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Autore: Astry_1971    31/03/2007    1 recensioni
“Solo in quel momento, Severus si rese conto che il responsabile di quell’orrore era ancora in quella stanza. Sollevò lo sguardo e la vide: una giovane donna era rannicchiata in un angolo e fissava il Mangiamorte tremando e mugolando qualcosa di incomprensibile.”
Questa storia si svolge durante gli anni che precedono la morte dei Potter e la caduta di Voldemort.
Severus Piton è un giovane Mangiamorte alle prese con i suoi rimorsi e un amore impossibile. Sarà un Piton insolito, un Piton ragazzo, che commette errori, che ha paura e che farà quelle scelte sbagliate che lo renderanno, in futuro, l'uomo tormentato e solo che tutti conosciamo. Gli avvenimenti narrati si svolgono dopo il sesto libro della saga di Harry Potter e prescindono, ovviamente, dal settimo libro, ancora inedito.
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Albus Silente, Lucius Malfoy, Nuovo personaggio
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
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Cara Akiremirror Ummm! Se mi dai della sadica adesso, mi chiedo cosa mi dirai più avanti. Purtroppo l’incantesimo è a doppio senso, non scatta solo per difesa, se Iris dovesse toccare, anche solo sfiorare, Severus, lui morirebbe subito. E riguardo al marchio, il fatto che Severus passi dalla parte del bene non influisce sul suo potere. E’ la presenza di Voldemort che lo fa funzionare, infatti quando, nel quarto libro, Voldemort sta riacquistando il suo potere, il marchio sul braccio di Piton e di Karkaroff diventa più evidente. Cosa ne deduci? Cosa potrebbe indebolire abbastanza il marchio da spezzare la maledizione?
Ciao Ellinor, bentrovata. Un bacio etereo dici? Sì, direi che non ci sei andata lontano

Buona lettura!


