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Autore: VenerediRimmel    23/09/2012    8 recensioni
Chi ha detto che una storia deve essere raccontata cronologicamente? Io voglio fare a modo mio parlando di loro, Stiles Stilinski, l'essere umano, e Derek Hale, l'Alpha.
Dopo: Lo prese per le spalle, portandolo presto e con forza a contatto con il muro, vicino alla finestra. Le iridi innacquate di un rosso spento.
“Riprendiamo da dove eravamo rimasti?” Ironizzò l’animale appena braccato, sorridendo incerto sul da farsi. Derek digrignò i denti facendo uscire un latrato distorto e mostrandogli, così, quali erano le sue intenzioni.

Prima: Insomma, tutti potevano difendersi. E Stiles? No, il sarcasmo questa volta non bastava. Lui era un essere umano, drammaticamente in pericolo di vita. Sempre.
E Stiles aveva aperto gli occhi, infatti in lui, dissipato negli angoli, necessitava il desiderio di sapersela cavare da solo. Di saper difendere lui e suo padre dai pericoli oscuri [...].
Così aveva deciso. [...] Rimaneva solo lui nella lista delle persone che potevano aiutarlo. Derek Hale. L'unico problema era: quell'Alpha lo avrebbe aiutato davvero?

Mentre: E soltanto dopo aver fissato la bocca del licantropo per un paio di secondi ed essersi morso un labbro, baciò il lupo con foga.
[STEREK]
Genere: Erotico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Derek Hale, Stiles Stilinski, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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- Questa storia fa parte della serie 'Teen Wolf Series'
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After, before and now...
about a story of a man with a werewolf. 


 
Prima.
 


Correre. Nascondersi. E sperare che il lupo non avesse tanta fame. Era questo il nuovo mantra del ragazzino che, alle quattro della mattina, correva per la foresta di Beacon Hills.
Correre. Anche se dopo dieci minuti senza sosta e con un ritmo piuttosto veloce, iniziava a sentire le gambe indolenzirsi.
Nascondersi. Si guardò intorno, stando attento a non inciampare nelle erbacce e nei vecchi rametti adagiati ovunque. Non c’erano luoghi dove potersi nascondere, a meno che farlo dietro un albero potesse bastare per scampare a un licantropo dall’olfatto straordinariamente sviluppato.
Sperare che Derek Hale non avesse tanta fame. Era convinto che l’avrebbe divorato anche dopo un abbondante pasto completo. Solo per il gusto di farlo, insomma. Avrebbe degustato la sua carne come fosse un dessert. D’altronde lui era Stiles Stilinski, il ragazzo che gli stava sempre in mezzo ai piedi. Toglierselo davanti, una volta per tutte, doveva essere davvero un’ottima consolazione. Anzi, un’ottima motivazione.
Si fermò, fulminato da una terribile idea. Era stato inutile correre e cercare un riparo. Idiota. Derek sarebbe riuscito a seguirlo fino a quel punto grazie al suo odore, impregnato nella maglietta che lui gli aveva lanciato addosso poco prima di darsela a gambe. Idiota.
Perciò non doveva né correre, né nascondersi né tantomeno sperare che il lupo non lo divorasse solo per il gusto di farlo. Doveva fare soltanto una cosa: mascherare il suo odore.

Sì, d’accordo, ma come?

Serviva dell’acqua e Stiles ricordava un lago nel cuore di quella foresta. Lo ricordava, molto vagamente. E non aveva la minima idea di quanto fosse lontano – o vicino – da lui. Si rimise a correre seguendo l’istinto. Di solito, era piuttosto fortunato. Sperò di esserlo anche in quel momento… perché aveva dannatamente bisogno di un colpo di cul…fortuna.
Ringraziò il cielo quando correndo verso quello che credeva fosse il sud, trovò il lago che ricordava. Senza pensarci, si tolse frettolosamente i pantaloni e si buttò al suo interno. L’acqua avrebbe fatto perdere il suo odore, certo, ma la scia che aveva lasciato per arrivare fin lì era nell’aria.
Cazzo! D’altro canto, i suoi piani avevano sempre qualche difetto e, quando tentò di rimediare, era ormai troppo tardi. Sentì i passi del lupo dietro un albero e l’istinto lo portò a nascondersi sotto l’acqua. Che si fotta anche l’istinto.

