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Autore: Raika    30/09/2012    2 recensioni
Gli opposti si attraggono e quando un demone e un agnello si incontrano la scintilla è inevitabile.
"Nei momenti critici il bene ha qualcuno dalla sua parte. Il male no."
E se il destino concedesse ad un demone l'aiuto di un agnello?
Bene e Male.. Demone e Agnello.. Destino e Scelta..
Il suo nome è Charlotte Hellenton e questa è la sua storia..
Genere: Azione, Romantico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altro Personaggio, Jin Kazama, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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“Regali” e Regali  
 
Quando Charlotte aveva detto a Jin Kazama che gli avrebbe fatto riavere i soldi spesi per la sua colazione era sincera. Nella sua mente, infatti, era intenzionata a riconsegnarglieli prossimamente, ma il proposito si rivelò molto più difficile del previsto da attuare.
Suo padre, infatti, si mostrò particolarmente esigente e nei giorni successivi ricoprì Charlie di così tanti incarichi che la ragazza a stento riusciva a trovare anche il tempo per semplicemente dormire. Inoltre ad aumentare lo stress in tutta quella situazione c’era l’imminente arrivo del “giorno x”, l’approssimarsi dell’ultimo giorno che Charlotte avrebbe mai voluto che arrivasse: il compleanno di Maria Ximena, per il quale non aveva ancora né comprato un regalo, né l’abito (con i relativi accessori) da indossare.
Tutt’altra situazione invece stava vivendo Jin Kazama, il quale di tempo ne aveva fin troppo nell’ultimo periodo, infatti, dopo l’ennesimo licenziamento le sue giornate erano piene di ore da impiegare nelle più svariate attività, che nel suo caso, si riassumevano tutte in: allenamenti.
Era, infatti, da una sfiancante corsa di un’ora e mezzo che Jin stava tornando quando nel suo appartamento trovò l’ultima persona che avrebbe mai immaginato potesse andargli a fare visita.
Quando il ragazzo tornò al condominio in cui abitava il sole, nonostante fossero le otto passate, illuminava sempre il cielo, segno che l’estate stava arrivando e, cosa ancora più importante, almeno per Jin, che avrebbe dovuto pagare bollette della luce meno care, in quanto avrebbe potuto ridurre al minimo il suo utilizzo.
Visto il modesto affitto che chiedeva il padrone di casa, la struttura non possedeva un ascensore e probabilmente, date le condizioni disastrate del palazzo era stata una scelta saggia non costruirlo, così si avviò verso il suo appartamento a piedi. Dopo una bella corsa, tre rampe di ripide scale erano proprio l’ideale.
Una volta al terzo piano Jin estrasse dalle tasche della tuta le chiavi di casa e stancamente le infilò nella toppa, accorgendosi però che non giravano: segno che qualcuno la aveva già aperta.
<< Che diavolo.. >> sussurrò Jin spingendo la lastra di legno.
L’appartamento era immerso nel buio e il ragazzo, posizionandosi in posizione d’attacco, entrò lentamente all’interno. Con cautela avanzò nella stanza fino a raggiungere l’interruttore, che con un colpo secco accese guardandosi poi intorno alla ricerca dell’intruso.
Immediatamente lo individuò e ciò che vide, lo lasciò perplesso: seduto sul suo divano, con alle spalle una guardia del corpo, stava un distinto uomo di mezza età, con i fini capelli brizzolati pettinati all’indietro e un elegante completo che li dava un’aria affascinante.
<< Signor Kazama, ben tornato >> lo salutò lo sconosciuto.
Jin lo guardò con sospetto e rimanendo a distanza di sicurezza chiese << Come diavolo ha fatto ad entrare nel mio appartamento? >>
L’uomo rise. << Non si può certo dire che tu viva in un bunker di massima sicurezza, cosa che trovo molto avventata data la tua identità, ma questo è un mio modesto parere. Adesso ti prego, accomodati. Posso darti del tu vero? >>
Il ragazzo annuì e facendo come gli era stato proposto, si sedette sul basso tavolino al centro della sala  aggiungendo << Si può sapere con chi ho il piacere di parlare? >>
<< Il mio nome è Adam Hellenton, presidente e proprietario della Hellenton Corporation, non che padre di Charlotte. >>
Charlotte.
