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Autore: Bloody_Rose3    24/09/2012    0 recensioni
 «Are you, are you

Coming to the tree?

Wear a necklace of rope, side by side with me...
Strange things did happen here

No stranger would it seem

If we met up at midnight in the hanging tree.»
Diversi episodi sconnessi raccontati da differenti punti di vista. Cos'hanno in comune? Katniss.
Sconsigliato per chi non ha letto tutti quanti i libri.
Genere: Fluff, Introspettivo, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Haymitch Abernathy, Katniss Everdeen, Peeta Mellark, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Are you, are you

Coming to the tree?

Wear a necklace of rope, side by side with me...
Strange things did happen here

No stranger would it seem

If we met up at midnight in the hanging tree.

 

La pesante seta bianca sembra emettere un dolce richiamo. Mi sento quasi in dovere di alzarmi dalla poltrona e ricontrollare – per l'ennesima volta – il mio ultimo capolavoro. Brilla davanti alle luci della città, di Capitol City. Non mi vanto dei miei lavori, ma riconosco la fatica e la bellezza, e ripudio la falsa modestia. In confronto, gli altri costumi di Katniss sono nulla dinnanzi all'abito da sposa votato dal pubblico, e scelto dal presidente Snow in persona in occasione dell'ultima intervista, prima dei Giochi.

Fortunatamente mi ha letteralmente minacciato abbastanza in tempo da permettermi qualche accorgimento. So che pagherò con la vita per questo affronto, ma so anche che la Ragazza in fiamme non mi deluderà: non l'ha mai fatto, e capirà presto quali sono le decisioni giuste da prendere, a dispetto di quello che Plutarch Heavensbee o la Coin potrebbero ordinarle di fare. Snow, Coin. Dov'è la differenza? Sono stato nel Distretto 13 un paio di volte, e mi è parso dispotico quanto Capitol City, se non fosse per l'aria angusta che ogni singola particella di quel luogo possiede.

Lascio ricadere le dita sul candido tessuto e sospiro, felice di essere stato al servizio di un personaggio come Katniss Everdeen. Sono conscio della sua sofferenza, e sappiamo entrambi che non ci rivedremo mai più, ma non sarà lei a morire. Prendo il pesante abito da sposa, e mi imbatto in Portia mentre ci dirigiamo verso i nostri rispettivi tributi. Ne approfitto per ringraziarla dell'aiuto che mi ha dato nel ritoccare l'abito nuziale, e lei replica solamente col suo silenzio. Ha gli occhi umidi, per cui mi affretto ad abbracciarla.

«Cosa ne sarà di noi... di te?» mormora, lanciando un'occhiata alla borsa che contiene la mia condanna a morte, ma anche il mio orgoglio più grande.

«So badare a me stesso» rispondo, sorridendole. In seguito la incoraggio a nascondere il suo dolore, perché Peeta se ne accorgerebbe di sicuro. Ci separiamo quando dobbiamo completare il nostro compito. Katniss è insieme a Venia, e hanno entrambe un'aria irrequieta. Immagino che gli altri due stiano versando un mare di lacrime. Quando congedo Venia, pare sollevata di andarsene, e suppongo che anche lei debba sfogarsi un po'. Tiro fuori il vestito, e un verso carico di sgomento trapela dalle labbra di Katniss. Le spiego che sono stato costretto dal presidente Snow, e un velo di comprensione cala sul suo viso. «Be', sarebbe un peccato sprecare un vestito così bello», non dico niente, più che altro mi sbrigo a metterglielo addosso. Si accorge subito che è più pesante rispetto all'altra volta. Le faccio infilare le scarpe, ed infine aggiungo la parure di perle ed il velo; le ritocco anche il trucco, perché se c'è qualcosa che non sopporto, sono le più piccole imperfezioni. Cammina adagio, poiché il peso di quel che indossa la costringe ad avanzare con una certa cautela; trascina le lunghe maniche con lo stupore stampato in viso. Le calza a pennello, ed è bellissima. Le raccomando di non sollevare le braccia al di sopra della testa, dato che il corpetto è molto aderente. Non lo deve fare, non prima della sua giravolta. Katniss sembra non capire, ma si fida abbastanza di me da farlo senza dubitare neanche un poco. So che lo farà, e a quel punto... Dio solo sa cosa potrebbe succedermi. Ma siamo arrivati a questo punto, e non voglio vanificare decenni di cospirazioni e tanta, tanta morte per la giusta causa. Inoltre, il pensiero che tutto andrà per il meglio mi induce ad andare avanti. Ci dirigiamo in ascensore, e quando Katniss e Peeta si avviano dietro le quinte, io e Portia prendiamo i nostri posti.

