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Autore: Layla_Silver    21/09/2012    2 recensioni
Salve!
Ho messo questa fiction come storica perchè effettivamente è ambientata in un periodo che ha segnato la storia moderna.
Siamo alla fine degli anni 60, più precisamente inizia verso l'autunno del 68 e finisce nel 69. La storia moderna colloca nel 1963 il discorso di Martin Luther King al Lincoln Memorial, da cui il titolo della mia fiction.
E' ispirata alla vita di Charles Moats (esistito davvero) un ragazzo che ha dedicato la sua giovane vita alla lotta contro la violenza e che è morto durante questa. Il personaggio da cui viene raccontata è inventato come quasi tutti. E anche tutta la trama eccezion fatta per alcune citazioni e pochi avvenimenti. E' la prima volta che scrivo su un argomento tanto profondo come il razzismo e la lotta alla violenza, non mi trucidate se non è proprio perfetta :) grazie e buona lettura!
"Charles, uno di noi".
Dedicata ai Gen.
Genere: Romantico, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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I have a Dream

Capitolo 1: 79a Strada.

C’era una volta, in un regno molto lontano…
Alt! Fermi! Stop! Rewind!
La storia non si svolgeva in un regno molto lontano e non era nemmeno una volta.
Robert Taylor Homes, 79a strada, Chicago. Il ghetto più malfamato della città.
Ecco dove vivevo con la mia famiglia, o meglio, famiglia adottiva. Nonostante non fossero ricchi sfondati, i Moats mi avevano accolta come un membro della famiglia, mi avevano dato una casa e mi avevano mandata a scuola. Mi avevano accettata nonostante io fossi diversa.
Io ero bianca. Ero davvero convinta che in qualche modo ce l’avessero con me per tutti i drammi che si susseguivano in questo periodo di odio verso coloro che venivano ritenuti diversi. Diversi perché avevano una carnagione diversa.
Negracci li chiamavano i miei genitori biologici. Io non capivo perché. Avevo dei compagni di classe di colore, ed erano persone che stimavo davvero, con cui avevo creato un legame profondo.
I miei non approvavano. Per questo sono stata adottata. Mi maltrattavano, mi accusavano di essere una schifosa traditrice, erano violenti. Proprio come lo erano con i Diversi. Così li chiamavano.
Fui felice quando quel giorno irruppe in casa la polizia e li portò via. Avevano partecipato ad una “spedizione punitiva” e avevano ucciso un povero uomo di colore, colpevole solo di non essersi fatto mettere i piedi in testa, di aver provato a reagire a tutta questa violenza. Mio padre mi stava giusto ribadendo quanto io facessi schifo, quanto fossi merda.
Stava per infliggermi l’ennesima pedata quando venne atterrato con un pugno dal poliziotto che mi salvò la vita.
Questa ero io.
Grace Douglas, ormai Moats.
….
Adoravo i Moats. Erano davvero delle brave persone ma quello che stimavo più di tutti era Charles. Il mio fratellastro aveva solo un anno in più di me, ma era impegnato nella lotta alla violenza forse più di tanti adulti che si vedevano ogni giorno in tv o sui giornali.
La gang di teppisti del ghetto lo voleva. Ma lui li rifiutava. Gli teneva testa. Combatteva la violenza con l’amore. Non rispondeva con altrettanta violenza. Faceva parte dei Gen, un gruppo di giovani attivi del movimento dei Focolari. Erano davvero dei ragazzi coraggiosi, intelligenti. Cercavano di attirare più gente possibile verso di loro, verso la lotta contro la violenza. Charles riusciva spesso in questo intento e almeno tre sere a settimana avevamo qualcuno del gruppo a cena. Molti ammiravano i Moats per il gesto che avevano compiuto adottandomi, nonostante la famiglia da cui io provenivo. Si erano fidati tutti di me dal primo istante e ogni giorno ringraziavo Dio per avermi dato tanto.
Il primo periodo per me era stato difficile. Io stessa ero difficile. Non spiccicai parola con nessuno per i primi dieci giorni, non mi fidavo di nessuno ed ero convinta che mi avessero presa solo per vendicarsi in qualche modo di me.
