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Autore: Mirella__    25/09/2012    6 recensioni
Light ed L.
Due ideali di giustizia differenti.
Per l'intero anime abbiamo visto questi due personaggi affrontarsi, ma mai apertamente e alla fine L ha avuto la peggio.
Il suo allievo, Near, è riuscito dove lui ha fallito mettendo fine al caso Kira
Ma quando uno shinigami, divorato dalla noia, ha a disposizione un piccolo oggettino bianco nulla è per sempre.
Genere: Azione | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: L, Light/Raito, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Salve a tutti, ecco un nuovo capitolo :)
Se avete consigli da darmi sulla caratterizzazione dei personaggi non risparmiatevi dal farlo. Non sono una grande fan di Near (questo è un eufemismo) ma spero comunque di non cadere nell’ooc.
Ringrazio chi ha recensito gli scorsi capitoli e chi ha messo la storia in una delle tre liste.

 
Buona lettura!

 
Elle respirò per la prima volta dopo anni.

Aprì gli occhi di scatto e cominciò a tossire; una manciata di polvere gli era appena finita su per le vie respiratorie.

Lacrimando si alzò a tentoni, barcollando a destra e a sinistra.

Non ebbe problemi a riconoscere quel posto, infondo ci aveva vissuto per diversi mesi prima della sua sconfitta...

Scosse la testa, non doveva pensarci, doveva fare altro.

Avendo già varie teorie sul perché si trovasse lì decise di non considerarne neanche una e cercò d’uscire da quella stanza. La porta era chiusa a chiave, tuttavia ricordava vagamente di tenerne una copia nella tasca dei suoi pantaloni…

In men che non si dica si ritrovò a camminare tra i corridoi di quell’immenso grattacielo, nascondendosi di tanto in tanto dalle guardie di passaggio.

Almeno il suo edificio non era andato in rovina; quanti anni erano passati dall’accaduto? Cinque? Probabilmente di più a giudicare dallo stato della stanza in cui si era risvegliato.

Cominciò a scendere le scale, cercando d’arrivare nella hall, se fosse stato abbastanza fortunato, si sarebbe procurato un telefono cellulare e avrebbe rintracciato N.

Trovarlo non sarebbe stato poi così difficile, raccontargli come stavano le cose sarebbe stata la prova più ardua, anche perché non lo sapeva nemmeno lui. Tutto quello che ricordava era che una forza lo aveva trascinato via da quel luogo di pace…

Arrivato a destinazione, scrollò le spalle e si grattò la testa.

La sala era  piena di gente. Evidentemente Near aveva trasformato la sua base in un hotel di lusso.

Guardò i suoi stessi abiti. Erano veramente inadatti alla situazione, per non parlare del fatto che fosse scalzo, tuttavia non si sentì minimamente a disagio e continuò a gironzolare come se nulla fosse.

Adocchiò un vecchio uomo d’affari, sulla sessantina, sicuramente sposato, in compagnia di un’altra giovane donna, probabilmente la sua amante a giudicare dagli sguardi che lui lanciava in giro, come se avesse avuto paura di venir scoperto da qualcuno.

Con non nonchalance si avvicinò, fino ad urtarlo, si scusò immediatamente per la svista e riprese a camminare, arrivando fin quasi all’entrata, ma all’improvviso due energumeni lo afferrarono per le spalle.

“Ridai a quell’uomo ciò che hai preso”

“Non ho preso proprio niente” Disse lui fissando atono la guardia, quest’ultima parve non poter sostenere lo sguardo del ragazzo e allora distolse il suo.

“E dove credi che sia finito il mio cellulare, razza d’idiota!” L’uomo d’affari aveva alzato lievemente la voce, cercando tuttavia di controllarsi per non attirare l’attenzione delle persone in sala che già si stavano agitando vedendo il giovane trattenuto dalle guardie.

“L, dovresti smetterla di fare il bambino” Un ragazzino, sulla ventina d'anni, era appena entrato salutando con un sorriso il delinquente.

