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Autore: Lisa_Pan    27/09/2012    4 recensioni
Abigail racconta sensazioni mai provate attraverso impercettibili sussurri, Imre sopravvive cercando il ritmo nel silenzio, Emike raccoglie ricordi dentro delle note suonate su una chitarra color miele ed Aaron gioca al gatto e il topo con il diavolo; quattro vite, quattro anime che vagano sotto una pioggia complice alla ricerca di loro stessi.
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Diapason


Verde scarabeo

L’osserva con la coda dell’occhio, si muove silenzioso, avverte a malapena lo spostamento d’aria causato dai suoi impercettibili movimenti. Ogni tanto si volta per accertarsi che sia ancora lì e che l’enorme pick-up non viaggi per inspiegabile inerzia. Le piacciono i suoi occhi, tanto da concedersi la libertà di voltarsi, poggiando la guancia sul sedile, e osservarli senza nascondere minimamente la sua curiosità.

Nemmeno una parola dall’inizio del viaggio, solo musica, lo stesso cd che si ripete più volte, ormai le è entrato nella testa;  sono gli Strokes, ha finito di capirne le parole, si è innamorata della pronuncia di Julian che sembra trascinarsi dietro ogni dannata parola come se qualcuno gliele stesse incidendo sulla pelle nuda. Ogni inclinazione, ogni accento, ogni piccola sfumatura di ogni singolo brano le ha già sfiorato la pelle, riscaldato il sangue e..stancata. Ha tutto catalogato, le sue labbra son ferme da un po’ e lei sente già il vuoto tornare a far capolino nella mente.

Quando lui si volta e la scopre ad osservarlo, lei non prova un minimo di imbarazzo, sostiene il suo sguardo e si stupisce nel trovarlo divertito e curioso quasi quanto lei. Imre abbassa gli occhi sulle labbra di lei e nota il loro movimento lento e costante, ascolta il sussurro leggero provenire dalla suo gola, come se un diapason le stesse vibrando all’interno dell’esofago; sì perché le sue parole hanno un ritmo quasi impercettibile, con un dito se lo tamburella sulle gambe, ogni sillaba è un colpetto sui jeans chiari e sbiaditi dalla candeggina.

Abigail impiega più del dovuto a catalogare gli occhi di lui, non capisce cosa la blocca, ha seguito millimetro per millimetro la curva sinuosa delle sue palpebre, sono taglienti, quando sorride scompaiono sotto ad un concerto di ciglia così chiare che quasi si mimetizzano tra le pieghe degli occhi. Eppure, non appena sposta lo sguardo dai suoi pantaloni consumati dai troppi lavaggi, quegli stessi occhi diventano enormi fanali che le impediscono di vedere altro. Così la sua lista silenziosa si blocca ad elencare quell’infinità di sfumature che non avrebbe mai trovato in quegli occhi neri pece. Beh, in verità qualche sfumatura l’avevano, un verde smeraldo, come quello delle ali di quegli enormi scarabei che trovava per casa la sera e che piacevano tanto al gatto. Le fanno schifo gli scarabei, ma il loro colore l’attrae come nient’altro al mondo. Ok, non è vero nulla l’attrae più delle onde di quella dannata distesa che è l’oceano, così infinita, così senza limiti. Senza limiti, per poco non si mette a ridere davanti a quel semplice dato di fatto, non riesce a trovare una fine nemmeno ai suoi occhi che continuano a guardarle le labbra.

Le è simpatico ma si sente nuda, il tamburellare controllato delle sue dita si coniuga perfettamente con i sussurri di Abigail, per la ragazza è come se qualcuno tentasse di sfiorarla troppo da vicino perciò serra le labbra in un sorriso e si volta ad osservare la radio. Uno di solito l’ascolta la radio, lei la osserva. Non è difficile capire perché, dagli altoparlanti esce un suono sporco come la fiancata del pick-up, paragonabile a poche cose esistenti in quel buco di mondo: all’urlo rabbioso di un uomo che ha il bisogno disperato di esser capito dalla gente;  al roco boato della terra che trema; e per ultimo, ma non meno importante, alla profonda voce di Eddie Vedder.

