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Autore: londonici    14/09/2012    1 recensioni
Hayley, sedicenne di Beverly Hills, sembra la tipica ragazza che mette il broncio giusto per essere diversa. Una grande passione per i Paramore e un gruppo di amici eccezionali la aiuteranno a superare i primi "piccoli" problemi della sua vita. Ma poi si aggiunge Hitch, un rapper diciannovenne di fama mondiale, e tutto cambierà all'improvviso...
Genere: Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Scolastico
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I giorni successivi furono un vero inferno: vivevo nell'incoscienza più totale, senza sapere che posizione prendere. Insomma, come mi dovevo comportare con Mr. “Adesso Tocca A Te”? E questo era solo uno dei problemini (il meno importante, forse) che mi occupavano le giornate.

C'era anche Lara, che rideva della mia ingenuità. Adesso mi diceva che ci ero cascata in pieno, la mia catastrofe era appena iniziata. La sua nuova teoria era che, una volta entrata nel mondo dei “love affair”, difficilmente ne sarei uscita illesa. L'aveva già predetto, in fondo: tre mesi, secondo lei. Secondo me, invece, molto, molto meno. Comunque mi stava sempre ad ascoltare e non voleva che la situazione degenerasse più di tanto, così era una specie di regista dietro le quinte di quello che stava succedendo.

E poi, come scordarci di Bryan? Era appena tornato e aveva litigato con Jenna. Abbastanza vivacemente. Avevo sentito parte della loro litigata senza volerlo, e – come al solito – mi sentii il punto di discordia comune. Era andata più o meno così: “Mamma, smettila di fare la giovane in carriera che esce col primo che respira e sii una madre presente per Hayley”. “Ma io lo sono, piuttosto tu non ci sei mai; e poi sei sempre mio figlio, perciò portami rispetto”. “Ma che rispetto e rispetto, se neanche tu sai cos'è! Metti la testa a posto, una buona volta, almeno per Hayley”. Siccome il mio nome ricorreva troppo spesso, decisi di mettermi un cuscino in testa e darci un taglio.

Come conseguenza al ritorno di Bryan, Jenna aveva smesso di frequentare Antonio, ma non credevo che ciò dipendesse dalla sfuriata di Bryan. Cambiava accessorio abbastanza spesso, la cosa ormai né mi stupiva né mi infastidiva. Se a lei stava bene così, perché avrebbe dovuto dare fastidio a me? Avevo già sperimentato il tipo di uomo che non volevo vedere accanto a lei, e...

Insomma, non poteva portare a casa uomini peggiori di quello che mi aveva messo al mondo, no?

Altro problemino era che, come un circolo vizioso, avevo smesso di uscire, anche solo per attraversare la strada. L'apertura delle scuole era alle porte, Jess costituiva un'incognita bella e buona, Jenna e Bryan non potevano stare a casa da soli, o il tutto sarebbe sfociato in un omicidio. L'unica cosa positiva era che, al contrario delle mie aspettative, il fatto di avere un famoso rapper come vicino di casa non si era dimostrato particolarmente insopportabile, fatta eccezione per l'incremento di concentrazione di popolazione femminile di un'età inferiore ai vent'anni esattamente sotto casa mia. Tutte che “casualmente” passavano di lì. Risatine e occhiatine verso quella casa, a volte qualcuna suonava anche il mio campanello, o quello dei gemelli.

A proposito di loro due, alla fine i loro genitori non erano stati molto felici delle loro facce tumefatte, così erano finiti in punizione per le ultime due settimane dell'estate. Che crudeltà, niente uscite e niente visite, nemmeno da parte del cugino Chris (era stato proprio lui a metterli nei guai, no?).

Quella mattina ero sul materassino, nella mia piscina, insieme a Lara. Ci stavamo rilassando al sole, godendoci gli ultimi giorni di libertà: mancavano tre giorni all'inizio della scuola e la cosa mi deprimeva in modo non indifferente. A Lara, invece, faceva quasi piacere. Per lei, la scuola non era luogo di studio, non era un carcere in cui eri costretto a stare con gente che magari non volevi vedere e in cui dovevi fare cose di cui non te ne poteva fregare di meno; per Lara la scuola era solo: ragazzi, “facciamo guerra a Dana”, ragazzi e ragazzi.

