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Autore: dubious3    20/09/2012    3 recensioni
Un tributo a Telesette e ai suoi cross-over.
Nella lontana terra di Konohamere, un malvagio stregone risorto dal passato esercita il suo terribile e nefasto potere.
L'unico che che può fermarlo è Ser Sasuke Uchiha, il più leggendario eroe della storia del regno, risorto per la stessa magia del negromante.
Peccato che le leggende, spessissimo, esagerino...
Note dell'autore: cambiamento di rating da giallo ad arancione per linguaggio più "forte".
Genere: Avventura, Comico, Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Orochimaru, Sasuke Uchiha
Note: AU, Cross-over, OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun contesto
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L'Ultimo Atto, Parte Seconda: la fine del finale, finalmente!

 


Attorniato da un gruppo di platani mummificati, crepitava un fuoco appena acceso nel cuore del Cimitero. Renga vi friggeva sopra della carne che sembrava appartenere ad una pantegana o comunque ad un grosso ratto, rivoltandola su un rogo di sterpi con un bastoncino adunco.

Nei paraggi i non-morti erano già tutti usciti per spazzare via ogni sacca di resistenza e completare l'invasione del regno; eppure, l'uomo avvertiva il gelo di una presenza spettrale accanto a sé.

In un baleno, l'Oscurità fece la sua fumosa apparizione. Renga sobbalzò e per poco non rovesciò il pasto appena raffazzonato oltre le braci.

"Porco cane, stavo quasi per rovesciare la mia cena!" Imprecò l'uomo incurante del proprio divino compagno. L'Oscurità gli si rivolse con un tono insolitamente paterno:

"Caro amico mio, cosa potrei dirti: a molti capita di passare da stelle alle stalle nel tempo di uno spiffero; nel nostro mestiere, tra l'altro, è un'eventualità quasi certa. Tuttavia, coloro che in genere subiscono un declassamento nelle gerarchie malvagie non vivono abbastanza a lungo per risalire. Tu hai avuto questa opportunità di sfuggire ad un destino certo quanto crudele, e la devi a me".

"Devo darle ragione... mio sire". Renga sibilò, amaro. Rimanere senza più nulla in una sperduta radura cimiteriale era un boccone duro da spezzare i denti, ma risultava sempre un destino migliore che finire carbonizzato.

"Comunque, mio signore, devo ardirmi a farvi una domanda: per quale ragione mi avete salvato?"

L'Oscurità abbozzò un sorrisino compiaciuto.

"Perché, confesso, ritengo che tu abbia del talento nell'organizzazione dei piani malefici. Sei intelligente, punti all'efficienza e manchi totalmente di scrupoli: doti che reputo apprezzabili, e che sono, purtroppo, decisamente rare nella mia armata. Tuttavia, c'è ancora molto che devi imparare..."

"E sarebbe, mio signore?" Renga estrasse delle turgide bacche dal colore verdastro e le gettò nella brace. Il fuoco di tinse di un colorito più bruno, e l'aria, pesante e immobile, lentamente profumò di origano.

L'Oscurità si avvicinò al fumo brunito e ne aspirò un poco; le calde esalazioni si mescolarono alla sua essenza, addolcendone la fuliggine.

"Queste bacche aromatiche hanno un odore invitante, non trovi? Il loro uso è noto da tempi molto antichi, da popolazioni che hanno preceduto il regno di Konohamere da millenni. Il sapore che davano alla carne rattrappita dei cerbiatti sciancati di questa foresta era tanto delizioso da far perdere loro la testa, e quasi letteralmente anche, considerata la presenza di sostanze affini a ritrovati dell'oppio..."

Renga guardò il proprio pranzo con occhi sbarrati dall'orrore, e gettò via il proprio rudimentale arnese da cucina in un cumulo di fogliame.

"E' inutile che non mangi, ragazzo:" proseguì l'Oscurità "il tuo corpo assimila le droghe semplicemente respirandole. Tra meno di un'ora starai disteso a terra a ridere come un ebete mentre cerchi di mungere le mammelle di un elefante magico a tre teste".

Il volto dell'uomo si tese come una corda di violino. Renga si scansò subitaneamente dalla brace e coprì la bocca e il naso con entrambi le mani; l'attimo dopo, però, si rizzò sui piedi e squadrò l'Oscurità negli occhi, infuriato:

"Aspetta un attimo, ma cosa diavolo mi sta prendendo? Mi state rifilando (senza offesa) un castello di fandonie!"

"Diciamo più una montagna, amico mio". Puntualizzò l'Oscurità; poi ridacchiò divertito.

"Suvvia, non ti scaldare troppo, che di tizi con la fiamma facile ne abbiamo già a sufficienza! Lo so che in questo momento sei abbastanza teso, ma ora come ora devi semplicemente rilassarti. Tutto questo stress non ti porta ad alcun risultato positivo.

Se vuoi che le cose vadano per il gesto giusto, per adesso conviene lasciarle scorrere, senza dannarti l'anima più del necessario".

Sebbene Renga fosse tentato di perdere le staffe, si rese conto che l'Oscurità aveva ragione. Prese aria ad ampi bocconi, chiuse gli occhi e si appoggiò dolcemente sul tappeto di humus che aveva sotto i piedi.

"Avete ragione, mio signore, avete ragione su molte cose... sicuramente troppe. Avete visto, o predetto, ogni mia mossa, ogni trucco che aveva elaborato sino al mio licenziamento. Vi renderete conto, tuttavia, che c'è ben poco da stare allegri: Angmar possiede il potere dello scettro di Orochimaru, e i suoi avversari sono stati tutti sconfitti; senza dubbio, prima o poi scoprirà la nostra posizione e terminerà le nostre esistenze in maniera definitiva e irreversibile".

"L'analisi è eccellente, ma incompleta su vari punti: prima di tutti, Shukaku è entrato in possesso anche della Pietra di Anubi" .

La notizia così drammatica fece alzare l'uomo di soprassalto; eppure, l'Oscurità manteneva il suo tono soddisfatto immutato.

"Non farti prendere dal panico, Renga". Aggiunse il dio. "Fidati se ti dico che non ve ne è motivo. Ci sono altri cose che è necessario che tu sappia: ad esempio, le notizie sulla dipartita dei nemici di Angmar sono alquanto esagerate. Ma forse è meglio che guardi di persona..."

La divinità iniziò a volteggiare attorno al focolare in una danza ipnotica. Le loro essenze si fusero ancora, ma fu il fumo dell'arrosto, questa volta, ad assumere sempre di più il colore nerastro del corpo gassoso del dio, che si espanse anche alle braci. Passò poco tempo, ed esse divennero identiche in tutto e per tutto ai vapori neri del dio.

Agli occhi di Renga non si prospettava uno spettacolo così nuovo o eclatante, se non quando notò le scintille della brace, che svolazzavano qua e là, colorarsi lievemente d'azzurro. Osservandole meglio, vide che su ogni fiammella appariva, seppure in miniatura, un paesaggio marino avvolto in un cielo gravido di massicci nuvoloni.

Il fuoco nero serpeggiava alzandosi sempre di più, per poi esplodere improvvisamente in una vampa di una potenza tale da rischiarare l'intero cimitero.

Tornata la luminosità a livelli accettabili, nell'intera brace venne raffigurato il paesaggio dipinto sulle faville, dipinto in dimensioni abbastanza grandi da poter vedere ciò che vi era raffigurato con precisione. In mezzo ad cielo temporalesco era possibile scorgere le figure di tre giganti che torreggiavano sul mare circostante, pronti a darsi battaglia.

Nella figura di uno di essi, l'unica donna, Renga riconobbe Isaribi. Accanto ad essa una volpe di dimensioni altrettanto ciclopiche immergeva gli arti nell'acqua salata e faceva saettare le sue code, ben nove, in tutte le direzioni.

Davanti loro, vendendolo impugnare una versione enormemente ingrandita dello scettro di Orochimaru, non poteva errare sull'identità e l'aspetto del signore dei demoni. Il corpo di Angmar si era gonfiato oltre misura, divenendo tozzo e viscido come quello di una batrace; da ogni orifizio spuntavano aborti di teste animali, esseri deformi che vomitavano fiamme innaturali. I piedi del demone si erano moltiplicati e allungati in otto viscidi tentacoli di polipo, e sguazzavano trascinando onde e spuma.

Il criminale sbatté ancora le palpebre, non credendo a quello che i suoi stessi occhi gli mostravano. Cautamente, per evitare di rimanere scottato, si avvicinò alle fiamme in modo da distinguere ogni dettaglio.

Osservò con particolare attenzione il proprio antico padrone, che si preparava a combattere contro questi due pari nella stanza: come sempre, sogghignava come se avesse la vittoria a portata di mano.

Un impeto di rabbia afferrò Renga, ed egli ebbe la tentazione- alquanto sciocca- di colpire la brace con sasso per poter cancellare questo ghigno tronfio sino all'insopportabile. L'Oscurità riapparve dal fuoco nero, e fissava la scena con lo stesso disgusto dell'uomo.

"Non dirlo, Renga: venderesti tua madre per togliergli quel brutto sorriso dalla faccia. Anche io sono del tuo stesso avviso. Rallegrati, dunque: questo fatidico giorno sarà oggi stesso".

"Ne siete sicuro?"

"Come di me stesso e anche di più. In questi giorni ho passato il mio tempo a raccogliere dati e informazioni, a mettere bastoni fra' le ruote in piani, ad organizzarne di miei, e a fare lo stronzo in generale. Adesso, direi che la pacchia è la finita: il Big Bang segna la mezzanotte, ed è ora la vecchia matrigna faccia capire a quella Cenerentola sadica chi è che comanda in casa propria. Goditi il finale di questo folle film, Renga: non si vedono spettacoli del genere tutti i giorni.

Ultimo Atto, Scena Trentunesima, Come Angmar Viene Preso a Calci nel Culo, Azione!"

Renga non capiva molte cose, non ultimo questo cambio di registro dell'Oscurità in senso così smaccatamente registico, ma non gli importava per il momento: al di là di quello che il futuro gli aspettasse, per adesso doveva solo aspettare e godersi la scena.