Non mi resi conto di quanto mi stessi sbagliando, fino al giorno in cui Charles mi portò con se ad una delle riunioni dei Gen.
Da quella sera cambiò tutto per me. Non ero parte attiva del gruppo diciamo, troppo rischioso secondo Charles. Lui stesso era stato preso di mira tante volte e non voleva che mi venisse fatto del male. Mi voleva davvero bene, nonostante io fossi per lui un’estranea. Ero la sua sorellina più piccola. Non che fosse più grande di me. Io avevo compiuto sedici anni e lui stava per compierne diciassette. L’anno prossimo progettava di andare al congresso dei Gen a Roma, in Italia. Lavoravo come baby-sitter per alcuni amici di famiglia e i soldi che riuscivo a tirare su li mettevo da parte per il suo biglietto. Avevo deciso di fare questo regalo a lui e ai Moats come ringraziamento.
Io e Charles avevamo un “amico” nella gang. Jason.
Jason era diverso dagli altri. Non era violento come loro ed ero convinta che saremmo riusciti a portarlo dalla nostra parte. Faceva parte della gang solamente perché era il fratello di Shane, il capo.
Aveva l’eta di Charles ma aveva abbandonato la scuola per combattere i bianchi, condizionato da quelle che erano le idee di suo fratello e del suo gruppo.
Quando li incrociavo per strada però non osavano dire o fare qualcosa contro di me. Non sapevo perché, ma avevo il sospetto che c’entrasse Jason in qualche modo. Lo stimavo, come lui stimava me. Ci rispettavamo l’un l’altro, nonostante le strade diverse che avevamo intrapreso.
Quel pomeriggio mentre tornavo a scuola lo incontrai.
-Ehi Moats!-
-Jason-
-sempre con la sigaretta in mano?-
-fatti gli affari tuoi Jason-
-giornata storta eh?-
-quella vacca di letteratura ce l’ha con me-
-vuoi che le diamo una ripassata?-
-no non è necessario, sai che non tollero-
-ah già-
-Jason perché non lasci la gang?-
-sai che non posso..non posso abbandonare Shane..e poi non sono il tipo da pace e amore- era quasi mortificato.
-ma non sei nemmeno come loro! Pensaci dai…-
-mi dispiace…-
-vedrai che in qualche modo cambierai idea-
-forse- mi fece il solito sorriso malizioso.
Feci l’ultimo tiro e poi buttai la sigaretta nel tombino. Arrivai a casa e non c’era nessuno. Meglio così, potevo studiare e poi uscire con Francis e Nancy.
Nella 79a strada non c’erano molti posti vivibili, solo uno era abbastanza normale da poterci mettere piede senza vedere risse che scoppiano oppure gente che litiga. Da Macy si stava davvero bene e trattava i ragazzi della mia età con un riguardo speciale.
-Grace tesoro! Come state tu e Charles?-
-bene Macy, grazie-
-non vedo Charles da un po’. Non è finito nei guai vero querida?-
-no beh…non proprio…ultimamente si fa vedere in giro poco perché lo cercano quelli della gang di Shane…beh puoi immaginare perché-
-speriamo che non lo trovino-
-già- le sorrisi e ordinai il mio solito frappè al cioccolato e ci portò al tavolo i soliti biscotti con il ripieno di mela e cannella.
Parlando con Francis e Nancy venni a sapere che la gang si stava dando da fare per cercare altri possibili alleati.
C’era stato un mezzo casino con un’altra banda di un’altra zona del ghetto e volevano schiacciarla per imporre la loro supremazia sul territorio. Sperai ardentemente che Jason non prendesse parte alla spedizione. Magari quel pizzico di bontà che c’era in lui avrebbe avuto la meglio e lo avrebbe fatto desistere dall’obiettivo di mettersi nei guai.
-Grace sei tra noi?-
-eh sì…scusate ragazze-
-che cosa ti preoccupa?-
-sono preoccupata per Charles. Con questa storia della spedizione punitiva sono sicura che Shane e gli altri lo vorranno tirare in mezzo.-
-non sarai preoccupata anche per un certo Jason vero?- mi sorrisero tutte e due con la faccia di chi la sapeva lunga.
