Harry capita per sbaglio in casa di Piton nell'estate del quinto anno, dopo la morte di Sirius. Costretti a una convivenza forzata, i due scopriranno molte cose l'uno dell'altro.
Traduzione a opera di Starliam ed Allison91
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Harry Potter, Severus Piton
Note: Traduzione | Avvertimenti: nessuno
Eccoci qua!! Mi sono fatta un po' attendere, chiedo umilmente perdono. Colgo l'occasione per informarvi che l'autrice ha iniziato anche il sequel, intitolato "A time and place to learn"; del quale è già pubblicato il primo capitolo. Non dico niente per non rovinare la sorpresa a chi non ha ancora letto questa, ma per quelli che nelle recensioni hanno detto di averla letta anche in inglese... Forse saranno felici di saperlo!
A presto!
Starliam
Harry si sporse dalla scala più che potè. Il libro dalla copertina di
cuoio rosso era vicinissimo alle sue dita. Cercò di spingere la scala,
ma era già al limite. Harry si sporse un po' di più.
Il libro rosso era sull'orlo dello scaffale più alto; il pavimento
sembrava chilometri più in basso, ma dopo anni passati a giocare a
Quidditch su una scopa, aveva sviluppato un buon occhio per le altezze.
Dov'era la sua scopa, ora che gli serviva? Piton l'aveva lasciata dai
Dursley? E il suo mantello e la sua bacchetta? Piton doveva averli
nascosti.
Piton il cleptomane. Harry ridacchiò. Poteva immaginarsi Piton seduto
in circolo durante qualche gruppo di discussione: "Salve, sono Severus
Piton, e rubo le cose dei miei studenti per nasconderle al solo scopo
di irritarli".
Ridacchiando all'idea di Piton costretto a mettere in mostra i suoi
sentimenti, Harry tese il braccio al massimo. Aveva girato tutta la
libreria, in cerca di libri sulle giratempo. La maggior parte di quelli
che aveva trovato si erano aperti subito. Tre non si erano aperti, ma
le loro compertine avevano un aspetto oscuro e pericoloso, e uno aveva
cercato di mordergli la mano.
Tenendosi all'ultimo piolo della scala, Harry si sporse ancora, e sentì
il piede scivolare. Cercò di aggrapparsi alla scala, ma stava già
cadendo all'indietro...
Una forza invicibile lo prese a mezz'aria e lo spinse in piedi sulla
balconata. Appena sentì il pavimento solido sotto i piedi, si girò a
guardare in basso.
"Questa è una biblioteca, signor Potter" - disse Piton, le braccia
incrociata e la bacchetta in una mano - "Non un campo di Quidditch. E
non puoi volare qua dentro senza una scopa".
"Stavo cercando un libro", rispose Harry, cercando di non accigliarsi.
"Che cosa ti ho detto riguardo ai libri sugli scaffali più alti?" La
voce di Piton si era fatta severa.
"Ha detto che la maggior parte dei libri che non dovevo leggere erano
sugli scaffali più alti" - replicò Harry - "Non ha detto che tutti i
libri che non dovevo leggere si trovavano sugli scaffali più alti. Del
resto, non ho cercato di aprire a forza nessun libro che non si aprisse
di suo".
Il suo tono di voce non era dei più rispettosi, ma Piton gli lanciò
solo un'occhiata e gli fece cenno di scendere. "Il pranzo è pronto,
quindi vieni". Si bloccò quando vide il mucchio di libri sul tavolo.
"Signor Potter, che cos'è tutto questo?"
"Stavo facendo una ricerca" - Harry scese con calma la cala a
chiocciola, sperando che Piton non si acorgesse che stava mentendo -
"Un compito di trasfigurazione, per scuola".
"Ovviamente" - rispose Piton - "Mi aspetto che tu rimetta tutto a posto
alla fine della giornata. Gli elfi non sono qui per sistemare il tuo
disordine. E se osi sgualcire una sola pagina..."
"Che cosa farà?" Lo sfidò Harry, sentendosi stupidamente audace. "Mi
torturerà con braci ardenti?"
"Oh, Potter, non userei mai qualcosa di così banale e ordinario; non
quando ho un intero sotterraneo pieno di strumenti che ti farebbero
strillare per settimane". Piton uscì rapidamente dalla biblioteca.
Harry sbattè le palpebre, non sapendo se il professore stava scherzando
o no. Accidenti a quell'espressione indecifrabile.
"Muoviti, Potter!" Gli ordinò Piton voltandosi verso di lui mentre
attraversava il corridoio, e Harry si affrettò a raggiungerlo.
