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Autore: ScandalousLaRabiosa    15/09/2012    1 recensioni
Erano passati vent'anni, ma Piccolo ancora non l'aveva dimenticata: quel profumo di miele, le labbra rosse, gli occhi profondi.
Dopo vent'anni aveva deciso di rivederla, sperando che tutto fosse rimasto come allora; ma, in realtà, molte cose erano cambiate.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Piccolo
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Per un attimo il tempo parve fermarsi.

Non sentiva niente. Tutto intorno a lui parve ovattato, a rallentatore.

Erano bastate quelle cinque parole così assurde alle sue orecchie, così impossibili, per stordirlo a tal punto.

Gyoko è tua figlia, Piccolo.

Era sbagliato. Era tutto sbagliato.

I nammecciani non erano nati per avere vita di coppia, non erano nati per portare avanti la specie, o almeno non in quel modo.

Eppure i nammecciani non erano nati neanche per essere un popolo combattivo, cosa che lui era.

Era un'eccezione della sua razza, perchè lui amava combattere. Ma lo era anche nella riproduzione?

Honey era sempre davanti a lui, su quel divano, e lo fissava implorante, in attesa di una sua reazione.

Piccolo si alzò di scatto, rovesciando quasi la poltrona su cui era seduto.

-E' assurdo! È impossibile!- urlò, più per convincere se stesso, che per reale convinzione del fatto.

-Noi nammecciani, per portare avanti la specie, vomitiamo uova con dentro il nostro figlio. E la mia razza è composta solo dal sesso maschile!

Honey si alzò in tutta calma.

-Evidentemente non è l'unico modo per avere figli che avete. Perchè sono più che sicura che Gyoko sia tua figlia. Quelle cose strane non le sa fare per caso, le sa fare perchè nelle vene ha anche il tuo sangue.- si avvicinò di più a Piccolo:- E' per questo che anni fa sono venuta sotto l'obelisco come promesso: per me potevi anche non volermi più, ma volevo chiederti almeno di prenderti le tue responsabilità da padre e di passare del tempo con lei.

Piccolo ricordava di averla sentita dire qualcosa quella volta, sottovoce, ma non era riuscito a comprendere. Si sentiva così idiota, ma nonostante ciò cercava di negare con tutte le sue forze.

Di nuovo per quella paura.

-Honey, quei test umani non sono precisi. Sicuramente Gyoko è figlia dell'uomo che fino ad un anno fa era tuo marito.

-E io ti dico di no.- insistette.- Ma l'hai vista? Quei tratti duri, gli occhi, il naso... lei è uguale a te. Mi ha ricordato te per vent'anni.- gli si avvicinò ancora di più:-Per vent'anni ho visto i tuoi occhi sul suo volto. Per questo forse, non ti ho mai dimenticato.- l'ultima frase l'aveva detta in un sussurro, abbassando la testa, la voce incrinata appena dalle lacrime che minacciavano di arrivare.

Piccolo continuava a scuotere piano la testa, quasi servisse a smentire tutta quella verità.

-Per tutti questi anni non ne ho mai saputo niente...- continuò a testa bassa, quasi a giustificarsi.

-Ma ora lo sai!- Honey si passò una mano tra i capelli, sbuffando frustrata:-Quanto ancora vuoi tenere gli occhi chiusi alla verità, Piccolo? A tutta la verità. Come puoi continuare a negare dopo tutte queste certezze? Credi forse che così risolverai qualcosa? Credi che “aggirando il problema” sarà come se esso non esistesse? La vita non è così! È finito il tempo per pensare solo a se stessi. È cominciato quello per prendersi cura degli altri, a iniziare da tua figlia!

Quel discorso Honey l'aveva fatto praticamente urlando, mostrando tutta la frustrazione che aveva accumulato in quegli anni.

Piccolo non l'aveva mai vista così arrabbiata.

Si massaggiò le tempie, sospirando:-Scusa, non era con questo tono che volevo farti questo discorso...

-Honey...- iniziò Piccolo.

Dalle scale arrivò il rumore dei passi di Gyoko.

La ragazza arrivò a metà scala e si fermò. Aveva in dosso una camicia da notte nera che arrivava poco sotto le mutandine.

Sul suo volto vi era uno sguardo perplesso.

-Gyoko...- mormorò la madre.

-Ti ho sentita urlare, mà. È successo qualcosa?- lanciò uno sguardo accusatorio a Piccolo:- Tu le hai fatto qualcosa?

-No, no, tranquilla. Questioni... questioni tra adulti...- tentò Honey.

-Mi sembra il caso che ora io vada.- annunciò di punto in bianco il nammecciano, non potendone più di quell'aria che si era andata a creare.

Raccolse mantello e copricapo e si avviò verso la porta d'ingresso.

-Piccolo!- lo chiamò Honey, sentendo i suoi lievi passi raggiungerlo.

Il nammecciano decise di ascoltarla per un'ultima volta, sapendo che poi gli sarebbe scoppiata la testa.

-Adesso capisco che hai bisogno di tempo per pensarci, ma ti prego, non sparire di nuovo per così tanti anni.

Piccolo prese un respiro profondo, sapendo quanto lei avesse ragione.

Annuì con forza, facendo un grandissimo sforzo. Ma questa volta l'avrebbe fatto. Non sarebbe scappato. Certo, ci avrebbe messo un po' per “riprendersi”, ma sarebbe tornato.

O almeno, ci avrebbe provato.

-Lo prometto.- disse prima di aprire la porta e volare nella notte stellata.

Curioso come il destino ce l'avesse con lui: vent'anni prima lui aveva volato in quel cielo stellato con in braccio Honey, portandola alla salvezza. E adesso, invece, volava da solo, sconfitto proprio da lei stessa.