Si ritirò dal focolare con le braccia, senza nemmeno curarsi di alzarsi. I rami sopra di loro, identici a tante braccia di scheletri, proiettavano le loro ombre sui due come se volessero avvolgerli in una sala buia...

 

 

*****************

 

"Dove mi trovo...?"

Il limbo oscuro dove la mente di Sasuke si era squarciato d'un tratto; ora al suo sguardo si era rivelato un cielo luminoso e terso come diamante.

Meravigliato da questa visuale, ruotò il suo unico occhio per vedere meglio dove era finito, e riconobbe immediatamente lo splendore dei colonnati grechi e delle rifiniture dorate nella sala degli eroi.

Si alzò in piedi, rapidamente, senza accusare alcuna fatica dalla battaglia. Una voce calda e luminosa lo introdusse per l'ennesima in questo luogo ultraterreno:

"Ben svegliato, pigrone scansafatiche che non sei altro!"

L'Uchiha riconobbe immediatamente nei modi l'affabilità del proprio dio e superiore, che, assiso in trono, lo squadrava accigliato sostenendo il capo con una delle muscolose braccia.

"Mio signore... per quale ragione sono ancora qui?" Chiese Sasuke. Nonostante fosse giunto nell'oltretomba già varie volte, riteneva incredibile il tornare un'ultima volta nel paradiso, specialmente dopo che aveva abbandonato il mondo dei viventi in maniera così dolorosa e fulminante.

La Luce borbottò qualche suono incomprensibile ed assunse una postura più eretta, unendo mani sopra la pelliccia vichinga che gli ricopriva le gambe.

"In effetti, il tuo è un privilegio particolarmente unico e raro, ragazzo: da come Angmar ti ha conciato nell'ultimo scontro, saresti dovuto sbarcare in lidi ultraterreni ben più oscuri e pieni di tormenti. Tuttavia, hai assorbito abbastanza potere da me da salvare la tua anima dalla magia delle tenebre e permettermi di portarla in questo luogo di eterno riposo".

"Luogo di eterno... riposo?" Il fiato dell'Uchiha si mozzò in gola. "Vuol dire che la mia missione è conclusa? Ma Angmar è ancora a piede libero!"

"Questo dipende da te Uchiha, forse dipende solo da te..."

Il dio luminoso si alzò dal trono in tutto il suo splendore e si avvicinò a Sasuke. Il nobile ne avvertiva presenza in tutta la sua grave maestosità.

"Sasuke, so che hai avvertito la scarsa fiducia che nutrivo nelle tue capacità. Ti sei mai chiesto, dunque, perché ti ho sempre sostenuto, sin dall'incontro con Angmar nella Foresta Incantata, perché mai abbia scelto te per una missione disperata e ti abbia permesso di incontrare i più grandi eroi della storia?"

Il nobile scosse il capo come una ragazzino pieno di domande di fronte ad un vecchio maestro saggio e autorevole. La Luce parlò con una punta di malinconia, e il suo tono si fece più dimesso.

"Sotto alcuni aspetti, tu mi ricordi me stesso. Credi veramente che questo lavoro di divinità della Luce l'abbia voluto io? Se da grandi poteri derivano grandi responsabilità, nel mio caso ho letteralmente il peso dell'universo sulle spalle. Ogni giorno devo amministrare un quintilione di pianeti abitati nel cosmo, più trilioni di planetoidi e asteroidi vari. E questo è solo l'universo materiale: nell'oltretomba accadono ogni due per tre scioperi d'angeli, rivolte di spiriti, sommosse di anime perdute, intrighi e inganni di demoni... Ma non voglio annoiare né te né i lettori sulle mie mille e mille mansioni.

Il punto è che, come te, sono stato costretto a recitare un ruolo per esigenze familiari e cosmiche: il mio vero sogno nel cassetto è sempre stato un solo..."

Battendo le mani, la Luce evocò una chitarra a triplo manico placcata in qualche stroboscopico metallo incantato, sfavillante come una sfera da discoteca anni 70' in ogni sua parte; subito incominciò un breve assolo, suonando Just Feel Better degli Areosmith.

Più la musica rock echeggiava nelle sale ultraterrene, più Sasuke rimaneva a bocca aperta: la Luce suonava davvero da dio...

"Eccezionale, mio signore, eccezionale..." Disse, stralunato. "Non per fare il lecchino, ma state facendo meglio di Santana e Steve Tyler messi assieme".

"Lo so, vorrei che non fosse così, ma è la pura verità". Nel complimentarsi la Luce non espresse la benché minima soddisfazione; interruppe la musica con un strimpellio secco e strinse con forza le corde dorate del proprio strumento.

"Avere una divina propensione per qualunque attività e tutta l'eternità per esercitarsi ti consente di ottenere quantomeno dei risultati apprezzabili nella musica. Purtroppo, i miei genitori non hanno mai accettato che io iniziassi a farlo di professione.

Mio padre ripeteva come un disco rotto: "Figlio mio, chitarre, violini e bassi elettrici sono giusti solo due ore nei weekend; per il resto del tempo, comportati da essere supremo e non da strimpellatore rimmellato cocainomane bamboccione buono solo  per un programma televisivo da due soldi!" "

Rimarcò con un paio di sol da metallo pesante pieni di rabbia. Sasuke capiva perfettamente la frustrazione che provava il dio, ed ebbe un groppo alla gola.

"Senti, Luce, sono davvero dispiaciuto per te:" disse "so bene cosa vuol dire non sentirsi apprezzato dai propri genitori".

"Ed ora hai centrato il punto, ragazzo". La Luce parve quietarsi.  "Ti ho scelto perché per anche tu sei stato forzato dai tuoi in un ruolo che ti stava stretto. Secondo leggi ultraterrene dovresti rimanere incarcerato in un sorta di Averno per codardi - ignavi a correre dietro una bandiera bianca nei secoli dei secoli, ma, conoscendo la tua situazione, non mi sembrava giusto darti un destino così crudele. Così ho falsato un po' la mano del destino..."

"La mano del destino? Allora sei stato tu a guidare la magia di Orochimaru in modo che risorgessi!"

"Anche quello è stato frutto di una mia piccola spinta. Noi divinità supreme possiamo interferire con le vite dei mortali in maniera relativamente minima, ma spesso basta  un colpetto appena più in alto o in basso per scatenare una valanga di proporzioni bibliche. E' il classico effetto-farfalla: un battito d'ali di un lepidottero nella Città Proibita può scoperchiare l'intera Florida. Questo è il nostro modus operandi, ragazzo". Diede un paio di fa, poi aggiunse:

"Il mio lavoro è faticoso e impegnativo, e i miei genitori mi ripetevano sempre che solo un dio come me era degno di svolgerlo. Ripensandoci, credo proprio che avessero ragione: chi altro se non un dio di prima classe potrebbe impedire ad un intero cosmo di finire allo sfascio? Questo mio ruolo è probabilmente la migliore eventualità per l'intero universo..."

"Aspetta, aspetta un momento e tutto il discorso di prima su quanto avessi desiderato diventare una rock star? Allora il messaggio di tutta questa fanfiction è "Fai quello che i tuoi ti impongono dalla nascita, mandando a benedire sogni e aspirazioni personali, e tutto finirà liscio?" Bell'insegnamento!"

"Come morale non è certo il massimo, in effetti... Ma non credo che qualcuno darebbe mai ascolto a questo fiction scritta da un nerd asociale nei momenti in cui non aveva una mazza da fare, salvo un emerito sciocco. Devo per caso menzionare il trattamento che ha ricevuto quella monumentale offesa linguistica ai mediorientali che è l'accento di Al Kyubi?"

A questo Sasuke non poteva controbattere; alzò lo sguardo lucido, rivolto a scarpe da ballerino e stereo che davano musica classica che volavano via, lontano, su soffici ali di cherubino. La Luce lo riportò nella realtà con un melodioso ruggito:

"Sasuke, vuoi piantarla di immaginarti Roberto Bolle e darmi ascolto?!?"

Lo scheletro fece un sobbalzo seguito da un triplo salto carpiato, e si drizzò in posizione da perfetto saluto militare.

"Perfetto, Uchiha. Ora lasciami concludere il discorso: durante tutto il tuo tragitto hai superato gli ostacoli più insormontabili e i nemici più ostici dimostrando tempra e grinta inaspettate. Nonostante i tuoi ultimi fallimenti, ti considero degno di un posto nella Sala degli Eroi. Puoi finalmente riposare in pace, e questa volta per sempre.

Non ha importanza che Angmar sia ancora a piede libero: i tuoi amici potrebbero riuscire a sconfiggerlo..."

Quel potrebbero scettico e preoccupato tolse nell'Uchiha ogni felicità per il paradiso appena conquistato. Preoccupato, rivolse i suoi dubbi alla Luce:

"Mio signore, la vittoria contro Angmar non è certa. Quante possibilità esistono che il signore dei demoni possa uscirne vittorioso?"

"Stando a quello che sto vedendo, abbastanza elevate: Al Kyubi e Isaribi stanno avendo difficoltà a tenergli testa, e nessun altro potrebbe mai vincere Angmar in uno scontro aperto. Tuttavia, se deciderai di tornare nel mondo dei viventi, la tua anima correrà un pericolo potenzialmente fatale: una seconda morte per mano di Angmar trascinerebbe il tuo spirito in un abisso di orrori e inferni inimmaginabili, questa volta eterni". La Luce rispose più cupo e curvo che mai.

La disperazione dell'Uchiha spirò nell'aria così eterea del paradiso. Il nobile boccheggiò stringendo i pugni.

"Come possono avere la meglio contro una nemico tanto potente e implacabile? La magia di quel mostro era più gelida e sinistra di una tormenta notturna. Oltretutto, Angmar è entrato in possesso della pietra di Anubi..."