Sentendo il nome della ragazza a Jin tornò in mente la strana sensazione che aveva provato quando il suo sangue gli era scivolato sulla mano e, senza sapere perché, si ritrovò a trattenere il fiato.
La reazione del giovane non sfuggì al signor Hellenton, il quale disse << Bene, vedo che l’hai presente e come darti torto, mia figlia è una ragazza avvenente dopotutto. >>
<< Non è certo quello che mi ha spinto ad aiutarla >> rispose Jin quasi offeso. Non era andato in suo soccorso perché era carina, ma perché.. Perché.. Perché cosa?  
Non sapeva neanche lui il reale motivo per cui aveva deciso di salvarla, certo principalmente perché era nelle grinfie di un pazzo, ma non solo per quello, c’era qualcos’altro sotto la sua scelta, qualcosa di più sottile, qualcosa di..
<< E’ stato quasi un dovere per te.. >> disse l’uomo, come se gli stesse leggendo nel pensiero.
Già, era stato come un obbligo, come se qualcosa gli avesse imposto di salvarla perché doveva farlo. Perché era stato già deciso. Perché così doveva essere.
<< Dove vuole arrivare? >> domandò Jin riflettendo sull’ultima affermazione.
Il volto di Adam Hellenton si scurì improvvisamente e senza dire niente si alzò, dirigendosi lentamente verso la finestra, dove il sole stava iniziando a tramontare.
<< Conosco la tua famiglia da molto tempo ormai >> disse. << Conobbi Heihachi Mishima molti anni fa, così come suo figlio Kazuya. Strana famiglia, mi lasciò subito sorpreso, così piena d’astio, di rancore, di rabbia.. D’odio. L’odio era così forte che era quasi possibile toccarlo con mano.
   << Ma l’odio è una brutta bestia, corrode le persone e le consuma.. Le trasforma in Demoni. >>
All’ultima parola Jin s’irrigidì e dentro di sé sentì una forza ribollire, come se cercasse di trovare l’energia per prendere il sopravvento e così liberarsi. Con estrema fatica il ragazzo cercò di placare se stesso e molto lentamente disse << Non capisco dove sta cercando di arrivare. >>
<< Sto cercando di dirti >> esclamò Hellenton, voltandosi di scatto verso Jin e fissandolo nei suoi occhi scuri. << Che so cosa sei! Conosco il segreto della tua famiglia! Una famiglia dal sangue maledetto! >>
Quell’ultima frase fece scattare il giovane in piedi, la forza dentro di sé si stava ribellando al suo controllo, acquistando sempre più forza, come se si fosse sentita chiamata in causa.
Immediatamente il soldato si posizionò di fronte al suo capo puntando la sua arma dritto al cuore di Jin, pronto a sparare al primo accenno di aggressività.
<< Lei non sa niente! >> urlò Kazama.
<< E’ qui che ti sbagli ragazzo. Io so, grazie a tuo nonno so tutto. So del demone che ti porti dentro e di come questi ti consuma. Di come ti corrode dall’interno. Del potere che ha su di te, di come riesce a manovrarti e a farti perdere il controllo. >>
Il giovane rise, ma non c’era gioia nella sua voce, solo sarcasmo e rassegnazione.
<< Lei crede di sapere come mi sento, vero? Crede di conoscere la situazione solo perché un vecchio consumato dall’invidia e dal desiderio di potere gli ha raccontato qualche storiella?!
