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Autore: Lisa_Pan    03/10/2012    6 recensioni
Abigail racconta sensazioni mai provate attraverso impercettibili sussurri, Imre sopravvive cercando il ritmo nel silenzio, Emike raccoglie ricordi dentro delle note suonate su una chitarra color miele ed Aaron gioca al gatto e il topo con il diavolo; quattro vite, quattro anime che vagano sotto una pioggia complice alla ricerca di loro stessi.
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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3 parco-giochi

Parco-giochi

Scende dal pick-up nel cigolio stridente dello sportello che ruota sui propri cardini. Gli stivali affondano abbondantemente nel friabile terriccio sabbioso dell’arena.  Nonostante siano anni che i suoi pantaloni si riempiono di polvere e sassolini, l’odore pungente dell’arena lo coglie sempre di sorpresa, tossisce senza sosta per interi minuti inspirando pulviscoli arancioni che gli pizzicano le narici e scatenano una scarica di starnuti.

L’aria è satura di polvere ma l’odore è irresistibile: sa di legna e terra bruciata. E’ come se i sensi diventassero materia, sente il peso degli odori addosso ai vestiti, su quei pantaloni sbiaditi e sulla maglietta che una volta doveva essere stata bianca, lo sente sulle mani che si ricoprono di una patina grigia di argilla che secca la pelle rendendola liscia.

Aggira il mostro bianco e salta sul rimorchio sfilando da un bustone enorme alcuni vestiti che profumano di lavanderia. Quando riscende si accorge che lei è ancora seduta sul sedile con i gomiti poggiati sul cruscotto che osserva l’andirivieni caotico nell’arena. Picchietta sul finestrino cercando di attirare la sua attenzione ma lei non lo guarda, nemmeno quando gira la leva e apre il finestrino.

La sua bocca ha assunto una strana piega sul viso, la nasconde tra le braccia attutendo il suono che esce dalle labbra più alto del solito flebile sussurro. E’ come se non riuscisse a contenere le parole che si sviluppano nella sua gola ad una tonalità maggiore del flebile la3 del diapason impiantato nell’esofago.

Quando gli occhi di lei si piazzano davanti ai suoi, Imre si sente preso alla sprovvista, le iridi grigie scompaiono divorate dall’allargarsi della pupilla nera, lo guarda ma è come se non lo guardasse affatto con quello sguardo allucinato perso in qualche diavolo di mondo tutto suo.

Imre si gira e con un moto d’inquietudine si guarda intorno, colori, odori, suoni, in un attimo si sente investito da miriadi di sensazioni diverse, alcune contrastanti che gli entrano in gola e gli strappano via le corde vocali. Si porta una mano al collo e cerca di controllare il respiro: lo scalpiccio dei cavalli; un martello che picchia su un chiodo; il chiodo che squarcia il legno in un esplosione di milioni di microscopiche schegge; l’intermittenza di una radio poco distante da lì; è un dannato caos quello, un caos fatto di polvere e vociare confuso, in cui Imre ormai si è perso alla ricerca di un ritmo, un battito regolare e costante. L’abitudine di trovare suoni dove regna indiscusso il rumore gli permette di tenere sotto controllo la sua istintività incontrollata che s’impossessa del respiro e del battito cardiaco portando entrambi all’iperventilazione.

Abiagail osserva Imre tamburellare con le dita sul finestrino un ritmo confuso che si trasforma da melodia frenetica ma controllata ad un pacato battito, uno, due, al secondo. Quando si volta a guardarla scorge un sospiro sul suo volto e in quell’istante la mano di lui lascia il collo e scende morbida sul suo fianco. E’ improvvisamente tranquillo e sereno, le sorride ma nel suo sguardo coglie ancora un leggero velo d’inquietudine.

“Per te questo deve essere un dannato parco-giochi!”

E’ vero, per Abigail le sensazioni che stavano per ucciderlo sono vere e proprie immagini da catturare e conservare gelosamente sulla pellicola fino a quando non si sarebbe trovata da sola con loro nella camera oscura. Ha un rapporto semplice e diretto con i suoi scatti, prima di tutto li sente, come fuochi fatui, segue attraverso l’obbiettivo la scia di sensazioni che le persone si lasciano dietro o che lasciano su oggetti che inevitabilmente s’impregnano della loro storia, come spugne. Con l’occhio nel mirino non ha motivo di stilare alcuna lista sussurrata, tutto ciò di cui ha bisogno è sentirsi sola, completamente sola e avida di storie, storie da vestire, da vivere. Le mancano dei frammenti enormi della sua vita, come pezzi di un puzzle rimasto incompiuto, è solamente una ragazza con la metà delle consapevolezze comuni in una bambina. Vuole disperatamente capire, lasciarsi coinvolgere in vite che non sono sue, gestire i ricordi di altri la fanno sentire quasi piena, in un certo senso sono pezzi invisibili che sostituiscono il vuoto nel quadro.

E’ inevitabile, prendere in mano la macchinetta e lasciarsi avvolgere dalla solitudine e dalla malinconia, sa che senza il loro peso sul cuore l’avidità e la fame nel suo stomaco non potrebbero mai essere stimolate. Ha imparato che l’abitudine brucia la facoltà di vedere, vedere per davvero, a volte vedere anche se stessi.

Quell’arena contiene più anime di quante ne aveva immaginate, anime colorate, anime profumate, anime vive.

 “Ti va di andare a fare un giro nel parco-giochi?”

Imre la guarda dritta negli occhi e lei sorride e annuisce con convinzione.

