Salve a
tutti, ecco un nuovo capitolo :)
Se avete
consigli da darmi sulla caratterizzazione dei personaggi non
risparmiatevi dal
farlo. Non sono una grande fan di Near (questo è un
eufemismo) ma spero
comunque di non cadere nell’ooc.
Ringrazio
chi ha recensito gli scorsi capitoli e chi ha messo la storia in una
delle tre
liste.
Buona
lettura!
Aprì
gli
occhi di scatto e cominciò a tossire; una manciata di
polvere gli era appena
finita su per le vie respiratorie.
Lacrimando
si alzò a tentoni, barcollando a destra e a sinistra.
Non ebbe
problemi a riconoscere quel posto, infondo ci aveva vissuto per diversi
mesi prima
della sua sconfitta...
Scosse la
testa, non doveva pensarci, doveva fare altro.
Avendo
già varie teorie sul perché si trovasse
lì decise di non considerarne neanche
una e cercò d’uscire da quella stanza. La porta
era chiusa a chiave, tuttavia ricordava
vagamente di tenerne una copia nella tasca dei suoi
pantaloni…
In men
che non si dica si ritrovò a camminare tra i corridoi di
quell’immenso
grattacielo, nascondendosi di tanto in tanto dalle guardie di passaggio.
Almeno il
suo edificio non era andato in rovina; quanti anni erano passati
dall’accaduto?
Cinque? Probabilmente di più a giudicare dallo stato della
stanza in cui si era
risvegliato.
Cominciò
a scendere le scale, cercando d’arrivare nella hall, se fosse
stato abbastanza
fortunato, si sarebbe procurato un telefono cellulare e avrebbe
rintracciato N.
Trovarlo
non sarebbe stato poi così difficile, raccontargli come
stavano le cose sarebbe
stata la prova più ardua, anche perché non lo
sapeva nemmeno lui. Tutto quello
che ricordava era che una forza lo aveva trascinato via da quel luogo
di pace…
Arrivato
a destinazione, scrollò le spalle e si grattò la
testa.
La sala
era piena di gente.
Evidentemente Near
aveva trasformato la sua base in un hotel di lusso.
Guardò
i
suoi stessi abiti. Erano veramente inadatti alla situazione, per non
parlare
del fatto che fosse scalzo, tuttavia non si sentì
minimamente a disagio e
continuò a gironzolare come se nulla fosse.
Adocchiò
un vecchio uomo d’affari, sulla sessantina, sicuramente
sposato, in compagnia
di un’altra giovane donna, probabilmente la sua amante a
giudicare dagli
sguardi che lui lanciava in giro, come se avesse avuto paura di venir
scoperto
da qualcuno.
Con non
nonchalance si avvicinò, fino ad urtarlo, si
scusò immediatamente per la svista
e riprese a camminare, arrivando fin quasi all’entrata, ma
all’improvviso due energumeni
lo afferrarono per le spalle.
“Ridai
a
quell’uomo ciò che hai preso”
“Non
ho preso
proprio niente” Disse lui fissando atono la guardia,
quest’ultima parve non
poter sostenere lo sguardo del ragazzo e allora distolse il suo.
“E
dove
credi che sia finito il mio cellulare, razza
d’idiota!” L’uomo d’affari
aveva
alzato lievemente la voce, cercando tuttavia di controllarsi per non
attirare
l’attenzione delle persone in sala che già si
stavano agitando vedendo il
giovane trattenuto dalle guardie.
“L,
dovresti smetterla di fare il bambino” Un ragazzino, sulla ventina d'anni, era
appena entrato salutando con un sorriso il delinquente.
“Non
è
colpa mia se è sbadato, comunque ecco a lei”, L
non aveva risentito minimamente
del rimprovero, non gliene poteva importare di meno. “Le era
solo caduto a
terra”.
“Ma
ci
stai prendendo in gi…” cercò
d’obiettare un’agente, ma venne interrotto.
“Lasciatelo”
Disse Near rivolto agli uomini che obbedirono riluttanti.