   << Glielo ripeto, lei non sa niente. Non ha idea di cosa significhi, nessuno lo sa! >>
<< Una cosa però la so >> esclamò Hellenton, spostando la sua guardia del corpo e sbattendo le mani sul bordo del divano. << Hai un potere immenso e se non controllato, pericoloso! >>
<< E quindi?! Non è certo un suo problema! >>
<< Oh si invece, lo è diventato nel momento in cui hai salvato mia figlia. >>
Il giovane lo guardò confuso, aveva aiutato la figlia evitandole la morte certa e lui veniva lì nel suo appartamento con una guardia del corpo armata a fargli la paternale da santo protettore dell’umanità. Non poteva semplicemente essergli riconoscente e lasciarlo in pace?!
Poi un dubbio si insinuò nella sua mente, che quella ragazzina gli avesse raccontato una versione dell’avvenimento in cui era lui il mostro cattivo? Ora tornava tutto, chi sa che accidenti aveva raccontato al padre per giustificare il mancato ritorno a casa! Eppure non le era sembrata così piccola da dover chiedere il permesso al papino per passare la notte fuori.
<< Senta >> disse Jin calmandosi leggermente. << Qualunque cosa sua figlia le abbia raccontato, le posso assicurare che io non l’ho sfiorata. L’ho trovata in quel vicolo con quel pazzo che cercava di strangolarla e l’ho salvata, poi l’ho portata qui visto che aveva perso i sensi, ma niente di più. Non l’ho toccata, lo giuro. Se si è inventata qualsiasi altra scusa per giustificare il non esser rientrata a casa quella notte, le assicuro che non è vero. >>
Adam Hellenton sembrò stupito nel sentire quelle parole. Che accidenti aveva capito quel ragazzo?
<< Non sfiorerei mai una ragazza incosciente, men che meno minorenne, non sono quel tipo d’uomo >> continuò Jin, preparandosi mentalmente altre arringhe difensive nel caso non gli avesse creduto.
Ma più il giovane parlava, più Hellenton capiva che Jin aveva frainteso tutto. Non era certo andato lì perché Charlie gli aveva rifilato qualche patetica scusa dell’uomo cattivo per giustificare il fatto di non essere tornata a casa per la notte, a vent’anni non aveva certo bisogno del suo permesso per rincasare a l’ora che voleva.
<< Credo che tu abbia frainteso >> disse. << Non sono qui perché Charlotte mi ha raccontato chi sa quale storia su uno stupratore, so che non l’hai sfiorata, non ancora almeno.. >>
Il giovane alzò le sopracciglia sorpreso e tornado sulle difensive chiese << Allora che diavolo vuole? >>
<< E’ molto semplice >> rispose Hellenton avvicinandosi al basso tavolino di fronte a sé e poggiandovi un foglietto rettangolare. << Voglio che tu non abbia più contatti con mia figlia, mai più. >>
Jin osservò perplesso l’uomo. Tutto qui? E lui che si era aspettato chi sa quale improponibile richiesta. Poi notando il piccolo pezzo di carta lo afferrò, leggendovi ciò che vi era scritto e sgranando gli occhi per lo stupore: era un assegno, un assegno a cinque zeri.
<< Un piccolo incentivo per renderti questo compito meno, come posso dire.. Gravoso >> disse Hellenton notando l’espressione del giovane. << Cosa ne dici, puoi farlo? >>
Il ragazzo era senza parole, tutto quel denaro solo per stare lontano da una ragazza che aveva incontrato per un fortuito caso un’unica volta? Era un’assurdità, ma ovvio che ci stava!
Jin non era mai stato particolarmente attaccato ai soldi, anzi ad esser sincero non gli importavano proprio, ma in quel momento, dopo il quindicesimo licenziamento e le ultime due rate di bollette da pagare, quell’assegno era proprio una manna dal cielo e non fu difficile per lui accettarlo.  Il difficile, anche se ancora non lo sapeva, sarebbe stato eseguire il compito per cui gli era stato donato. Egli, infatti, non aveva idea del legame che lo legava a Charlotte e di come questo lo avrebbe tentato.