“Stiles, pensi realmente che tu possa nasconderti da me sotto l’acqua?” Affermò il lupo, mostrandosi dall’alto di una cunetta. I suoi occhi rossi erano allietati da tutta quella situazione. Una nota positiva gliela doveva, Stiles era scandalosamente divertente. Prima di riemergere, il ragazzino cercò di rispondere al lupo lasciando fuoriuscire dalla propria bocca alcune bolle e, non contento della pessima figura che stesse facendo, alzò le spalle interdetto.

“Ho l’olfatto e la vista ben sviluppati, ma non riesco ancora a sentire gli idioti che cercano di parlare sotto l’acqua. Sali su!” Urlò Derek tra la beffa e il rimprovero, affondando le mani all’interno delle tasche del giubbotto nero. In tutta risposta Stiles riemerse dall’acqua, perché a corto d’aria, e con la bocca spalancata e il respiro affannato, guardò il licantropo con un insolito sorriso stampato in volto. Alzò velocemente una mano verso Derek, con il pollice rivolto verso l’alto. “Allora? Sono andato alla grande, no?” Farfugliò, avvicinandosi infine verso la riva.

“Sì, certo, a quest’ora avevo già finito di mangiarti” Rispose, raggiungendolo velocemente.

“Certo, certo. Come se potessi farlo senza poi dover dare delle giustificazioni…” Borbottò, cercando i pantaloni lungo la riva del lago.

“Sempre SE qualcuno venga
da me a reclamarti...” Concluse Derek, con uno strano tono di voce.
Sul serio aveva intenzione di mangiarlo? Stiles lo fissò con la bocca aperta, impalato al suolo, come se quello che il lupo avesse appena detto, fosse una frase profondamente blasfema.

“Le tue intenzioni sono sempre state quelle di farmi fuori, non è vero?” Concluse con voce atona, assottigliando lo sguardo in direzione del lupo.

“Oh sì, da quando le tue chiappe sono finite nella mia proprietà” Ribatté Derek. “I tuoi pantaloni” Continuò usando lo stesso tono con cui lo aveva minacciato, alzando appena il volto per indicare un’oggetto dietro le spalle di Stiles. “Indossali o ti prenderà un accidente” Lo rimproverò, puntando le sue iridi, tornate in forma umana già da un pezzo, sul corpo bagnato di Stiles.

“Ti preoccupi? Tranquillo, non mi guasto mica. ” Ironizzò, voltandosi in fretta a prendere i suoi jeans. “Se vuoi, la data di scadenza è scritta sul mio corpo, puoi controllare…” Continuò sarcastico, mentre si abbassava a raccogliere i pantaloni e dando, come visuale al licantropo, l’immagine del suo fondoschiena. “…Ora!” Concluse, alludendo alla posizione che aveva assunto. Quando tornò a guardare il volto del lupo, con il solito sorrisetto sfrontato, Derek era scomparso. Che fosse scappato per l’imbarazzo?

“Andiamo, ora fai anche il difficile?” Continuò urlando invano, mentre faceva un giro su se stesso per cercare di scovare tra gli alberi l’ombra dell’Alpha.
Quando indossò i pantaloni, decise che la prima cosa da fare in quella situazione era andarsene, d’altro canto Derek Hale sembrava lo avesse piantato in asso, perciò perché attendere? Ma quando fece dietro front, per seguire i passi che lo avevano condotto fino a lì, trovò il lupo ad attenderlo, nella medesima posizione in cui l’aveva visto l’ultima volta. Saltò dallo spavento, cosa che iniziava a odiare considerato che era sempre quel lupo a terrorizzarlo così facilmente.