L’altro
sorrise. “Mi hai riconosciuto”
“C’era
almeno l’ottantasette per cento di possibilità che
non fossi tu…”, il ragazzo si
fermò un attimo e poi riprese, “Ryuzaki”.
“Concordo”, L annuì
accennando l’ombra di un sorriso.
“Ora,
che
ne dici di scusarti,così io e te possiamo parlare in privato
tranquillamente?” Detto
questo si passò una mano tra i folti capelli argentei e
sorpassò L, porse le
scuse per l’inconveniente e, seguito dal suo sensei,
salì sull’ascensore.
Entrambi
non aprirono bocca fino a quando non si trovarono
nell’appartamento del
ragazzo.
“Quindi
sei riuscito a risolvere il caso Kira” Disse L sedendosi sul bordo di una
sedia, nella stessa
posizione di sempre, corpo accucciato e mento poggiato sulle ginocchia.
“Non
ce
l’avrei fatta senza Mello, devo ammettere che Light era molto
più di quello che
sembrava” Disse l’altro sedendosi a sua volta.
Cadde il
silenzio, entrambi concentrati su anni ormai passati, poco dopo
però L lo
interruppe, non perché fosse diventato pesante, ma
semplicemente per evitare la
domanda ovvia che stava per porgli Near. “Non chiedermi come
faccia a trovarmi
qui, non lo so”
“Non
hai
un ipotesi?”
“Un
paio
e quasi tutte comportano la presenza di Kira, a parte una che sarebbe
la pazzia
”. Disse L mordendosi il dito.
“Dal
mio
punto di vista, vedo Kira come causale”. Concordò
Near alzandosi e scomparendo
oltre la soglia della sala da pranzo, per ricomparire subito dopo con
una tazza
di cioccolata calda e delle zollette di zucchero, tante zollette di
zucchero. “Ma
non appena si muoverà, noi lo arresteremo”.
“Non
sottovalutarlo Near” Lo ammonì L mentre montava
una torre di colesterolo.
“Starà attento il triplo di quanto lo è
stato…. quanti anni fa precisamente?”
“Tre”
Disse Near con un’espressione monocorde sul viso. Non aveva
preso sottogamba
l’intelligenza di Light, non sottovalutava mai nulla
né considerava mai
qualcosa impossibile, forse era proprio per questo che riusciva a
parlare con
un uomo che doveva essere sotto un metro di terra.
“E
dalla
mia morte?” Continuò il moro socchiudendo le
palpebre.
“Nove
anni” L’albino si fermò un attimo
e poi riprese, mentre l’amico annuiva. “L, conosce
il tuo nome”. Affermò in
fine inclinando lo sguardo verso il basso, “e anche il
mio”, non era
preoccupato, stava solo riflettendo.
“Saremmo
già morti se lui lo
avesse voluto, quindi non credo che siano queste le sue intenzioni.
Anzi, credo
che dovremmo mettere qualche pattuglia a sorvegliare casa
Yagami” Disse L apparentemente
disinteressato.
“Non
capisco come fai ad essere
così calmo. Comunque lo credo anche io. Light non
può andare in nessun altro
posto se non lì”. Disse l’altro
sorseggiando la sua cioccolata.
“Non
si stava male”. Sussurrò L rispondendo
alla prima affermazione del suo successore e aggiungendo
un’altra zolletta di
zucchero.
“Cosa?”
Chiese Near che aveva
appena percepito le parole di L.
“Nulla,
non ti preoccupare”.
“Non
possiamo fare niente, fino a
quando non avremmo una conferma della sua rinascita”.
“Aspetteremo”
Disse L, ma quando
poggiò l’ultima zolletta la torre cedette.
La sua mano, per un secondo, aveva tremato.
“Ma
è meglio prevenire che curare”,
lo riprese l’altro osservando lo zucchero che scompariva
all’interno della
tazza, “vado a fare una telefonata. Casa Yagami
sarà sorvegliata giorno e
notte”. Near si alzò e scomparve nuovamente dietro
l’uscio della porta e
Ryuzaki non poté fare a meno di sospirare.
