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Autore: taemotional    14/09/2012    2 recensioni
{2Min} + accenni JongKey
"Di solito non frequentava posti del genere, ma quel giorno la sua mente aveva deciso di impelagarsi con vecchi ricordi e il corpo aveva agito di conseguenza, portandolo in quel luogo. Nel suo caso, una risposta così repentina da parte del corpo non era una novità. Da sempre era abituato a pensare, a riflettere e a concentrarsi. Altrimenti bastava una svista, un calcolo sbagliato e il corpo sarebbe finito contro la sbarra orizzontale - posta a quasi due metri d’altezza - facendogli perdere la gara. Ogni fibra, muscolo o tendine del corpo doveva obbedire alla mente, non c’erano possibili alternative."
Genere: Angst, Comico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Minho, Quasi tutti, Taemin
Note: AU, Lime | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Commento: Grazie a tutte quelle che hanno inserito la fanfic tra le seguite, le preferite, le ricordate, a chi ha commentato e chi ha solo letto ^^
La storia finalmente inizia a prendere verso ;D Buona lettura! ♥


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Kim Jonghyun se ne stava nel suo studio, seduto alla scrivania, mentre finiva di compilare alcuni bilanci arretrati.


Allungò la mano oltre una pila di cartelline per arrivare alla caraffa d’acqua ma finì con l’urtarla, e la caraffa di vetro esplose a terra in mille pezzi.

“Maledetta...!” gridò alzandosi, rivolto non si sa bene a chi, e iniziò a racimolare con cautela i pezzi di vetro dal pavimento. Era tutto il pomeriggio che era chiuso in quel metro quadrato a compilare scartoffie e nemmeno si era reso conto che la notte era calata sulla città. Odiava i giorni di lavoro come quelli, quando la fine del mese era vicina e lui non aveva ancora sistemato i bilanci del locale. Fortunatamente gli mancavano appena una decina di pagine e si risedette alla scrivania con quel pensiero rassicurante. Fu in quel momento che si accorse di stare lavorando senza luce, con solo il bagliore lunare proveniente dalla finestra aperta. Accese la lampada alle sue spalle.

“Devo prendermi una pausa...” mormorò stropicciandosi gli occhi affaticati, e stava per rimettersi a scrivere quando la porta dello studio si spalancò di colpo e Taemin entrò nell’ufficio.

“Jjong! Che fai...?”

“Mi diverto a compilare tabelle... tu come te la passi?”

Taemin rise e fece per avvicinarsi alla scrivania, ma fu costretto a fermarsi prima per guardare a terra.

“Che diavolo...? Ma ha piovuto in questo sgabuzzino?”

“Un piccolo incidente... attento a dove cammini, piuttosto” rispose Jonghyun immerso in un conteggio complesso, “Potrebbero esserci dei pezzi di vetro che mi sono sfuggiti”

Taemin guardò un altro po’ a terra e annuì.

“A proposito... di sotto c’è un cliente che ti cerca”

Jonghyun non alzò la testa dai fogli.

“Chi è?”

Taemin fece spallucce, “Se scendi lo vedrai da solo”

“Finisco qui... digli di aspettare”

 

Chissà perché quando raggiunse l’ospite che lo aspettava al bancone non fu affatto sorpreso di trovare il biondino che qualche sera prima aveva fatto tanto trambusto nel proprio locale.

“Ci siamo già incontrati” disse incrociando le braccia, “O sbaglio?”

“Già, ma non è stato un bell’incontro” commentò Kibum poggiando i gomiti sul bancone. Passò attentamente lo sguardo su tutto il corpo dell’altro. Dopotutto la prima volta non era riuscito a metterlo bene a fuoco. Peccato, pensò.

“Hai ferito il cameriere più amato del locale...” e nel dire questo Taemin passò alle sue spalle con un vassoio pieno di stuzzichini. Fece un gesto con la mano libera come a voler dire: lascia perdere. Jonghyun lo ignorò, “...e hai spaventato alcune nostre clienti”

Kibum inspirò profondamente.

“La situazione mi era leggermente sfuggita di mano... ma...”