“Non è colpa mia se è sbadato, comunque ecco a lei”, L non aveva risentito minimamente del rimprovero, non gliene poteva importare di meno. “Le era solo caduto a terra”.

“Ma ci stai prendendo in gi…” cercò d’obiettare un’agente, ma venne interrotto.

“Lasciatelo” Disse Near rivolto agli uomini che obbedirono riluttanti.

L’altro sorrise. “Mi hai riconosciuto”

“C’era almeno l’ottantasette per cento di possibilità che non fossi tu…”, il ragazzo si fermò un attimo e poi riprese, “Ryuzaki”.

“Concordo”,  L annuì accennando l’ombra di un sorriso.

“Ora, che ne dici di scusarti,così io e te possiamo parlare in privato tranquillamente?” Detto questo si passò una mano tra i folti capelli argentei e sorpassò L, porse le scuse per l’inconveniente e, seguito dal suo sensei, salì sull’ascensore.

Entrambi non aprirono bocca fino a quando non si trovarono nell’appartamento del ragazzo.

“Quindi sei riuscito a risolvere il caso Kira” Disse L  sedendosi sul bordo di una sedia, nella stessa posizione di sempre, corpo accucciato e mento poggiato sulle ginocchia.

“Non ce l’avrei fatta senza Mello, devo ammettere che Light era molto più di quello che sembrava” Disse l’altro sedendosi a sua volta.

Cadde il silenzio, entrambi concentrati su anni ormai passati, poco dopo però L lo interruppe, non perché fosse diventato pesante, ma semplicemente per evitare la domanda ovvia che stava per porgli Near. “Non chiedermi come faccia a trovarmi qui, non lo so”

“Non hai un ipotesi?”

“Un paio e quasi tutte comportano la presenza di Kira, a parte una che sarebbe la pazzia ”. Disse L mordendosi il dito.

“Dal mio punto di vista, vedo Kira come causale”. Concordò Near alzandosi e scomparendo oltre la soglia della sala da pranzo, per ricomparire subito dopo con una tazza di cioccolata calda e delle zollette di zucchero, tante zollette di zucchero. “Ma non appena si muoverà, noi lo arresteremo”.

“Non sottovalutarlo Near” Lo ammonì L mentre montava una torre di colesterolo. “Starà attento il triplo di quanto lo è stato…. quanti anni fa precisamente?”

“Tre” Disse Near con un’espressione monocorde sul viso. Non aveva preso sottogamba l’intelligenza di Light, non sottovalutava mai nulla né considerava mai qualcosa impossibile, forse era proprio per questo che riusciva a parlare con un uomo che doveva essere sotto un metro di terra.

“E dalla mia morte?” Continuò il moro socchiudendo le palpebre.
 “Nove anni” L’albino si fermò un attimo e poi riprese, mentre l’amico annuiva. “L, conosce il tuo nome”. Affermò in fine inclinando lo sguardo verso il basso, “e anche il mio”, non era preoccupato, stava solo riflettendo.

“Saremmo già morti se lui lo avesse voluto, quindi non credo che siano queste le sue intenzioni. Anzi, credo che dovremmo mettere qualche pattuglia a sorvegliare casa Yagami” Disse L apparentemente disinteressato.

“Non capisco come fai ad essere così calmo. Comunque lo credo anche io. Light non può andare in nessun altro posto se non lì”. Disse l’altro sorseggiando la sua cioccolata.

“Non si stava male”. Sussurrò L rispondendo alla prima affermazione del suo successore e aggiungendo un’altra zolletta di zucchero.

“Cosa?” Chiese Near che aveva appena percepito le parole di L.

“Nulla, non ti preoccupare”.

“Non possiamo fare niente, fino a quando non avremmo una conferma della sua rinascita”.

“Aspetteremo” Disse L, ma quando poggiò l’ultima zolletta la torre cedette.

La sua mano, per un secondo, aveva tremato.