<< Ottimo >> approvò Adam Hellenton porgendogli la mano. << E’ stato un piacere signor Kazama. >>
<< Vorrei dire lo stesso. Arrivederci. >>
L’uomo rise e facendo un cenno alla sua guardia del corpo disse, uscendo dall’appartamento << No, Addio. >>

<< Ecco a lei signorina >> disse gentilmente la commessa porgendo la sgargiante busta con gli acquisti a Camila, che eccitata esclamò << Perfetto e adesso il prossimo. >>
<< Ancora?! Non pensi di aver comprato abbastanza? È la decima boutique in cui entriamo >> disse Charlotte avvilita, non sarebbe riuscita a reggere un’altra ora di prove vestiti.
<< No, non credo. Gli esperti dicono che quest’anno andrà di moda il rosso corallo e nel mio armadio non c’è niente di quel colore, devo rimediare. >>
<< Non ci sarà niente di rosso corallo, ma hai almeno trenta sfumature di rosso diverso. >>
<< Ma niente corallo, quindi al prossimo negozio. E poi tu devi sempre trovare l’abito per il compleanno di Maxi e un regalo se non ricordo male. >>
Charlie sbuffò, lo scopo di quell’uscita, infatti, era proprio quello di acquistare un nuovo vestito e un dono per la sua incontentabile sorellina, anche se fino a quel momento niente di tutto ciò si era avverato.
<< Non mi sembra che fino ad esso tu abbia trovato niente >> le fece notare l’amica.
<< Lo so, non c’è bisogno che tu me lo ricordi. >>
Camila rise, la divertiva un mondo vedere Charlie immergersi nel tanto odiato mondo dello shopping. Succedeva raramente che la primogenita di casa Hellenton si avventurasse in dieci diverse boutique nello stesso giorno, ma ogni volta che accadeva era uno spettacolo da non perdere.
<< Lo so che ti stai divertendo come una matta, ma giuro che te la farò pagare Cami. >>
<< Certo, certo >> rispose lei ridendo. << Ma prima il prossimo negozio. >>
Charlie sbuffò. Fortuna che i compleanni venivano solo una volta l’anno.
Come avevano fatto per le quattro ore precedenti le due ragazze attraversarono la sfarzosa entrata di un delle numerose boutique di lusso che occupavano la galleria dei centri commerciali Izarawa ed  esattamente come ogni volta precedente Charlotte sospirò alla vista di tutti quegli scaffali che lei e Camila avrebbero dovuto esplorare.
<< E’ davvero necessario? >> domandò esasperata la bionda.
<< Sta tranquilla Charlie, vedrai che qui troverai l’abito giusto per te. >>
<< Ho come la sensazione di averla già sentita >> disse ironica la ragazza. << Giusto, hai detto la stessa cosa per le ultime dieci boutique! >>
Camila alzo le spalle poi prendendo per un braccio l’amica la trascinò verso il primo immenso scaffale dove con delicatezza iniziò ad esplorare la mercanzia.
<< Sai qual è il tuo problema Charlie? Non riesci ad apprezzare a pieno la rilassante arte dello shopping. Lo vedi con troppa negatività e non ne assapori i lati divertenti e leggeri. Lasciati andare al suo richiamo, ascolta.. >>
Sentendo quella smielata manfrina Charlotte per poco non scoppiò a ridere, le parole di Camila erano così spirituali e appassionate da farle sembrare il frutto dell‘illuminata mente di qualche santone indù.
<< E questa dove l’hai sentita? Ad un corso di yoga di seconda categoria? >>
<< Per tua informazione cara, la sottoscritta non frequenta corsi di seconda categoria. E adesso fila nel camerino a provarti questi >> ordinò la rossa sbattendo letteralmente in braccio alla compagna una pila infinita di abiti in ogni sorta di colore.
