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Autore: composetomejustin    24/09/2012    20 recensioni
So esattamente di non essere brava con le parole. Di non trasmettere niente quando scrivo ma sappi che il solo fatto che tu abbia letto tutto ciò o che magari tu abbia intenzione di farlo mi rende felicissima. Grazie infinite.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Dieci e un quarto di sera. Devo sbrigarmi o mi toccherà subire le lamentele di Hailey che a quest'ora sarà sicuramente rientrata da una ventina di minuti. Forse se mi muovo a passo veloce riesco a prendere il taxy in tempo per la cena di famiglia e sorbirmi solo metà della ramanzina. 
Colpa di Josh, se non mi avesse trattenuta così a lungo sarei già a casa, con i vassoi pieni di cibo tra le mani, giusto in tempo per la serata che tanto i nostri familiari si sono impegnati ad organizzare. Ma adesso scaricare la colpa a vuoto è inutile, devo velocizzarmi ancora un po'. Uno, due, tre, quattro, i passi si susseguono velocissimi. Nonostante stia correndo il mio corpo non ha ancora il calore necessario per cominciare a sudare. Fa così freddo qui fuori ed il cielo è così buio ma la gente continua a sbucare da ogni dove. Dai negozi, dalle piccole stradine, dalle metropolitane, sembra una catena animata, un flusso infinito. Dovrei essere abituata a tutto questo caos, considerato che mi sono trasferita a New York esattamente quattro anni fa, invece arrivo puntualmente in casa con la solita emicrania ed il bisogno di tranquillità che offusca tutte le altre necessità. Chissà cosa staranno pensando i miei genitori. Nella loro mente staranno già affiorando decine e decine di possibilità. La prima è che mi hanno rapita e di questo ne sono più che sicura e sono altrettanto sicura che una di quelle strane e assurde ipotesi, quella che più mi da su i nervi, l'unica che forse, al sol pensiero, potrebbe conferirmi quel calore che sto ancora cercando di acquisire, sia che sto girovagando senza curarmi dei miei impegni. 
Cos'altro starà balenando nella loro mente adesso? Mh, si ci sono. 
«Quella ragazza, non ha il minimo buon senso. Non pensa a noi, che abbiamo sopportato un viaggio così lungo e stremante per venirla a trovare. Abbiamo organizzato questa serata con mesi di anticipo coinvolgento persino i genitori di Hailey e lei sta mandando tutto a monte. Non cambierà mai.» 
Ecco cosa starà formulando la loro mente in questo momento e devo aggiungere che mi fa rabbia. Ma sarà meglio svuotare la mente e pensare solo a raggiungere quel dannatissimo taxy. Dieci e venti. Posso farcela. Mi stringo al mio cappotto color fango mimetizzandomi tra la folla e col fiato corto continuo a farmi spazio tra le onde umane che minacciano di soffocarmi in qualunque momento. Una decina di metri e ci sono. L'aria comincia a farsi più fredda pizzicandomi le narici. Apro la borsa, e continuando ad avanzare, tiro fuori una foulard cromaticamente abbinato al cappotto e me lo annodo al collo. Così va molto meglio. Riesco a scorgere il marciapiede da qui ed è un sollievo. 
Tengo la testa bassa e mantengo la stessa velocità per almeno cinque o sei metri. Mi fermo a riprendere fiato. Ritorno alla mia posizione iniziale ansimando un po' dalla fatica, quando il mio sguardo cade sul cappotto puntellato di piccole macchioline più scure. Passo la mano sul tessuto. E' freddo ma riesco a percepire l'umidità che quelle piccole forme hanno rilasciato. Acqua. Il mio istinto mi suggerisce di alzare lo sguardo al cielo. Le gocce che prima erano così deboli da passare inosservate adesso si sono trasformate in una fitta parete che viene giù a rilento seminando scompiglio. Non è possibile, non adesso. Quelli che dapprima erano solo passi veloci si sono trasformati in una vera e propria corsa. Sono sul marciapiede e tengo alto il braccio per attirare l'attenzione di qualche tassista. Prego che qualcuno si fermi e mi dia uno strappo, chiunque a questo punto potrebbe essere la mia salvezza. Le auto sfrecciano a velocità elevatissime. Dubito che si accorgeranno di me. L'acqua sta trapassando gli abiti congelandomi le spalle. I capelli ormai inumiditi hanno perso la loro vivacità data dai ricci che fino a qualche secondo fa mi ricadevano sulla fronte. Tengo il braccio alzato rivolgendo uno sguardo alla gente che ho intorno. Hanno tutti un aria rilassata e calma. Mi domando come facciano. 
