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Autore: Marty_E_Lara    26/09/2012    5 recensioni
Lara, una ragazza di 14 anni, è una persona socievole e ha una vita qualunque, ma il suo futuro non sarà così normale.
Martina, una giovane 15 enne, con un passato terribile e un presente difficile, cerca di crearsi una vita propria, lontana dalle violenze del padre; presto, però, si renderà conto che non puoi sfuggire al passato.
Il caso le ha fatte incontrare, impareranno che il destino si costruisce con le proprie mani e nessuno può decidere del futuro altrui.
*siamo Martina e Lara, un giorno abbiamo deciso di iniziare questa storia, frutto della nostra fantasia*
Genere: Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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La mattinata scolastica è stata… “riposante”; finalmente sono potuta stare un po’ in pace. La scuola non mi piace, ma almeno mi da l’occasione di stare lontana da mio padre.

Questi compagni di classe mi sembrano decisamente migliori, nessuno mi ha chiesto della cicatrice o del perché non mi faccia un intervento di chirurgia plastica: è già un risultato buono.
Ripetere un anno dovrebbe farmi sentire una fallita, ma non mi sento così.
Sarà un anno meno pesante, se così si può dire, perchè le pretese dei prof sono le stesse e ho avuto un anno per abituarmi.
Non sono una secchiona, le uniche materie “arabe” sono matematica e inglese; la prima non garba a molti, la seconda è un problema del mio cervello: non ho orecchio per le lingue.

La campanella di fine lezione è sempre la più amata, è una cosa intrinseca negli studenti. Esco di fretta, saluto Lara e infilo la felpa per non farmi pizzicare dal vento.
Cammino a passo svelto, la musica nelle orecchie non eccessivamente alta: non mi piace isolarmi troppo dal mondo, lo faccio solo tra le quattro mura della mia camera. La canzone finisce, per circa dieci secondi il mio udito è completamente invaso dal rumore del traffico, poi parte la canzone “Eccoti di Max Pezzali” e sul mio viso si disegna un enorme sorriso: questa canzone mi fa pensare al mio lui…


Era una giornata come un’altra; mia madre era morta ormai da due anni ed io ero uscita dalla fase di “estraniazione dal mondo”. Avevo indossato un’orrenda maglietta fucsia e un paio di jeans stropicciati. Non avevo idea che di li a poco tempo avrei incontrato l’uomo della mia vita.
Camminai un po’ senza meta, mani in tasca e occhi con del trucco appena accennato.

La seconda volta che passai davanti alla stessa pizzeria, attirando l’attenzione di un uomo dall’aria pericolosa, decisi di avventurarmi un po’ più lontano: sfuggire dal mio percorso pianificato mi avrebbe reso meno vulnerabile, così credevo, con l'ingenuità dei miei 12 anni. Dopo più di un’ora e mezza avevo i piedi distrutti, un borbottio allo stomaco e molta stanchezza. Pensavo di aver preso una scorciatoia, invece mi ritrovai in una piccola via senza uscita; c’era solo una biblioteca, realizzai che potessi riposarmi un po’ e magari, con gli spicci che avevo, prendermi dell’acqua e qualcosa da mangiare.
Il mio ingresso fu avvisato da un campanellino, una signora con grossi occhiali, profonde rughe e folti capelli grigi mi salutò. Feci un giro senza badare ai libri e mi fiondai su un distributore di merendine. Digitai il numero “16” per l’acqua e il “24” per delle patatine. Prima ancora di sedermi, avvertii un brivido sulla schiena: mi girai e incontrai un paio di occhi azzurri e profondi come l’atlantico. Era vicino a uno scaffale, in mano teneva un grande volume e non smetteva di fissarmi.
«Perché la fame colpisce all’improvviso»
Feci una leggera risata, mi vergognai per la battuta squallida, ma invece anche lui sorrise e mi invitò a sedermi vicino a lui. Gli adulti fanno suggestione, di solito, ma con lui ho subito sentito un profondo legame.

Per un po’ parlammo del più e del meno, mi raccontò del suo lavoro da infermiere, della capo sala, dei pazienti, di sua madre… e qui scoppia a piangere. Non mi alzai, non iniziai a fare la matta –reazioni abituali per me se si parlava di mia madre-. Rimasi seduta e gli raccontai tutto. Gli dissi perfino i miei assurdi sospetti, cioè che non fosse un essere umano, e fu il primo a non darmi della pazza.
“«Leggi qui, ci sono le prove dell’esistenza di demoni, licantropi, vampiri… Un religioso non è etichettato come pazzo, quindi nemmeno noi dobbiamo esserlo»”
Nemmeno noi.


La suoneria del mio cellulare mi strappa dai miei ricordi, faccio scivolare la mano in tasca e leggo il nome sullo schermo: “Frederick”. Un sorriso mi disegna le labbra, deve aver sentito che pensavo a lui.

«Amore! Com’è andato il primo giorno?»

«Vuoi sapere la parte più bella?»

«Certo, quale?»

«Questa»
Una risata briosa e seducente interrompe momentaneamente la discussione.

«Devi correre a casa?»
Riprende lui, come se mi rivolgesse una domanda retorica.

«No, mio padre mi ha ordinato di non presentarmi a casa prima delle quattro, forse potrei…»

«Certo, vieni pure! Ti preparo da mangiare»

«Quando potremmo uscire di casa, insieme, e andare a mangiare una pizza o qualcosa del genere?»

«Dobbiamo aspettare i tuoi diciotto anni»

«Potremmo anche sembrare fratello e sorella, basterebbe limitare le dimostrazioni d’affetto»

«Non usare quel tono da cane bastonato, pensi che a me faccia piacere non poterti portare al cinema, a cena fuori, oppure camminare mano nella mano per le vie di Milano…»

«Scusami, non volevo…»

«Tranquilla tesoro, ti preparo il tuo piatto preferito»

«Tu sei tutto ciò di cui ho bisogno per sopravvivere»
Chiudo la telefonata e metto il cellulare al suo posto, nella mia tasca destra. Sono molto emozionata all’idea di vederlo, è passato troppo tempo dal nostro ultimo incontro.
Con la mente altrove non mi accorgo di essere pericolosamente vicina a un ragazzo: gli vado addosso e per poco non cado a terra.

«Scusami! Non volevo!»

«Stai attenta puttana!»
Come si permette? Gli uomini hanno questa parola troppo sulla lingua.

«Ma stai zitto che tua madre lavora nella mia stessa strada!»
Il suo viso diventa rosso, gli occhi castani si stringono e le labbra assumono un’espressione minacciosa. Alza la sua mano, è intenzionato a colpirmi.

«Hey Simone, ti ha chiesto scusa la ragazza»
Un ragazzo vestito di nero si intromette nella discussione. Simone abbassa la mano e fissa il nuovo ragazzo con terrore. La cicatrice stranamente mi brucia, ho l’istinto di scappare.
Simone borbotta qualcosa di incomprensibile. Il ragazzo venuto in mio soccorso sussurra qualcosa all’orecchio dell’altro: il maleducato chiede scusa, o qualcosa di simile, e si allontana velocemente. Inizia a piovigginare: mi stringo nella felpa, ringrazio questo ragazzo e mi affretto ad andare da Frederick.




**angolo di Marty*
chi sarà questo ragazzo? perchè Simone ha reagito così?
saprete tutto, a tempo debito xD

  
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