Videogiochi > Assassin's Creed
Segui la storia  |       
Autore: La Mutaforma    15/09/2012    1 recensioni
Due ragazze, Morgana e Parcifal, in vacanza, a mezzanotte, a giocare ad Assassin's Creed II. Al loro risveglio si ritrovano nella Firenze rinascimentale, tra intrighi, sangue e misteri. In compagnia di ser Ezio, Morgana e Parcifal per tornare a casa loro dovranno completare il gioco...dall'interno.
[Fanfic a quattro mani, con la collaborazione di Blazethecat31]
Genere: Commedia, Introspettivo, Parodia | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Ezio Auditore, Nuovo personaggio, Quasi tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Ci fu un breve silenzio dopo che Ezio sbatté violentemente la porta durante la sua uscita, pronto a picchiare il traditore che aveva osato spezzare il cuore alla povera Claudia.

 

“Le hai spezzato il cuore!”
“E io adesso ti spaccherò la faccia!”

 

Parcifal amava ricordare quella scena.

“Questo palazzo è immenso! Quante persone ci vivranno dentro?” esclamò quest’ultima per dare un po’ di vivacità all’attuale situazione.

“Io, i miei genitori, i miei tre fratelli e una decina di servitori…” rispose distrattamente la giovane Auditore, con la testa appoggiata alla mano, ancora immersa nei pensieri degli abbracci di quel ragazzo che fino al giorno prima considerava fedele e che ora le stava prendendo di santa ragione da suo fratello.

“Tre fratelli? Ma non eravate solo tu  ed Ezio?” irruppe Morgana, fingendo incredulità. In realtà  sapeva benissimo di Federico e Petruccio, ma dire che sapeva tutto sulla loro famiglia avrebbe destato sospetti, MOLTI sospetti, avrebbero corso il rischio di venire scambiate per spie della famiglia de’ Pazzi, tanto per dirne una.

“Oh, no! Ci sono anche Federico, il più grande di tutti, e Petruccio, il più piccolo” si accasciò stancamente sul letto, prendendo un cuscino e affondandoci dentro con la testa.

“Possiamo conoscerli?” chiesero all’unisono le due ragazze, con gli occhi colmi di desiderio, impazienti di conoscere tutto il resto della famiglia. Non sapevano come fossero finite dentro al gioco, ma dovevano assolutamente godersi ogni momento, di certo una situazione così non sarebbe mai più capitata.

“Credo che Federico sia fuori, ma Petruccio è sempre a casa. La sua stanza è subito a sinistra. Oh, e fate attenzione a non farvi vedere da mio padre….” la voce di Claudia arrivò attutita alle orecchie di Parcifal e Morgana, ma non era difficile capire che era ancora frustrata. Le due uscirono socchiudendo delicatamente la porta, ritrovandosi nei corridoi del primo piano decorato da quadri di ogni genere.

“In questa casa non conoscono il detto prendi l’arte e mettila da parte” fece notare Parcifal, che in quel momento avrebbe preferito trovarsi in una grotta buia piuttosto che sorbirsi tutti quei dipinti di cui lei mai ne aveva compreso i significati e la bellezza, da gran intenditrice d’arte come NON era.

“La porta deve essere questa”

“Allora che aspetti? Dovresti tipo bussare o robe così”

Morgana fece quanto chiesto dall’amica, ricevendo come risposta un attutito “chi è?” dall’altra parte della stanza.
Senza nemmeno aver risposto entrarono, ritrovandosi una stanzetta colma di statuette in marmo rappresentanti volatili di ogni genere, uccelli impagliati e un piccolo scrigno di legno sul comodino con una piuma intagliata al centro. Petruccio era affacciato alla finestra; e sentendo la porta che si chiudeva si girò di scatto.

“Chi siete?” domandò tutto impaurito, alzandosi la camicia gialla fin sotto il naso. Era la prima volta che vedeva estranei entrare nella sua stanza.

“Amiche di Ezio, non preoccuparti” sorrise gentilmente Parcifal, scompigliandogli i lunghi capelli scuri. All’inizio il piccolo sembrò turbato da tale gesto, ma subito dopo sorrise, e uscendo il volto dalla camicia le strinse la mano.

“Auditore, Petruccio”

“Io sono Parcifal, e la ragazza dietro di me si chiama Morgana. Devo dire che la tua stanza è davvero molto…decorata” lasciò la stretta, intravedendo la statua di un’enorme aquila vicino all’armadio.