“Ma è meglio prevenire che curare”, lo riprese l’altro osservando lo zucchero che scompariva all’interno della tazza, “vado a fare una telefonata. Casa Yagami sarà sorvegliata giorno e notte”. Near si alzò e scomparve nuovamente dietro l’uscio della porta e Ryuzaki non poté fare a meno di sospirare.

Impose al suo cervello un rallentamento, era davvero troppo veloce e in certi momenti non riusciva a mettere in fila un pensiero di senso compiuto, per gli altri ovviamente. Spesso nessuno era in grado di capire cosa diceva, doveva spiegare anche ciò che per lui era il più semplice dei ragionamenti.

Ryuzaki non era né vanitoso, né modesto, diceva semplicemente le cose come stavano, poi stava agli altri tratte le conclusioni, tuttavia, quando quel ragazzo normale, ma al contempo così strano, era entrato in contatto con lui, si era reso conto che finalmente aveva qualcuno con cui parlare alla pari, senza dover dare spiegazioni inutili e con il quale era persino diventato amico.

Sapeva chi fosse in realtà quel ragazzo, non aveva chiuso gli occhi neanche per un attimo, ma la sua voglia di catturare Kira era andata via via scemando, ogni giorno di più, fin quasi a scomparire del tutto.

Non considerava la sua sconfitta un errore, un qualcosa d’inaspettato, anzi, L sapeva fin dall’inizio come sarebbe andata a finire; Light aveva calcolato tutto nei minimi particolari, ma non aveva fatto i conti né con Near, né con Mello, forse, se avesse saputo prima di quei due ragazzi, le cose sarebbero andate a finire in modo diverso, con una vittoria di Kira assoluta molto probabilmente, ma L non gli aveva mai dato modo di scoprire dei suoi successori e tutto si era concluso come dovuto.

Sbuffò, aveva anche pensato ad una situazione simile a quella che stava vivendo proprio in quel momento, però mai gli aveva dato molte probabilità di riuscita, a malapena il quattro per cento, la stessa percentuale che aveva dato a Light d’esser Kira all’inizio. Forse avrebbe dovuto avere più fiducia nelle sue deduzioni, era caduto troppe volte in errore ignorandole.

La cosa più strana, in tutta quella faccenda, era che non credeva d’aver chiuso gli occhi ed esalto l’ultimo respiro, anche perché non ricordava d’aver fatto qualcosa del genere.

Certo, ricordava il forte dolore al petto, il supplizio che gli aveva mozzato il respiro e fatto sbarrare gli occhi, mentre guardava il ghigno sadico di Light allargarsi sul suo volto. Ricordava per filo e per segno quel momento, l’immobilità che aveva toccato tutti, indistintamente, persino il mandante dello shinigami che non aspettava altro che il tempo si sbloccasse, ma da quel preciso istante sembrava che fosse trascorsa un’ora o poco più, giusto il tempo di dormire un po’, fare un sogno rilassante per poi ritrovarsi riverso a terra, nel proprio luogo di lavoro, distrutto non da un infarto, ma da una semplice giornata di fatica, preso dal sonno, non eterno, ma quello che coglie tutti i comuni mortali ogni giorno e invece non era stato così.

Nonostante tutti i suoi sforzi, aveva perso, ma a lui non piaceva perdere, trovava ciò inconcepibile; anche per Light doveva essere così e, a quest’ultimo pensiero, sorrise.

“Stavolta sarò io a vincere… ”. Giurò, alzando lo sguardo verso la finestra dell’appartamento di Near, ignaro che la sua nemesi stesse sorvolando lo stesso cielo nero come le tenebre che L con tanto determinazione osservava.

La sua mano era stata colta da un tremore, questo era vero, ma non era dettato dalla paura o dallo sconforto, ma dall’eccitazione che stava provando più forte che mai; una nuova sfida lo attendeva, essa non faceva altro che aspettare d’esser colta e Ryuzaki l’aveva appena afferrata.

  
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