Dopo aver provato e riprovato e provato ancora una quantità di vestiti inimmaginabili finalmente la primogenita di casa Hellenton riuscì a trovare quello fatto per lei, optando per un mini abito color avorio senza maniche e ricoperto da un fine strato di trina bianca lavorata.
<< Incantevole >> sentenziò la giovane Toledo osservandola con sincera ammirazione.
<< Si, questo può andare. >>
<< Perfetto. Io se fossi in te prenderei anche quello rosso corallo. >>
<< Cami. >>
La giovane alzò le spalle. << Che c’è? Te l’ho detto che quest’anno andrà quel colore, lo dico per te. >>
Charlie rise, quella ragazza era proprio impossibile.
<< E’ stato proprio un ottimo affare >> disse Camila uscendo dalla boutique e incamminandosi con le sue borse per la galleria. << Andiamo a mangiare? Poi cerchiamo il regalo per Maxi. >>
La bionda annuì senza darle molto peso, l’idea di passare il resto della giornata alla ricerca di un dono per sua sorella non la faceva particolarmente impazzire, sapeva già che sarebbe stato  pressoché impossibile trovare qualcosa che la soddisfacesse.
<< Conoscendo Maxi qualsiasi cosa le comprerò non sarà all’altezza della sua regale persona.. >> sbuffò.
<< Bé, come si dice l’importante è il pensiero. Anche se una bella borsa non guasterebbe.. >>
Charlie la guardò di traverso e nel farlo notò dietro l’amica una piccola vetrina dai colori e le immagini scintillanti.
<< La cornice >> esclamò la ragazza, dirigendosi spedita verso il negozio.
<< Vuoi comprare a Maxi una cornice? Davvero vuoi sentirla lamentare per i prossimi otto anni? >>
<< Certo che no, non è per Maxi, non sono una masochista autolesionista. >>
<< Allora per chi è? >>
<< Per un amico. >>
Camila osservò senza capire la compagna, da quel che ne sapeva lei per nessuno dei suoi amici, che tra l’altro erano anche i suoi, avrebbe mai comprato una cornice. Inoltre da quando conosceva la ragazza non l’aveva mai vista comprare un dono per qualche rappresentante del sesso opposto, Charlotte Hellenton in quanto sostenitrice della più romantica e orami un po’ superata idea della cavalleria era più il tipo che se li faceva fare i regali.
<< Vuoi spiegarmi per chi sarebbe? >> domandò la giovane Toledo vedendo riapparire l’amica con in mano una graziosa bustina blu.
<< Te l’ho detto, per un amico. >>
<< Ho capito, ma che amico? Frequentiamo le stesse persone e non mi viene in mente nessuno a cui tu faresti un regalo qualsiasi, figuriamoci una cornice placcata in argento. >>
<< Non lo conosci. >>
<< Oh ora è tutto chiaro >> rispose maliziosa la rossa. << E’ “un amico” di quel genere. . >>
<< Che?! Quale genere? >> chiese Charlotte fissando perplessa l’occhiolino che Camila le faceva.
<< Del genere più che amico. Andiamo ti si legge negli occhi che ti piace, altrimenti perché gli compreresti un regalo? Certo un po’ strano, ma pur sempre un regalo.. >>
<< Perché >> puntualizzò la bionda. << Gli ho rotto una cornice a cui teneva molto e mi sembra giusto ricomprargliela, tutto qui. >>
Camila guardò l’amica scettica. << E tu pensi che me la beva? >>
<< Si, perché è così. >>
<< Charlie >> disse la rossa cingendole le spalle con un braccio. << Da quant’è che ci conosciamo? Cinque, sei anni?  Pensi davvero che dopo tutto questo tempo non ti abbia imparato a conoscere? Tu non fai mai e sottolineo mai regali ad un ragazzo, figuriamoci uno così costoso. >>
<< Gliela ho comprata solo perché gliela ho rotta. >>
<< Anche a Corbin Milton rompesti il naso, ma non gli hai regalato una rinoplastica. >>
<< Non è la stessa cosa e poi se lo è rotto da solo il naso >> rispose Charlotte offesa, avviandosi verso uno dei migliori ristoranti italiani della galleria.  