Sicuramente loro non staranno perdendo un importantissima cena di famiglia e queste per loro non rappresentano altro che due goccie d'acqua. Il suono di un clacson richiama improvvisamente la mia attenzione. Mi volto. Un taxy è appena accostato proprio di fronte a me. Un viso dall'aria simpatica, fa capolino dal finestrino e poggia lo sguardo su quella figura completamente fradicia che sono adesso.
«Buonasera signorina,ha bisogno di un passaggio?» Il suo è uno strano accento. Non penso sia di qui. E' un accento lavorato da anni e anni di servizio in strada. 
«Salve. Si, ne avrei un bisogno urgente.» Cerco di assumere un tono di voce più simpatico possibile.
«In realtà c'è già qualcuno che aveva prenotato la corsa prima di lei. Non vorrei lasciarla qui, al freddo e sotto la pioggia, perciò se ha la pazienza di attendere fino alla sua fermata, le do uno strappo.» Ho esattamente cinque secondi per prendere una decisione. Restare qui, sotto la pioggia e preda facile del freddo, nell'attesa di un taxy libero o entrare dentro quest'auto, al caldo e attendere qualche minuto prima di poter tornarmene a casa. La scelta è palese. 
«La ringrazio.» Dico in tono gentile. Mi avvicino alla portiera e velocemente entro nell'auto lasciandomi cadere sul sedile posteriore. E' così accogliente. Niente a che fare con il freddo e l'ostilità delle strade di New York, dove nessuno sembra interessarsi di quello che lo circonda. Poggio la borsa sul sedile di mezzo proprio accanto al mio, slaccio il foulard ormai fradicio e lo rimetto dentro. Mi scosto le ciocche di capelli bagnati dalla fronte e li trattengo un po' tra le mani per poi lasciarmele cadere sulle spalle. Tra un paio di minuti saranno già asciutte. Non sarò ancora arrivata a destinazione ma almeno mi consolo ricordandomi che sono al riparo. Mi volto verso il mio finestrino tenendomi stretta al cappotto. Sarò anche al riparo ma non smetto ancora di tremare. Fuori sembra tutto calmo e la pioggia non smette di cadere. Sono passati dieci minuti e a questo punto penso che non smetterà adesso. Rivolgo uno sguardo veloce all'orologio. Dieci e mezzo. Pensavo il tempo stesse passando più velocemente ma sono comunque in ritardo di un'ora e mezza. Non mi perdoneranno mai. Poggio la testa sullo schienale e chiudo gli occhi cercando di svuotare la mente e di prendermi quei cinque minuti che di solito mi bastano a riordinare i pensieri. Il mio momento di relax viene pero', subito spezzato da una melodia. Il tassista ha acceso la radio. Prendo un respiro e ritorno alla posizione iniziale. 
«Allora signore, siamo quasi arrivati a destinazione.» Lancio una frecciata al tassista. Signore? ma di che sta parlando? 
«Grandioso, la ringrazio.» Risponde una voce. 
Mi volto di scatto. Ma certo, è il tizio di cui mi parlava prima il tassista, quello che aveva prenotato la corsa. Certo che è stato proprio previdente. 
Indossa un paio di pantaloni neri ed un giacca grigia. Ai piedi ha delle scarpe col collo alto dello stesso colore del cappottino. Ha il capo poggiato sul finestrino e non scolla lo sguardo dall'esterno del taxy. Le goccie d'acqua, che lentamente scivolano sul finestrino, si riflettono sul suo viso apparentemente ben riposato. Un paio di occhi luminosi fissano le forme indistinte che ci sfrecciano davanti, senza fermarsi neppure per un secondo. Tiene le mani sulle ginocchia. I suoi capelli color grano, tirati su col gel, gli conferiscono un aria rilassata, tipica di qualcuno che sa sempre il fatto suo. 