"Di questo non devi crucciarti: la Pietra non ha alcun potere da sola. Essa ha l'unica funzione di assorbire e catalizzare le energie di noi divinità supreme in quantità e purezza impossibili con qualsiasi altro mezzo sul vostro pianeta. Orochimaru è riuscito a realizzare la prima invasione su larga scala utilizzando proprio il manufatto per prelevare più energia oscura possibile dal suo signore; ed è proprio quella stessa energia malefica che gli ha permesso di sopravvivere alla sconfitta agli Stagni e riorganizzarsi.

Nella sua follia crudele, Angmar ha rigettato il dio che gli aveva donato ogni fonte di energia, negandosi l'accesso al vero potenziale della Pietra. L'artefatto nelle sue mani è utile quanto un soprammobile dal valore archeologico incalcolabile; ma nelle tue sarebbe lo strumento più efficace della salvezza del mondo intero".

"Cosa devo fare, dunque, mio signore? Quale è la mia missione?"

"Nessuna. Hai già fatto tanto ciò che era in tuo potere per redimerti e combattere il male che allignava queste terre; nessuno potrebbe biasimarti se decidessi di restare qui a goderti una meritata ed eterna pace. Ai miei occhi e a quelli di coloro che conoscevano la verità non hai bisogno di altre azioni per meritarti la redenzione o guadagnarti il titolo di eroe".

La chitarra nelle mani della Luce scomparve in un filotto di scintille. Il dio era talmente vicino allo scheletro che questi avvertì il suo ardore penetrargli in ogni fibra di midollo.

"Sei arrivato al bivio più importante della tua esistenza, Uchiha: un Paradiso certo e senza più possibilità di cadute o l'angoscia e il pericolo incombente di uno scontro mortale. Non ti ordinerò cosa seguire né cercherò di forzare in alcuna maniera la tua decisione; scegli affidandoti solo al cuore e alla coscienza, e sappi che accetterò qualsiasi cammino il tuo animo desidera percorrere. Sentiti libero come un fiero condor che vola nelle sterminate Pampas sudamericane, solo con un po' di ciccia in meno addosso".

Seguì un lungo silenzio, nel quale l'Uchiha meditò profondamente sul da farsi; in fine, rese partecipe la Luce della sua decisione:

"Mio signore... poco fa' avevate detto che avevo donato ogni cosa al regno di Konohamere, o mi sbaglio?"

"Non ti sbagli, Sasuke Uchiha".

"Infatti è lei che si è sbagliato, mio signore".

Da sotto l'elmo vichingo la Luce aggrottò impercettibilmente la fronte per un'affermazione così ardita; non vi trovò, comunque, segno di offesa o di mancanza di rispetto.

"Infatti, mio signore," proseguì l'Uchiha con il consueto ossequio "non ho ancora dato tutto al mio regno: se mi date la possibilità di tornare nel mondo dei vivi, allora sono ancora in grado di dare il mio contributo a questa guerra contro le tenebre.

Il mio dovere come essere umano, prima che come suddito e cavaliere di Konohamere, è di fare qualsiasi cosa in mio potere per proteggere il mio mondo, mettendo in gioco anche la propria salvezza ultraterrena, se necessario.

Io sarei prontissimo a partire per la mia ultima missione; solo che..."

Il Giacomo-Giacomo delle gambe dell'Uchiha fu più eloquente di qualsiasi parola; più esplicito di quello fu suo il suo avvinghiarsi alle ginocchia della divinità.

"... ho giusto una leggera, appena percettibile, microscopica, insignificante FIFA BOIA!!"

"D'accordo amico, allora ascolta bene i miei consigli". La Luce replicò con un sospiro annoiato. "Punto numero uno: schiodati immediatamente dalle mie gambe, se non vuoi che ti rispedisca sulla terra con le ossa gratinate..."

L'Uchiha eseguì il consiglio con prontezza, e il dio partì con il secondo:

"Punto numero due: non disprezzare la paura che in questo momento stai provando. Potrà sembrarti paradossale, ma è quello che in vita è stato uno dei tuoi più grossi impedimenti si è rivelato un alleato cruciale nella non-morte. E' anche grazie alla paura che hai ricevuto l'adrenalina necessaria a far fronte a situazioni a cui nulla avrebbe potuto prepararti; fanne ancora carburante e spinta per il tuo spirito.

Rammenta bene, poi, che non sarai da solo in questa ultima lotta: avrai l'aiuto di tutto ciò che ti ha sostenuto sino adesso, compreso il tuo stesso senso di panico. Raccogli le tue forze, Sir Uchiha, e preparati ad affrontare il male nella sua forma più terribile!"

Sasuke deglutì a vuoto, o comunque lo avrebbe fatto se avesse avuto ancora la gola di un vivente; tuttavia, si rendeva conto che ogni attimo di esitazione e attesa avrebbe prolungato la sua agonia. Meglio affrontare Angmar il prima possibile che macerare nell'angoscia.

"Mio signore, mi mandi di nuovo al pian terreno: sono pronto ad affrontare Angmar e scrivere la parola fine su questa epopea".

"Sapevo che avresti preso una simile decisione, Sir Uchiha". La Luce sorrise bonario. "In realtà nutrivo dubbi alquanto seri, tanto che pensavo di stipulare una polizza Armatura dove avrei assicurato l'intero pianeta... ma non ci pensare. Buona fortuna".

La luce (intesa come proprietà fisica) che soffondeva l'intero aldilà si rinvigorì in un fulgore mille volte più intenso e accecante di ogni altro, che annullò a Sasuke ogni visione del luogo celestiale. Immerso nel bianco più totale, l'Uchiha udiva ancora la divinità proferirgli parola:

"Addio, Sasuke: ci rincontreremo a fine battaglia. E Ricordati che se mi intenterai causa i miei avvocati ti sgranocchieranno e sputeranno le tue ossa ciancicate sul pavimento del paradiso come un grosso chewing-gum dal colore grigio e dal pessimo sapore..."

A Sasuke il significato di queste parole sfuggì; non ebbe però il tempo o l'intenzione di scoprirne il mistero, poiché avvertiva già le gelide acque ricche di spuma del mare di Konohamere lambirgli le nude ossa sino al torace.

Alzò lo sguardo alla propria destra, attratto da un boato; lì vide la grottesca e torreggiante figura di Angmar vibrare un affondo con il proprio scettro, infuso di energie malefiche, contro il petto dell'altrettanto colossale Isaribi.

Il Titano del Mare scansò il colpo e scivolò indietro sull'acqua come una ballerina per scattare immediatamente in avanti ed afferrare il manico dell'arma poco al di sotto dello smeraldo incantato. Con un gesto secco disarmò l'avversario, facendolo barcollare all'indietro con un poderoso calcio sull'addome.

Attraverso la nera massa del mosso, Sasuke intravide dei raggi di luce di colore grigio, di poco più scuro dell'attacco energetico usato da Orochimaru, probabilmente segno che qualcun altro dava man forte a Isaribi nell'attacco. Provò ad alzare lo sguardo per vedere chi fosse, ma il corpo del signore dei demoni ne intralciava la vista; tuttavia, dal sogghigno quasi estatico dipinto sulla bocca di Angmar, sicuramente si trattava di qualcuno che Shukaku conosceva bene e che bruciava dal desiderio di distruggere.

"La bomba Bijuu, fratellino?" Domandò il mostro sarcastico, senza prendere la briga di voltarsi. "Una mossa alquanto pirotecnica, seppur prevedibile: non bisogna essere geni per capire che hai intenzione di sconfiggermi con la tecnica segreta della nostra famiglia. D'altronde, non si dice sempre che i panni sporchi vadano lavati in casa? E per questo genere di biancheria opterei per un bel lavaggio a secco di magia distruttiva!"

Diretto all'arma rubata, Angmar fece il gesto bramoso di afferrarla ancora nel palmo della mano. Lo scettro si irrorò di fulmini, sgusciò via dalla presa di Isaribi e saettò verso il legittimo proprietario.

Girandosi di scatto, la bestia si degnò di guardare l'attacco imminente: una sfera di energia buia di circonferenza al meno tre volte più grande di lui che Al Kyubi faceva levitare sopra le fauci spalancate. 

 Nell'istante in cui il genio richiuse le zanne come per mordere, il globo si lanciò verso Shukaku. Questi rivolse la gemma dello scettro verso l'assalto, annoiato dall'attacco ricevuto come da una mosca particolarmente fastidiosa.

La sfera e lo smeraldo, al momento della collisione, provocarono uno stridio assordante seguito da sprizzi di magia; immediatamente Angmar effettuò un movimento quasi impercettibile con la mano, separando la materia dalla magia e scagliando quest'ultima lontano da sé quasi fosse una palla da tennis troppo cresciuta.

I due fratelli si trovarono finalmente faccia a faccia, con i volti animaleschi illuminati dall'esplosione della sfera.

"Mi dispiace Al..." Si scusò Isaribi, stremata, soffiando sui palmi delle mani ancora arroventati dai fulmini.

"Allora riposati: mi occuperò io del mio caro Shukaku". Gli rispose la volpe, scrocchiandosi le nocche; nella sua voce così affabile c'era una rabbia mai avvertita.

"Ho passato troppo tempo a vederti impotente mentre ti dilettavi a portare morte e miseria e ad infangare il nome della nostra famiglia, troppo tempo confinato nel cranio di Sasuke, impotente di fermarti; ora che sono di nuovo libero, muoio dal desiderio di porre fine a questa follia una volta per tutte".

Tutte le nove code della volpe si rizzarono all'unisono contro Angmar; irretite da quale magia, si assottigliavano sulla punta sino ad assumere la forma di aste, che Al Kyubi allungò rapidamente affondando contro il proprio fratello. Il signore dei demoni evocò una tenue barriera di color verde pallido contro cui i colpi rimbalzarono senza effetto.

Le nove code, respinte, si allungarono ancora e diressero le loro punte verso la schiena e gli arti del demone, effettivamente accerchiandolo da ogni lato. Angmar rimase immobile mentre le lance preparavano un nuovo affondo, generando tuttavia un campo protettivo riconoscibile per i pallidi riflessi che mandava.