 

“Imre, hol a pokolban voltál? Itt várnak minden ..”

“Vitaris, Vitaris, kérlek ..”

Vitaris guarda di sottecchi Imre prima di accorgersi che al suo fianco c’è una ragazza dai capelli rossi che li guarda interrogativa.

“Oh, scusami, Abigail giusto? Perdonami non volevo essere scortese..è un piacere averti qui con noi..”

Abigail lascia che il tipo di fronte a lei si scusi senza motivo troppo impegnata com’è a ripetersi nella testa le parole che aveva pronunciato qualche attimo prima. Affascinata, chiude gli occhi e sussurra i suoni che è riuscita a capire, ripetendoli più e più volte come una cantilena. E’ tagliente ma non dura come il tedesco, musicale ma non sputata come il francese; si gira verso Imre e gli guarda le mani, chiedendosi quale ritmo il ragazzo avesse dato a quelle parole, delusa nota che le dita di lui sono ferme, infilate nelle tasche dei jeans.

“Non..non si preoccupi.”

Mette fine a quella sfilata di belle parole che le sembrano troppo forzate, come note stonate, per il volto di quell’uomo. Le stringe la mano in una morsa ferrea, si sporge con il corpo possente sovrastandola di qualche decina di centimetri nonostante la sua statura sia considerevole per una ragazza, il suo sguardo pesa gravemente su quello di Abigail. Con il suo corpo, Vitaris, mette in chiaro la sua posizione rispetto a quella di lei, chiede rispetto dando rispetto non escludendo che in mancanza di tale elemento gli basterebbe un secondo per riportare tutti al proprio posto.

Non le fa paura, è un uomo chiaro e dannatamente diretto, ricambia la stretta di mano stringendo vigorosamente il polso di Vitaris che, soddisfatto, le sorride bonario per la prima volta se stesso.

“Ora, se non ti dispiace vorrei portarti a fare un giro per l’arena. Imre tu vai dagli altri, ti stanno aspettando”.

Abigail allontana gentilmente dalla mano di Vitaris poggiata sulla sua spalla cercando di fargli capire che non ha bisogno di essere guidata anche fisicamente, lui la lascia fare e si porta avanti battendo i passi sulla polvere e alzando nuvolette di pulviscolo e terriccio. Lei si volta e con un cenno del capo ringrazia Imre, lui di rimando le sorride e incrocia le dita in direzione di Vitaris lasciandola definitivamente con la sola compagnia dell’uomo.

***

Salve gente, sono di nuovo qui e sono di nuovo senza un minimo di roba sensata da dirvi, in questi giorni ho passato la metà del tempo su efp a leggere storie meravigliose, giuro davvero splendide qualcosa di assolutamente fuori dal comune. Ho lasciato così tante recensioni da non ricordarne nemmeno il numero quindi potete solo immaginare. So solo che c'è una marea di potenziale su quest osito lasciato in pasto ai leoni, roba da un numero di recensioni schfosamente povero quando ne meriterebbero centinaia di recensioni. E non scherzo. 

Questo è uno di quei fandon proliferi, dove in un modo o nell'altro chiunque finisce per leggerti e magari se ti va bene ti lascia anche una recensione. Emerge dal nulla e decide che sei adatto a lei, anche se sono davvero poche le persone che prendono coraggio e dicono la loro fregandosene di poter sembrare fuori luogo, il tempo c'è sempre per farsi conoscere e credo che questo sia uno dei posti migliori dove far emergere uno dei lati migliori di se. Il fandom dove ho passato la metà di questa giornata è uno di quelli dove non passa mai nessuno e non potevo ignorare certe storie, non potevo non dire la mia, diamine ero troppo decisaa a ringraziare chiunque si nascondesse dietro quel nick name per l'enorme bagaglio di brividi che mi aveva fatto saltare sulla pelle.

So che non frega a nessuno quello che dico ma essendo ho letto troppo spesso recensioni senza senso colme di frasi vuote di chi non legge per davvero ma solo perchè sa chi sei e vuole darti un numerino in più, non frega a nessuno il numerino in più, dovrebbe fregare il contenuto, dovrebbe fregare il riscontro ottenuto con delle persone completamente diverse da noi. Non è giusto lasciare ampio spazio a storie vuote perchè più facili e mandare a farsi fottere delle storie un pò più costruite e magari scritte da perfette sconosciute.

Cooooomunque, questo è il terzo capitolo d'introduzione, da qui in poi la storia comincerà ad essere un aggrovigliato intrico di storie e anime e finirete per capirci poco e niente, anch'io ancora riesco a capire dove voglio arrivare e da dove sono nati loro, ma li ho qui tutti in fila che mi parlano nelle orecchie e non potevo lasciarli li soli. Bisogno dare voce alle proprie voci, quindi eccoli che tra poco cresceranno e diventeranno tanti bei visini che non passano inosservati.

Il consiglio musicale di oggi è un cd dei Soundgarden che ho iniziato ad ascoltare ieri sera e che ho messo a riproduzione fino alla morte dei miei timpani, mi sento molto Cornell oggi. Un Cornell del 1991 ma sempre lui.

Vaaaaaaaaa bene.

Ora vado, non prima però di aver ringraziato le persone silenziose che leggono i miei striminziti capitoli, le persone che recensiscono e che seguono e preferiscono e ricordano e poi lei..la mia beta che è troppo lontana da dove sono io e di cui a detta sua sono innamorata perchè la cito troppo spesso nelle recensioni. Prima o poi la picchierò! Chara 

Le note più lunghe della mia vita. Tante coccole gente.

Lis

   
 
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