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Autore: taemotional    15/09/2012    1 recensioni
{2Min} + accenni JongKey
"Di solito non frequentava posti del genere, ma quel giorno la sua mente aveva deciso di impelagarsi con vecchi ricordi e il corpo aveva agito di conseguenza, portandolo in quel luogo. Nel suo caso, una risposta così repentina da parte del corpo non era una novità. Da sempre era abituato a pensare, a riflettere e a concentrarsi. Altrimenti bastava una svista, un calcolo sbagliato e il corpo sarebbe finito contro la sbarra orizzontale - posta a quasi due metri d’altezza - facendogli perdere la gara. Ogni fibra, muscolo o tendine del corpo doveva obbedire alla mente, non c’erano possibili alternative."
Genere: Angst, Comico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Minho, Quasi tutti, Taemin
Note: AU, Lime | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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Commento: Forse i capitoli sono troppo corti? Non so xD Ma ho visto che le ultime fanfic che postano hanno dei capitoli che sembrano più delle drabble... quindi forse va bene come faccio io lol e poi una via di mezzo è anche l'ideale per leggere credo... e dal momento che aggiorno abbastanza spesso non dovrebbe essere un problema... Boh, fatemi sapere... detto questo, buona lettura!!! ^^

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Quando Minho tornò in appartamento la sera non trovò nessuno in casa. Solo un post-it attaccato al frigo lo stava aspettando.

 

Mi hanno chiamata al ristorante per un problema. Ho portato Ai con me.
Se torni per cena ho lasciato nel tuo frigo gli udon da riscaldare. -Mamma


Staccò il foglietto e lo ripose nel cassettino dei post-it, quindi decise che aveva fame. Aprì il frigo e iniziò a prepararsi la cena. Non ci mise molto, dopotutto era già pronta, eppure impiegò più di un’ora per finire. Non capiva il perché, ma la propria mente era collegata al corpo in maniera paurosa. Per il solito principio, se la mente è impegnata a riflettere, a contorcersi su se stessa per cercare di districare un qualche pensiero sensato, allora è praticamente impossibile per il corpo lavorare su qualcos’altro di differente.

Un tempo, quando pensava che c’era gente che a quarant’anni scopriva di essere omosessuale, gli veniva da sorridere. Possibile che una persona non riesca a conoscere se stessa dopo così tanto tempo? E se iniziava a conoscersi davvero in quel momento, come poteva pensare di amare un’altra persona? Amare, si domandava, non è conoscere l’altro? Io non amo uno sconosciuto. Io... fin’ora non ho amato me stesso?

Scoprire di potersi eccitare con qualcuno del proprio sesso è come dire: io fin’ora non sapevo di essere chi sono. Io non ho mai amato me stesso. Eppure gli bastava pensare ad Ai e tutto quel ragionamento sillogistico si sgretolava davanti ai propri occhi, e restava solo l’evidente. E cioè che lui aveva amato lei, che amava la propria bambina, e che poteva ora iniziare ad amare qualcun altro.

Gli venne da sorridere e scosse la testa. La propria mente viaggiava così velocemente che a volte faticava a tenerla a bada. Insomma, amare qualcun altro era un parolone. Forzò quel ragionamento. Ora poteva... riaprire quella sezione che portava la targhetta di amore.   

Il cellulare vibrò improvvisamente. Kibum gli aveva mandato un messaggio:

 

Glielo dirai? +__+  


Minho lo cancellò senza rispondere e spense lo schermo. Tornò ai propri udon. Insomma, quella sezione era rimasta barricata così a lungo che ora sentiva addirittura l’odore di muffa. Doveva pure sgranchirsi un po’, no?

Un altro messaggio.

 

Lo so che mi stai ignorando. Guarda che se non lo fai te glielo dico io. Mi fai pena a vederti così. Oggi non sembravi te a lezione...


Click. Cancellato.

Doveva mettersi in testa che la propria età fisica era diversa da quella mentale. E pure la masturbazione non era più divertente da un po’. Sentirlo muoversi da solo, senza che nessuno lo toccasse... ecco, quello era stato così rigenerante che non poteva capacitarsi delle proprie azioni. Come aveva fatto a rifiutarlo?