-beh sì, ma non per il motivo che pensate voi. Credo che lui non sia come Shane…lui è diverso-
-e anche molto bello!-
-boh…non l’ho mai notato sotto quel punto di vista…-
-beh noi sì…e credici se ti diciamo che tu a lui piaci. Non avrebbe vietato a tutti quelli della gang di toccarti altrimenti.-
-forse…- naaa…impossibile!
-toh guarda, parli del diavolo…-
Mi girai di scatto e vidi Jason con altri due membri della gang. Travis e Ronny. Erano i suoi due migliori amici.
Gli feci un cenno di saluto che ricambiò. Era piuttosto nervoso, lo notavo dalla sua espressione.
Sembrava che avesse litigato con qualcuno.
-Grace guardagli il labbro. È spaccato in due-
-maledetto stupido!- ringhiai quasi quelle parole e desiderai di tirargli uno schiaffo. Sicuramente era andato da qualche parte per conto di Shane. Maledetto stupido!
Dopo aver salutato le mie amiche, dandoci appuntamento a scuola per il giorno dopo, tornai a casa piuttosto di fretta.
Non c’era ancora nessuno. Strano, di solito c’erano sempre Charles o la nonna.
Vidi un biglietto sul frigorifero della nonna che diceva che era fuori per la spesa.
Pensai anche che Charles era a qualche riuione dei Gen, così decisi di arrangiarmi con quello che avevo in casa e iniziai a preparare la pizza per tutti.
Avevo ancora le mani impastate quando qualcuno bussò con foga sulla porta, quasi da buttarla giù.
Da fuori si sentivano più voci e riuscii a distiguere quella di Shane.
-Ehi Moats dobbiamo parlarti! Vieni fuori!-
BAM BAM BAM sulla porta.
Con un po’ di paura andai ad aprire e la figura di Shane mi sovrastò.
-Charles non è in casa- la mia voce era bassissima.
-sai quando torna?- chiese brusco.
-no, mi dispiace…-
-beh digli che lo abbiamo cercato-
-o…ok…-.
Mi chiusi la porta alle spalle e serrai tutto, andai alla finestra a controllare che se ne andassero davvero e mi lasciai cadere sulla sedia in cucina.
Cercai di calmarmi un attimo e poi mi rimisi al lavoro. Sussultai quando qualcuno bussò di nuovo.
-chi è?-
-Gracie sono io, la nonna- aprii.
-oh grazie al cielo nonna!-
-tesoro che è successo?-
-Shane è stato qui-
-e che voleva da te quel villano?-
-sapere dov’era Charles-
-menomale che non era qui-
-già, però sembrava arrabbiato-
-oh tesoro menomale che non ti toccano nemmeno con un dito! Gliela faccio vedere io se provano solo a farti qualcosa!-
-tranquilla nonna, non ne sarebbero capaci. A quanto pare Jason è riuscito ad impedire una qualsiasi azione contro di me da parte loro-
-sia benedetto quel ragazzo! Chissà perché sta ancora dietro a Shane-
-questo non lo so nemmeno io…-
La porta si aprì ed entrò quel santo ragazzo di mio fratello.
-Charles dove cavolo sei stato?!-
-calmati Grace! Ho dovuto seminare Shane…-
-ti ha cercato anche qui.-
-Maledizione, non ti ha fatto nulla vero?- praticamente mi stava scuotendo.
-no e se non vuoi che mi faccia male ti conviene non scuotermi così…- ridevo quasi ed ero felice che non gli fosse successo nulla.
-stai preparando la pizza?-
-sì! La tua preferita, bacon e uova-
-wow! Grazie!-
Ci mettemmo a tavola parlando tranquillamente del più e del meno. Queste erano le piccole cose che adoravo. Era come avere una vita normale e senza preoccupazioni, come il doversi guardare sempre le spalle oppure preoccuparsi di quello che si fa.
Questa era la 79a e dovevi guadagnartela la sopravvivenza.

  
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