“E poi con quella testa devi avergli fatto proprio male...” riprese Jonghyun aggrottando le sopracciglia.

“Hey!” gridò Kibum seccato, “Guarda che stavo per scusarmi!”

“Ah...”

“Un minimo di tatto... comunque scusami, davvero... certe volte sono proprio impulsivo. E parlo senza pensarci”

Jonghyun sciolse le braccia e Kibum si beò della nuova visuale dei suoi bicipiti.

“Non basta scusarti a voce”

“Capito!” esclamò Kibum, e iniziò a sventolare la mano, “Vieni, ti offro da bere!”

Jonghyun si mise a ridere, “Questo è il mio locale!”

“E allora? Avanti, avanti!”

Jonghyun alzò un sopracciglio. Come gli aveva detto Taemin, quel tipo era davvero strano. Ma quella sera era così stanco mentalmente che non aveva voglia di mettersi a discutere.

“Come vuoi tu...” mormorò, fece il giro del bancone e si sedette su uno dei piccoli sgabelli dall’altra parte. Kibum alzò un braccio e chiamò il primo cameriere che passava di lì.

“Taemin!!!” gridò.

“Ma tu sei già brillo o sbaglio?”

Kibum lo guardò socchiudendo gli occhi, “Forse”

Taemin arrivò dietro il bancone e, con posa professionale, chiese cosa i signori volessero da bere. Taemin, non ti ci mettere pure te, pensò Jonghyun sconsolato.

“Una bottiglia di Dom Pérignon Rosé!”

Jonghyun sgranò gli occhi. “Scherzi spero!”

“Che c’è? Tanto offro io, no?”

“Ma un Martini con oliva non ti andava bene...?”

Taemin poggiò la bottiglia sul bancone e la stappò. Quindi preparò due bicchieri.

“Ora devi per forza pagarla” commentò col sorriso.

Kibum iniziò a versarla nel proprio bicchiere e poi in quello dell’altro senza troppe cerimonie.

“Hey, Kibum” lo chiamò Taemin.

“Cosa? Non vedi che sono occupato?”

“Non hai portato con te Minho?”

“Senti... lascialo stare, non vuole farla quella pubblicità...” mormorò Kibum, mentre Jonghyun gli toglieva la bottiglia dalle mani impedendo allo champagne di fuoriuscire dal proprio bicchiere.

“Comunque...” continuò Kibum alzando il calice, “Se lo cerchi è fuori in macchina, mi ha accompagnato... e ha insistito pure tanto per farlo...”

Jonghyun prese il proprio bicchiere e Kibum li fece incontrare. Tin, sorrise.

“Era da un po’ che non brindavo con un bel ragazzo...”

Jonghyun guardò Taemin allontanarsi con decisione, quindi tornò a posare gli occhi sul viso di Kibum.

“Non c’è bisogno di adularmi,” disse assaporando lo champagne rosato, “Facciamo che ti ho perdonato”

Kibum si scolò il proprio bicchiere tutto d’un fiato.

“Dico sul serio...” continuò Kibum con voce ferma. Non si era mai comportato in quella maniera, non aveva mai detto a qualcuno che era bello. Ma quando guardava quel ragazzo non poteva pensare ad un altro aggettivo. Sexy, forse... ma quello non riusciva a dirglielo. Non poteva, perché non lo conosceva. Di solito non importava, si sarebbe buttato, lo avrebbe sedotto e baciato. Poi, chissà, sarebbero finiti a letto. Invece non ci riusciva più. Forse, proprio come gli aveva detto Minho la sera prima, forse anche lui era stanco. E cercava solo un po’ di tranquillità. E stabilità emotiva.

Sorrise debolmente verso il viso dell’altro. Jonghyun lo guardava con serietà.

“Okay...” mormorò Kibum facendo per alzarsi, “Bevi pure il resto... Minho mi aspetta in macchina... dovevo solo venire a scusarmi...” ma Jonghyun lo bloccò afferrandolo per un polso.