“Ok, ci sono, stai forse cercando di dirmi che hai il dono dell’invisibilità!” Esclamò, alzando le braccia verso l’alto. Derek lo guardò, senza voler minimamente rispondere alla pessima affermazione dell’essere umano. “Oh, andiamo, un sorriso non nuoce gravemente alla salute, sai?” Concluse, facendo spallucce. Stava inscenando un monologo da quelli che sembravano essere dieci minuti e non si rendeva mai conto quando, giunto all’estremo dell’impercettibile soglia in cui la pazienza delle persone cessava di esistere, doveva semplicemente chiudere la bocca. No, era un concetto che non riusciva proprio a concepire. “E poi…” Tentò di continuare, ma il licantropo lo bloccò. “Apri di nuovo quella bocca e ti pentirai di essere venuto al mondo.”

“Ecco era proprio di questo che stavo parlando, sei troppo suscettibile. Dovresti essere più estroverso, ecco, così sei troppo…scontroso. E, un parere del tutto spassionato, risulti piuttosto antipatico.” Concluse, fissandolo con i suoi occhioni ambrati. Quando Derek gli si avvicinò con passo felino, si pentì di aver parlato. “Inizia a correre” Ululò, mentre l’altro indietreggiava velocemente. “Prima potrei riavere la mia maglietta? Sai, c’ero abbastanza affezionato e comincio a sentire freschin…” Iniziò, cercando di temporeggiare, ma Derek lo fermò rispondendogli con un semplice: “L’ho buttata”. Lo sguardo che si scambiarono per i dieci secondi successivi nessuno dei due seppe descriverlo. “C-cosa? Voglio essere risarcito” Balbettò incerto, ostentando lo sguardo del lupo, che nel frattempo gli si era avvicinato, e al quale stava lanciando ogni sorta di maledizione – naturalmente tutto all’interno della sua testa, altrimenti non avrebbe avuto una testa.

“Inizia. A. Correre. Stiles.” Ripeté, scandendo bene ogni parola, mentre guardava, divertito, lo sguardo atterrito del ragazzo che aveva di fronte. Stiles se la diede a gambe levate. Per la seconda volta, in quel giorno.
Si ritrovò a correre per la foresta con la testa completamente ripiena d’insulti verso quel maledettissimo lupo. Eppure se l’era cercata, considerato che era andato lui a chiedergli aiuto. Certo, se avesse saputo che era questa la sua fine, ci avrebbe pensato seriamente prima di agire.
Ma quando mai lui pensava, prima di fare qualcosa? Si ripromise di ascoltare di più il solito consiglio che suo padre, quasi ogni mattina, gli affermava: Pensa.
Eppure era un concetto semplice. Ciò nonostante con Stiles Stilinski funzionavano solo quelli più complessi.
Si guardò intorno, voleva assolutamente tornare alla sua macchina e allontanarsi da lì. Ne aveva subite a sufficienza per quel giorno. E Derek non aveva forse parlato di scappare?
Capì di andare dalla parte sbagliata troppo tardi. Difatti, quando rivolgendo lo sguardo alle sue spalle, tentò di vedere se fosse riuscito a seminare il licantropo, cadde a terra inciampando in quello che credette, di primo acchito, fosse un grosso masso.
Quando tentò di rialzarsi, capì di essersi sbagliato: Le mani erano ricoperte di sangue e, alla vista di quel colore così denso e dall’odore così acre, iniziarono a tremare. Sperò, da egoista, prima di svenire, che non fosse il suo e che il lupo non lo avesse già afferrato per sbranarlo, ma la vista si annebbiò irrefrenabile come ogni muscolo che cedette al terrore.
Prima di perdere i sensi riuscì a vedere solamente una sagoma dai capelli biondi sotto il peso del suo corpo. Poi il buio.
 