 

Oi, Minho! Sai che ho il numero di telefono di mezza scuola... non mi costringere! >.<


Certe volte aveva voglia di prendersi a botte e staccare quel maledetto cervello dal corpo. Eppure, quando era con Taemin, gli succedeva proprio quello. Il cervello staccava la spina e c’era solo il proprio corpo da ventenne a muoversi, come fosse spinto da volontà propria. Come poteva portare anche la mente a quell’età? Quand’era stata l’ultima volta che si era sentito così vivo, mentalmente e fisicamente?
 

Non ti sarai mica suicidato per quella rivelazione? Minho sei ancora giovane!! ;___;


Minho afferrò il telefono che non la smetteva di vibrare e scrisse un messaggio di risposta:
 

Kibum, mandagli un messaggio. Digli che voglio incontrarlo domani alla palestra XX. Alle 17 in punto.


 

L’ultima volta che si era sentito così vivo risaliva a due anni prima. A quando ancora praticava quello sport.

Guardò davanti a sé e focalizzò altezza e distanza in meno di un secondo. La mente ora era perfettamente allineata con quell’asta di quattro metri, posta a più di un metro e mezzo d’altezza. Prese un profondo respiro, ma non se ne accorse. Non c’era nulla al di fuori di quella distanza e di quell’altezza precisa. Nemmeno l’aria che inspirava. Quindi scattò in avanti.

Rincorsa, stacco, volo, atterraggio.

Si ritrovò disteso di schiena sul materassino di gommapiuma insieme all’asta. Sbatté con forza un pugno a terra. Era stato il terzo tentativo. Squalificato.

Sospirò. Piccole gocce di sudore gli imperlavano il viso e la schiena, ma lui se ne accorse solo in quel momento, quando la mente era ormai troppo stanca e non ce la faceva più. Respirava con fatica, ma nemmeno questo importava. Importava solo il fatto che non riusciva più a saltare. Si passò l’asciugamano sulla fronte e sulle punte dei capelli, quindi lasciò andare i muscoli e dimenticò il resto.

“Ti fermi qua?”

Una voce gli fece riaprire gli occhi e fece perno coi gomiti per guardare da dove provenisse. Taemin gli si avvicinava con le mani in tasca e gli occhi fissi sull’asta a terra.

“Certo che era alta...” commentò quasi più a se stesso, quindi la scansò dal materassino e si sedette accanto al corpo stremato dell’altro.

Minho lo guardò come se si fosse dimenticato che era stato lui stesso a invitarlo.

“Sei venuto...” riuscì solo a dire, coi polmoni a pezzi.

“Già, quel tuo amico pazzo mi ha mandato un messaggio.”

A Minho venne quasi da ridere. Kibum lo odiava e tanto non era riuscito a sfuggire alla tentazione di avere il suo numero. Era davvero il ragazzo più popolare e vanitoso dell’intera università.

“Che ridi?”

“Niente...”

“Comunque mi veniva un crampo allo stomaco ogni volta che ti vedevo saltare e sbattere contro l’asta.”

“A chi lo dici...”

“E’ uno sport che non avevo mai preso in considerazione, ma quando ti guardavo ora... non so, mi è piaciuto. Ho pensato che dovrebbe essere più visto in Corea, perché merita. E ho sperato che alla fine riuscissi a saltarla...”

Minho sorrise. E Taemin sgranò gli occhi.

“Sbaglio o è la prima volta che ti vedo sorridere? Questa è da immortalare!”esclamò tirando fuori l’iPhone.

“Non ci provare nemmeno!” gridò Minho cercando di impedirglielo, ma non riusciva a smettere di sorridere. E fini col ridere delle foto che gli aveva scattato. Erano venute tutte mosse, con la faccia di Minho che faceva smorfie cercando di rubare il telefono dalle mani dell’altro e le dita di Taemin davanti all’obbiettivo.

“Sei incapace!” gridò Minho scorrendole col dito una ad una.

“Tu non stavi fermo... Hey! Non provare a cancellarle!!”

“Ma sono venuto orrendo... sembra che ho le orecchie a sventola!”