Non aveva trovato altre informazioni interessanti riguardo alla Collana
di Timord o su altre poternti Giratempo. La maggior parte dei libri
facevano riferimento alle Giratempo in generale, ma non dicevano niente
di quelle che non appartenevano al Ministero. Harry era sicuro che quel
libro rosso, "Tornare indietro nel passato: la storia dei viaggi nel
tempo", avesse qualche informazione che lo avrebbe aiutato. Avrebbe
cercato di prenderlo più tardi.
Si sedettero agli stessi posti che avevano occupato a colazione. I due
elfi arrivarono portando due piatti diversi, come quella mattina. Piton
aveva un'abbondante insalata con ogni sorta di leccornia: pollo, bacon,
formaggio, salsa, verdure tagliate; il tutto insieme a cracker e zuppa
do pomodoro. Harry guardò il suo piatto. Aveva una grossa scodella di
zuppa bianca e un panino. Assaggiò la zuppa: patate con appena un po'
di sale, ma piuttosto insipida. E non c'era burro sul panino.
"Che cos'è questo?" Chiese Harry.
Piton si girò lentamente a guardarlo. "Chiedo scusa, Potter, ti stai
lamentando del tuo pranzo?"
"Perchè non possiamo avere la stessa cosa?" Harry indicò i piatti.
"Non avevi detto questa mattina, che il cibo è sempre cibo, dopo un po'
tutto diventa uguale?" Piton prese un boccone di insalata.
"Si, ma..."
"Allora non voglio sentire nessuna lamentela". Piton ricominciò a
mangiare come se Harry non avesse parlato.
Harry mescolò sospettosamente la zuppa con il cucchiaio. "Cosa ha messo
nella zuppa?"
Piton sbuffò, ma si voltò verso l'elfa che aspettava ansiosamente
accanto al tavolo. "Minnonty, per favore, porta via la mia zuppa di
pomodoro e portami la stessa zuppa di patate che ha il signor Potter".
"Si, signore!" Gracchiò l'elfa, mentre prendeva la scodella di Piton
per poi scomparire. Un momento dopo, riapparse con un'altra scodella
piena di zuppa bianca, che sistemò davanti a Piton, accanto
all'insalata .
"Soddisfatto?" Chiese a Harry.
"No, intendevo..." Harry si interruppe. C'era qualcosa che non andava.
Iniziò a mangiare la zuppa, guardando Piton con attenzione. Ma il
professore non lasciava trapelare alcuna emozione sul suo volto, mentre
mangiava.
Dopo poco che mangiava la zuppa, Harry si sentì pieno. Avrebbe dovuto
essere affamato, specialmente dopo una colazione così semplice; ma
riusciva solo a mescolare la zuppa con il cucchiaio, lentamente, avanti
e indietro. Sentiva gli occhi di Piton su di sè, ma non gli disse
nulla.
L'orologio segnò l'una quando lasciarono la sala da pranzo. Harry era
in attesa, sperando che Piton volesse dargli qualche spiegazione.
"Seguimi, Potter". Piton si avviò di sopra.
Harry lo seguì, lanciando occhiate ai ritratti che lo fissavano. Un
avecchia donna scosse il capo quando Harry le passò davanti. "Non mi
piace il suo aspetto, Severus" - disse al professore - "Puoi ripulirlo
quanto ti pare, ma porterà sempre guai".
"Per favore, dimmi qualcosa che non so", sbottò Piton al ritratto.
Harry fissò il dipinto, poi le mostrò la lingua. La vecchia donna parve
scioccata, e agitò un dito ammonitore verso di lui.
Piton condusse Harry nella camera in cui aveva passato la notte.
"Siediti sul letto, Potter". Piton prese la borsa nera.
Harry alzò gli occhi al cielo. "Non sono malato, sto bene".
"Adesso, Potter!" Ordinò Piton, il volto severo.
Un Harry imbronciato si sedette sul letto. "Sto benissimo. A scuola,
lei non si interessa mai di sapere se sto bene o no. E Madama Chips si
preoccupa troppo. Va bene, ogni tanto finisco in infermeria... A tutti
capita, prima o poi. Silente dice che Hogwarts può essere
pericolosa..."
Piton gli infilò il termometro in bocca, interrompendo le sue proteste.
Poi il professore estrasse l'orologio da tasca e iniziò a prendergli le
pulsazioni. Harry alzò di nuovo gli occhi. Non era necessario. Piton
faceva tutto questo apposta per farlo sentire a disagio. Faceva
deliberatamente queste cose per farlo arrabbiare e innervosire.
"Vede?" Disse Harry quando Piton riprese il termometro. "Sto bene".
"38". Piton rimise il termometro nella valigetta.
"Oh. Beh, a pranzo ho mangiato la zuppa. Mi rende la bocca più calda di
quello che è di solito. Madama Chips ci misura la temperatura sempre
prima di mangiare, non dopo. Fra un'ora o due, mi sarà passato".