“Minho, il tuo amico, è con Taemin ora”

“Ah...” disse Kibum continuando a fissare il punto in cui l’altro lo stringeva. Chissà che si era aspettato da quel gesto. Minho è con Taemin ora. Solo questo.

Ma Jonghyun si alzò lentamente dallo sgabello e lo costrinse a risedersi. Gli impedì di scendere ancora col proprio corpo. Se Kibum avesse voluto, in quella posizione avrebbe potuto stringergli la vita con le cosce. Invece rimase immobile, mentre i loro nasi si sfioravano. Jonghyun gli guardava ora le labbra, ora gli occhi. E intanto scioglieva la presa sul polso e risaliva il braccio sfiorandolo con le dita. Inclinò un po’ la testa.

“Non ho voglia di giocare” soffiò Kibum, e non sapeva dove trovava la forza di non stringerlo e sé e di non mordergli quelle maledette labbra.

“Stiamo giocando...?” domandò Jonghyun sorridendo leggermente.

“Ci sono le tue amate clienti... ti potrebbero vedere...”

“Il locale ha appena aperto, non c’è molta gente a quest’ora”

“Quindi che vorresti fare?” la voce di Kibum era quasi impercettibile, inudibile, se solo Jonghyun non fosse stato così vicino. Le labbra umide e leggermente schiuse erano troppo invitanti per non poterle baciare. Jonghyun le sfiorò con le proprie, e Kibum non si ritrasse.

“Io abito qua sopra” suggerì Jonghyun.

***


Taemin picchiettò con forza sul vetro del finestrino anteriore - quello del passeggero - e a Minho venne quasi un colpo.

“Vuoi farmi venire un infarto!?” gridò per farsi sentire oltre il vetro.

“Apri” disse semplicemente Taemin. Minho premette un pulsante sulla portiera e le chiusure scattarono. Taemin salì in macchina e richiuse lo sportello con forza.

“È fresco qui dentro”

“Per questo tengo i finestrini chiusi e l’aria condizionata accesa”

“Aah...” commentò Taemin guardandosi intorno curioso. Provò a spingere in basso il freno a mano ma questi non si mosse.

Minho lo guardò sorpreso. Premette il pulsante sulla sommità e sbloccò il freno. Quindi lo tirò di nuovo.

“Sembra che tu non sia mai salito su una macchina...”

Taemin fece spallucce, “Solo dietro, sulla limousine di mio padre...”

“Pazzesco... sei proprio un riccone tu... comunque che vuoi!?” esclamò Minho come se si fosse reso conto solo in quel momento che l’altro era lì. “Guarda che puoi chiedermelo pure in ginocchio, tanto io non poso per quel servizio!” anche se ci aveva pensato, e i soldi che gli avrebbero dato sarebbero stati non poco utili.

Taemin alzò le mani, “Tranquillo!”

“E allora cosa?”

“Tu piuttosto, che sei venuto a fare?” replicò Taemin vago.

“Ho accompagnato Kibum, che domande...” ma non disse altro. Non chiese che fine avesse fatto né perché non tornava. Qualche idea in mente ce l’aveva, ma era meglio non portarla in superficie.

“Ah, certo” commentò Taemin, “Ai dov’è?”

“Eh?”

“Tua figlia!”

Minho venne preso alla sprovvista. Sentirsi dire una frase simile da quel ragazzino gli aveva fatto uno strano effetto.

“È a casa... con mia madre... probabilmente già dorme”

“Capisco... mi andrebbe di rivederla...”

“Vieni a cena da me una sera” propose Minho e poi si rese conto di quello che aveva detto. Si voltò verso Taemin per vedere la sua reazione, ma l’altro stava annuendo tranquillo.

“D’accordo”

Minho tornò lentamente a poggiare la schiena sul sedile dell’auto.

“Okay...” mormorò.

Per qualche istante restarono in silenzio e a Minho venne l’idea di accendere la radio. Allungò una mano ma poi si bloccò, pensando che a quell’ora avrebbero passato solo smielate canzoni d’amore. E la cosa non gli sembrava adatta al momento. Allora si voltò verso Taemin e lo trovò che lo stava fissando.