*
 
Derek decise fin da subito di non concedere il vantaggio al ragazzino, così iniziò a correre alla ricerca di quell’odore - quello di Stiles - con passo svelto e deciso. Era ormai diventato così familiare da riuscire a sentirlo ovunque. Era su ogni corteccia che oltrepassava, su ogni foglia secca ricaduta sul terreno. C’era Stiles Stilinski ovunque. Senza l’aiuto della maglietta, quell’odore si era insinuato nel suo cervello. Quell’odore, che all’inizio era fastidioso come la kryptonite per Superman, era diventato – sì, aveva pensato bene – familiare.
Arrivato a un bivio, inspirò con forza, aprendo i polmoni e facendo entrare nuovamente quell’odore agrodolce all’interno del proprio corpo; Stiles era giunto fin lì, ma poi aveva scelto la strada sbagliata. Sapeva fin dall’inizio che le intenzioni dell’essere umano erano quelle di tornare verso l’auto, ma aveva sbagliato. Invece di tornare indietro, si era addentrato ancora di più all’interno della foresta. Derek serrò la mascella infastidito dai suoi stessi pensieri. Pensò che Stiles e la capacità di imbattersi nel pericolo andassero di pari passo, ma ciò che lo infastidì - e turbò – fu di come si preoccupò all’idea che potesse essere in pericolo.
Nell’aria, difatti, c’era odore di morte.
Sangue e morte.  
I fatti non negarono i suoi pensieri, trovò Stiles disteso a terra, privo di sensi. Corse immediatamente a soccorrerlo quando si accorse che, sotto il peso dell’essere umano, c’era un altro corpo. Era irriconoscibile poiché il sangue e le ferite la ricoprivano interamente, ma Derek seppe chi fosse appena ne distinse l’odore. Stiles aveva, in qualche modo, trovato il corpo di Erica.
Lo spostò dalla ragazza, prendendolo in vita e rivoltando a pancia in su. Aveva perso i sensi e lo risvegliò colpendolo in viso con due schiaffi. “Stiles!” Urlò, e quando gli enormi occhi lo fissarono con il solito sguardo atterrito, Derek gli chiese velocemente se stesse bene. Stiles annuì velocemente, riportandosi in piedi. Poi, come se si ricordasse del sangue e del corpo sul quale era inciampato, si girò a guardare Erica, mentre Derek si chinava su lei per accertarsi delle sue condizioni.

“È…Erica?” Chiese , alzando gli occhi al cielo e portandosi le mani sul viso, terrorizzato all’idea che fosse morta. 

“Sì, ed è ancora viva” Rispose Derek alla domanda incompiuta dell’altro. Stiles sospirò, felice che non avesse trovato un cadavere. “M-ma è un licantropo, perché non è guarita?” Chiese più a se stesso che al lupo che tentava di farle riprendere i sensi. “Sta guarendo, ma se vieni aggredito da un’Alpha… lo fai più lentamente. Molto più lentamente.” Biascicò, prendendola in braccio.

“Dobbiamo portarla dal Dottor Deaton.” Concluse Stiles, iniziando ad incamminarsi senza sapere dove andare.

“Da questa parte” Lo aiutò Derek, precedendolo con il passo. Dopo pochi passi Stiles si fermò sul posto e fissò le spalle dell’Alpha, fino a quando questo non si girò a guardarlo. “Che c’è, Stiles? Non c’è tempo da perdere in chiacchiere…”

“Boyd? Deve essere anche lui da queste parti…” Sussurrò, con la voce inclinata dal terrore. Sapevano benissimo cosa avevano dovuto subire quei due lupi, ma né Stiles né tantomeno Derek aveva voglia di dirlo ad alta voce. “Dobbiamo trovarlo” Continuò, le lacrime a pungergli gli occhi. Derek lo fissò per qualche istante prima di parlare, poi si avvicinò al ragazzo e gli passò la ragazza tra le braccia. “Vai sempre dritto, troverai un bivio, va a destra. Continua sempre dritto e troverai la tua Jeep” Disse, mentre constatava se Stiles riuscisse a sorreggere il peso di Erica.

“E tu?” Chiese, sistemandosi la ragazza tra le braccia.  

“Cerco Boyd, hai ragione tu, deve essere da queste parti.” Stiles annuì, incominciando ad allontanarsi verso la direzione che gli era stata suggerita.