“Tu hai le orecchie a sventola” rise Taemin distendendosi sul materassino a occhi chiusi. A quella frase Minho tornò di colpo serio. Scorse ancora una volta le fotografie. Da quando si lasciava fare foto in quel modo? Da quando il flash non gli mandava in confusione il cervello? Certo, quella non era una macchinetta fotografia, la macchinetta fotografica di lei, ma erano pur sempre foto... e lui non era mai riuscito a farsele fare, nemmeno con la figlia. E Ai lo voleva così tanto.

“Comunque aggiungi alla rubrica il tuo numero...” continuò Taemin, “Non voglio contattarti attraverso Kibum.”

Non sapeva dire il perché, ma fece come gli era stato detto. Scrisse il proprio numero e lo salvò. Forse perché Taemin, per la prima volta, aveva chiamato il suo amico col giusto nome, o forse perché aveva semplicemente voglia di dargli il numero.

Guardò il proprio profilo sul suo telefono e notò che si poteva associare una foto. Allontanò un po’ il telefono e si mise in posa. Click.

“Che fai?” chiese Taemin notando il flash.

“Ho messo la mia foto... ma mi è venuto il faccione!” esclamò Minho scoppiando a ridere. Taemin recuperò il proprio telefono e guardò la foto.

“Così ogni volta che mi chiami mi metterò a ridere! Non potrò mai più prenderti sul serio!”

Calò il silenzio per qualche secondo. Minho si era fissato sull’asta a terra davanti a sé.

“Perché, dovrei chiamarti così spesso?” domandò.

“Se vuoi” rispose prontamente Taemin e Minho si voltò a guardarlo. Era ancora disteso... Scorse velocemente il profilo del suo collo, salì fino al mento, indugiò sulle labbra schiuse... poi la curva del naso fino agli occhi, chiusi, calmi, ma forse in attesa. Si sporse un po’ verso di lui e gli fece ombra con la testa. Taemin aprì le palpebre, lentamente. Minho temeva che quel gesto potesse fermarlo, invece rimase immobile a fissarlo.

“Ti sfido a baciarmi” mormorò Taemin guardandolo con occhi languidi.

“Sai che non ho mai perso una sfida?”

“Ah sì? Allora ti sfido a baciarmi, ma non potrai toccare nessun’altra parte del mio corpo”

“Che gioco è?”

“Non è un gioco... è una sfida più difficile, che non vincerai”

Minho socchiuse gli occhi e si chinò di più.

“Se la supero cosa vincerò?”

“Niente...” continuò Taemin con un sorriso sghembo, “Se la vinci... perderai qualcos’altro”

 “Allora” soffiò Minho arrivato a sfiorare le sue labbra, “Non so più se voglio vincere...”

Taemin sorrise ancora e Minho puntò un gomito a lato del suo viso, quindi gli baciò il sorriso.

Chiusero gli occhi e Minho strinse i pugni. Questa volta Taemin rimase completamente immobile e lasciò le proprie labbra in balia di quelle dell’altro. Con lentezza, sembrava che Minho volesse assaporarne il sapore, o la morbidezza. Prese a mordicchiarle e a tirarle, finché Taemin non si lasciò sfuggire un mugolio. Allora, premendo di più sulla bocca dell’altro, infiltrò la lingua tra le sue labbra. Carezzò quella dell’altro con decisione ma si prese il tempo che gli occorreva per godersi il momento.

I movimenti di Minho erano talmente estenuanti che stava per perdere lui stesso la pazienza. E la passività con cui Taemin stava reagendo - o non stava reagendo - a quel bacio gli mandava in cortocircuito il cervello. Ancora una volta, perdeva la cognizione del proprio corpo.

Si staccò e riaprì gli occhi. Anche Taemin socchiuse le palpebre, e lo guardò con sguardo opaco. Ora Minho avrebbe potuto benissimo alzarsi, afferrare il piccolo asciugamano che si era portato da casa e andarsene da vincente. Ma la mente non aveva più controllo e il corpo gli imponeva di restare. Il capo si piegò di lato e le labbra incontrarono la pelle del suo collo. Prese a succhiarla e morderla, finché il respiro dell’altro non divenne pesante.