Al Kyubi abbozzò un sorriso compiaciuto: Shukaku credeva che Al volesse attaccare di nuovo con le code, ed era così abboccato alla sua trappola. Direzionò le proprie estensioni con la mente in modo che, all'ultimo istante, si avvolgessero alla protezione fino a che ogni centimetro quadro della sua superficie fosse coperto dal pelo. Effettuando un gesto da lanciatore del peso olimpionico, ruotò il proiettile appena agganciato e lo lanciò in aria.

"Dunque, fratellino, hai rinunciato a farmi male, vero?" Punzecchiò Angmar mentre si librava nel cielo.

"Io invece intendo fartene tanto, invece!"

Con un ruggito Isaribi balzò dietro al demone, unì le mani sopra il suo capo nero come l'ossidiana e le lasciò cadere in una martellata devastante sulla schiena. Prima che potesse reagire, Shukaku venne catapultato con violenza contro il basso fondale marino, dove ad aspettarlo c'era il proprio fratello.

Al Kyubi si inarcò come un felino pronto a ghermire la preda e scattò afferrando il nemico e completando la sua discesa con una suplex micidiale contro un ginocchio. Ritrovatosi con il collo incassato nella schiena e sottoposto ad una dolorosa pressione, Angmar emise un latrato:

"Maledetto fratello, dunque osi fare sul serio con me?"

"Questo lo chiami fare sul serio?!?"Replicò Al Kyubi con maggior ferocia. "Dunque ami il dolore, ma detesti quando qualcuno te lo infligge... Codardo sanguinario!"

Ululò al cielo ed incominciò a sbattere il proprio fratello volteggiandolo in aria quasi una bambola di pezza. Sasuke e Isaribi, che conoscevano bene il carattere amabile del loro amico, rimasero talmente esterrefatti dal cambiamento così violento e radicale da rimanerne pietrificati.

"Al... ma cosa..." Azzardò timidamente una domanda il Titano del Mare, ma il genio era troppo impegnato nel proprio pestaggio per ascoltarla.

Dopo aver sottoposto Angmar ad una gragnola di calci e pugni, Al lo schiaffò nell'acqua bassa una volta per tutte, supino, e avviluppando braccia e tentacoli con le proprie code. I volti dei due fratelli si trovarono vicino come non mai, tanto che rantoli infiammati di magia di entrambi si mescolavano in fiammelle multicolore.

"Cane assassino... CANE!" Ruggì la volpe. "Se avessi idea del dolore che hai inflitto... se sapessi quante lacrime sono state versate, quante vite sono state spezzate per colpa tua..."

"Certo che ne sono consapevole, fratello: è questo il lato più piacevole di essere un cattivo ragazzo!" Gli rispose il tasso, snudando le zanne in una risata folle.

"Non ti considero più sangue del mio sangue, Angmar: sentirmi chiamare fratello da un essere come te mi disgusta. Non osare mai più nominarmi così, oppure..."

"Oppure mi massacrerai ancora di botte, come hai appena fatto adesso? Fratellino, dovevi vedere con quanto ferocia mi martoriavi di colpi". Indicò con la coda dell'occhio un rivolo di sangue verde che gli colava dal labbro inferiore; nel vederlo Al parve quietarsi.

"Hai dato prova di una brutalità scioccante, fratello. Chissà cosa i tuoi amici stanno pensando dopo averti visto nei panni dell'animale selvaggio e vendicativo che è la tua vera natura. Anche tu provi rancore come tutti gli esseri mortali, Al Kyubi, anche più di molti altri, se per questo; forse vuoi chiedere al tuo amico folletto, forse?"

Seduto assieme ai suoi compagni su un grosso tronco magico che fendeva la spuma marina, il folletto puntò Al Kyubi con i propri piccoli occhietti. La volpe abbassò il capo con un'aria colpevole; la presa che aveva sul fratello si allentò di conseguenza.

"Allora non l'hai detto, non l'hai detto, sporco bugiardo!" Proseguì il tasso. "Non dirmi che non hai mai rivelato a nessuno che consideri i goblin feccia della terra da quando il signore della guerra di Dune Arse Karak il Tetro dichiarò guerra a Kushina e rase al suolo praticamente metà delle città del suo regno in un vortice di violenza e carneficina! Dalla faccia, immagino di no...

Non crucciarti troppo, comunque: ho solo dimostrato una verità sempre valida, ovvero che nessuno è perfetto, nemmeno tu. Cosa c'è di così riprovevole, in fin dei conti nel provare rancore e odio nei confronti degli altri? Nulla come l'odio alimenta il vero potere dello spirito; nulla ti può rendere tanto forte..."

"Cosa diavolo vuoi dire con questo...?" Al Kyubi indietreggiò; non trovava parole adatte ad esprimere la propria amarezza.

Osservò ancora il volto animalesco di Kukulann, e vi vide impressi i segni di un rancore sedimentato nella sua anima, un risentimento avvelenante che aveva già visto varie volte ma che non era mai riuscito a capire fino in fondo

"Cosa ti è successo Angmar, per trasformarti in un mostro così crudele privo di ogni senso morale? Angmar... è... forse colpa mia?" La voce di Al era tutta tremolante.

"Qualcuno della nostra famiglia ti ha ferito? Io ti ho ferito, forse? Perché ti vedevo sempre chiuderti da solo, senza sorridere mai? Non capisco Angmar, davvero non ti capisco... e vorrei tanto capirti, invece: capire la ragione che ti ha portato a rinnegare tutto quello in cui credevi e la nostra famiglia..."

"La nostra famiglia... quello in cui credevo? Quello in cui credevo? QUELLO IN CUI CREDEVO?!?"

Il signore dei demoni esplose in una risata di isteria pura, seguita da un ruggito di pura collera. Le mani di Al Kyubi vennero ricoperte dalle dense fiamme demoniache, che, in meno di un istante, si spansero sino a incendiare ogni pelo della volpe.

Al Kyubi uggiolò dallo strazio e si lanciò a corpo morto nel mare, sperando che le gelide acque gli dessero un po' di refrigerio. Libero dalla presa, Angmar arrancò sui tentacoli, ergendosi finalmente in tutta la sua statura.

La scena sotto i suoi occhi era esattamente l'inverso di pochi secondi fa: ora era Angmar che era padrone dello scontro, dominando il fratello con forza e crudeltà incomparabilmente maggiori di quanto facesse lui prima.

Puntò lo scettro contro Al, e sussurrò sogghignando:

"Quello in cui credevo, fratellino? Era ciò in cui credeva la nostra famiglia; anzi, quello in cui fingeva di credere.

Lascia che ti spieghi una cosa: ciò che ti ha insegnato la nostra famiglia è solo un gigantesco mucchio di falsità e ipocrisie. Dietro una maschera di nobiltà e rispettabilità, noi geni siamo essenzialmente creature egoiste e vendicative, arroccate nella nostra boria di esseri superiori. Credi forse che sia cieco, fratello? Quando vedevo i miei fratelli minori tornare dalle loro missioni per proteggere i Deserti, c'era in loro solo l'altera gioia di chi ha dato sfoggio delle proprie abilità, la soddisfazione di chi ha appena incantato le masse con i propri trucchi da prestigiatore di bassa lega.

Ecco cosa era, e rimane tutt'ora, la nostra famiglia: un branco di arroganti menzogneri che venderebbe l'anima al diavolo per un briciolo di successo, pronti a riversare odio su coloro che rifiutano di applaudire. I tuoi adorati fratelli, quando mamma e papà erano assenti, passavano intere giornate a divertirsi alla mie spalle; a volte si divertivano a deridermi per la mia mancanza di magia; altre volte mi usavano per i loro giochi come una pallina da ping-pong, da tennis, oppure mi trasformavano in cobra a tre teste, cammello con alimentazione a diesel e gobbe airbag, tasso router e in mille e mille fogge differenti. Una sola cosa era a tutto comune: il senso bruciante di umiliazione e di frustrazione.

Non che con i nostri genitori ciò sarebbe cambiato in meglio: per loro sarei sempre stato un eterno piccolo bamboccio, la vergogna della nostra famiglia. Probabilmente, se i miei fratelli mi avessero trasformato in scarafaggio e schiacciato durante i nostri giochi, avrebbe raccattato il mio cadavere e gettato in un cestino come nulla fosse".

"Tu ti stai sbagliando, Angmar, ti stai sbagliando!" La voce di Al Kyubi assomigliava sempre di più ad un abbaio, rotta dal dolore e dal pianto.

"Mamma e papà ti amavano con tutto il loro cuore: dovevi vedere come parlavano di te, quando eri entrato in quella compagnia di teatro... Erano fieri di te, Angmar, fieri di quello che eri".

Il signore dei demoni storse la bocca in un'espressione di puro odio, e sollevò lo scettro con un gesto ieratico; Al Kyubi venne sollevato da una presa invisibile, che lo fece vorticare a mezz'aria. Tutto il suo corpo cangiò colore illuminandosi di un verde intenso per poi venire inglobato in un'esplosione di scariche magiche.

"Come se potessero mai amare un insetto!" Replicò Angmar con veemenza. "A quel tempo era più insignificante della feccia, una sottospecie di verme senza poteri né talento, spazzatura nata per marcire in qualche discarica. Tutti gli abusi che ho subito sono perfettamente naturali nell'eterno ordine delle cose: i forti tormentano e distruggono i deboli. Questo i nostri fratelli me lo hanno insegnato molto bene, e non mi stancherò certo a fornirti ulteriori chiarimenti sull'argomento".

Le scariche si susseguirono in un tumulto di bagliori sempre più accecanti. Ad ogni colpo, Al Kyubi sussultava e rantolava degli urli strozzati, e Angmar si beava nel vederlo soffrire così atrocemente, come bestia.

Il demone era talmente preso dalla sua tortura che non si accorse che Isaribi, sgattaiolando come una pantera, gli si era avvicinata rapidamente con una consistente massa d'acqua fra le mani.

La donna grugnì inferocita e disegnò un ampio cerchio con le mani giunte, sferzando con il liquido. La frusta impattò il costato di Angmar con violenza tale da fargli mollare lo scettro per un istante, poi si concentrò in un proiettile di dimensioni ragguardevoli che Isaribi ritirò per spararlo contro il demone.