Il suo cellulare squillò. Di nuovo.

«Lara, Gesù mio, rispondi a quel dannato ragazzo. È la settima volta in tre minuti che chiama». Era il ragazzo delle Bahamas. Si era perdutamente innamorato di lei, ma... Lara l'aveva vissuta solo come una scappatella estiva. Che cosa doveva farsene di uno delle Bahamas?

«Allora ce ne sarà anche un'ottava. E forse, una nona. Lascia perdere, se lo faccio io... Fallo anche tu. Rilassati».

«Certo», feci infastidita. Lara mi squadrò a lungo da sopra gli occhiali da sole.

«Sai, non è così che ci si dovrebbe sentire quando non si ha il ciclo. Quando uno come Jess si fa avanti, di norma una ragazza normale si sente esaltata e un po' gasata».

«Ah-ah. Afferrato», risposi vaga. La verità era che mi dava sui nervi quel discorso.

«Wow, Hay, come sei gasata!», esclamò con una nota un po' troppo sarcastica per i miei gusti.

«Ma che ti ho fatto, Lara? Che c'è? Smettila, santoddio». Sbuffò e tornò al suo materassino in silenzio, ma sapevo che non avrebbe lasciato correre. Infatti, dopo un po' tornò alla carica.

«Perciò, è tutto okay. Sei... normale, come al solito. Non arrabbiata, non frustrata. Tutto in regola». Alzai gli occhi al cielo.

«Sì, Lara. Tutto perfettamente alla solita e perfetta perfezione». Questo era il problema.

«Perfetto, allora. Jamie e Travis sono riusciti a strappare un'ultima serata di libertà ai loro genitori, lo sapevi?».

«No», ammisi colta in contropiede.

«E come potevi? Hai tagliato i contatti con tutti tranne che con me... Comunque, domani sera a casa di Eva, ci stai?». Eva: l'amica più grande di Lara. Aveva ventuno anni, ed era una specie di amica storica della sua famiglia. Era anche una bomba, in tutti i sensi. Ma almeno non era in “stile Dana”. Mi piaceva, ma andare a casa sua... Le feste che dava lei erano sempre abbastanza rese note alla collettività. Significava prepararsi al rientro nel mondo vero... E poi, come ho già detto, era più grande di noi. Io e Lara avevamo sedici anni, lei ventuno. Due mondi un po' diversi. Noi a malapena potevamo prendere la patente, lei già poteva bere e fumare. Sapevo che a casa sua ci sarebbero stati anche i gemelli e... tutti gli altri, ma anche loro erano più grandi di me, a ben vedere. Jamie e Travis avevano diciassette anni, Chris diciotto... e Jess diciannove. All'improvviso, avevo la certezza che mi sarei sentita a disagio con chiunque.

«Allora, ci stai?», ripeté dopo un mio lungo silenzio denso di considerazioni, tutte prevalentemente negative.

Sbuffai.

«No. Passo».

«E tu questo lo chiami “essere normali”? Vabbé. Come ti pare», mi accusò.

«Non ti devo spiegazioni se non mi va di...». Mi bloccai.

«Di...?», chiese curiosa, ma con un filo di malizia. «Hayley, non riuscirai a evitarlo per sempre. Il fatto che tu non sappia cosa fare non si risolve chiudendoti in casa. Lo beccherai in giro prima o poi, e vedrai che si sentirà ancora di più preso per il culo. Sei sparita dalla circolazione così, di punto in bianco. Che “mistero”, eh?».

«Si chiama accidia, d'accordo? Non mi va di fare niente, la mia mente si nutre solo di inerzia ed è depressa. Lasciala annegare nella sua dolce depressione. Lasciami gli ultimi tre giorni di pace, okay? Sono cavoli miei». Scosse la testa e dopo poco se ne andò. Me l'ero andata a cercare, la pazienza di Lara non era affatto infinita.

 

Il pomeriggio, la situazione non migliorò. Non feci niente per farlo, tutto qui. Jenna era dall'estetista, Bryan... Boh. Di sicuro non in casa, incastrato come me.

Mi buttai sul divano del salotto a pancia in su, occhi chiusi e mente vuota. Giuro che non sapevo come fossi arrivata a tanto. Cioè, una mezza idea ce l'avevo, ma... No.

Poi sentii tre voci ben distinte, che conoscevo bene, gridare il mio nome.