“Non aspettarmi, Stiles. Va da Deaton, chiaro?” Ululò il lupo, mentre gli occhi si trasformavano nuovamente in un rosso elettrico.
Quando si divisero, il licantropo iniziò la ricerca del suo beta intorno alla zona in cui avevano trovato Erica. Tuttavia la ricerca fu vana, il corpo del ragazzone di colore non c’era. Mentre tornava sui suoi passi, pensò che il branco di Alpha lo avesse preso con sé, ma dovette ricredersi quando sentì una voce poco distante da lui. Anche se inizialmente credette fosse quella di Stiles, che si era messo ad aspettarlo - invece di seguire i suoi ordini – dovette ricredersi, capendo che si trattava di Boyd; il quale, nascosto dietro un cespuglio, aveva esalato la sua ultima richiesta di aiuto.
Si affrettò a raggiungerlo, poi lo afferrò per un braccio che pose lungo le sue spalle. “Ce la fai a camminare?” Chiese, con un tono differente dal solito. Boyd si limitò ad annuire, le sue condizioni non erano migliori di quelle di Erica ma la robustezza del suo corpo lo stava facendo reagire in modo diverso. Il processo di guarigione stava già procedendo, anche se certe ferite erano piuttosto gravi e ci sarebbero voluti giorni, se non settimane, prima di rimarginarsi completamente.

“Mi dispiace…” Biascicò Boyd, con la testa china verso il petto. Derek continuò a guardare in avanti.

“Non affannarti e continua a camminare.” Aveva borbottato, stringendo la presa sulla vita del ragazzo con più decisione. Boyd annuì impercettibilmente. “Non… devo essere… così grave, allora” Balbettò, sorridendo appena. Derek si voltò a guardarlo per un istante, Boyd alludeva al tono di voce e al comportamento di Derek spesso privo delle deboli emozioni, alludeva a quelle emozioni che solitamente colpiscono gli esseri umani in certe circostanza, ma non l’Alpha. Alludeva…ma si sbagliava.
Derek era diventato bravo, dopo anni di pratica, a indossare una maschera. La maschera della finta indifferenza. In realtà era colto da quelle ‘deboli’ emozioni, più spesso di quando si pensasse. Era solo bravo a nasconderlo.
Era sollevato, Derek, ma anche atterrito dai suoi stessi pensieri. La sola idea che uno dei due fosse morto, lo riempiva da capo a piedi di una sensazione che, già una volta, aveva provato. La colpevolezza.

“Taci, Boyd. O ti do il colpo di grazia” Borbottò, accelerando il passo mentre l’altro rideva a fatica.
 
*
 
Quando arrivò davanti all’ambulatorio del Dottor Deaton, le luci dei primi raggi di sole colpivano già la sua Jeep. Aveva disteso il corpo, ancora privo di sensi, di Erica accanto a se e la controllava sempre più spesso, per convincersi che fosse realmente lì e che avevano realmente ritrovato il suo corpo. Pensò a Derek e sperò che avesse ritrovato anche Boyd. Li conosceva appena, era vero, ma sentiva sopra di se il peso di un’agitazione che, nell’ultimo periodo, si era ritrovato spesso a dover sopportare. Tenne stretto lo sterzo della macchina e si fissò le mani sporche del sangue di Erica per un tempo che non considerò. Quando vide l’auto di Derek posteggiare accanto alla sua, si ridestò e controllò velocemente all’interno dell’autovettura nera, con gli occhi infiammati dal terrore di non vedere il corpo di Boyd o ancora peggio di vederlo e capire che non ce l’aveva fatta. Fece uscire velocemente l’aria in eccesso, quando si accorse che i suoi dubbi erano privi di fondamenta. Boyd era in gravi condizioni, non migliori di Erica, ma era lucido ed era seduto in quella maledetta macchina. Derek uscì velocemente dalla Camaro e andò subito ad afferrare l’altro lupo che, intanto, aveva tentato di scendere dall’auto, con scarso successo.  Quando lo sguardo di Derek incrociò quello di Stiles, quest’ultimo saltò sul posto e uscì immediatamente dalla Jeep. Imitò le azioni dell’Alpha e andò a prendere tra le sue braccia il corpo di Erica. Poi a passo spedito e con il fiato corto seguì Derek all’interno dell’ambulatorio.
Il Dottor Deaton era sempre lì quando serviva, come se sapesse già tutto.
E difatti come se, in realtà, si aspettasse il loro arrivo, sorrise a entrambi. Stiles lo riconobbe, quello era un sorriso di conforto. Lo aveva visto spesso nei volti delle persone dopo la morte della madre, ma quello del dottore aveva qualcosa d’inespresso, che incuteva terrore. Non ci badò, distogliendo lo sguardo sul volto deturpato della ragazza che aveva tra le braccia. Una stretta allo stomaco lo avvisò che quella vista non era delle migliori e che presto il suo corpo avrebbe reagito, così si sbrigò a poggiare la ragazza dove il Dottore gli stava indicando.