Questa volta Angmar era preparato, e reagirò richiamando a sé lo scettro in tempo per generale dalle punte un fulmine mistico. La magia nera surclassò l'assalto di Isaribi e rispedì contro di lei la cannonata, caricandola di energia.

Isaribi avvertì l'elettricità innaturale bruciargli sin dentro le viscere; si lanciò nel mare a corpo morto, schiaffata dalla sua stessa forza.

"Pazzi, pazzi, pazzi!" Cicalò il signore dei demoni. "La vostra follia è tanto grande da illudervi di potermi prendere di sorpresa due volte? Pagherete molto caro questa vostra sottovalutazione del mio immenso potere, lo stesso prezzo che ha pagato Sasuke".

"Sasuke? Cosa hai fatto a Sasuke? Cosa gli hai fatto?!?" Chiese Al, frenetico. Il pensiero del fato dell'amico lo tormentava più dei fulmini e delle fiamme; ma fu la risposta di Angmar il colpo più duro di tutti:

"L'Uchiha? L'ho spedito all'altro mondo, e in quella parte dove vanno coloro la cui anima viene distrutta dalla magia nera. Mentre discutiamo sul suo destino, il tuo amichetto si sta godendo una bella seduta di supplizio con dei demoni esperti e quanto mai sadici. La sua missione di sconfiggermi si è coronata con un rovinoso fallimento, lo stesso che attende tutti voi!"

"Aspetterei a cantare vittoria se fossi nei tuoi panni, Angmar".

Lontano, dove il livello del mare era abbastanza basso da permettere anche ad uomo normale di camminare tranquillamente, i tre giganti udirono una voce; ad essa seguì un brillio, dentro la quale l'emaciata figura del nobile Uchiha si illuminò di luce ultraterrena come una spettro celestiale.

 La vista dell'amico ancora in vita e pronto a lottare infuse nel cuore dei guerrieri della Luce una gioia profonda; in quella di Angmar, una furia epocale.

Tremando e grugnendo, il demone tuonò:

"SASUKE UCHIHA! Come diavolo sei riuscito... a sopravvivere...? Io ti avevo distrutto con le mani! Quale forza ti ha permesso di tornare nel mondo dei viventi?"

Sasuke agitò trionfante la risposta.

"Il potere della Pietra di Anubi è di gran lunga superiore alla tua comprensione, Angmar. Gettarla via perché non riuscivi a capirne la magia è stato un errore madornale, l'ultimo di una lunga e dolente serie".

Angmar fissò prima il volto di Sasuke, nobile e privo di incertezze come non mai, poi l'antico manufatto; senza alcun preavviso, si abbandonò ad un riso sguaiato.

"Un errore, dici? Colui che tra noi due ha commesso lo sbaglio fatale sei tu, tornando qui senza avere accumulato abbastanza potere dalla Pietra da sfidarmi. Vorresti forse ingannarmi su questo? La magia in tuo possesso è misera quanto la tua persona, e non c'è bisogna che aggiunga che è il tempo che ti resta non sarà sufficiente per un Amen!"

Agitò lo scettro, preparandosi a scagliare un attacco elettrico. D'istinto, Al Kyubi si era interposto fra lo scettro e l'amico, ma con suo sommo stupore osservò che non ve ne era bisogno: un'aura solare, di uguale intensità e potere alla magia di Angmar, aveva inglobato lo scettro nel suo calore ed era esplosa in un lampo subitaneo.

Il calore trasmesso all'arma fu tale da far cadere ad Angmar la stessa arma. In quel lasso di tempo infinitesimale, la luce che avvolgeva Sasuke si spanse irradiando l'intero mare; lo stesso procedimento che si era svolto nella Tana si ripeteva davanti agli occhi attoniti di un pubblico ben più numeroso, amplificato di migliaia e migliaia di volte.

Isaribi e Al Kyubi, pur dando a Sasuke di spalle, dovettero chiudere gli occhi, che non reggevano all'intensità della luce. Entrambi erano sbalorditi quanto Angmar nel constatare l'immensità del potere della Pietra di Anubi e che ora era nelle mani dell'Uchiha.

Il bagliore si affievolì rapidamente quanto si era espanso, ma la luce non scomparve affatto; essa si concentrò attorno all'Uchiha in un globo assimilabile ad un sole in miniatura, denso e agitato da flussi di energia tali che eclissarono la sua figura.

La sommità della sfera cominciò ad assottigliarsi e a dividersi in tante creste simili a fiammeggianti ciuffi di capelli umani, mentre nel corpo l'energia si ispessì in elaborate placche ricurve all'altezza delle spalle. Ad esse seguì la comparsa di forme sempre più assimilabili a protezioni: comparvero bracciali, la placca pettorale, i cosciali, gli schinieri... il tutto finché la magia non assunse la forma di un'armatura.

Al termine di questo processo, l'estensione del potere di Sasuke si era manifestata con l'aspetto di un tengu dal naso spropositatamente lungo e spigoloso, che spiccava su un volto serrato in una ghignante maschera. Il suo corpo era rivestito da una tradizionale quanto sfarzosa corazza giapponese; difettando dell'elmo, la folta criniera luminosa si spandeva nel vento come la chioma di una cometa. Legate ad una cintura, portava due katane ancora riposte nel fodero e che afferrava per l'elsa.

Il cielo stesso, attirato da questa trasformazione, vorticava sopra l'Uchiha. Le tenebre che avvolgevano l'aria stessa parvero bucarsi al centro del gorgo, rivelando un tenue bagliore celestiale. Assieme ai raggi azzurrini fece apparizione una strana musica di chitarra elettrica:

http://www.youtube.com/watch?v=kr8-E8may2Y

"Guns and Roses, eh?" Commentò Sasuke; la sua voce, dall'armatura, assumeva un tono metallico ma molto austero.

"La Luce ha scelto una colonna sonora perfetta per uno scontro finale come Lui comanda".

"Servirà solo ad addolcire un poco la tua distruzione, Uchiha". La rabbia di Angmar divenne, d'un tratto, glaciale. "Sarà per me un onore ed un piacere immenso porre termine a ciò che aveva iniziato con te sotto gli occhi di Al: tra le tante torture che gli ho inflitto, mi mancava proprio quella più crudele e abominevole di tutte, quella che lacera l'anima sino nel profondo: massacrare coloro che ami davanti agli occhi di un nemico totalmente incapace di fermarti. Il volto di mio fratello mentre ti farò assaggiare le fiamme eterne sarà per me una visione ancora più incantevole di quanto avessi immaginato!"

L'Uchiha estrasse le lame con un unico, fulmineo gesto, ed incrociò le braccia davanti a sé. Gli occhi dell'armatura, entrambi adornati dei motivi dello Sharingan, ardevano dalla volontà di combattere.

Non tardando un istante di più, Sasuke diede il via alle danze lanciandosi contro Angmar con le katane pronte a chiudersi in una morsa letale. I volti che spuntavano dalla pelle del demone spalancarono gli occhi grondanti di lacrime nere e le bocche in muti urli di dolore; da esse, uscì solo un denso e poderoso fiotto di qualche materiale viscido e fluorescente- probabilmente ectoplasma- che vanificò l'offensiva dell'Uchiha, costringendolo a mettere le lame in posizione di guardia. Il flusso trascinò indietro l'Uchiha di innumerevoli metri, ben oltre la portata dei colpi di spada.

Ergendosi dal mare in tutta la loro statura, i tentacoli di Angmar si agitarono in una sorta di ballo selvaggio e ipnotico; attorno alle estremità si formavano otto sciabole di fiamme nere, che vennero afferrate per l'elsa come farebbe uno normale schermidore.

Gli otto grotteschi e gommosi arti si scatenarono una carambola di fendenti e stoccate, allungandosi e contraendosi al ritmo di quella folle danza, a cui Sasuke rispose destreggiandosi sui piedi e con le lame in maniera altrettanto mirabile, parando ogni colpo con facilità estrema. Con un piroletta di estrema grazia l'Uchiha passò al contrattacco, affettando quattro arti del demone con un singolo e preciso fendente ed immettendosi nella sua guardia.

Si ritrovò ad un palmo di distanza dal volto del demone, e nei suoi occhi sfavillanti lesse la paura; tirò un affondo contro il ventre, diretto alla gola della testa di rinoceronte, che penetrò nella carne del mostro.

Dalla bocca del rinoceronte eruppe un fiotto di sangue vischioso, e tutte le teste si unirono in uno strepito di agonia. Con un colpo secco da perfetto praticante di Iaido, Sasuke ritirò la lama aprendo uno squarcio orizzontale nella carne del mostro.

"Cane, cane, cane, cane, CANE!" Inveì il demonio tamponando la profonda ferita.

"Solo io... ho il diritto di spargere morte e dolore; io che posseggo un potere capace di rivaleggiare con gli dei stessi!"

"Come al solito, non hai compreso è nulla". Rispose Sasuke, beffardo; indietreggiò con uno scatto e solleticò entrambe le else delle spade, pronto a colpire.

"Il potere con cui ti vanti di essere alla pari è in mio possesso. E ti svelerò un segreto: la Pietra di Anubi che Orochimaru e l'Oscurità bramavano così ardentemente in realtà non ha alcun potere contenuto in sé stessa..."

"Stai cercando di trarmi in inganno con una mossa pateticamente disperata, per caso? Da cosa era scaturita l'energia che avevi evocato e che trattieni tutt'ora sul campo di battaglia? Dal nulla?" Angmar rise spavaldo.

"L'ho già detto, dal potere degli dei stessi: la Pietra aveva incanalato l'energia della Luce stessa durante il nostro ultimo scontro e, se non avessi tradito il tuo signore, avresti potuto usare questa forza anche tu. Non hai gettato al vento solo la Pietra di Anubi dopo la mia sconfitta; sopratutto, hai sprecato l'occasione più grande della tua sanguinaria ma squallida esistenza.

Ora, assieme all'affetto e l'amore dei miei amici, avverto una luce altrettanto potente e paradisiaca, un bagliore sacro con cui brucerò il male che hai sparso su questa terra fino a che non rimanga nulla, se non cenere".