Osserva le dita di Eddie accarezzare la chitarra, osserva l’armonica a bocca arrugginirsi a causa della saliva che le sue labbra lasciano sotto il loro passaggio. Muove la testa e chiude gli occhi e osserva nel buio ogni nota danzare nella sua mente. Ama la sua voce e ama la sua musica, per un secondo è tentata di aprire la borsa e tirare fuori la Rollei ossidata e scattare un paio di foto: una al pick-up che penzola dallo specchietto retrovisore e una alla radio trasandata.

La vede tirare fuori dalla borsa una di quelle macchinette biottiche sopravvissute a tempi migliori e scattare un paio di foto che a lui sembrano alquanto insensate.

“Quella va a rullini non è vero?”

Non lo degna di uno sguardo, sorride e basta.

“Sì, è una piccina vecchia scuola”

“Quindi non dovresti, che ne so, tenerti più scatti possibili per, beh per noi?”

Si gira un attimo, il tempo giusto per farlo sentire un idiota e poi torna a  fissare il pozzetto del pezzo d’antiquariato.

“E tu, che ne so, non dovresti semplicemente guidare e portarmi al campo? O ti hanno chiesto di tenermi sotto controllo?”

“Senti, chiedevo solamente non..”

Il tempo di girarsi e la biottica punta dritto verso il suo sguardo inebetito. Impossibile sfuggire al macchinoso clank dello scatto.

“Questa è per divertirmi e in ogni caso ho una borsa piena di rullini, ma terrei comunque il conto non si sa mai..”

“Sì, certo..”

Torna a guardare la strada ma con la coda dell’occhio la tiene sotto controllo, è strana con quel suo sussurrare e con la biottica sotto il naso, tiene stretto il pozzetto tra le mani e regola la messa a fuoco. Non ha mai capito molto di fotografia a guardare lei sembra una gran cosa, con quel sorriso sul viso avrebbe potuto illuminare a giorno il vialetto di casa sua, o sostituire, che so, il lampadario del soggiorno.

Frena bruscamente e gli ammortizzatori sbuffano chiassosi facendo alzare il pick-up di almeno dieci centimetri più su.

“Siamo arrivati”.

***


Buongì a tutti, sono stanca, ho gli occhi appesantiti e vorrei dormire per anni interi se non comportasse una disumana perdita di tempo. Stanotte non ho chiusco occhio e non so minimamente perchè. Ieri sera sono andata a letto prima del solito, molto prima del solito, i Fab Four vi salutano e Ringo Star è un tipo poco consigliabile. E mio padre deve stare lontano da loro almeno di una decina di metri, no è anche troppo poco.

Comunque i miei deliri personali non interessano a nessuno passiamo a parlare dei riferimenti all'interno del capitolo, spero che più o meno tutti conosciate i The Strokes, in  caso contrario direi di rimediare immediatamente andando tipo qui yessa, yessa, proprio qui.

L' altro riferimento musicale è a Eddie, ovvero il cantante dei Pearl Jam, sappiate che ho scritto questo capitolo ascoltando Guaranteed, una roba epica, giuro epica, da linciare chi ci ha messo prima la pubblicità di un videogioco, davvero da picchiare. Se non conoscete nemmeno lui DOVETE rimediare perchè non ve ne pentirete, ha una voce dannatamente profonda da spaccare i vetri ed è indubbiamente un gran pezzo di uomo, quindi non sbagliate sicuramente a dare un'occhiata. Eddie

Poi nulla, è solo il secondo capitolo e mi sembra sempre di non dire una cippa di nulla, ma giuro che qualcosa ci sarà di più sostanzioso, la mia meravigliosa beta può garantirlo, almeno spero.. Charaaaaaaaaa.

Bene ho finito il mio sclero mattutino quindi vi saluto e ringrazio in generale tutti quelli che sono approdati in queste pagine chi per sbaglio chi volutamente (voi siete pazzi!) e grazie a chi ha recensito le parole deliranti dello scorso capitolo.

Tante coccole a tutto.

Lis

   
 
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