CAP. 12: Baciato dal vento

Il cielo era limpido, era una giornata magnifica, nonostante soffiasse un forte vento. L'erba alta si piegava disegnando strane figure sui fianchi della collina, mentre Hogwarts si stagliava maestoso come sempre all'orizzonte.
Iris corse fino ai margini del colle, dove questo si gettava quasi a strapiombo sprofondando nel lago nero.
Senza distogliere lo sguardo dal magnifico paesaggio, si afferrò con una mano i capelli strappandoli all'irruenza del vento.
Sorrise, il lago era davvero magico quando il respiro della natura ne increspava le acque scure, rendendolo simile ad una distesa di piccole schegge d'argento.
Si sedette sull'erba, imitata da Severus, e cominciò a sistemare su una piccola tovaglia il loro pranzo, cercando di fissare i lembi della stoffa con dei pesi, in modo che il vento non la sollevasse. Severus la osservava, mentre cercava di districarsi dai capelli che continuavano a svolazzare davanti ai suoi occhi intralciandola nel suo minuzioso lavoro.
Alla fine Iris sbuffò spazientita e, puntandosi la bacchetta alla testa, pronunciò un incantesimo. Immediatamente i capelli nerissimi si sistemarono in una serie di piccole trecce tenute ferme sulla nuca da un fermaglio d'argento.
“No, non così, ti prego, lasciali sciolti.” intervenne il mago.
“Ma, Severus, non riesco a combinare niente con i capelli negli occhi.” protestò.
Severus scosse semplicemente il capo, mentre le sue labbra si piegavano dolcemente, afferrò la bacchetta e la puntò verso la maga.
Prese a muovere la piccola asticella magica disegnando nell'aria lo stesso intricato gioco dei capelli della sua Iris e questi iniziarono lentamente a seguire i movimenti della sua mano, le ciocche scivolarono l'una sull'altra fino a sciogliersi completamente divenendo nuovamente preda di quel vento impetuoso.
“Così va meglio,” sussurrò. “Finisco di sistemare io qui.”
La giornata trascorse velocemente. Dopo aver mangiato, entrambi si sdraiarono sull'erba. Parlarono per ore, finché Iris si accorse che il suo Severus cominciava a partecipare sempre meno ai suoi discorsi, rispondeva appena, mormorando un sì o un no ogni tanto, finché addirittura non si limitò a qualche piccolo cenno del capo.
La maga si sollevò mettendosi seduta, guardò il volto magro del giovane: Severus si era improvvisamente incupito, gli occhi persi in qualche oscuro pensiero.
Non si era neppure accorto che lei aveva smesso di parlare e lo fissava spaventata.
“Ti senti bene?” mormorò con un filo di voce.
“Sì, non preoccuparti.” Si voltò lentamente su un fianco, il viso si contrasse impercettibilmente: la schiena gli doleva ancora, ma cercò di non darlo a vedere.
Il suo sguardo si posò sulla mano di lei, una mano piccola e bianchissima, sprofondata quasi completamente tra i fili d'erba. Allungò il braccio e, senza parlare, prese a giocare con l'erba che si insinuava fra quelle esili dita.
Iris non si mosse, fissò con apprensione la mano del mago che si muoveva così pericolosamente vicina alla sua. Trattenne il respiro, quando, con l'indice, il giovane iniziò a seguire il contorno delle sue dita come se volesse disegnarne la sagoma sul terreno umido.
“Severus, ti prego smettila.” mormorò con la voce tremante.
Il mago sorrise, ma continuò il suo gioco.
“Severus basta così!” Iris si alzò di scatto. “Vieni, camminiamo un po'.” disse allontanandosi da lui, senza accorgersi che, al suo gesto, la mano del giovane si era chiusa sull'erba strappandola con rabbia dal terreno.