"Parli di bruciare e incendiare? Colui che tra noi non ha capito nulla sei tu, come sempre: sono io il portatore del fuoco infernale, e saranno le mie fiamme ad ardere nel mondo!"

Mantenne la promessa, avviluppando il suo corpo grottesco del denso fuoco nero. Tra le vampe, il profondo squarciò incominciò a cauterizzarsi e a rimarginarsi sino a scomparire del tutto. Anche dai moncherini di tentacolo rispuntò il resto degli arti, vischioso e frenetico.

Osservando la scena, Isaribi ebbe un moto d'orrore; si gettò incontro all'amico nel tentativo di dargli manforte, ma avvertì la presa di Al Kyubi bloccarla per il braccio.

"Isaribi, ti prego, calmati per un istante:" disse "intervenire ora sarebbe deleterio: i due avversari sono troppo potenti per noi, e siamo troppo malandati per non risultargli solo d'intralcio".

"Allora cosa dovremmo fare, lasciare Sasuke a lottare da solo contro quel mostro? Le fiamme gli stanno guarendo ogni ferita; come è possibile sconfiggere un essere con capacità rigenerative di questo genere?"

"Aspettando il momento propizio. Esiste un detto del mio paese: Chi è prudente e aspetta con pazienza chi non lo è, sarà vittorioso*, e pare proprio che Sasuke lo abbia messo in pratica egregiamente, raccogliendo lentamente l'energia dalla Pietra e rivelandosi solo al momento opportuno.

Così agisce un vero guerriero, e così dobbiamo agire noi: aspettare l'occasione giusta, il momento in cui potremo attaccare Angmar con il massimo dell'efficacia. Allora, e solo allora, sferreremo la nostra offensiva".

La ragazza abbassò il capo di colpo, non per l'effetto per le parole, quanto per una parola di fuoco vagante che avrebbe tranquillamente incenerito la testa sua e quella di Al. Con il muso nell'acqua, scorgevano Angmar sparare sfere fiammeggianti da ogni orrendo orifizio.

La maggior parte di esse era concentrata nella direzione di Sasuke, assieme a cinque raggi magici sparati ognuno da un dito di Angmar. L'Uchiha unì i pomoli delle lame- due anelli con della stoffa legata attorno che magicamente si incastrarono entrando l'uno nell'altro- e roteò la doppia spada così creata, deflettendo i raggi provenienti in linea retta. Per difendersi dagli altri, che avevano assunto traiettoria ben più irregolare e zigzagata, e dalle sfere di magia infuocata, effettuò pirolette sul mulinando l'arma in ogni direzione.  

Quando affrontò un fascio luminoso che mirava ai suoi occhi da destra, Sasuke posizionò il debole della lama in modo che la luce malefica venisse deflessa contro lo stesso proprietario. Effettuando dei gesti decisi con la mano, Angmar ricalibrò la direzione del tiro facendogli disegnare un quadrato in cielo, che ricadde dritto sopra la testa dell'Uchiha.

"La tua agilità è sempre formidabile, folle di un Uchiha, ma dimentichi che posso controllare la direzione di questi raggi a mio piacimento. E' irrilevante quante volte li parerai o schiverai, perché ti braccheranno sino a che non avranno raggiunto il loro obbiettivo". Commentò

"Se una difesa passiva è inutile," l'Uchiha non provava fatica dal continuo scansare e deviare "suggerisco che sarebbe più efficace un attacco totale".

Lasciò per un secondo le katane, che rimasero sospese in aria; iniziarono roteare selvaggiamente spinte da chissà quale forza, confondendosi nel loro stesso lucore in un grande disco rotante. Un altro lampo circondò le armi, ancora più intenso e fulmineo dei precedenti.

In una frazione infinitesima di secondo, nemmeno il tempo di battere le ciglia, che tutte le magie di Angmar si erano dissolte come fumo. Il corpo di Shukaku si spezzò interamente dall'altezza delle spalla destra, trinciato quasi a metà.

"Hai assistito all'espressione della vera forza degli dei, Shukaku, della vera forza del sole". Sasuke richiamò le spade, che ritornarono divise nelle sue mani.

"I rapporti di forza tra noi si sono ribaltati, e senza più il vantaggio di un potere infinitamente superiore all'avversario, esistono ben poche carte che tu possa giocare".

"Allora userò semplicemente più forza," replicò Angmar con un abbaio "tanta quanto non ne hai mai veduta prima e non ne vedrai mai più in vita e nella non-vita!"

Come per la ferita all'addome, il grottesco squarcio del demone venne avvolto da crogiuolo di vampe nere, dentro cui rispuntavano velocemente le carni andate perdute; quelle cadute nel mare si ridussero in cenere disperdendosi fra i flutti. Shukaku inspirò profondamente, tanto che l'aria si concentrò nella sua bocca in un piccolo mulinello, e ruotò lo scettro tenendolo sollevato ben oltre il capo.

Non starà pensando di evocare energia oscura tramite una nenia? Pensò Sasuke; per un attimo, nella cocente armatura, rabbrividì al pensiero.

La sua intuizione si rivelò verace: la cantilena blasfema di Angmar si levò fino al cielo, oscurando la luce divina con tenue nubi colore nerastro. Attorno all'Uchiha scese la stessa magia infernale che aveva evocato i Fazgul, vorticando in un tornado.

L'anello ventoso avanzò come una trappola segreta in un sotterraneo, pronto a stritolare Sasuke nella sua morsa; parte delle correnti schizzò via con violenza, mirando all'Uchiha sotto forma di zaffate arroventate.

Con un fluido movimento di katana Sasuke affettò la ventata lasciando un scia luminescente; non riuscì a prevedere, però, che l'attacco si spargesse in tutte le direzioni invece di dissolversi nell'aria, deflagrando in un flare di dimensioni microscopiche.

La luce non poteva più nemmeno scalfire l'Uchiha, ché ne era avvolto, ma l'esplosione lo fece barcollare verso i margini delle correnti oscure, da dove fuoriuscivano altre ventate. Scattando all'indietro, riuscì a recuperare l'equilibro, preoccupandosi questa volta di schivare gli attacchi senza toccargli. Ballò dentro quel cerchio magico, sollevando entrambe le katane in modo che le punte fossero rivolte verso il cielo.

Probabilmente in risposta di quella tacita preghiera, dal centro del ciclone paradisiaco eruppe una colonna di luce che spazzò via ogni traccia di potere nefasto. L'Uchiha emerse dall'azzurro senza il benché minimo graffio; i suoi occhi di fiamme erano rivolti al signore dei demoni, e gli inveì contro:

"La tua arroganza è pari solo alla tua crudeltà, Angmar. La possanza degli è superiore alla tua almeno quanto la tua supera quella dei mortali".

"Forse hai ragione tu; ma non certamente la mia astuzia..."

Il demone fece un lieve cenno con le labbra, aperta in un cupo sogghigno, ad indicare i guerrieri della Luce rimasti ad assistere allo scontro fra Titani; come Sasuke poteva constatare con orrore, lo stesso vortice che aveva intrappolato l'Uchiha fino a pochi istanti prima adesso ingabbiava loro.

"La vedi la mia mano sinistra, Sasuke?" Le dita di Angmar erano unite e pronte a schioccare. "A questo mio semplice e banale gesto di schioccare le dita potrai dilettarti a rimettere assieme quello che resterà dei tuoi amici; sempre che ne rimanga qualche cosa di più umano di un mucchietto di cenere..."

Il nobile unì le spade in un gesto rabbioso e fece per rotearle. In quel mentre, Angmar spostò il pollice tra il medio e l'indice ad indicare che li avrebbe distrutti al minimo cenno di attacco. Sasuke inghiottì il boccone amaro ed interruppe l'offensiva.  Shukaku sorrise, perverso.

"Visto che sei una persona ragionevole, dopotutto? O lo saresti se ti fossi arreso a me molto tempo fa; tuttavia, confesso di aver trovato i tuoi indefessi quanto futili tentavi di fermare la mia ascesa alquanto educativi, quantomeno su tattiche e sotterfugi. Ne terrò bene a mente, quando lancerò un attacco su scala globale..."

"Non hai imparato la cosa più importante, però..."

"Cosa, Uchiha?"

"A non dimenticarti mai degli avversari ancora in piedi".

L'allusione di Sasuke fu chiara al demone quando avvertì il calcio volante di Isaribi martellargli il grosso collo con forza tale da piegarlo a metà; il braccio minatorio, invece, venne afferrato da Al Kyubi, che lo torse come una chiave applicando una forte pressione sul gomito.

"Coraggio, Sasuke: adesso, o mai più!" Gridò la volpe all'amico.

L'Uchiha annuì prontamente e corse con la mano stretta all'elsa della katana, pronto a sferrare il fendente finale. Il signore dei demoni vomitò bile acida e farfugliò bestemmie, quindi si erse di colpo: ogni muscolo del suo corpo esplose in un'eruzione di forza, sciogliendo la leva a cui il fratello lo stava sottoponendo e gettando quest'ultimo verso il nemico. Vedendo che sarebbe stato il corpo di Al ad assaggiare la propria lama, Sasuke evitò l'attacco frontale; si levò in aria con volteggio degno di un professionista ed atterrò davanti a Shukaku.

Ad aspettarlo c'era lo scettro mistico, sfrigolante della stessa magia nera che aveva posto fine alla vita di Orochimaru e che avrebbe ucciso anche loro a Porto Scorbuto; le punte erano già quasi del tutto inglobate nella sfera vorticante. Angmar ridacchiava come un folle:

"Questo è l'epilogo, branco di folli idealisti, l'epilogo di ogni cosa!"

Il nobile non-morto lo ignorava: il sguardo era diretto ai suoi due alleati attivi nello scontro, pregandoli silenziosamente di fuggire via dalla tempesta che sarebbe seguita. Appena obbedirono al desiderio, strinse il manico della katana e la sfilò ancora una volta; l'estrazione era lenta e misurata, poiché possessore era consapevole che in quell'ultimo attacco si sarebbe giocato il destino non solo suo, ma dell'intero regno.