Piton sembrò esitare un attimo, poi si tese verso Harry e gli pose una
mano sulla fronte. Harry riuscì a trattenersi dall'indietreggiare. Non
voleva che Piton lo toccasse, non dopo quello che aveva fatto a Sirius.
"Sei caldo", commentò Piton.
Harry si tirò indietro. "E' perchè le sue mani sono fredde per il fatto
che sta seduto nei sotterranei così a lungo", sbottò.
Si aspettava che Piton lo brontolasse per ciò che aveva detto, ma sul
volto del professore passò uno sguardo strano. Per un momento, Harry
pensò di vedere negli occhi dell'uomo qualcosa simile alla
preoccupazione. Ma l'espressione svanì in fretta, e Piton disse: "La
smetti di chiacchierare, Potter? Saresti capace di far impazzire
qualcuno. Piantala, e bevi questo". Gli passò una fiala, più grande di
quella che gli aveva dato al mattino.
"Ma non sto male", obiettò Harry, rabbrividendo all'idea della pozione.
"Non mi fa neanche male la cicatrice. E quella roba che mi ha dato
stamattina non mi ha fatto alcun effetto".
"Potter!" Lo avvertì Piton.
Con un grugnito, Harry inghiottì l'orribile pozione, rabbrividendo al
gusto terrificante. Aveva voglia di sciacquarsi la bocca per liberarsi
da quel saporaccio.
"Adesso, stenditi e riposati un po'", disse Piton, riprendendo la fiala
vuota.
Era il colpo finale. "Starà scherzando" - Harry lo guardò male - "Non
sono un bambino piccolo. Può darmi cibo insipido, e tenermi chiuso in
biblioteca, e usare incantesimi di pulizia mattutina; ma non mi
costringerà a fare un sonnellino!"
Harry fece per scendere dal letto, ma Piton lo colpì con una fattura
incatenante. Harry sentì i suoi arti diventare rigidi, e i muscoli
smettere di rispondere. cadde all'indietro sul letto, e si trovò a
fissare il soffitto. Poteva sbattere le palpebre e muovere gli occhi,
ma non riusciva a muovere nessun altro muscolo.
"Finalmente, un po' di pace". Piton rimise la bacchetta in tasca e si
avvicinò al letto. "Proprio come tuo padre, sempre a fare domande e a
comportarsi come se fossi il padrone del mondo e di tutto ciò che vi
abita".
Harry potè solo lanciargli un'occhiataccia quando Piton comparve nel
suo campo visivo. Disperato, cercò di ricordarsi se c'erano
contro-fatture che annullassero quelle incatenanti. Non gli veniva in
mente nulla, e non aveva la bacchetta, non era mai stato molto bravo
con gli incantesimi non verbali; ma avrebbe dovuto diventarlo perchè
non poteva muovere la bocca e...
"Calmati", Piton interruppe il flusso dei pensieri di Harry.
"Probabilmente sei l'unica persona capace di farsi venire un
attacco di panico mentre si trova sotto l'effetto di una fattura
incatenante".
Harry vide la mano di Piton che si tendeva verso di lui, poi sentì le
sue mani sulle spalle, che lo giravano lentamente su un fianco. Piton
sistemò un cuscino sotto la testa di Harry; poi sollevò i suoi piedi
sul letto e iniziò a slegargli le scarpe.
Harry si concentrò sul respiro. Non aveva controllo neanche su quello,
il suo corpo continuava a prendere aria e a espellerla in automatico.
Ma doveva concentrarsi su qualcos'altro che non fosse Piton, così
vicino e pericoloso. Harry sentì che le scarpe gli venivano sfilate, e
una morbida coperta gli venne stesa addosso fino alla vita.
Piton piegò le braccia di Harry e gliele sistemò sotto il mento, nella
posizione in cui aveva visto dormire il ragazzo la sera prima. Harry
cercò di parlare con gli occhi, di urlare in silenzio a Piton di
lasciarlo andare, o se ne sarebbe pentito più tardi. Ma il rpofessore
si limitò a tirare su la coperta fino alle spalle e a fare un passo
indietro.
"Ti avverto, Potter, non accetterò le tue provocazioni, non in casa
mia. Sono perfattamente in grado di avere a che fare con marmocchi
viziati; quindi farai meglio a comportarti bene o non troverai
piacevole la tua permanenza qui. Adesso, cerca di dormire un po', e
questo pomeriggio ti lascerò fare una passeggiata nei giardini prima di
cena. Puoi rimanere a fissare il soffitto se ti va di tenere il
broncio, oppure puoi rilassarti e farti un piacevole sonnellino. In
ogni modo, rimarrai steso qui per le prossime ore". Piton prese la
bacchetta e la scosse leggermente verso la finestra. Le tende si
chiusero, tagliando fuori la luce e lasciando la stanza al buio,
eccezion fatta per la luce proveniente dal corridoio.