Lara, Jamie, Travis.

Mi trascinai fuori, con i capelli raccolti in una coda improvvisata, i jeans che avevo addosso dal giorno prima e una canottiera bianca completamente anonima. Le infradito grattavano sul vialetto sotto il peso delle mie gambe pesantissime. Uscii io, ma non feci entrare loro.

«Beh?», iniziai, poco cortese.

«Visto?», disse Lara ai due gemelli. «È così da quando sono tornata. Incazzosa come non mai, una mestruata permanentemente acida».

Finsi una risata. «Tutto qui? Allora vi saluto».

«Hayley?», chiese spiazzato e sinceramente sorpreso Jamie. «Cosa... ti è successo?». Sembrava dispiaciuto come se gli avessi appena dato una brutta notizia. Distolsi lo sguardo dalla sua espressione da cane bastonato e lo sguardo mi cadde proprio sulla casa di fronte.

Hitch stava uscendo proprio in quel momento e mi fissava, con uno sguardo stranito e inquisitore. Lo mandai a quel paese con lo sguardo, finché non smise di guardarmi.

«Hayley? Dovresti dirci cosa ti passa per la testa», disse Travis.

Risi acida.

«Oh, davvero? E dove sta scritto?».

«Ma che...? Oh! E allora?», scattò Lara. «Ecchecazzo, mi sembri Dana!». La fulminai.

«Hayley...», supplicò Jamie. Sbuffai e mi sentii spazientita dalla loro curiosità illegittima. Stavo per esplodere.

«Che c'è?», gridai. Mi sentii gli occhi rimpicciolirsi. Stavano per lasciare spazio alle lacrime, ma non avrei dato a nessuno quella soddisfazione di vedermi vulnerabile e in cerca di pietà. Lara fece un passo indietro.

«Diamine, Hayley. Di nuovo?». Avevo capito a cosa si riferiva. Probabilmente si era ricordata che tutti gli anni, più o meno in quello stesso periodo, diventavo inavvicinabile e cattiva.

Non le risposi subito.

«Posso tornare in casa, adesso?», sibilai con una frecciatina verso di lei. Jamie e Travis non capivano, ma sapevo che Lara non si sarebbe fatta scappare una sola parola con nessuno.

Annuì impercettibilmente.

«Tante grazie», sussurrai a denti stretti e corsi in casa prima che le lacrime mi tradissero.

 

Ripresi quel maledetto quaderno dopo neanche cinque minuti. Scrivendo, non riuscii a frenare le lacrime di ira che trattenevo sempre.

Mi chiedevo di continuo se mi avesse mai riconosciuta se mi avesse visto per strada. E se ci fosse riuscito, cosa avrebbe fatto? Avrebbe semplicemente ignorato anche me, o mi avrebbe riservato il trattamento che aveva utilizzato con Jenna? Non sapevo neppure quale sarebbe stata la mia di reazione: io avrei saputo riconoscerlo tra milioni e milioni di delinquenti, ma cosa ne avrei fatto? Cosa avrei risolto?

Niente.

Bryan spuntò sulla soglia di camera mia, completamente al buio, eccetto che per una piccola lucina che avevo acceso sulla scrivania per poter scrivere.

«Non ti ho sentito entrare», dissi con la voce tremante. Chiusi il quaderno e lo tenni ben stretto tra le mani sudate. Bryan aveva già intuito cosa mi stava saltando in testa, per questo aveva tentato di persuadere Jenna a fare la mamma.

Si sedette sul letto e mi fece un cenno, così mi posizionai vicino a lui. Tutte le volte funzionava così. Mi abbracciava, diceva due parole, sfondavo le dighe e dopo qualche ora ero come nuova. Con la durata di circa un annetto.

Non ci fu bisogno di dire niente, quella volta. Erano troppo stretti tutti quei problemi nella mia testa, non respiravano più nemmeno loro. Così, non appena abbassai la guardia e feci un respiro profondo, liberai tutto il peso che mi opprimeva e piansi fino allo sfinimento, con Bryan che mi cullava come una bambina. I singhiozzi violenti mi rendevano difficile respirare decentemente.

Dieci minuti e tutto fu azzerato. Pronta a fare finta di niente e ricominciare, rientrare nel giro.

Ma quale giro?

   
 
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