«Allora signorina, si sente meglio?» La voce del tassista mi risuona nelle orecchie. 
«Si, molto meglio, la ringrazio.» L'uomo tira giù lo specchietto e mi inquadra. 
«Ne sei sicura? stai tremando.» Abbasso lo sguardo fissandomi le braccia. Ho la pelle d'oca. Sorrido scorgendo d'un tratto, gli occhi del ragazzo fissarsi sui miei. 
«Si, è vero. Sto morendo di freddo ma almeno sono al riparo e di questo devo ringraziarla.» 
«Si figuri signorina. E' il mio lavoro. Allora, come mai era così nel pallone?» E' bastata una domanda a mettermi completamente sottosopra. Non sono tenuta a rispondere ma sento di doverlo fare. Si, devo aprirmi ad un perfetto sconosciuto.
«Stasera ho una cena di famiglia. I miei sono venuti a trovarmi sopportando un viaggio di ore ed ore ed io li ripago arrivando in ritardo.» Dico in tono sommesso. Lo sguardo del tassista si fa più vuoto, cupo.
«Beh, signorina. Sono sicura che la sua famiglia potrà perdonarla. Nessun genitore ama portare avanti una guerra con i propri figli, mi creda.» Semplici parole. Parole coincise. Parole che solo un perfetto sconosciuto poteva tirar fuori. Parole che mi hanno risollevato il morale, o almeno in parte. Di certo ce l'avranno con me, ma non potranno odiarmi per sempre. Sono loro figlia. 
«Si, ha ragione. Quindi in una serata mi ha salvato dalla pioggia e dalla malinconia. E' un supereroe,vero?» Il mio tono stranamente serio suscita una risata generale da parte del tassista e del biondino che fino a qualche momento fa non aveva detto una parola. 
«Lei mi ha fatto saltare la copertura.» Dice l'uomo con la voce strozzata dalle risate. «Allora,come si chiama?» Riprende un tono serio.
«Sono Faith.» Rispondo.
«Fede.» Sussurra il mio compagno di viaggio. Mi volto. «Si,fede.» Annuisco. 
«Uh, che bel nome. E lei giovanotto?» continua il tassista. 
«Sono Justin, molto piacere.» Mi stringe la mano. Fisso la nostra stretta. Ha le mani grandi e così calde. Ho voglia di ficcarmici dentro e non uscirne più. Il freddo si sta impossessando di tutto il calore che mi rimane. «Piacere mio.» Rispondo sorridendo. Justin Torna a fissare il finestrino ed io mi appoggio di nuovo allo schienale. La mie palpebre pian piano cominciano a chiudersi ma l'assordante suono di un clacson mi fa sussultare. Apro gli occhi e mi affaccio al finestrino. Una fila infinita di automobili blocca il passaggio.
«Ragazzi, devo darvi una brutta notizia. Più brutta per Faith che per Justin. Siamo bloccati.» Sbarro gli occhi e rimango a fissare il vuoto per due secondi. Il telefono squilla. Rispondo. La voce di mamma mi risuona nelle orecchie. Parla troppo velocemente. Non riesco a capirla. Adesso singhiozza. C'è qualcosa che non va. D'un tratto non sento più nulla. Il telefono ha ceduto. E' spento. Lo getto in borsa e mi prendo la testa tra le mani. Cerco di trattenere le lacrime. Non posso piangere di fronte a due perfetti sconosciuti. Non posso. Non posso. Non devo. Sento una leggera pressione sul sedile accanto al mio. Alzo il capo. Justin è scivolato accanto a me. Seguo con gli occhi ogni suo movimento. Allarga le braccia. Le stende per bene. Scivola ancora verso di me. Mi blocca in una stretta fortissima. D'istinto poggio il capo sul suo petto. Mi avvolge col suo cappotto. Le sue labbra si poggiano sul mio capo. Sento il suo respiro caldo tra miei capelli.
«Tranquilla Faith. Andrà tutto bene.»
  
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