“Che c’è...?” chiese Minho agitandosi.

“Sto aspettando...”

“Che?”

“Qualcosa, non so... tipo una particolare situazione che crei l’atmosfera giusta per cui possa succedere qualcos’altro”

Minho si irrigidì ma riuscì lo stesso a premere il pulsante d’accensione della radio. Come se fosse stato un riflesso involontario dei muscoli.

“Ecco, qualcosa come una canzone” continuò Taemin tranquillamente, e tornò a fissare il suo volto. Quindi fece perno con una mano sul sedile e si sporse verso l’altro. Minho spalancò gli occhi, ma non si ritrasse. Taemin arrivò a premere le labbra sulle sue con facilità.

La canzone alla radio era davvero smielata, una di quelle canzoni d’amore strappalacrime eseguite alla perfezione da una donna piuttosto attempata, ma la cui voce sembra non invecchiare mai. Un ultimo acuto, un vibrato e per qualche secondo calò il silenzio. Solo il fruscio dei vestiti contro la pelle e Taemin riuscì a sedersi sopra l’altro. Non aveva interrotto il bacio, e muoveva le labbra aspettando il momento in cui Minho avrebbe ricambiato. Ma non arrivò: Taemin bagnò il labbro inferiore dell’altro con la lingua e la scarica elettrica che percosse il corpo di Minho lo fece tornare in sé. Lo afferrò saldamente per le spalle allontanandolo con decisione.

“Sono padre!” esclamò Minho quasi fosse un grido.

“E allora?”

“Sono etero!”

“Si può sempre migliorare”

“No, no, no... no, no, non capisci...” mormorò Minho scuotendo con forza la testa. “Togliti subito di qui”

Ma Taemin non era intenzionato a spostarsi. Mentre la nuova canzone - decisamente più ritmata - invadeva l’abitacolo, Taemin pensò che faceva abbastanza caldo per potersi togliere di dosso la camicia. Iniziò a slacciarsi i bottoni partendo dall’alto.

“Che fai!?” esclamò Minho bloccandogli i polsi, “Potrei essere tuo padre!”

Taemin si spazientì e si liberò della sua presa con uno scatto. Quindi gli afferrò il viso tra le dita e si avvicinò pericolosamente.

“Ma non sei mio padre” sibilò sulla sua bocca, “Non lo sei e smettila di agire come se lo fossi. Hai solo un paio d’anni più di me” concluse secco. Poi aprì lo sportello dalla parte del guidatore e scese. Si sistemò la divisa come niente fosse e tornò verso il locale a grandi falcate.

Un bip ripetuto fece riscuotere Minho.

Il messaggio del cellulare diceva:

Torna pure a casa, grazie del passaggio. -Kibum.

 

Il risveglio del giorno dopo era stato più traumatico del solito. Alla fine era sceso dal letto per via della figlia: la bambina aveva avuto un incubo e ora piangeva disperata nel letto.

“Ai, Ai... va tutto bene, era solo un brutto sogno, vero?

Ma la bambina non la smetteva di gridare. Teneva ancora le palpebre chiuse con forza e Minho dovette prenderla in braccio.

“Su... su... il papà è qui... ora sei sveglia, okay?” cercò di rassicurarla carezzandole il capo con dolcezza.

Dopo un po’ Ai smise di gridare, e si aggrappò forte alle spalle del padre. Versò ancora qualche lacrima ma infine si calmò.

“È un po’ presto ma ormai siamo svegli” commentò allora Minho, “Andiamo a fare colazione?”

Ogni qual volta era stanco per via dello studio o - come quella volta - per un qualche altro problema, la madre era sempre pronta a preparargli la colazione, il pranzo o la cena. Anche in quell’occasione lei era là, con il grembiule legato in vita, che li guardava scendere le scale con sorpresa.

“Ho sentito Ai che piangeva?”

Minho scosse un pochino la figlia - che non aveva intenzione di staccarsi dalle sue spalle - e sorrise.

“Di’ alla nonna perché piangevi”

Ai guardò verso la donna con gli occhietti ancora socchiusi per il sonno interrotto brutalmente.

