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Autore: Emerson    25/09/2012    1 recensioni
''D’un tratto, in una frazione di secondo, tutto mi rivenne in mente, quelle immagini erano davanti a me, vedevo soffrire ogni singola parte di me, vedevo le sue mani percorre con violenza il mio corpo, immobilizzarmi, far di me un oggetto di cui poteva fare ciò che voleva.''
Dopo questo, non riusciva mai a vedere. Era sicura che non sarebbe mai tornata la ragazza di una volta, solare ed estroversa. Una persona, però, era riuscita in questo, Louis, con l'aiuto dei suoi amici e il fratello. Ogni cosa sembra andare per il verso giusto, fin quando tutto quel buio che non le faceva vedere oltre quella scena, viene alla luce, che brucia, e fa male.
Di sicuro, non era qualcosa di banale e prevedibile.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Louis Tomlinson, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Idiot, I’m your sister.

‘’Tesoro, cerca di capirmi.’’ disse, cercando di calmarmi.
‘’Capirti un cazzo mamma!’’  La mia vista era appannata, sembrava che tutto venisse contro me. D’un tratto, in una frazione di secondo, tutto mi rivenne in mente, quelle immagini erano davanti a me, vedevo soffrire ogni singola parte di me, vedevo le sue mani percorre con violenza il mio corpo, immobilizzarmi, far di me un oggetto di cui poteva farne ciò che voleva.
Poi, il buio, oltre quel momento non  riuscivo mai a vedere.  Mi ritrovarono in una stradina buia, raccolta tra le mie braccia, sporca e piena di lividi.
‘Non ne posso più di questa situazione di merda, devo essere sempre io quella calma, che accetta tutto, si adegua, adesso mi sono rotta le palle, quindi continua con la tua fottutissima vita, io non ne farò parte’’
Non aspettai la sua risposta, mi fiondai subito in camera mia, girai veloce la chiave nella serratura, presi le
mie cuffie, e mi allontanai da tutto.
La musica era l’unica cosa capace di calmarmi, di starmi accanto, mi portava in un mondo dove nessuno poteva cercarmi, poteva raggiungermi, un po’ come la droga, no?
Mi girai sul lato, e mi venne di fronte, una foto di quell’idiota di mio fratello, forse verso i dieci anni, che mi cercava di tenere in braccio con scarsi risultati. Quanto mi mancava,  pur essendo un cazzone, mi riusciva comunque a calmarmi, finiva per sfottermi ugualmente, ma faceva piacere quando mi sentiva singhiozzare e mi chiedeva se andava tutto bene, se ne volevo parlare. 
Ma ormai aveva la sua vita, con i suoi amici, nel suo appartamento. Studiava in un college di Londra, dove io ho sempre sognato andare, ma non potevo e non posso fare mai niente, io.
Da quel fottutissimo giorno, non mi hanno mai lasciato più di tanta libertà. E anch’io avevo perso sicurezza nel fare qualsiasi cosa.
E adesso, dovrei ritornare all’origine di tutti i miei pianti? Di tutto ciò che mi ha trasformata da una ragazza solare, estroversa ad insicura, introversa e sempre chiusa in se stessa? Sarebbe stato meglio morire.
Avrei fatto qualsiasi cosa, pur di non ritornare in quella città.

***

Mi risvegliai con la voce di Sheeran che rimbombava nelle mie orecchie,  mi ero addormentata con le cuffie, ma non era la prima volta.
Quella mattina ero felice quanto un militare che lascia la sua famiglia per andare in guerra, si.
Non avevo nessuna intenzione di alzarmi, tanto meno di andare a scuola e vedere tutte quelle facce di merda che ti squadravano da capo a piedi, di passare in qui corridoi a me sconosciuti, si, perché se in quei corridoi, dove passi la maggior parte del tempo, non hanno ricordi, non sono familiari, non ti fanno venire in mente tutte le risate che hai fatto con i tuoi amici, non ti provocano brividi per tutte le cose che hai passato, di tutte le cazzate fatte, allora sono sconosciuti.
Sentii i passi svelti di mia mamma, e prontamente chiusi gli occhi, non volevo vedesse che ero sveglia, si sarebbe messa a parlare, e parlare della sera prima, e le mie ovaie erano già abbastanza scartavetrate.
‘’Martina, tesoro, alzati, o farai tardi’’
Aspettai che chiuse la porta, prima di alzarmi e prepararmi, anche se non avevo la minima intenzione di entrare.
Svogliatamente presi le prime cose che mi capitarono davanti, felpa, jeans e vans. Legai i capelli con uno ‘chignon’ anche quello, fatto svogliatamente. Presi le cuffie e uscii di casa. 
Nel  tragitto vidi la macchina di mia madre riflessa sul mio specchietto, così fui costretta ad accostare vicino scuola e scendere.  Appena mia mamma avrebbe girato sarei risalita.

