pianoforte non ti disturbi”

La guardai qualche istante prima di riprendermi. Presi un bel respiro e guardai la soglia. Una volta fatto quel passo non sarei più tornato indietro. Lei non poteva saperlo, o forse lo sapeva meglio di me, ma quel passo era molto importante per la mia vita, per come avrei affrontato i problemi in futuro.

Mi feci coraggio ed entrai.

Spalancai la bocca attonito.

“Cos’è successo qui?! È scoppiata una bomba?!”

Non smise di suonare mentre mi rispose. “Ovviamente no. Se fosse successo tutta la casa non esisterebbe più”

Aprii gli occhi (stava suonando con gli occhi chiusi), si girò verso di me con lo sguardo perso nel vuoto.

“Oh, sarcasmo. Capisco.” E si rimise a suonare.

Non ci potei credere. Aveva davvero capito a scoppio ritardato che stavo scherzando? Probabilmente mi stava solo tirando in giro.

Presi la mia valigia, salì nella mia stanza e sistemai tutte le mie cose in fretta. Volevo conoscerla immediatamente, anche se capii che non sarebbe stata un’impresa cosi facile.

C’era un divano in fondo alla stanza, dopo aver messo in ordine alcune carte e oggetti scientifici, presi posto e iniziai ad ascoltare con più attenzione. Riconobbi la melodia: Moonlight sonata di Beethoven.

“Sei molto brava a suonare”

Non mi rispose, era troppo concentrata. Credo. Il sonno incominciava a prendere possesso della mia mente, quindi cercai di salutare Rain, prima di crollare.

“Io andrei a letto, Rain. Ti ringrazio per l’ospitalità… potremmo parlare dell’affitto domani e…”

Non riuscii a finire la frase perché mi interruppe.

Si fermò ancora. Aveva smesso di suonare. Prese un pacchetto di sigarette da sotto la testa di un teschio (non volevo sapere perché era li, infatti evitai domande) e se ne accese una.

Si sporse dalla finestra, osservando la folla serale.

“Le vedi, Maximillian?”

“Cosa?”

Un alone biancastro ondeggiò sopra le nostre teste.

“La domanda più appropriata sarebbe: chi?”

Sospirai, stando al gioco.

“Chi?”

“Tutta quella gentaglia comune… ecco, vedi quella ragazza col tweed?”

Mi avvicinai a lei tagliando la distanza che ci allontanava.

“Si, ora la vedo.”

“Sta pensando alla persona con cui ha passato la giornata oggi, probabilmente un’amica, e a cosa preparare domani a colazione. Per lei, ovviamente. Per il suo cane ha comprato del cibo in scatola. È single”

La guardai, stupefatto. Quella donna era sempre piena di sorprese.

“Come…?”

“Come ho fatto? Tu guardi, ma non osservi, Maximillian”

Un altro alone bianco.

“Ha una borsa della spesa in mano, con dentro delle scatolette per cani, quindi deve averle comprate ancora quando i negozi sono aperti, cioè prima delle sette. Dunque: perché a quest’ora, di sera, torna a casa? Non poteva portarle a casa prima? Ovviamente no, perché è stata da una sua amica che l’ha chiamata senza preavviso mentre era al negozio di animali. Non è truccata e non è vestita elegante, se fosse stato un ipotetico fidanzato sarebbe tornata a casa per truccarsi e cambiarsi, cosa che non ha fatto. Sto notando ora che non ha anelli ne sulla mano sinistra ne sulla mano destra.”

“ Non potrebbe essere andata dai suoi genitori?”

“Non credo proprio ci vada in quelle condizioni. Ha un lavoro con stipendio minimo, di ufficio a giudicare dalla corporatura. Non ha un’intelligenza fuori dal comune cosi cerca di fare buona impressione esteticamente. No, non sarebbe andata da loro in jeans, scarpe sportive e maglione da due soldi”

Non sapevo che dire.

“Sei...”

“Strana? Un fenomeno da baraccone?”

“Sei stata incredibilmente magnifica!”

Dissi io, prendendola per le spalle. Subito dopo mi resi conto di ciò che avevo fatto, staccandomi nervosamente da lei e forse arrossendo anche un po’.

“Davvero?”

Era realmente incredula a quello che le avevo appena detto?

“Certo, lo penso seriamente! Non ho mai conosciuto una persona più arguta e intelligente di te!”

Mi guardò perplessa, come se non capisse la mia ultima osservazione.

“Ovviamente.” Rispose alla fine.

Non capii esattamente cosa volesse dire, ma il sonno in quel momento, era mio nemico e cercai subito di andare a riposare.

“Buonanotte Rain. A domani”

Aspettai per qualche secondo la sua risposta che, naturalmente, non arrivò.