“Adoro gli uccelli, la loro libertà e il modo in cui la esprimono. E’ la cosa che desidero di più, ma purtroppo non la posso avere…la mia famiglia potrà anche essere ricca, potrà comprarmi quello che voglio, ma non potrà mai permettermi di uscire di casa” intonò Petruccio con fare triste e lo sguardo abbassato. Morgana si interruppe dal guardare il curioso scrigno sul comodino e si aggiunse alla conversazione.

“Perché non puoi essere libero?” gli chiese, poggiandogli una mano sulla spalla.

“Il dottore dice che mi ammalo troppo facilmente, e che per non rischiare di prendermi una brutta malattia devo rimanere in casa. Però c’è una cosa che devo fare assolutamente: uscire di casa, aspettare il ritorno di Ezio e chiedergli di prendermi quelle piume sparse sui tetti. Venire, ve le faccio vedere” prese le ragazze per mano e si avvicinò alla finestra, indicando loro la presenza di alcune piume di aquila incastrate fra le tegole. Morgana per vederle meglio si arrampicò sul parapetto, sporgendo pericolosamente il corpo.

“Morgana, scendi immediatamente!” l’ammonì l’amica, cercando di contagiarle la sua paura per le grandi altezze e non farle più fare cose del genere.

“Dovresti provare anche tu! E’ una figata assurda!” si sentiva l’intero corpo sospinto dal vento, come se stesse volando, ma sentì mancare subito la frescura perché Parcifal, presa da un attacco di panico, la prese di forza per le gambe, rovinando insieme a lei sul lettino, e iniziando a prendersi a parole.

“Ma che fai? Mi hai fatto male!”

“Stavi per cadere, ti ho visto!”

“E’ stata una tua impressione”

“Ma rischiavi di cadere!”

“Cazzo Parcifal, non vedi che sono ancora viva? Smettila di lamentarti”

Grazie a uno schiaffo dato per ovvi motivi la faccia di Morgana si tinse di rosso. Ma di più colpiva l’espressione di Petruccio che aveva assistito a tutta la scena.

“Madonne…va tutto bene?”

“Non farci caso, facciamo sempre così. E chiamaci semplicemente con i nostri nomi; non siamo né adulti e nemmeno nobili” ridacchiò la riccioluta, nell’intento di alzarsi dal letto -sperando di non averlo distrutto cadendoci di sopra- e di mettersi a posto il vestito. Si avvicinò di nuovo alla finestra, intravedendo una figura con la camicia insanguinata correre verso il palazzo: Ezio era  tornato.

“Bentornato ser Ezio!” urlò lei cercando il suo sguardo, in mezzo a tanti altri che si girarono distrattamente verso l’origine dell’urlo per capire da dove provenisse, in mezzo al chiasso generale. Lui si limitò a salutare, sorridente come al solito, ma subito dopo si udì una sonora voce che non poté che sentire e riconoscere, e si precipitò all’ingresso della villa dove un Giovanni dallo sguardo severo lo stava impazientemente aspettando.

“Dov’eri finito, Ezio? Avevo bisogno di te per consegnare un messaggio molto importante! Eri ancora a casa di Cristina? O hai avuto altri contrattempi con Vieri? La macchia di sangue sembra un segno evidente.

“Padre, voi sapevate…?”

“So tutto. Dunque, dove ti eri cacciato?”

“Dovete sapere che…abbiamo ospiti in casa. Due ragazze straniere che avevano bisogno di aiuto” il viso di Giovanni si contorse in un’espressione di stupore, che non poté che far rabbrividire il povero Ezio.

“Non pensate a male, dovevo farlo, avevano bisogno d’aiuto” immaginava già gli schiaffi che gli avrebbero percosso il viso -che come diceva Federico “è la cosa più preziosa che ha”-. Come previsto l’uomo dai lunghi capelli castani alzò una mano, ed Ezio chiuse forzatamente gli occhi, pronto a ricevere la manata. Ma essa tardava ad arrivare, e li riaprì, ritrovandosi la mano del padre sulla spalla che gli stava dando una dolce pacca, come di solito fanno i padri con i figli, e un fiero sorriso stampato in faccia.