“Brutto sogno...” mormorò e la nonna si avvicinò subito per prenderla in braccio.

Minho si sedette sul tavolo scompigliandosi i capelli, mentre la madre continuava a consolare la nipotina.

“Perché siete qui? Che è successo?”

“Ho dormito malissimo...” si lamentò Minho poggiando la fronte sul tavolo. “Potresti prepararmi qualcosa? Anche un bicchiere d’acqua. Che io non ho le forze nemmeno per aprire il rubinetto”

La donna fece sedere la nipote su un cuscino a terra - dove di solito giocava con le sue bambole - e si mise subito ai fornelli.

“Ma che acqua! Devi mangiare... e se non hai voglia non andare a scuola oggi”

“Se non esco rischio di affossarmi sul letto...”

La madre sorrise, e gli mise davanti una ciotola di riso al kimchi. Posso farcela, posso farcela anche oggi, continuava a ripetersi nella mente, e intanto inforcava con decisione la colazione. Dai che domani è sabato, e la facoltà è chiusa.

 

Ma perché tutte io?

Arrivato davanti al cancello della facoltà rallentò il passo. Alla fine, si era trastullato così tanto che aveva pure rischiato di arrivare in ritardo. Soffiò fuori l’aria dalla bocca e fece un profondo respiro. Devo essere ottimista, cosa potrebbe succedere ancora?, aveva pensato, prima che qualcuno non arrivò davanti all’ingresso a cavallo di una moto. 

Il profondo rombo lo aveva fatto voltare di scatto e per poco quel motociclista non lo aveva preso sotto. Taemin scese dal sellino e si tolse il casco con noncuranza. I capelli rossi brillavano più del solito per via del sudore.

“Giorno” gli disse avvicinandosi, e intanto si sfilava i guanti di pelle. La solita ondata rumorosa di studenti si riversò verso l’ingresso. Vedere qualcuno arrivare in moto non era cosa da tutti i giorni, soprattutto se quel qualcuno è lo studente più ricco dell’università. E soprattutto se si mette a parlare con lo studente più popolare del secondo anno - se escludiamo una certa persona, obbietterebbe Kibum.

“Kawasaki Z750?” domandò Minho osservando le rifiniture argentate della carrozzeria.

Taemin alzò un sopracciglio, “Limited Edition” precisò.

Minho annuì dandogli subito le spalle. E fece per avviarsi da solo all’interno, quando Taemin lo affiancò.

“Te ne intendi?” gli domandò cercando di guardarlo in viso.

“Le moto mi piacciono in generale... ma mi piace guardarle sulle riviste”

“Perché?”

“Non lo vedi?” rispose Minho senza guardarlo, lo sguardo fisso in avanti, “La gente poi impazzisce”

“Non è così strano avere una moto...” obbiettò Taemin osservandosi intorno.

“Beh, dovevi proprio venire a lezione così?”

“La limousine avrebbe attirato troppo l’attenzione”

Minho sbuffò, “Non mi pare che sia cambiato molto... anzi... e poi tu sei minorenne”

“La regola della maggiore età è una stronzata” commentò Taemin imboccando per primo il portone d’ingresso, “So guidare meglio di chiunque altro a Seoul”

 

Minho si era seduto al solito tavolo e aveva tirato fuori il panino.

Anche quel giorno Kibum lo aveva abbandonato nelle lezioni mattutine, e si presentò solo all’ora di pranzo.

“Ti ho preso gli appunti...” disse Minho nel momento in cui Kibum si sedette di fronte a lui.

“Non ti puoi immaginare!” gridò Kibum ignorandolo, e sbatté una mano sul tavolo.

“No, non posso...” commentò Minho guardandolo svogliatamente. Possibile che quel ragazzo era sempre così brillante e pieno di energie? E brillante nel vero senso del termine. Sembrava avesse un’aura propria, e i capelli biondo ossigenato non aiutavano.

“Sono stato finora da Jonghyun, mi ha pure preparato il pranzo” disse Kibum guardando pieno d’aspettative l’altro.