"Per una volta, Angmar, sono in perfetto accordo con te".

Alzò la lama e ne mostrò il forte all'avversario; su di esso era inciso fra le fiamme un sigillo orizzontale a forma di magatama, che riprendeva il disegno del proprio Sharingan, così cocente da arroventare l'aria circostante.

Nel momento in cui la magia demoniaca assorbì del tutto le tre estremità, Sasuke vibrò il fendente fatale, tracciando nell'aria il segno impresso innumerevoli volte. Luce e oscurità cozzarono l'una contro l'altra, ruotando e sfrigolando nel vortice frenetico di un Tao.

Passò molto tempo senza che una delle due forze riuscisse a rompere l'equilibrio; le armi di entrambi i contendenti vibravano pericolosamente e si riempivano di rotture e crepe, in procinto- sembrava- di ridursi in mille pezzi da un momento all'altro.

Anche le volontà di Angmar e Sasuke erano impiegate in una lotta altrettanto ardua, concentrando ogni stilla di attenzione verso lo scontro di energie.

"Io sono il Maresciallo delle Tenebre!" Ringhiò Angmar. "Ringhiò il demone. "Sono il Signore delle Schiere, il Portatore di Distruzione e Ruina, il Conquistatore di Mondi! E tu, Uchiha, chi sei per battermi?"

"Semplicemente un messaggero;" ribatté quello. "Ma è ciò che porto quello dovresti temere di più al mondo!"

Un solo grido sembra prorompere dalle gole di entrambi, cancellando ogni altro suono. In istanti brevi, eppure infinitamente lunghi, la magatama di luce prevalse sulle tenebre.

Il bastone di Angmar si disintegrò sotto lo sguardo attonito e agghiacciato del portatore. Il segno dello Sharingan, giganteggiando sui colossi, travolse il demone in una ruota di fiamme purificatrici.

Il sospiro di sollievo di Sasuke fu forse il più lungo e soddisfacente della sua vita; ritirò la katana nel fodero, degnandosi a malapena di guardare il nemico avvolto tra le fiamme e, per la prima volta, sofferente a causa di esse.

Il fumo che si levava dal corpo prostrato di Angmar era troppo denso e brillante per essere normale; oltretutto, era accompagnato dal levarsi nel cielo di scie luminose microscopiche- almeno per esseri della stazza del demone- da cui provenivano flebili canti soavi, simili a quelli di tanti fringuelli scappati dalla gabbia.

Ad un'osservazione più attenta, il gruppo riconobbe in esse spiriti evanescenti: il potere negromantico dell'Oscurità stava svanendo assieme alla vita del possessore. Questa volta, ogni cosa era finita, inclusa la musica, che svanì come era apparsa.

Dalla mangrovia creata dalla magia di Anko si levò un unanime grido di giubilo; Isaribi crollò a ginocchioni e pianse nel mare tutte le sue lacrime; solo Al Kyubi non si univa al coro del festeggiamenti, guardando il proprio fratello con occhi socchiusi, ma arrossati di dolore.

"Shukaku, fratello..."

"Non ricominciare, Al Kyubi". Dalla bocca di Angmar usciva a malapena un fiato; tuttavia, il demone usava tutte le sue forze per mantenere una parvenza di dignità nella sua ultima ora.

"Ti prego, non ricominciare con il tuo pietismo, anzi, con la tua pietà. Tra tutte le ferite che la mia famiglia mi ha causato, la tua è stata quella senza dubbio quella più profonda e bruciante: il tuo affetto, così ingenuo eppure tanto sincero, mi ricordava ogni giorno quanto fossi debole e miserabile, quanto dovessi mendicare l'aiuto e l'attenzione degli altri per non essere relegato al baratro dell'inettitudine.

Purtroppo, tutto ciò non è cambiato affatto; tuttavia, sono riuscito, almeno per qualche momento, a trasformare il genuino amore che provavi nei miei confronti in odio. Fare a pezzi il tuo spirito e, di conseguenza il legame che ci univa, è stato il mio trionfo più grande.

Ora, però, sono costretto ancora una volta a sorbirmi le tue commiserazioni e le tue lacrime di cordoglio, insopportabili proprio perché sincere. Ti chiederei, come ultimo favore, di piangere la morte di chi lo merita, ma il pensiero di farti una qualsiasi richiesta mi disgusta..."

Prima che Al Kyubi potesse dire o fare qualsiasi cosa, l'Uchiha si intromise ed apostrofò il signore dei demoni con parole taglienti:

"Possibile che tu sia talmente duro di cuore da rifiutare l'amore dell'unica persona che te lo abbia donato incondizionatamente? Hai avuto una fortuna immensa nell'avere un fratello come lui: è un dono talmente straordinario che ti metteresti a piangere se ne comprendessi fino in fondo l'intensità!"

"Dici, Sasuke? Comprendo perfettamente la bontà e la generosità di Al, e mi fa' ribollire il sangue più di quanto immagini. Il mio cuore non è semplicemente duro: è sparito, inghiottito in un mondo di tenebre da secoli ormai.

Ho massacrato migliaia, decine e decine di migliaia di persone nei modi più brutali che riuscivo a concepire, e ogni volta le loro lacrime e il loro strazio riempivano la mia anima di felicità. Tutt'ora, ancora bramo morte e dolore!"

Esaurendo ogni briciolo di energia che conservava ancora in corpo, il demone guardò il fratello negli occhi per l'ultima volta.

"Non rimpiangermi, fratello; piuttosto, rinnega ogni cosa del nostro passato. Ho attraversato la strada delle tenebre al punto da superare i miei stessi corruttori in mostruosità, e non provo rimorso di nulla: perché rivelare le sofferenze del passato dovrebbe inspirare pietà per un essere simile?

Dall'inferno, sarà un piacere ricoprirvi di maledizioni. Vi odio, nemici miei, e odio ancora di più te, volpastro. Ti odio, ti odio, ti odio, ti odio..."

Continuò a ripetere ti odio fino a che il rogo non lo avesse inglobato totalmente nella sua morsa; quando le fiamme si spensero del tutto, di Angmar non era rimasto nulla, se non polvere, fumo e l'eco di un lamento ossessivo.

Una leggera brezza marina spirò all'improvviso da levante, facendo sì che l'acre odore giungesse alle narici di Al. La volpe annusò a lungo e con intensità e serrò due grosse lacrime tra le ciglia.

"Addio, fratello..."

La calda e metallica luce della mano di Sasuke gli si pose sulla spalla.

"Mi spiace immensamente per come sia andata a finire con tuo fratello; in questo, ho ricevuto una vera benedizione dalla Luce. Ed è anche la penultima".

Il contatto con Al svanì all'improvviso. Giratosi, la volpe vide i legamenti dell'avatar evocato da Sasuke ritirarsi come tentacoli nel pettorale e i vari pezzi di equipaggiamento rimpicciolirsi sino a scomparire. In poco tempo il nobile si era spogliato della sua corazza magica ed era tornato quello di un tempo. Tranne, forse, per un piccolo particolare: il suo corpo era circondato dello stesso alone ceruleo delle anime vaganti.

"Ora che questo regno è stato mondato dalle forze dell'Oscurità, non ho più alcun motivo di prolungare la mia permanenza di tra i viventi. L'incantesimo che mi ha permesso di tornare in vita sin dall'inizio di questa avventura può esistere solo se sostentato dalla magia dello scettro; il suo potere è stato distrutto con lui, e anche la forza della Luce sta scemando. Amici miei, l'ora di lasciarvi è in fine giunta".

Uno dopo l'altro, tutti i guerrieri della luce scesero dal grande albero marino, che si ritrasse nella sabbia. Marciarono nell'acqua bassa fino a raggiungere Sasuke; su i loro volti l'euforia della vittoria aveva lasciato spazio ad un profondo senso di malinconia.

l'Uchiha rivolse il proprio sguardo ad ognuno di loro; era serafico come non mai.

"Amici miei, ci sarebbe abbastanza cose che dovrei dire ad ognuno di noi da riempire ore di conversazione, ma il tempo è poco. Posso e devo, tuttavia, dirvi questo: sarei tornato in vita con grande gioia solo per conoscere alcuni di voi. Siete la compagnia più straordinaria che avessi potuto immaginare".

Dal gruppo scorsero lacrime a fiotti; in particolare, Gozu piangeva come una fontana sfondata stretto ad Anko, che  gli dava pacche sulle spalle per rincuorarlo. Non erano però nulla in confronti ai lacrimoni di Isaribi, copiosi da perfetta coreografia di I'm singing in the rain.

"Non ti dimenticheremo mai, Sasuke". Singhiozzava la ragazza. Il kitsune le si affiancò e si abbassò a tal punto che l'enorme muso arrivava all'altezza del nobile.

"Anche io credo che tu sia fantastico, Sir Uchiha, più del mio trisavolo quando ha vinto la maratona di corsa nei sacchi a pelo nel Kalahari. Quando tornerò tra la mia gente, diffonderò la nostra gloriosa epopea in ogni angolo dei Sette Deserti. Grazie per aver rimediato a molte delle colpe della mia famiglia".

"Ed io ringrazio tutti voi". Disse l'Uchiha. "Di ogni cosa di questa avventura da squilibrato mentale. Ora, è tempo per me di un eterno riposo in stile Ungaretti, non so mi spiego... Addio!"

Diede un ultimo saluto al gruppo, poi si sdraiò; cullato dalle onde, aprì le braccia a croce, pronto a riposare come una reliquia**. L'occhio in possesso dello Sharingan, dopo tanto tempo, si ritirò nell'orbita cava come risucchiato. Un mormorio di requiescat accompagnò la dipartita del nobile, disteso in quell'immensa urna d'acqua**.

"Addio, amico mio". Sussurrò la volpe. "Avrò molto da raccontare alla mia gente, sopratutto sulla stupidità di certi pregiudizi..."

Osservò il folletto, di sbieco. Era ora di cancellare anche questa macchia...

"Clupin, devo dirti che... mi dispiace immensamente: quando ci siamo incontrati mi sono comportato da emerito idiota e bigotto patentato".