“Sei proprio come me quando avevo la tua età. Questa sera a cena farò la conoscenza delle due ragazze. Spero che gradiscano la nostra cucina”

“Lo faranno di certo padre”

“Ora va’ da tua madre, ti stava cercando. Io devo parlare con il gonfaloniere Alberti riguardo a una questione importante. Dopo avrò bisogno di te, e vedi di non scappare questa volta” detto questo si diresse dentro casa, nel suo studio. Ezio si sentì finalmente libero di raggiungere Petruccio e le due ragazze, ma notò tra la folla un uomo robusto, vestito elegantemente, che si faceva spazio tra la folla dirigendosi verso di lui.

“Voi dovreste essere il figlio di Giovanni Auditore. Mi presento: sono Umberto Alberti, gonfaloniere di Firenze” gli porse cautamente la mano, come fa ogni galantuomo con le dita ornate di anelli, il giovane accettò di buon grado il saluto, indicando poi la porta dello studio del padre, riferendo inoltre che era già dentro ad aspettarlo. Umberto si diresse nel cortile, ricordandosi infine di aver altro da dire, e girò di poco il collo mentre ancora camminava.

“Se avete bisogno di qualsiasi cosa fatemi visita, sarò lieto di aiutarvi” disse con un sorriso malizioso, infine tornò sui suoi passi.

“Ezio, vieni qui!” lo richiamò Petruccio, di nuovo affacciato alla finestra. Il fratello si apprestò a scalare il muro della casa, raggiungendolo, sotto gli occhi sognanti di Morgana e Parcifal che si erano avvicinate spingendosi a vicenda.

“Che succede?”

“Voglio quelle piume. Quelle incastrate sulle tegole”

“A cosa ti servono?”

“E’ un segreto!”

“…va bene, ma promettimi che se questa sera uscirò con Federico tu non dirai niente a nostro padre”

“Va bene fratello!”

Ezio si calò fino a quando i suoi piedi non sentirono la terra sotto, dopodiché salì sul palazzo vicino recuperando le piume con estrema facilità. Tornò subito a casa, passando dal cortile questa volta, e trovò sua madre che stava ornando una parte del muro con nuove piante rampicanti.

“Buongiorno, madre”

“Ezio, dovresti venire con me in città. Devo andare a prendere dei quadri dal mio artista di fiducia, ma non credo di potercela fare da sola” si girò stancamente, e notò la camicia sporca di Ezio, che risvegliò subito il suo senso di madre che tiene più agli abiti dei figli che ai figli stessi.

“Vai immediatamente a cambiarti d’abito, figliolo. Sarebbe un disonore per te e per la nostra famiglia farti vedere in giro così. Ti aspetterò, ma affrettati.”

“Certo, madre” entrò di corsa in casa, passando subito dalla stanza di Petruccio per dargli il tesoro da poco raccolto.

“Grazie Ezio!” lo abbracciò il piccolo, e con le piume in mano le mise con cura dentro il suo scrigno di legno.

“Vado a cambiarmi, nostra madre ha chiesto il mio aiuto. Ma ancora non mi hai detto a cosa ti servono le piume”

“Vedrai, vedrai…” rispose Petruccio con un sorriso malizioso, mentre il fratello si apprestava a raggiungere la sua stanza.

 

 

 

 

 

 

 

 

_E ora tocca a me scrivere un paio di note dell’autore [blazethecat31]
Ebbene si, non so come ho fatto, ma sono riuscita a scrivere questo aborto di capitolo. Malamente, ma ce l’ho fatta.
Sicuramente vi sarete accorti che nel primo capitolo mancava qualcosa rispetto alla trama originale (ovvero Giovanni che fa la sua bella ramanzina), mentre in questo vi siete ritrovati la parte dimenticata un po’ mischiata ad altro, un po’ inventata da me; il motivo è semplice:
ROS SI E’ SCORDATA DI SCRIVERE QUEL PEZZO DI STORIA E HO DOVUTO RIMEDIARE IO.

Bene, dopo averla umiliata davanti a  voi -nonsoquanti- lettori, dico che il mio turno è finito, ergo passerò il tempo a leggere il Credo dell’Assassino che ho saggiamente stampato su foglio e attaccato alla porta della mia stanza.

 

Dove altri uomini seguono ciecamente la verità, ricorda:
Nulla è reale.

Dove altri uomini sono limitati da moralità o legge, ricorda:
Tutto è lecito.

   
 
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Videogiochi > Assassin's Creed / Vai alla pagina dell'autore: La Mutaforma