“Dove li avete trovati?” Chiese, iniziando a visitarli. Derek si avvicinò velocemente alla ragazza distesa sul lettino e, prima di rispondere, fissò prima l’una e poi l’altro.

“Nella foresta, a sud.”
Il dottore si limitò ad annuire, troppo impegnato a controllare la situazione del lupo. Stiles, d’altro canto, si avvicinò al lavandino per lavarsi le mani e cercare di togliersi di dosso quella sensazione che lo abbracciava come un’ombra.

“Devo dedurre che li hai trovati tu, ragazzo” Chiese retoricamente il dottore, rivolgendosi all’essere umano. Stiles non rispose, si girò a guardare il volto del licantropo, che fissava senza batter ciglio il corpo di Erica.

“Cosa glielo fa credere, lo sguardo agghiacciato?” Ironizzò, con un finto sorriso stampato in volto.

“Mh, piuttosto avrei optato per le chiazze di sangue sull’addome…” Concluse il dottore, guardandolo un secondo e sorridendogli. Un altro sorriso di circostanza, se tentava di tranquillizzarlo non ci stava riuscendo affatto. Stiles annuì, puntando gli occhi in alto e sorridendo, senza sapere cos’altro aggiungere.

“Dovresti andare a casa a lavarti” Proferì Derek, smorzando il silenzio in cui era sprofondato.

“N-no, voglio restare per sapere come stanno…” Ribatté subito il ragazzo, sedendosi sulla sedia accanto al lavandino e aggrappandosi con forza alle proprie ginocchia, per non cedere alla stanchezza di tutta quella pesante situazione.

“Mh, potrebbero stare molto meglio! Ma se la caveranno…” Pronunciò il Dottor Deaton, passando a controllare Boyd. “Il processo di guarigione si è già messo in atto ma…” Si fermò, disinfettando la ferita sul torace del lupo che, nel frattempo, aveva perso i sensi.

“Sono stati colpiti da un branco di Alpha, perciò sarà lenta” Concluse Stiles, ripetendo le parole che erano state pronunciate poco prima da Derek.

“Esattamente” Concordò il medico. “È una fortuna che non li abbiano uccisi” Continuò, come se stesse parlando di ortaggi. Stiles sorrise rammaricato da quelle parole. Era stanco di sentire così spesso quel verbo. Uccidere. Andava di moda, ormai.

“Suona piuttosto come un avvertimento…” Annunciò, con un filo di voce. Derek si girò a osservarlo, poi gli si avvicinò velocemente e lo fece alzare. Lo guardò dritto nelle iridi ambrate e stanche e Stiles si ritrovò a osservare gli occhi verdi del lupo, senza la voglia di muovere nemmeno un muscolo.

“Stiles, va a casa, fatti una doccia e va a scuola” Ordinò, serrando con forza la presa sulle spalle.

“No, voglio restare” Insistette, con poca convinzione.

“Se non ti muovi da solo ti ci spedisco a calci, intesi?” Lo minacciò il lupo con tono severo. “Ti faccio sapere io appena so qualcosa” Continuò, domando la voce per cercare di convincere il ragazzo. In qualche modo riuscì a persuaderlo, perché dopo aver salutato il dottore, si affrettò a uscire dalla stanza.

“Sei molto persuasivo, quando vuoi” Disse sarcastico Deaton, sorridendo affabile. Derek alzò gli occhi al cielo. Il sarcasmo di Stiles Stilinski bastava per la sua esile pazienza. “Derek” Continuò poco dopo, cambiando totalmente il tono di voce. “Quel branco vuole soltanto una cosa e suppongo che tu lo sappia. Il ragazzo ha ragione, questo è un avvertimento. Temo che il lavoro peggiore lo faranno fare ad altri…”

“Da quando lei ne è un esperto, Dottore?” Disse a denti stretti l’Alpha, serrando i pugni che teneva nelle tasche della giacca.  L’altro si limitò a fissarlo con uno sguardo deciso, le intenzioni di rispondergli erano assenti.