‘’Ciao Marty.’’ Oh, no, che merda. Mi girai con un sorriso più falso di quello che la professoressa mi faceva quando mi consegnava il compito di matematica, 4.
‘’Che minchia vuoi, Jessica?’’ Vidi i suoi occhi sgranarsi, aveva ragione, non le avevo mai risposto in questo modo.
‘’Cosa ti è preso? Noi siamo amiche…’’ cerca di sorridere. 
‘’No, eravamo amiche. Anzi, non siamo mai state amiche, tu sei stata la solita troia, io la cogliona che ti veniva dietro. ‘’ ‘’M..’’ non le do il tempo di parlare, non voglio sentire altre stronzate.
‘’Devo andare.’’
Rimisi il casco, salii sul sellino e partii. 
Avevo voglia di allontanarmi da tutto, sta’volta, non solo con la musica.
Uno dei posti che mi aveva sempre rilassato, era il mare. 
Non so quanto tempo impiegai per arrivare, ma non mi diede dispiacere.
Parcheggiai, mi tolsi le scarpe e affondai i piedi nella sabbia, che mi era mancata tanto.  Finalmente, avevo tutta la spiaggia per me, niente urla, niente folla, nulla.
Quanto potevo amare tutto questo? Era di una tranquillità assoluta, guardare quella massa d’acqua che andava avanti e indietro, il rumore delle onde che si infrangevamo sulla sabbia, non era rumore, se l’ascolti bene può essere musica.  Ma non vorrei vivere qui vicino, ci si abitua e si perderebbe tutto il gusto di fare ore di viaggio per poi arrivare e concentrarti su ogni minima cosa che rende tutto questo stupendo.
Sentii la tasca vibrare, ‘’Harry’’ lampeggiava sul display, strano.
‘’Ciao riccio’’ risposi.
‘’Niall, senti  hai dato da mangiare a Pussy?’’
‘’Idiota, sono tua sorella’’ Santo Cielo.
‘’Oh, ciao sorellina! Com…un’attimo, perché minchia non sei a scuola?’’
‘’e tu perché minchia non ti fai i cazzi tuoi?’’
‘’perché sei mia sorella, e non dire brutte parole.’’ Cioè, lo ha detto davvero?!
‘’mi prendi per il culo?’’
‘’non mi hai risposto, sorellina’’ se mi chiama di nuovo sorellina, affogo il cellulare.
‘’non mi andava di entrare, okay? ‘’
‘’ e perché?’’
‘’Harry, I CAZZI TUOI HARRY.’’
‘’hai un fidanzato? Eh eh, foooorza, chi è?’’
‘’Minchia, Harry, no! Ieri ho litigato con mamma, e credo sa già il perché.’’
‘’Ah, te lo ha detto?’’
‘’Si, e non ho intenzione di andare, come non ho intenzione di credere che tu sia vergine.’’
‘’Mmmh, okay.. adesso devo chiudere, ci sentiamo dopo?’’
‘’Okay.’’
Riaggancio, e mi accorgo che è quasi mezzogiorno, mi dovrei affrettare per ritornare a casa in tempo.
Se prima ero riuscita a scordarmi di Nework, adesso sta ritornando tutto come un grande peso sullo stomaco, che io non riesco a mantenere.
Quando torno a casa, trovo mia mamma discutere al telefono, ma appena entro mi fa un cenno col capo e va in camera, strana quella donna.

Scciaaaao bele.
Questa volta ho scritto un po’ di più, spero si noti èè.
Il capitolo fa cagare, ma ho fatto il possibile, o magari no (?)
Bhò, io questo capitolo lo dedico a Maddddalena, che mi ha fracassato le ovaie perché io continuassi la FF, e le voglio bene.
Se qualche speranza ha letto fin qui, ti prego, recensisci perchè mi sento parecchio sfigata AHAHAHAH
la smetto, sciao. C:
  
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