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Autore: brightclaude    28/09/2012    0 recensioni
Ogni volta che lo faccio, devo ricordarmi degli occhi.
È quello che pensavo ogni volta che accadeva il solito rituale.
Leggere nella mente delle persone è stancante, S…
Pensavo anche questo, ma la cosa non mi spaventava, come non mi spaventava il fatto di poter essere scoperta.
Mi ritenevo troppo furba, per poterlo far succedere.
Eppure, nonostante il senso di appagamento, ogni volta sentivo una parte di me che mancava, un senso di vuoto che stringeva il mio corpo come in una morsa lancinante.
- Stefan….
Genere: Mistero, Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: AU, Lime, Otherverse | Avvertimenti: nessuno
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- Vorrei essere come te, Scarlett. 


- Perché?

- Perché i tuoi occhi non tradiscono mai le emozioni che nascondono. 

Quella frase suscitò in me un brivido in fondo alla schiena, feci un rapido movimento rotatorio con il collo e continuai a fissare il volto rassegnato di Caroline.

La pelle luminosa, olivastra, liscia, le labbra carnose con il loro immancabile rossetto rosa perla, gli occhi verdi smeraldo un po’ tristi – cosa che mi stupii, essendo lei sempre, perennemente, allegra – e il suo profumo di ciliegia mi ricordavano i campi sterminati dell’Oregon, specialmente di Salem, dove i nostri coltivavano ciliegie e dove noi passavamo le nostre giornate di primavera, sognando il cielo.

Ora c’eravamo, in cielo. Ma non era così che ce lo immaginavamo.

- Cos’hai in programma per stasera?

I suoi occhi cambiarono espressione, tornò la Caroline di sempre.
 

- Non lo so ancora, tu che fai?

- Devo vedermi con Vicky e Matt al pub nella zona est della Madre… vieni con me?

- Sì, tanto non ho niente da fare. Dobbiamo comprare qualcosa? La doccia non funziona bene, dovremmo mandare una richiesta ai tecnici della base centrale, anche se prevedo una lunga attesa...

- Ci ho già pensato io! Come faresti senza di me in questa casa?

Sorrise dolcemente e continuò a spazzolarsi i lisci capelli castano chiaro.

E in effetti non sapevo come avrei fatto senza di lei, in quella casa.

Da quando eravamo arrivate su Goah e da quando ci avevano passato la nostra piccola abitazione nell’ala cinque, era stata sempre lei ad occuparsi di tutto. Io non c’ero mai, ero sempre indaffarata e lei sapeva il motivo.
A volte avevo l’impressione che mi stessi approfittando della sua gentilezza e infinita disponibilità, ma il pensiero spariva appena mi ricordavo di dover portare a termine qualche mio lavoretto.

La mia famiglia… Loro erano bloccati sulla Terra, confinati in una campana di vetro circondata da lotte civili interne, la guerra contro l’Honoko e la disgrazia più totale.

E poi c’era Stefan. Chissà se stesse bene. Chissà se fosse ancora vivo.

Questi pensieri comprimevano qualsiasi altro e io dovevo sentirmi utile. Volevo solo che quello: compiere la mia missione. E questo avrebbe comportato la distruzione delle famiglie Lock, in specie quella dei Lockwood.

I Lockwood… Perché a loro erano stati regalati i posti per la navetta Magellano? Potere, soldi, materie prime e beni necessari al Governo della Federazione… No. Non era giusto, così.

Vendetta, quella volevo. Era il terzo pensiero che comprimeva la mia mente.

- Ehi?

Caroline mi risvegliò dal mio temporaneo stato di trans.

- Ehm, ci sono, ecco.

- Allora? Vieni?


 
Matt e Vicky erano i classici fratelli che si adoravano infinitamente e i classici ragazzi della porta accanto.

Contrassegnati dalla loro identificativa chioma rossiccia e dalla loro genetica cordialità, erano identici.

Beh, erano gemelli, mi avrebbe stupito se fosse stato il contrario. Erano entrambi carissimi amici di Caroline dai tempi di Salem – anche miei, ma il mio carattere cinico e un po’ burbero non ha mai fatto avvicinare più di tanto nessuno – e la fortuna aveva voluto che anche loro venissero scelti durante la Selezione.

Loro abitavano nell’ala tre, i genitori, imprenditori e proprietari della più grande industria di esportazione di ciliegie di Salem, erano più che benestanti e ciò aveva comportato loro l’assegnazione di un’abitazione posta in un’ala migliore della nostra.