“Minho...” gli sfuggì insieme ad un ansimo, e, non appena quell’ennesimo morso lasciò un segno evidente sulla pelle chiara, Taemin non resistette. Gli passò le braccia attorno al torace, infilando subito le dita nei capelli umidi. Lo tirò di più a sé.

Minho sorrise solleticandogli la pelle col fiato, “E ora che sei stato tu a toccarmi?”

“Non conosci proprio le regole...” mormorò Taemin stringendogli leggermente i capelli, “Ora puoi farlo anche tu”

Minho percorse la sua pelle, sfiorandola col naso, fino a baciargli di nuovo la bocca.

“E se non volessi? Qui quello impaziente sembri proprio tu...”

“Non ti mollo finché non mi tocchi”

Minho staccò un gomito da terra e gli poggiò il palmo della mano su un fianco. Strinse leggermente, e intanto lo guardava, sorridendo alla vista del colorito acceso che si stava espandendo sulle sue guancie. Scese fino al bordo della maglia e arrivò a toccargli la pelle bollente della pancia. Taemin sussultò.

“Ho le mani fredde...” commentò Minho, “È per via della circolazione nelle braccia che...” ma Taemin interruppe il suo discorso afferrandogli saldamente il polso. Quindi staccò il capo dal materassino e raggiunse la sua bocca. L’altra mano, ancora immersa nei suoi capelli, lo aiutò in quel movimento.  

Minho chiuse gli occhi, e iniziò a scorrere lentamente la mano verso l’alto, percependo sempre più i leggeri addominali dell’altro formatisi sotto le proprie dita per quella posizione di sforzo muscolare. Arrivò fino al capezzolo, e iniziò a solleticarlo con il dito medio. Poi, con uno scatto del braccio, lo sorresse avvolgendogli il torace.

Gli stava di nuovo baciando il collo - il pomo d’Adamo era ben percepibile sotto la lingua ruvida - quando il telefono iniziò a squillare. Il suono rimbombò in meno di un secondo sulle alte pareti della palestra ma Minho sembrava non dargli peso. Fece distendere l’altro sotto di sé e gli alzò la maglia. Taemin mugugnò qualcosa, mentre l’altro risaliva con le labbra la pancia bianca e tonica. Taemin, gli occhi ridotti in una fessura, gli strinse una spalla, come se volesse attirare la sua attenzione.

“Uhn?”

“Il cellulare...” mormorò allora, trovando la voce chissà dove in quella gola secca e attraversata - fin ora - solo da gemiti.

“Lascia stare” disse Minho raggiungendo con la lingua il capezzolo già indurito.

Taemin allungò un braccio alla sua sinistra e afferrò la giacca dell’altro.

“Tua...”

“Eh?”

“Tua madre... ti sta chiamando...”

Minho vide che l’altro aveva il proprio telefono tra le dita. Lo prese di scatto.

“Pronto...?” rispose fissando Taemin che, intanto, tentava di rialzarsi facendo perno coi gomiti. Sebbene le braccia gli tremassero, riuscì almeno a tornare seduto. Si risistemò la maglia. Minho gli afferrò un polso e con gli occhi gli disse di aspettare.

“Okay... torno tra poco...” disse Minho al telefono, quindi spense la chiamata.

“Successo qualcosa?” chiese Taemin, mentre la sudorazione tornava lentamente normale.

“Ai... succede spesso che mi cerchi e si mette a piangere...”

“Devi andare”

Minho annuì, quindi posò lo sguardo sulla propria mano stretta attorno al polso dell’altro. La lasciò, e guardò il suo viso arrossato.

“Che c’è?” domandò Taemin fissando un punto imprecisato sul materassino.

“Sei deluso...?”

“Eh?” saltò su l’altro scuotendo la testa, “Perché dovrei?”

Minho fece spallucce e si alzò raccattando asciugamano e giacca, quindi mosse un paio di passi e scese dal materassino. Si voltò un’ultima volta prima di uscire.

“Comunque non mancherà un’altra occasione per approfondire la questione, no?”

Taemin sbuffò.

“Cos’è questa frase ad effetto!?” esclamò, “Sono io il tipo da frase ad effetto!”

Minho scoppiò a ridere.

 

   
 
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