Il mago si alzò e la raggiunse, il volto irrigidito, sembrava aver perso la capacità di provare una qualunque emozione. Senza parlare adattò semplicemente il suo passo a quello di lei, e continuò a camminare al suo fianco.
Iris fissò lo sguardo davanti a sé, non aveva il coraggio di guardarlo negli occhi in quel momento, lui sembrava voler fare altrettanto.
Camminarono per diversi minuti, verso un sole ormai morente, fra loro solo un doloroso silenzio.
Poi, improvvisamente, Iris si accorse che il mago non era più al suo fianco, si voltò e sentì il suo cuore perdere un battito: Severus era rimasto indietro, era immobile e la fissava incantato.
Sembrava sul punto di esplodere. Certamente avrebbe fatto qualche sciocchezza. Lo vide stringere gli occhi come se il solo guardarla gli procurasse dolore.
Ogni volta che sentiva i suoi profondi occhi neri posarsi su di lei, sapeva che il cuore del giovane gridava di desiderio: non poterla neppure sfiorare stava diventando una tortura insopportabile.
Sempre più spesso lo vedeva chiudere gli occhi in sua presenza, come se, rifugiarsi nel buio, potesse affievolire la sua bramosia.
Iris si avvicinò lentamente, scrutò in silenzio quel viso pallido e spigoloso, indurito nel vano tentativo di difendersi dall’amore, vide le lacrime sgorgare faticosamente dalle palpebre serrate e segnare le sue guance.
Non ce la faceva a vederlo così, sapeva ciò che stava provando in quel momento: lei lo desiderava con altrettanta forza.
“Severus!”
Il mago sussultò: non l’aveva sentita avvicinarsi.
Aprì gli occhi e la fissò. Il suo sguardo era vuoto.
Per un istante Iris vide un’ombra di follia velare quegli occhi ed ebbe l’impressione che lui stesse per afferrarla: un gesto disperato.
L’immagine dell’uomo che amava che si contorceva sul pavimento come suo padre, apparve nella sua mente e la maga indietreggiò terrorizzata, ma Severus non si era mosso, sembrava quasi assente.
Improvvisamente parlò, con una voce fredda che la fece rabbrividire.
“Voglio amarti ora.”
Lei scosse il capo sbigottita, si sentì gelare il sangue.
Prese a tremare vistosamente. “Severus, mi fai paura, ti prego, tu non sai quello che dici, non ricordi quello che è successo a mio padre?”
Ma lui sembrava non ascoltare.
“Voglio fare l’amore con te, io ti amo.” disse semplicemente. “Ti amo più della mia vita stessa, ti prego, voglio donartela, se devo morire per averti non m’importa.”
“No, no, non è così che deve andare, la causa di tutto questo dolore è Voldemort, lui cadrà e solo allora noi saremo liberi, Severus, amore mio, ti prego, non voglio che ti lasci andare, devi lottare. Combatteremo insieme per questo amore, noi vinceremo, Severus, e saremo liberi di amarci per il resto della vita. Io voglio questo, Voldemort non ce lo toglierà.”
Si avvicinò al mago, prima con un po’ di timore, sperando che lui non compisse un gesto folle.
Quando vide il volto del suo Severus rilassarsi, sorrise e si avvicinò ancora sollevandosi sulla punta dei piedi fino quasi a sfiorare le labbra del mago con le sue.
“Però…” sussurrò fissando lo sguardo carico di desiderio del suo uomo. “… posso darti qualcosa che addolcirà l’attesa.”
Lui dischiuse le labbra come per parlare, ma lei lo bloccò avvicinando la mano alla sua bocca.
“Chiudi gli occhi,” disse. “Ora ascolta il vento.”
Il mago fece come lei gli aveva chiesto.
Improvvisamente una melodia struggente e dolcissima lo invase, la voce di Iris sembrava galleggiare nella leggera brezza che come dita delicate accarezzava il suo viso.