Con il solito svolazzare di veste, Piton uscì dalla camera, e Harry
sentì la porta chiudersi piano. Se avesse sbattuto la porta così forte
da far tremare le pareti, Harry si sarebbe sentito meglio. Ma il fatto
di averla chiusa dolcemente rese Harry ancora più furioso; e tutto
quello che voleva era prendere la valigetta nera e sbatterla sulla
testa di Piton. E poi prendere il termometro e ficcarglielo giù per la
gola, a quel brutto dannato pipistrello!
Harry sentì gli occhi riempirsi le lacrime, e sbattè le palpebre
furiosamente. Non voleva che Piton tornasse e vedesse il Bambino
Sopravvissuto che piangeva. I commenti che Piton avrebbe fatto,
sospirando all'idea che il mondo magico avrebbe dovuto essere salvato
da un bebè piagnucolone - Harry non sarebbe stato in grado di
controllarsi. Odiava Piton con ogni singola piccola emozione che aveva
dentro di sè, lo odiava per come lo chiamava e perchè era una persona
cattiva e malvagia, che si divertiva a veder soffrire gli altri.
Una vocetta dentro di sè gli stava dicendo che non era del tutto vero.
Piton non lo aveva preso in giro la notte precedente, quando piangeva
dopo essere stato punito. E a Piton non piaceva sempre veder la gente
soffrire, o non lo avrebbe fermato mentre stava cadendo in biblioteca.
E lo aveva lasciato stare lì, invece di rimandarlo dai Dursley.
Sì, Harry avrebbe messo il broncio, se avesse potuto muovere la bocca.
Stare lì era davvero divertente: era bello essere comandato e
controllato in continuazione.
Chiuse gli occhi, non per dormire, ma perchè tanto la stanza era così
buia che non faceva differenza se li teneva aperti o chiusi. Sarebbe
rimasto steso lì in attesa che la fattura incatenante svanisse. E più
tardi nel pomeriggio, quando Piton lo avrebbe fatto uscire in giardino,
avrebbe cercato un modo per scappare.
E non era malato: non importava quello che diceva Piton. Harry aveva
avuto la febbre anche da piccolo, si ricordava quei tremiti freddi alle
braccia e alle gambe quando si raggomitolava per dormire. Non si
sentiva così adesso. E non era neanche stanco. Lo avrebbe detto a Piton
quando lo avrebbe liberato, prima di tirargli in testa la valigetta
nera.
Harry sentì le palpebre chiuse divenire più pesanti, e i suoi pensieri
arrabbiati iniziavano a svanire. Che importava, adesso? Avrebbe dato
una lezione a Piton una volta o l'altra, ma per il momento stare steso
lì, in una calda e tranquilla stanza senza alcuna preoccupazione... era
così... bello...
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Piton aprì piano la porta e entrò nella stanza. Si aspettava di trovare
il marmocchio che lo fissava, gli occhi fissi e rabbiosi. Invece, Piton
vide il ragazzo sonoramente addormentato sulla schiena, la coperta
avvolta al corpo come un bozzolo. La fattura incatenante che gli aveva
fatto era una di quelle che svaniscono automaticamente al momento in
cui la persona si addormenta.
Dalla posizione delle braccia e delle gambe di Potter, era immerso in
un sonno profondo.
Piton strinse le labbra. Era stato via solo dieci minuti. Se tutto
fosse stato a posto, se non ci fosse stato niente di strano, allora
Potter avrebbe dovuto essere sveglio e ancora sotto effetto della
fattura, pronto a protestare che non aveva bisogno di un riposino. E la
febbre era aumentata.
Piton uscì dalla camera e chiuse la porta un po' più forte. Si mise in
ascolto con attenzione, sperando che Potter si svegliasse e iniziasse a
far casino. Silenzio assoluto.
Brutto segno. Piton si diresse in fretta giù per le scale fino al suo
laboratorio.
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Harry si voltò e sbadigliò. Si sentiva piacevolmente assonnato e molto
riposato. Gli sembrava di essere stato agitato per qualcosa, ma al
momento non riusciva a ricordare con esattezza. Rimase a fissare il
soffitto, cercando di pensare a cosa doveva fare. Poi, ricordò
tutto.
Si sedette e gettò la coperta di lato. Come aveva osato Piton? Che
razza di giochini mentali stava facendo quell'idiota?
Harry si rimise le scarpe, le annodò, e andò verso la porta. Uscendo,
gettò un'occhiata all'orologio sul camino. Le 15:35, lesse. Harry si
bloccò per un attimo. Aveva dormito per due ore e mezzo? Non poteva
essere normale, non si era neanche sentito stanco. L'otrologio
probabilmente lo prendeva in giro, come ogni altra cosa in quella
dannata casa.