“Derek, quel branco vuole un Alpha. E farà di tutto per averlo. Ma temo che questa sia la parte meno preoccupante…” Si fissarono, Derek non aveva la minima intenzione di proferire parole. Lui sapeva già tutto.

“Se vogliono un altro membro, lo otterranno anche se dovessero metterci anni. Hanno la pazienza necessaria per riuscirci. La tua ostinazione non basterà, le tue carte non basteranno. Guarda come hanno ridotto questo ragazzo! Guarda quella ragazza, invece! L’hanno fatto perché dovevano, non sono soliti divertirsi in questo modo. Sono subdoli, ognuno di loro non ci ha messo molto a sbarazzarsi del proprio branco…”

“La smetta!” Urlò, sopraffatto dalla rabbia. Lo sapeva, lo sapeva e non voleva più sentire. Il dottore si ammutolì, continuando a disinfettare il corpo di Boyd.
 
Stiles, da dietro la porta, aveva udito tutto. Aveva intuito, dopo l’ordine del lupo, che stavano cercando di sbarazzarsi di lui per affrontare un discorso che gironzolava in quell’ambiente, con ostinazione, da quando erano arrivati. Quel discorso lo aveva scosso fino all’inverosimile.
Con la poca lucidità che si ritrovò ad avere ancora addosso, uscì velocemente dall’ambulatorio. Salì nella sua Jeep e si aggrappò al volante. Tremava. D’improvviso gli vennero in mente le parole della signorina Morrell: Se stai attraversando l’inferno, continua ad andare avanti. Quelle erano parole di Churchill, lo sapeva, e lo tormentavano nelle lunghe notti passate sveglio e con l’ansia a fargli da compagna, e sapeva anche questo.
Era una costante nella sua vita, ormai, quella di vivere all’Inferno. E no, era stato un disilluso a credere di aver trovato l’uscita di emergenza. Perché quell’incubo era appena ricominciato.
Rincasò alle sei della mattina, si fece una doccia e soltanto a quel punto svegliò suo padre, completamente addormentato sul divano.

“Dormito bene?” Chiese lo sceriffo, mentre osservava il figlio che preparava la colazione. Stiles si lasciò scappare una risata agitata e poi rispose: “Alla grande!” Ho solo fatto un addestramento con un lupo mannaro che era quasi sul punto di sbranarmi e abbiamo ritrovato due corpi in fin di vita. Niente di così insolito se pensiamo a quello che è successo nemmeno una settimana fa… “Tu papà?” Continuò, impostando la voce con un tono tranquillo.

“Ho sognato un enorme salsiccione che mi inseguiva con una pistola” Borbottò il padre, sbadigliando. Stiles si voltò a guardarlo. “Hai di nuovo mangiato pensante, non è vero?” Lo fulminò con lo sguardo, quelli erano i tipici problemi che un’adolescente, come lui, doveva affrontare. Non di certo mutilazioni, lupi mannari, morsi e mostri mitologici. Alzò gli occhi al cielo, mentre il padre gli faceva spallucce con diffidenza. “Spero che il salsiccione abbia avuto la meglio!” Brontolò, mentre si avvicinava al tavolino con due piatti in mano.
 
*
 
Quando rincasò a casa, quella mattina, trovò suo zio ad aspettarlo sul ciglio della porta.

“Hai saputo?” Chiese Derek, guardandolo dal fondo dei quattro scalini. Peter Hale si alzò velocemente e si avvicinò al nipote, sorrise e lo afferrò per una spalla, salutandolo. “Le voci corrono in fretta” Rispose, guardandolo con circospezione. “L’importante è che stiano bene…” Continuò, cercando di rassicurarlo.

“Come se ti interessasse” Rispose Derek, allontanandosi dalla presa dell’altro e oltrepassandolo.