Ma a loro della ricchezza di famiglia importava poco e, nonostante non ne avessero bisogno, continuavano a guadagnarsi da vivere svolgendo qualche lavoretto qua e là, Vicky come cameriera in un pub nel centro della nave Madre e Matt come tecnico nella base centrale – posta al di sotto della zona comunale della nave Madre –.

-Ehi, Vicky!

La chioma rossa si mosse all’improvviso dopo il risuono del suo nome e al suo posto apparirono due grandi occhi marroni espressivi e comunicativi, pieni di gioia.

- Caroline, finalmente sei uscita da quel buco! Devo raccontarti tante cose! Oggi ho visto Tyler… Dai, andiamo a farci una birretta.

Al suo seguito, si girò con molta più calma l’attenzione di Matt, che non appena si accorse di me, mi corse incontro gridando il mio nome, ogni volta così, come se non ci fossimo visti per anni.
Matt era sempre stato innamorato di me.

- Come stai, piccolo genio?

- Bene, ieri sei andata via troppo presto però, ci sono rimasto male…

- Non preoccuparti, oggi starò con te quanto vorrai.

Il sorriso che apparve sul suo volto era fresco, raggiante, puro. Sapevo di fargli quell’effetto e, benché il sentimento da lui provato non fosse da me corrisposto, mi piaceva sentirmi così importante, così essenziale per lui.

E a volte usavo questo fattore a mio piacimento.

- Andiamo al Black Lion?

- Oggi non sono di servizio, quindi spostiamoci di lì e andiamo alla Vecchia Birreria Irlandese!

Parlammo del più e del meno, della solita vita, della nuova vita e di ciò che comportava. Quando Vicky fece capire che voleva andarsene a dormire, Caroline si rese conto che sarebbe stata fuori posto se fosse rimasta con me e Matt, così decise di accompagnarla e di fare altre due chiacchiere.

- Che facciamo adesso?

Fissai lo sguardo innocente e speranzoso di Matt con uno completamente diverso, malizioso.

- Quello che vuoi.

Si alzò e spostò la sedia accanto alla mia, allungò la mano verso la mia guancia e la sfiorò dolcemente. Poi scese verso il collo e infine verso la spalla destra. E lì si fermò. Rimasi impassibile a quel tocco morbido, la mano di Matt era calda e familiare al mio corpo.

Dopo qualche momento di silenzio, mosse la mano e sollevò la spallina del mio vestito nero.

Il suo sguardo cadde per un secondo sulla mia profonda scollatura ma poi tornò ai miei occhi.

- Andiamo da me.

Appena Matt ebbe pagato il conto, ci spostammo verso l’ala cinque, aprii la porta di casa e ci buttammo sul letto, seduti con le gambe intrecciate l’uno con l’altra. Iniziò a toccarmi il ginocchio.

- Non sarà troppo corto, questo vestito?

- Non ti piace?

- Non ho detto che non mi piace, dico solo che dovresti mostrare di meno tutto questo alla gente che non ti conosce…

Gli toccai l’orecchio e avvicinai le mie labbra alla punta del suo naso e sussurrai ironicamente.

- Non sarai troppo protettivo?

- Lo sai come la penso. Io ci tengo veramente, a te

Continuando a guardarmi fisso negli occhi, mi spostò una ciocca di capelli dietro l’orecchio e mi diede lentamente un bacio silenzioso sulla guancia, vicino alle labbra.

Appoggiò l’indice sinistro su di esse e facendolo scivolare fece una leggera pressione così da lasciarsi del rossetto sulla pelle.

- Cosa posso fare per renderti felice?

Espresse chiaramente queste parole con una convinzione unica e profonda.

Iniziai a baciarlo con forza e lo feci sdraiare sul mio letto, le lenzuola bianche si sporcarono di rossetto e dopo qualche minuto mi fermai e mi sedetti sopra di lui.

Appoggiò con sicurezza entrambe le mani sui miei fianchi e mi guardò con uno sguardo differente, più sicuro, più virile, sollevandosi per un momento, giusto in tempo per riuscire a sfilarmi il vestito aderente.

Agitai i capelli e sistemai il reggiseno di pizzo, mi bagnai le labbra con la punta della lingua e sospirai.

Infine lo guardai intensamente.

I miei occhi diventarono dello stesso colore del rossetto.

- In effetti, una cosetta ci sarebbe…

 
 
 

  
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