Durante l'intervista, Katniss ha tutta l'aria di una ragazza innocente che purtroppo non può arrivare all'altare. Non si gira verso di me per ricevere il segnale. Ad un certo punto la vedo alzarsi, e girare, girare e girare su se stessa, sollevando volute di fumo tutto intorno a lei. Le perle che dapprima la ricoprivano ovunque, ora rimbalzano sul palco con deboli tintinnii. È uno spettacolo strabiliante, e in quel breve istante, dimentico di essere in pericolo. Fuoco e pezzi di seta carbonizzati la avvolgono in un vortice senza fine, di cui lei stessa è l'occhio. Improvvisamente, le fiamme si spengono. Ed è ora che i tempi da Ragazza in fiamme terminano. Non è quaggiù che deve stare, e non deve solo bruciare. È in alto il suo posto, dove potrà creare incendi in tutta Panem. Solleva le lunghe maniche nere screziate di bianco con un'espressione sbalordita, e allora la situazione si fa chiara agli occhi di Katniss. È la Ghiandaia Imitatrice.

Dopo l'intervista di Peeta – a quanto pare Katniss è incinta – il pubblico va in delirio. So che è solo un modo per ingraziarsi Panem. Per cui mi alzo e lascio tutto quanto alle spalle. È tutto finito, ormai. Domani vedrò Katniss per l'ultima volta, sempre che io riesca ad arrivare nella mia stanza indenne. Ma per il momento la dispotica Capitol City mi lascia in pace. È Plutarch Heavensbee, il nuovo Capo Stratega, che mi viene a cercare.

«Plutarch» esordisco, stringendogli la mano. Lui sorride come se avessimo già vinto questa guerra.

«Cinna» dice lui di rimando. «Ottimo lavoro» fa una breve pausa, «non le hai detto nulla, vero?»

«Certamente. Senti...» mi incammino verso la mia camera e trovo il cassetto chiuso a chiave. Nessun luogo è sicuro, qui, per cui evitiamo di parlare in modo troppo diretto. Plutarch mi aspetta pazientemente fuori. Non che mi piaccia particolarmente, ma è un uomo potente ed è dalla nostra parte, anche se possiede la tipica mentalità sadica di uno Stratega. «Questo è per Katniss. Daglielo quando avrà capito cosa fare» sussurro, e capisco che non sarò in grado di sopportare tutto questo a lungo. Gli tendo un album, e lui lo sfoglia con delicatezza, inarcando le sopracciglia ogni volta che i suoi occhi avidi si posano su un'immagine.

«Davvero... impressionante, Cinna» commenta, chiudendo l'album con cura, come se potesse sbriciolarsi a momenti. «Dico sul serio. È un peccato che tu...» non riesce a proseguire. Si passa la mano sul viso e alla fine dice: «I migliori se ne vanno sempre. Abbiamo goduto poco della tua presenza, e me ne rammarico tanto, credimi.» Mi dà già per morto, ma perché fingere che io possa ancora vivere a lungo? Plutarch dice sempre le cose per come sono, anche se la realtà fa male. «Riavremo di nuovo i vecchi, e mediocri stilisti di sempre».

«Non credo che Panem ne avrà più bisogno» ribatto io. «Perlomeno, non per vestire i tributi» mi affretto a dire. A questo punto mi accorgo della reazione di Plutarch, come se io abbia detto qualcosa di assurdo ed inconcepibile. La mia stanza è completamente buia, solo le luci di Capitol City gli illuminano il volto attraverso le ampie finestre. Non sono sicuro delle mie intenzioni, adesso. Ma confido in Katniss, Haymitch, Peeta, e chiunque altro abbia il buon senso di eliminare definitivamente gli Hunger Games. «Aspetta, devo aggiungere una cosa» esclamo d'un tratto, allungando la mano per riavere indietro il dono che ho in serbo per Katniss. Nell'ultima pagina, una ghiandaia in volo è imprigionata in un anello. È uno schizzo della spilla di Katniss. Prendo una penna e appoggio la punta sferica poco più sotto del disegno; per un attimo dimentico cosa voglio scriverle. Volevo metter giù qualcosa di più lungo e magari più poetico, qualcosa che le faccia capire che io tengo a lei e che, in qualche modo, la accompagnerò sempre. Ma alla fine mi ritrovo a rileggere il mio messaggio mentre una lacrima mi riga la guancia. Anche se non può sentirmi, leggo a bassa voce, sovrastato dal ricordo dei suoi primi Giochi: «Io scommetto ancora su di te».

   
 
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