“Questa è solo la prima delle loro mosse, Derek” Cominciò, mentre seguiva l’Alpha all’interno della casa in macerie. Derek non rispose, era stufo di parlare e sentiva sulle spalle la stanchezza di una notte insonne. “Dobbiamo…” Tentò di continuare il lupo, con il solito tono suadente.

“Non pensare che in una situazione tale io sia propenso ad ascoltarti, Zio” Cominciò, voltandosi a guardare l’altro lupo con aria minacciosa. Peter Hale si fermò sul posto e Derek lo imitò. L’aria intorno a loro si fece d’un tratto pesante.

“So soltanto una cosa dopo tutto quello che sta accadendo, posso aspettarmi di tutto da tutti. Soprattutto da te” Ringhiò, furibondo. “E non credere che sia così stupido da non capire che, in una situazione del genere, tu sarai il primo ad approfittarne”

“Ancora con l’insana idea che voglia diventare un’Alpha” Affermò, roteando gli occhi come se quello che avesse appena detto fosse un’assurdità. “Sei l’ultimo parente che ho, Derek” Continuò con convinzione. Derek lo fissò inespressivo. “D’accordo non credermi, ma io sono preoccupato per te” Continuò, guardandolo con decisione. “Se sono arrivati fin qui è per…”

“Me. Lo so. Vogliono un altro Alpha. Non mi avranno, io non voglio far parte di un branco di assassini” Disse a denti stretti, non aveva più voglia di parlare. Diede le spalle a Peter e tornò a camminare, diretto verso il piano inferiore della casa. Lo zio lo seguì in silenzio, Derek, però, sapeva che presto sarebbe tornato a parlare.

“Ti obbligheranno” Continuò, difatti. “E useranno ogni mezzo…” Concluse.

“E tu cosa mi consigli?” Chiese, senza il reale desiderio di voler sapere la risposta.

“Evita di dargli un mezzo” Disse, prendendolo nuovamente per una spalla e fissandolo con i suoi occhi enigmatici. Sorrise e Derek annuì impercettibilmente, poi si staccò nuovamente dalla presa dello zio e si rintanò nella sua stanza. 
 
*

Quando entrò nella sua Jeep, quel pomeriggio, sentiva ogni muscolo del suo corpo indolenzirsi sotto il suo controllo. Aveva raccontato al migliore amico ogni cosa successa quella mattina e Scott, dopo il lungo discorso di Stiles, sembrava aver messo da parte il rancore che serbava a causa della sua scelta di farsi addestrare da Derek.
Quando rientrò nella sua auto sapeva già che Scott, scortato da Isaac, si sarebbe diretto dal dottor Deaton per accertarsi delle condizioni di Erica e Boyd. Tuttavia non aveva voglia di seguirlo. Voleva solo distendersi e dormire. Si appoggiò allo schienale della seduta e chiuse gli occhi. Il volto ricoperto di sangue di Erica tornò a farsi ricordare e riaprì velocemente gli occhi. Con il viso arrossato e il respiro affannato, si voltò a guardare verso il sedile del passeggiero e vide la sua maglietta, quella che aveva lanciato al lupo prima di darsela a gambe. Sorrise e si rilassò prima di prenderla tra le mani. Era ricoperta di macchie di sangue.

“Era la mia maglietta preferita…” Si disse, mentre un pezzo di carta giallo ricadeva sul sedile.
La calligrafia di Derek era contraddistinta dallo stile brusco con cui due semplici parole erano state scritte su di esso. “Staranno bene” diceva soltanto, posò foglio e maglietta sul sedile accanto  e accese il motore.
Aveva solo bisogno di dormire.
 
 
Continua
 



Questa storia si fa sempre più complicata. Non volevo cadere in questioni così poco ‘leggere’, ma ho dovuto farlo… e spero che, dopo tutto, la STEREK non ne risenta.
Ringrazio tutti coloro che hanno commentato nello scorso capitolo, mi avete AIUTATA. E non sto scherzando, lo giuro.
Ringrazio le 31 persone che seguono questa storia e le 11 che l’hanno inserita tra le preferite. Anche questo gesto, per me, significa molto.
Continuate, comunque, a farmi sapere il vostro parere…Mi rendete doppiamente felice!
A presto,
DolceVenereDiRimmel 
   
 
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