La donna si chiuse la porta alle spalle, appoggiandocisi e passandosi una mano fra i capelli.

Avrebbe tanto voluto scappare, urlare, fare qualsiasi cosa, ma non essere lì. Si limitò a sbuffare, e già lo considerò un gesto molto liberatorio.

Gyoko intanto aveva sceso le scale e l'aveva raggiunta, con uno sguardo preoccupato che non si addiceva molto alla sua personalità.

-Mamma, va tutto bene?

Honey sospirò, per riprendere la calma. Era il momento anche per lei.

Sarebbe stata odiata due volte da due persone diverse in un giorno, ma a questo punto non importava più.

-Siediti, Gyoko. Ti devo parlare di una cosa molto importante.

 

In pochissimi minuti era arrivato alla residenza del Supremo, dove Popo stava rinfrescando un'ultima volta le piante prima di andare a dormire.

-Bentornato, Piccolo.- lo salutò il servitore del supremo con la sua solita voce neutra.

Ma il nammecciano non gli stava dando grande ascolto.

Fissava per terra, mentre tutti gli eventi di quella sera continuavano a passargli per la mente e tutte le parole di Honey continuavano a rimbombargli nelle orecchie come fossero campane.

Sentì i passi di Dende che lentamente si avvicinavano a lui, fino a vedere le sue scarpe nel suo campo visivo.

Alzò lo sguardo: il giovane nammecciano era davanti a lui, con le mani infilate nelle ampie maniche della tunica per proteggerle dall'aria notturna che stava diventando sempre più fredda.

Non disse niente, continuando a fissare lo sguardo serio del Supremo.

Finchè quest'ultimo non parlò.

-Dalla tua espressione cupa, direi che Honey te ne ha parlato...

Quelle parole lo risvegliarono dal trance, facendogli fare un piccolo sussulto.

-Dende. Tu lo sapevi...?

Il giovane annuì lentamente, sempre serio.

-L'ho osservata diverse volte, in questi anni, e non mi è stato difficile vedere che era già incinta prima che si fidanzasse con quello che ora è il suo ex marito. È soprattutto per questo che volevo che tu andassi da lei: dovevi prenderti le tue responsabilità di padre, no?

-Perchè non me lo hai mai detto?- gli chiese ormai incurante di risultare sconvolto.

-Volevo che lo scoprissi da solo. E poi te e lei avevate tante cose di cui parlare. Non volevo intromettermi in una faccenda che riguardava te. Ho solo cercato di aiutarti, di spingerti a fare la cosa giusta.

Piccolo rimase in silenzio, non sapendo più che dire. Sapeva che Dende aveva ragione, ma adesso ce l'aveva anche con lui.

In quel momento ce l'aveva con il mondo, voleva solo sfogarsi.

Per Honey. Per Gyoko. Per Dende. Per tutto.

-Cos'hai intenzione di fare adesso, Piccolo?- gli chiese Dende guardandolo negli occhi.

Piccolo scosse piano la testa.

-Io... io non lo so.- rispose piano.- Sono successe troppe cose in un solo giorno. Honey, sua figlia...

-Nonchè tua figlia.- gli ricordò Dende.

-Piccolo, tu sei sempre stato saggio e sempre in grado di distinguere il bene dal male. Non lasciarti condizionare questa volta dal fatto che è una cosa più che singolare per te, per il fatto che sei padre e non l'hai mai saputo e che tutto ciò è successo in parte non per tuo volere.

Gli mise una mano sulla spalla.

-Prenditi le tue responsabilità, Piccolo. Prenditi un po' di tempo per pensarci, ma non lasciare di nuovo Honey da sola. Sostienila e recupera quel rapporto con Gyoko.

Recuperare. Come poteva recuperare un rapporto che non c'era mai stato?

-Perchè?- non riuscì a fermare quella domanda così stolta e senza senso, aspettandosi un'altra domanda da Dende.

Ma non fu così.

-Tu la ami ancora.- affermò il Supremo con un lieve sorriso triste.

Quelle parole lo congelarono. Era una certezza che non aveva mai voluto riportare a galla, eppure Dende aveva ragione: Honey rappresentava ancora qualcosa per lui. Era ancora quella povera e fragile ragazzina incontrata anni prima che gli aveva mostrato il mondo umano con occhi differenti.

Già, l'aveva abbandonata una volta per una sua debolezza, per il suo egoismo.

Voleva ancora lasciarla da sola, a portare avanti con fatica la sua vita e quella di sua figlia?

No, certo che no.

Lui voleva rivederla guardarlo negli occhi con quello sguardo che ricambiava i suoi sentimenti, voleva vederla sorridere, avere quelle reazione assolutamente normali al fatto che lui non fosse umano, vederla baciarlo fin troppo audaciamente, per poi vergognarsi come una ladra...

Doveva riprendersi la sua donna. A qualunque costo.

Piccolo annuì all'affermazione di Dende, sempre con la stessa flemma, ma adesso aveva una nuova luce nello sguardo, sicuro di ciò che avrebbe dovuto fare.

Il Supremo gli diede una pacca sulla spalla, sorridendo.

-Ora vai a riposarti. Penserai domani a cosa fare. Hai bisogno di fare ordine nella tua testa, no?

-Si, ho bisogno di pensare a cosa fare.- affermò dirigendosi dentro il Palazzo.

Avrebbe mantenuto la promessa fatta ad Honey: avrebbe fatto qualcosa per Gyoko.

E avrebbe fatto anche qualcosa per Honey. L'avrebbe resa di nuovo felice. L'avrebbe ricondotta a sé.

Sto promettendo la promessa di anni fa, Honey: sto tornando da te. 

  
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