Impose al suo
cervello un
rallentamento, era davvero troppo veloce e in certi momenti non
riusciva a
mettere in fila un pensiero di senso compiuto, per gli altri
ovviamente. Spesso
nessuno era in grado di capire cosa diceva, doveva spiegare anche
ciò che per
lui era il più semplice dei ragionamenti.
Ryuzaki non
era né vanitoso, né
modesto, diceva semplicemente le cose come stavano, poi stava agli
altri tratte
le conclusioni, tuttavia, quando quel ragazzo normale, ma al contempo
così
strano, era entrato in contatto con lui, si era reso conto che
finalmente aveva
qualcuno con cui parlare alla pari, senza dover dare spiegazioni
inutili e con
il quale era persino diventato amico.
Sapeva chi
fosse in realtà quel
ragazzo, non aveva chiuso gli occhi neanche per un attimo, ma la sua
voglia di
catturare Kira era andata via via scemando, ogni giorno di
più, fin quasi a
scomparire del tutto.
Non
considerava la sua sconfitta
un errore, un qualcosa d’inaspettato, anzi, L sapeva fin
dall’inizio come
sarebbe andata a finire; Light aveva calcolato tutto nei minimi
particolari, ma
non aveva fatto i conti né con Near, né con
Mello, forse, se avesse saputo
prima di quei due ragazzi, le cose sarebbero andate a finire in modo
diverso,
con una vittoria di Kira assoluta molto probabilmente, ma L non gli
aveva mai
dato modo di scoprire dei suoi successori e tutto si era concluso come
dovuto.
Sbuffò,
aveva anche pensato ad una
situazione simile a quella che stava vivendo proprio in quel momento,
però mai
gli aveva dato molte probabilità di riuscita, a malapena il
quattro per cento,
la stessa percentuale che aveva dato a Light d’esser Kira
all’inizio. Forse
avrebbe dovuto avere più fiducia nelle sue deduzioni, era
caduto troppe volte
in errore ignorandole.
La cosa
più strana, in tutta
quella faccenda, era che non credeva d’aver chiuso gli occhi
ed esalto l’ultimo
respiro, anche perché non ricordava d’aver fatto
qualcosa del genere.
Certo,
ricordava il forte dolore
al petto, il supplizio che gli aveva mozzato il respiro e fatto
sbarrare gli
occhi, mentre guardava il ghigno sadico di Light allargarsi sul suo
volto. Ricordava
per filo e per segno quel momento, l’immobilità
che aveva toccato tutti,
indistintamente, persino il mandante dello shinigami che non aspettava
altro
che il tempo si sbloccasse, ma da quel preciso istante sembrava che
fosse
trascorsa un’ora o poco più, giusto il tempo di
dormire un po’, fare un sogno
rilassante per poi ritrovarsi riverso a terra, nel proprio luogo di
lavoro,
distrutto non da un infarto, ma da una semplice giornata di fatica,
preso dal
sonno, non eterno, ma quello che coglie tutti i comuni mortali ogni
giorno e
invece non era stato così.
Nonostante
tutti i suoi sforzi,
aveva perso, ma a lui non piaceva perdere, trovava ciò
inconcepibile; anche per
Light doveva essere così e, a quest’ultimo
pensiero, sorrise.
“Stavolta
sarò io a vincere… ”. Giurò,
alzando lo sguardo verso la finestra dell’appartamento di
Near, ignaro che la
sua nemesi stesse sorvolando lo stesso cielo nero come le tenebre che L
con
tanto determinazione osservava.
La sua mano
era stata colta da un
tremore, questo era vero, ma non era dettato dalla paura o dallo
sconforto, ma
dall’eccitazione che stava provando più forte che
mai; una nuova sfida lo
attendeva, essa non faceva altro che aspettare d’esser colta
e Ryuzaki l’aveva
appena afferrata.