“Ho notato... il numero del messaggio di ieri sera non era il tuo”

“Beh, tutto qui? Non vuoi sapere nient’altro? Minho, non ti rendi conto... lui è fantastico, dolce, bellissimo, ha polso al punto giusto, è forte, dotato, è...” ma si interruppe guardando la faccia disgustata dell’altro. “Cosa?”

“Dimmi pure in che posizione l’avete fatto, ormai che ci sei!”

Kibum rimase ammutolito, “Calmati... cos’hai?”

Minho richiuse il panino nel cellofan e lo rimise in borsa. Non era nemmeno la prima volta che Kibum gli parlava delle sue scappatelle amorose. Sul serio, che gli prendeva?

“Scusami, sono di cattivo umore...”

“Ieri sera è successo qualcosa, vero?”

Minho guardò involontariamente il tavolo dov’era seduto Taemin. Era sempre accerchiato da ragazze - e questa volta, probabilmente per via della moto, pure da ragazzi - ma rispondeva alle domande con più freddezza del solito.

“C’entra la carota?” chiese Kibum seguendo il suo sguardo, “Dicono tutti che oggi è arrivato in moto, quel montato.”

Minho guardò Kibum, e, per la prima volta, pensò che fosse il suo unico amico là dentro. Era una cosa triste, e bella allo stesso tempo. Perché Minho era un tipo che selezionava accuratamente le persone, le divideva in categorie. E la sezione amicizia non era di certo accessibile a tutti. Gli venne da sorridere. Nemmeno la sezione amore lo era. Pensava addirittura che fosse chiusa da tempo, eppure...

“Kibum...” lo chiamò.

Lui era stato l’unico sopravvissuto alla selezione e chi, meglio di lui, per parlarne? Quindi si ritenne quasi fortunato ad averlo trovato.

Kibum lo guardò aspettando che parlasse.

“In effetti, sì...” iniziò Minho cercando le parole, “...ieri sera qualcosa è successo”

“Eh... va avanti.”

“Taemin mi ha baciato, in auto. Ma io l’ho rifiutato.”

Kibum continuava a guardarlo come si guarda qualcuno che non ha ancora finito il discorso e ora sta aspettando un finale spiazzante. Ma Minho restò in silenzio.

“E poi?”

“E poi cosa?” chiese Minho aggrottando le sopracciglia.

“Finisci la frase... lui ti ha baciato, e tu l’hai rifiutato. Però...?”

“Però?”

“Però?” lo incalzò Kibum.

“Però... però... mi sono eccitato.”

“Bingo!” gridò Kibum alzandosi in piedi, “Io lo sapevo!” esclamò puntandogli il dito contro.

“Kibum...!” mormorò Minho facendosi piccolo sulla sedia, “Torna seduto!”

Qualcuno dai tavoli vicini si era voltato, incuriosito dal gesto teatrale di Kibum. Anche Taemin lo aveva guardato con la coda dell’occhio e si domandava dentro di sé cosa fosse successo.

Kibum tornò seduto e guardò Minho raggiante.

“Lo sapevo!” ripeté sottovoce, “Uno come te non è del tutto etero, te lo si legge in faccia!”

“Dici che sono bi...?”

“Ma chi se ne frega cosa sei!”

Minho si spiaccicò il palmo della mano in volto.

“L’importante è averlo detto” continuò Kibum convinto, “Sai quanto tempo ci ho messo io per dirlo ad alta voce, che mi si drizzava solo coi maschi?”

“Ma non l’hai tipo urlato dalla finestra dell’aula in quinta elementare?”

“Ah...” disse Kibum grattandosi il mento, “Sì, una cosa simile... vero, l’avevo rimosso”

“Non ce la faccio con te...” mormorò Minho sfinito, e si alzò. “Andiamo a lezione, che è meglio”

“Beh, che fai? Non glielo vai a dire? Ecco! Sta guardando verso di noi! Vai!”

Minho iniziò a sorridere e lo trascinò fuori dalla mensa.

“Andiamo...” mormorò a denti stretti.
   
 
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