"Effettivamente," rispose il goblin, pensoso "ho trovato il tuo atteggiamento alquanto ostile nei miei confronti, quando meno durante il nostro primo incontro.

Confesso di trovare i pregiudizi nei confronti della nostra razza notevolmente irritabili; tuttavia, conoscendo l'abominevole nomea di Karak, non posso biasimarti del tutto: chi mai proverebbe simpatia per un esponente di una razza i cui unici momenti di contatto sono stati saccheggi, devastazioni, e massacri?

Ad ogni modo, ad eccezione di qualche alterco di poco conto, non è successo nulla di particolarmente negativo: ti do' il mio perdono, per quel poco che conta, con estremo piacere".

Gli occhi di Al Kyubi si fecero ancora più lucidi; quasi balbettò la risposta:

"Ti... ringrazio, di sincero cuore".

Le tenebre che avvolgevano il cielo si diradavano sparendo nel nulla da cui provenivano, lasciando che il sole splendesse sul regno in tutto il suo splendore. Il folletto spalancò le magre braccia il più che poteva, beandosi del calore.

"Oltretutto, mio buon genio mediorientale, sono certo che sarebbe questa la volontà del nostro defunto e altolocato amico. Ho la netta sensazione che il nostro futuro non sarà forse radioso, ma, sicuramente, significativamente più luminoso..."

 

**********


 A dispetto delle innumerevoli e recenti visite, di cui una risalente a pochi minuti prima nei tempi terreni, la sala degli eroi era rivestita di uno splendore ultraterreno che Sasuke non aveva mai visto in vita sua.

Al centro del grande colonnato dove riposavano gli eroi, vide campeggiare un tavolo ovale di dimensioni immani, costruito in avorio e rifinito in platino, su cui erano riposti enormi vassoi contenenti leccornie di ogni genere. Davanti due file di sedie con uno schienale in blocco unico vi erano uomini, donne, goblin, geni, barbari maghi e centinaia e centinaia di eroi che provenivano da ogni angolo ed epoca storica, tutti intenti ad applaudire il nuovo arrivato; anche quelli più scorbutici nei confronti dell'Uchiha, come Zabuza e Guy, festeggiavano a suon di fischi e cori da stadio.

Avvicinandosi al desco, toccò un grande trono assomigliante ad un'onda scolpita posto a capo tavola, apparentemente senza alcun ospite seduto.

"Questo posto è riservato a te Uchiha. Per ciò che ha fatto là sotto, meriti un posto d'onore con i controattributi. Goditi la festa, ragazzo".

Dall'altro capo del tavolo, metri se non kilometri di distanza, era seduto la Luce; la distanza non sembrava influenzare la percezione dell'Uchiha della sua vista e della sua voce, che gli apparivano nitide e definite come se gli fosse accanto.

Profondamente commosso, si sedette; ai tavoli accanto notò  Kushina e Itachi sorridergli. Afferrò un calice dorato colmo di vino rosso sino ad esplodere, e si alzò proponendo un brindisi. Finito un cin-cin di gruppo che tintinnò in tutto il paradiso, benne con avidità e gusto.

"Amici miei!" Iniziò a discorrere dopo un borbottio di introduzione. "Compagni eroi, non potrò mai ringraziarvi a sufficienza per le armi che mi avete generosamente concesso e per il vino che adesso bevo...!"

Si accorse solo in quell'istante di essere riuscito a bere vino. Scrutò le proprie mani e se le passò fra i capelli: pur essendo giunto definitivamente nell'aldilà, non aveva mai avuto un aspetto così vivo.

"Ho la pelle, ho i capelli! Sono un fico! Sono di nuovo un supermodello da infarto!" Ululò dalla gioia; saltò sul tavolo ballando una danza irlandese folk, poi rovesciò tre quarti delle portati con una scivolata alla rock-star e trascinò a ballare un tango con la bella Mei Terumi, che arrossì, ed una tarantella con... l'interessante Might Guy, che minacciò di morte.

Questo spettacolo venne interrotto da un sonoro pugno della Luce. Le danze convulse si interruppero come un video in pausa. Attirata a sé tutta l'attenzione, la divinità evocò davanti a sé un armamento di strumenti musicali degni di un'intera orchestra, incluse tre file di archi che afferrò con una sessantina di paia di braccia.

"Vi chiedo scusa, branco di maleducati cialtroni, ma se proprio non riuscite a tenere a freno i vostri piedi, godetevi questo pezzo di Bob e Barn dalla mia filarmonica ad un solo membro:"

http://www.youtube.com/watch?v=4DZsgOHl1Zs&feature=plcp

Lentamente, introdotta da tintinnii di xilofoni, la musica celestiale risuonò nell'intero paradiso; dapprima il proprio tono era dimesso e dolce, ma i violini le conferirono una sorta di magnificenza austera, sebbene triste. Tutti gli eroi udivano la musica come in preda a qualche malia...

"Vi piace?" Chiese la Luce. "Credo che questa melodia incarni i progressi della sua epica: egli, infatti, è partito come un codardo in cerca di redenzione e senza fiducia ed è tornato come un eroe con tutti i crismi. In questo lungo viaggio si è confrontato con i lati più oscuri di questo regno e di molti dei suoi abitanti, sia quelli fisici che quelli morali, ed è sempre riuscito a riportare un po' di luce, nonché a riceverla.

Ora, grazie ai suoi sforzi sovraumani, la cappa di oscurità che avvolgeva questo mondo si è dileguata. Il sole è tornato a splendere, gli uccellini cinguettano e negli ospedali sono distribuiti gratuitamente sacchetti per il vomito e iniezioni di insulina per tutti i lettori accaniti di questa fiction...

Per il resto, godetevi tutti i titoli di coda!"

 

 

Lo so, lettori cari, di avervi mentito molto sulla situazione così idilliaca del regno anche prima di Orochimaru; ma, citando il saggio(per una volta)  Al: "mai credere a propria pubblicità".

Ad ogni modo, Sir Sasuke Uchiha si guadagnò un posto tra la Sala degli Eroi, precisamente tra il tipo con la mannaia che non sorriderebbe nemmeno sotto minaccia di squartamento ed elettroesecuzione e l'amazzone parecchio... dotata.

Tutte le anime trafugate nella lunga guerra contro l'Oscurità tornarono nei rispettivi corpi, e pace e tranquillità tornarono a regnare nel pingue paese (anche se nella popolazione dilagò una strana voglia per le cervella di animale e film di Romero non fecero più tanta paura).

Al Kyubi tornò nel suo paese accompagnato da Clupin, con il cui aiuto stipulò un fruttuoso trattato di pace con le tribù dei goblin del deserto e scrisse una raccolta di proverbi di almeno duemila pagine, attualmente in stato di revisione dallo staff di Guinness World Records.

Kukulann costruì un raccoglitore in cui conservò tutte le foto raffiguranti la preziosa famiglia, perfetto anche come allenamento per sue le gare olimpiche di sollevamento pesi.

Gozu e la Luce sfidarono l'Oscurità e Renga nella più grande partita di poker della storia dell'universo, riuscendo a vincere le anime di Shizuka e Orochimaru, nonché tre sistemi stellari, quattro planetoidi, ventisette continenti, un maxi-frigobar e mutande per creature aeriformi.

Isaribi si fidanzò con Gozu; metà del tempo lavora in un orfanotrofio, l'altra fa' la Body Hunter specializzata in pirati e contrabbandieri di balene.

Anko coniugò le sue due più grandi passioni, gli scherzi e l'attivismo ambientale, rovesciando un carico di superpulci al meeting annuale delle Sette Sorelle.

Iggy e Banna tornarono al villaggio e le loro occupazioni sono tutt'ora ignote; probabilmente si dedicano a rispondere ai più grandi dilemmi dell'esistenza stando ore a guardare il cielo in mezzo a cumuli di fieno sdraiati su un tappeto d'erba (Traduzione: filosofia, fancazzismo o tutte e due)

Renga lavora ancora per l'Oscurità, anche se si è guadagnato un impiego part-time come cantante. Stranamente, utilizza senza problemi il suo vero nome: Francesco...

La Strega delle Zucche non si schiude dalle sue "piccoline".

Gamabunta brevettò il suo tè all'olio.

Sagiri scanna pesci assieme a capitan Guepiére.

Tutti quanti si incontrarono per lavorare come coreografi, stuntman, fonici, tecnici della luce, truccatori, comparse e veri propri compositori all'ultimo remake di Godzilla diretto da Stanlio Ottone.

Io martello sulla mia tastiera come un invasato mentre scappo da Stefano Benni, che minaccia di massacrarmi con un'edizione limitata di Elianto foderata in duralluminio per averlo appena citato in questa storiaccia indegna. A ruota, lo segue il club dei bookmakers, ansioso di corrompermi per farmi perdere la prossima corsa...

E con immensa gratitudine, mai sufficiente, elenco i miei venticinque (magari) agguerriti e fantastici lettori:

 

Tra le Preferite:

1 - Itachi98 
2 - telesette 
3 - 
The Weaver of Tales 

Tra le Ricordate:

1 - telesette (again)

Tra le Seguite:

1 - chicc 
2 - 
Gattino Bianco 
3 - 
Hikari93 
4 - KaienPhantomhive 
5 - krichan 
6 - Targul 
7 - 
telesette (non c'è due senza tre...)

 

Angmar, perfido, maligno e malvagio più di ogni altro, è ancora morto, e state pur certi che non avrebbe mai più fatto ritorno; sempre, naturalmente, che non mi venga in mente di scrivere un sequel... Per ora, tuttavia, è giusto dare ai miei personaggi, alla mia penna e tutti voi miei cari e affezionati lettori un lungo e meritatissimo riposo da questo autentico diluvio di idiozie.

Per questo, con smisurato piacere e ancora più smisurata stanchezza, mi accingo a scrivere in Times New Roman dimensioni 36 la parola

 

FINE

 

 

*: citazione di Sun-Tsu, l'Arte della Guerra

**:citazioni de I Fiumi di Ungaretti.

  
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