Intorno all’idol mio*
Spirate pur spirate
Aure soavi e grate


Severus sentì il leggero tocco del vento farsi sempre più audace, una piacevole sensazione di calore lo avvolse come un abbraccio.

E nelle guance elette
Baciatelo per me
Cortesi aurette


Per un istante ebbe l’impressione che il vento fosse diventato corporeo, si lasciò carezzare da quelle dita impalpabili provando un brivido di piacere.
Sentì le labbra di Iris sfiorare le sue, sentì il calore del suo respiro sulla sua bocca; era qualcosa di incredibile e stupendo.
Il giovane mago si portò le mani sul viso cercando quello di lei, ma non vi trovò che l’aria.
“Iris!” la sua voce era rotta dall’emozione.
“Tieni gli occhi chiusi.” sussurrò la maga e poi riprese il canto.

Al mio ben che riposa
Sull’ali della quiete,
grati sogni assistete
e il mio racchiuso ardore
svelategli per me


“E’ bellissima” mormorò Severus senza aprire gli occhi. “Che cos’è?”
“E’ un’antica aria babbana.” rivelò maliziosa.
Severus ebbe l’impressione che il suo corpo non avesse peso, era lì, in piedi, con addosso la sua pesante tunica nera, eppure l’unica cosa che sentiva era il tocco delle mani di lei.
A quale incredibile magia stava assistendo? Avrebbe voluto abbracciarla, sentiva la sua presenza, sentiva il suo corpo, ma non era solido, non riusciva ad afferrarlo, eppure era una sensazione così forte, sembrava reale, era reale.
Non era solo il vento, era una donna, era la sua Iris. Poteva sentire perfino i battiti del suo cuore, il pulsare del sangue nelle sue vene, il ritmo lento del suo respiro, i suoi baci.
Iris, lo guardò, l’espressione stupita di Severus le strappò un sorriso.
“Non cercare di capire, Severus, abbandonati.” sussurrò.
Completamente inebriato il giovane mago allargò le braccia e si offrì al vento, credette di diventare egli stesso aria, la stessa che ora accarezzava la sua Iris, si insinuava tra i suoi capelli e sfiorava la sua bocca, percorrendo poi ogni centimetro della sua pelle, scivolando delicatamente sul suo corpo caldo, fino a diventare parte di lei.
Le labbra socchiuse tremavano leggermente e lacrime di gioia presero scivolare lentamente sul volto pallido del mago, mentre assaporava quella sensazione meravigliosa.
“Ti amo!” disse con un filo di voce, come se temesse di rompere quell’incanto.
Era felice, forse per la prima volta nella sua vita.
Sentiva di non meritare un simile dono, ma non vi avrebbe rinunciato per nulla al mondo, aveva bisogno di quell’amore, ne aveva bisogno come l’aria che respirava.
Il mago ascoltò i battiti del suo cuore: era una piacevole musica, una musica gioiosa che parlava di sogni e di felicità.
Non aveva mai ascoltato quelle pulsazioni, aveva sempre cercato di soffocarle e zittirle: per lui erano state unicamente indice di paura e disperazione.
Aveva reso muto il suo cuore, così come aveva imbavagliato la sua coscienza, perché non gridasse con la voce delle sue vittime.
Ora quel silenzio si era definitivamente spezzato, ma, con suo grande stupore, non ci furono solo grida e disperazione, ma anche speranza, come se, di fronte all’amore, anche i suoi fantasmi potessero finalmente trovare pace.
Grazie ad Iris quel petto, che lui aveva reso freddo e silenzioso, aveva ripreso a cantare e a vivere.
Il mago sapeva che per quell’amore avrebbe pagato un alto prezzo: un cuore vivo è anche un cuore capace di sanguinare. Tuttavia, ora ne era certo, era quello che voleva.
Il destino aveva saputo davvero prendersi gioco di lui: il giorno in cui aveva conosciuto la sua Iris, era stato il giorno più brutto della sua giovane vita.
Aveva imparato ad uccidere, aveva imbrattato la sua anima col sangue di un innocente. Eppure, quello stesso giorno, grazie a lei aveva cominciato a scoprire il valore della vita, di quella che aveva stroncato e anche della sua, una vita che aveva gettato via per assecondare i sogni di gloria di un pazzo assassino.
Altro sangue avrebbe sporcato le sue mani dopo quel giorno, molto altro.
L’amore di Iris l’avrebbe sempre sostenuto, nello stesso tempo, però, avrebbe alimentato i suoi rimorsi.
Lei aveva pian piano risvegliato il suo cuore, un cuore che non sapeva darsi pace.
Una tortura, la sua, alla quale però non voleva rinunciare.
Avrebbe potuto nuovamente mettere a tacere quel cuore, e i suoi sentimenti, ma, insieme al dolore, avrebbe cancellato anche l’amore di Iris, e questo non poteva, non voleva farlo.
Il mago aprì gli occhi, Iris era di fronte a lui, anche lei con le braccia aperte e la testa all’indietro, completamente abbandonata all’abbraccio del vento. I capelli disegnavano intricati merletti intrecciandosi in una leggiadra danza.
Severus fissò quella figura che si stagliava contro il sole morente, colorandosi di fuoco, si sentì bruciare da quel fuoco, si sentì vivo.
Ora più che mai era deciso a combattere per riavere ciò che Voldemort gli aveva portato via.
Avrebbe lottato, per avere quell’amore, avrebbe affrontato Voldemort, avrebbe fatto tutto quello che era in suo potere per fermare quell’assassino e l’amore sarebbe stato la sua forza.
Si portò la mano al petto e prese a stringere la ruvida stoffa della tunica tra le dita, quel battito frenetico ed eccitato era quasi doloroso.
Sorrise: mai dolore era stato così piacevole.
Provò a regolare il respiro, senza distogliere lo sguardo dalla sua Iris: era bellissima immersa in quella luce. Una fiamma che ardeva solo per lui, specchiandosi nei suoi limpidi occhi neri e riscaldando il suo cuore.
“Grazie!” mormorò, mentre le lacrime continuavano a scivolare sulle sue guance.
Il mago non tentò nemmeno di fermarle: aveva bisogno di quelle lacrime. Come un fiume in piena stavano trascinando con sé il dolore, lavando e lenendo le ferite della sua anima.


Continua…




*L'aria antica “intorno all'idol mio” è tratta dall'opera “Orontea” di Marco Antonio Cesti

Appuntamento alla prossima settimana, il capitolo s’intitolerà: “Tra le spire del serpente”, della serie, l’ho fatto godere un po’, ma ora basta, altrimenti il mio Severus ci si abitua e lui deve restare sfigato.

Ciao, ciao!




  
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