Mi sarebbero capitate interessanti giornate, in sua compagnia. La mia decisione di andare a vivere in Baker Street avrebbe dato i suoi frutti. Me lo sentivo.

Il mio risveglio fu straordinario, l’indomani. Il suono del pianoforte mi svegliò lentamente.

Nel susseguirsi degli anni quasi tutte le sveglie furono cosi, e io ne fui davvero tanto felice.

Scesi fino ad incontrarla nel salotto. Credo non fosse andata a dormire, giudicando dalla veste e dai capelli identici alla sera prima.

“Buon giorno, Rain…”

Ovviamente non mi aspettai una risposta, che infatti non arrivò.

Si voltò solo verso di me e mi rivolse un sorriso appena accennato.

“ Preparo la colazione, vuoi qualcosa?”

“ Quello che mangi tu andrà benissimo. Ma la porzione dev’essere la metà. “

Si alzo di scatto e si incamminò verso il bagno. Riuscì a distinguere il rumore dell’acqua della doccia.

Incominciai a preparare la mia colazione preferita: uova, bacon e della spremuta d’arancia.

Finito di preparare apparecchiai la tavola.

“ Avrei dovuto dirti di preparare anche il tea. “

Il suo viso fu annoiato dall’affermazione che fece.

L’ho indispettita solo per non aver preparato il tea?!

S’incamminò verso la cucina per mettere a bollire dell’acqua. Sbuffò sonoramente mentre io mi sedetti porgendole il piatto.

“ ho visto Elisabeth.”

In quel momento rischiai di strozzarmi con della pancetta.

“Cosa?!”

Bevvi un sorso d’arancia per ingurgitare il boccone di bacon e per non strozzarmi.

“ D-dove? C-come?! Che ti ha detto?! “

Mi guardò come se parlasse ad un bambino. Adoro quell’aria da saccente. Non dovrei, vero?

“ come sei noioso, Maximillian. L’ho vista dalla finestra di sfuggita. Abbiamo un caso, dobbiamo andare a Scotland Yard oggi.”

“ davvero? Fantastico! “

Liquidai tutti i pensieri su Elisabeth. Non avevo voglia che rovinasse anche i miei pensieri, aveva già fatto un buon lavoro con la mia vita. Mi bastava questo.

Non ci feci ancora caso ma, era già vestita di tutto punto, non era truccata e aveva ancora i capelli coperti da un asciuga mano ma… era davvero stupenda.

Credo che arrossii in quel momento, vedendola bene.

“ finisci di mangiare, piantala di fissarmi e vai a vestirti. Dobbiamo essere la entro quaranta cinque minuti.”

Scoperto in pieno.

Fini la mia colazione in un tempo da record per poi vestirmi in ancora meno tempo. Quando tornai la ritrovai perfettamente truccata e con dei capelli ricci che rasentavano la perfezione.

Chiudemmo la porta dietro di noi, dopo di che Rain cercò di chiamare un taxi. Non riuscendoci perché…

“ Maximillian! Come diavolo ti sei permesso brutto… ah. Chi si rivede. La donna del bar. “

Elisabeth squadrò da capo a piedi Rain che, di canto suo, non se ne curò affatto.

“ cosa diavolo vuoi ancora?! “

Ero davvero spazientito da quella donna. Era orribilmente appiccicosa e irritante.

“ voglio che tu torni da me e molli questa sciacquetta! “

All’ultima parola gli occhi grigi di Rain vacillarono di collera per pochissimi secondi.

Non disse nulla, si girò dalla parte opposta per chiamare un taxi ma ancora una volta non potè farlo. Elisabeth le bloccò il polso sinistro.

“stagli lontano, chiaro?! “

“ non mi sembra che io lo stia obbligando a fargli far nulla. È stata una sua decisione venire qui, a Baker Street. Quindi cerchi di non disturbare oltre e di andarsene. Prego. “

Con una mossa secca e decisa, Rain, si staccò dalla presa e incominciò a guardare Elisabeth con aria di superiorità.

In effetti nessuno poteva ammettere che Elisabeth era superiore di Rain in qualsiasi cosa.

“ come ti permetti?! “

Elisabeth aveva tutta l’intenzione di mollare un bellissimo schiaffo al viso di Rain. Ovviamente non arrivò mai, i riflessi della rossa erano decisamente superiori. Le prese il polso e si avvicinò a lei, con fare minaccioso.

“ è cosi che risolve i suoi problemi? Prendendoli a schiaffi? Ho intuito che il suo quoziente intellettivo fosse basso, ma non pensavo cosi basso. “

 

Credo che questa mia nuova vita mi ucciderà prima del previsto.

   
 
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