<< Gli hai tirato un dizionario in piena faccia. >>
<< Era un’enciclopedia. >>
<< E cosa cambia? >>
<< Il numero di pagine. Se gli avessi tirato un dizionario avrebbe avuto bisogno di una plastica facciale. >>
Per tutta l’ora successiva, che comprese un delizioso pranzo a base di prelibatezze italiane, Camila e Charlotte continuarono a discutere sul perché la bionda avesse deciso di comprare quella cornice, azione di cui tra l’altro si era già pentita. Il ripensamento però non era dovuto tanto all’azione stessa, quanto al fatto di averla fatta di fronte all’amica, avrebbe dovuto immaginare quale sarebbe stata la reazione di Camila, era più che ovvio che sarebbe subito saltata alle conclusioni sbagliate. Dire, infatti, che a lei Jin Kazama piacesse sarebbe stato un errore, non era certo quel tipo di ragazza che credeva nell’amore a prima vita; un errore sarebbe stato però anche affermare che Jin le fosse del tutto indifferente, il ragazzo infatti le aveva lasciato fin dall’inizio una strana sensazione addosso, non sapeva come spiegarlo, ma da quando si era allontanata da lui aveva provato come la necessità di ritrovarlo. Non c’era assolutamente niente di logico in tutto quello, ma era esattamente ciò che aveva provato.
<< Perfetto, anche il regalo per Maxi è fatto >> concluse soddisfatta Camila osservando il bel pacchetto contenente un paio di decolté blu elettrico con piccoli zaffiri incastonati.
<< Queste dovrebbero soddisfarla per le prime cinque o sei ore >> disse Charlie soppesando la scatola.  
<< Io dico che le piaceranno. >>
<< Certo, per le prime sei ore. >>
La giovane Toledo rise. << Adesso? >>
<< Adesso direi basta shopping, abbiamo comprato abbastanza per oggi >> rispose la bionda guardando l’orologio.
Erano le sei. Chi sa, forse se si sbrigava poteva riuscire a portare al destinatario la cornice comprata e tornare a casa in perfetto orario per la cena.
Camila sorrise maliziosa e sbattendo le ciglia disse << Vuoi andare da lui? >>
<< Mmh? >>
<< Ti si legge negli occhi. Su vai a portargli il tuo regalo >> rispose la ragazza sorridendo. << Non me la prendo. >>
Charlie guardò per un attimo il pacchetto blu tra le sue mani e con delicatezza ne accarezzò la superficie. Doveva andare?  Bé, non che la possibilità non la tentasse, ma era davvero una buona idea? Insomma, aveva incontrato Jin solo una volta e a dirla tutta non era molto sicura che lui avrebbe apprezzato il suo gesto, nonostante fosse fatto con le migliori intenzioni.
<< Allora? Ti decidi ad andare o no? Non vorrai mica dirmi che ti è venuta voglia di visitare qualche altra boutique insieme a me.. >> scherzò Camila.
Charlotte rise, se avesse messo piede in un altro negozio sarebbe morta di disperazione. << No, non ci penso proprio. >>
<< Vai allora >> le disse la ragazza, spingendola gentilmente verso la direzione dell’uscita. << Ciao, ciao! Tienimi informata. >>
La giovane osservò l’amica allontanarsi e scuotendo la testa scoppiò nuovamente a ridere, guadagnandosi occhiatacce sospettose dai passanti.
Perfetto, aveva appena fatto la figura della pazza che si mette a sghignazzare per conto proprio senza un’apparente motivo, forse era meglio andarsene da lì.
Riuscendo miracolosamente a non far cadere nessuna delle borse che teneva in mano estrasse il suo cellulare dalla tasca e veloce compose il numero del suo autista.
<< Ricardo, ho bisogno che tu mi accompagni in un posto. >> 
   
 
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