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Autore: Disorientated Writer    04/10/2012    2 recensioni
E' il 2016, e il mondo è travolto dalla Guerra delle Ombre, una lotta senza fine tra i Thunderkiller, i Metakiller e i Girovaghi.
I Metakiller sono dei ragazzi con un DNA modificato artificialmente e unito con quello di animali.
I Thunderkiller sono assassini di prim'ordine, che combattono un'estenuante battaglia contro i Meta, nel tentativo di eliminarli tutti, sterminando la loro razza di ibridi.
E infine, ci sono i Girovaghi, un gruppo di viandanti che da la caccia ai Thunder e ai Meta, venerando divinità assetate di sangue e dichiarandosi Figli degli Elementi.
I comuni mortali non sanno che, in un modo o nell'altro, la Terra cambierà per sempre.
Perché da un momento all'altro tutte le regole possono venire stravolte.
E non sempre in positivo.
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To the right, to the left, we will fight to the Death, to the Edge of the Earth. It's a brave new world from the last to the first. 
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Questa è per te, Viols. :3
Metto il rating giallo-arancio perché non so cosa partorirà il mio cervellino insano! (?)
Genere: Avventura, Comico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo I – la Caccia.
 











 
Attico della 5th Avenue, New York.
 
 
Feste in maschera.
Pro? Puoi cacciare la tua preda senza che se ne accorga. Contro? Non hai la più pallida idea di quale sia la preda.
Incrociai le braccia al petto e sbuffai, irritato, guardando i corpi che si muovevano sinuosi intorno a me, nella frenesia classica delle feste liceali.
« Sono stufo di aspettare. Credi che lo troveremo mai? » mi domandò corrucciato il mio compagno di caccia.
Mi scostai i capelli biondo-verdicci dalla fronte e sbuffai, scrollando le spalle.
« In questo bordello? Non penso proprio. » urlai, cercando di superare il frastuono di quella che il Dj chiamava musica e che per me era ‘schifezza’.
Lui annuì e continuò a scrutare minaccioso l’intera sala di adolescenti.
Ci eravamo accostati ad un muro ancora libero, e non ci eravamo più mossi da là per paura di venir attaccati da un mostro succhia sangue aka liceale in preda ad una crisi ormonale. E in quella festa ce n’erano davvero tante.
Osservai disgustato una coppia appartarsi dietro il divano. Oh, andiamo, ci sono le camere apposta!
Sbuffai, a disagio nel mio costume da Joker, lanciando un’occhiata al mio amico vestito da V per Vendetta.
« Hey, Joker! » mi gridò una ragazza sui diciott’anni travestita da Poison Ivy.
Io mi guardai intorno, fingendo che non stesse parlando con me. Eppure mi ero travestito dal matto di Batman proprio per dare il meno possibile nell’occhio.
« Dico a te! » esclamò, avvicinandosi, e io sentii un forte odore di Vodka provenire dalla sua direzione. Bleah. A noi Thunderkiller l’alcool era severamente vietato, in quanto dovevamo mantenere i nostri sensi costantemente vigili.
Poison Ivy, a quanto sembrava, non si era posta il nostro stesso problema.
Scivolò accanto a me e strinse la mia mano.
« Vieni a ballare, tesoro! Non fare l’asociale, che ho voglia di divertirmi! » mi urlò nell’orecchio, a causa dei livelli ormai massimi raggiunti dalla musica martellante della sala.
La guardai, disgustato, cercando l’appoggio del mio amico, ma lui si era misteriosamente dileguato. Grazie, V, ti voglio bene anche io.
« No grazie, sto benissimo anche qui! » le gridai di rimando, cercando di sgusciare via, ma la ragazza non si perse d’animo e arpionò il mio braccio.
« Qual è il tuo nome, bellezza? » mi domandò, guardandomi maliziosa.
Oh, no. Una diciottenne in preda agli ormoni non era proprio il massimo. E, soprattutto, era davvero, davvero difficile da allontanare.    
« Joker, no? » urlai, iniziando a mischiarmi tra la folla nella speranza di seminarla, mentre le luci stroboscopiche rischiavano di accecarmi.
Lei scoppiò a ridere, avvicinandosi, e se non fosse stato per l’intervento divino di V, probabilmente mi sarebbe saltata addosso.
« Scusa, tesoro. Lui è già occupato. » ringhiò, facendole prendere un bello spavento. E dando a me il tempo di dileguarmi.
Diciotto canzoni spacca timpani dopo, stavo veramente per perdere ogni speranza. Possibile che tutte le nostre fonti fossero scrause? Eppure stavolta ero sicuro che avremmo trovato almeno un Metakiller.
V. sbuffò, aggiustandosi la maschera. Aprì la bocca per dirmi qualcosa … e subito la richiuse. Alzò invece l’indice per indicarmi quell’idiota del Dj, che si muoveva sul palco sinuoso come un serpente.
Aspettate un secondo: serpente?
Il ragazzo cambiava dischi alla velocità della luce, e tutte le ragazze non occupate –ma anche quelle che lo erano- sembravano perdersi nei suoi occhi gialli.
Gialli?
Feci notare questo piccolo dettaglio a V, ma lui si strinse nelle spalle.
« Potrebbero essere lenti a contatto, dopotutto. Non vogliono dire niente. »
Annuii, ma quel ragazzo non me la raccontava giusta. Sentivamo quando la preda era vicina. E in quello momento ero più che sicuro che si trovasse in quella stanza.
V. propose di avvicinarci per osservare meglio il Dj e acconsentii. Prima finivamo quell’affare, prima potevo tornarmene a dormire sotto le coperte.
Mentre mi avvicinavo alla postazione rialzata del ragazzo, una ragazza mi sfiorò, facendomi rabbrividire. Mi guardai intorno, ma non vidi nessuna possibile vittima. O, meglio, nessuna particolarmente attenta a me.
Arrivati sotto il “palco”, guardai il Dj dritto negli occhi. Lui guardò me.
E scoprì un paio di canini acuminati come zanne.
Io e V. ci scambiammo uno sguardo d’intesa.
« Pronto, Joker? Andiamo ad uccidere l’uomo serpente. »
Non ci scambiammo nemmeno un’occhiata. In perfetta sintonia saltammo sul palco, spaventando a morte due povere sedicenni.
La musica si fermò, e in sala calò il silenzio. Gli occhi di tutti erano fissi su di noi.
Sbuffai. Non mi piaceva essere al centro dell’attenzione, quando andavo a caccia. Ma era l’unico modo per uccidere il Metakiller.
Fu a quel punto che il serpente attaccò.
Si lanciò di peso contro di me, mandandomi a terra. Non riuscii neanche a reagire per la sorpresa.
V. lo placcò da dietro, ma il ragazzo sgusciò via dalla sua presa come fosse acqua. No, non acqua: serpente.
Non bisognava mai, mai e poi mai sottovalutare un Metakiller.
Scattai in piedi e mi parai davanti a lui il più velocemente possibile, mentre V, da dietro, provava nuovamente a bloccarlo. Ci serviva inerme.
Provai a tirargli un pugno, ma lui scivolò nuovamente via, mandandomi quasi a sbattere contro il mio compagno. Digrignai i denti. Era un osso duro, quel Meta, certo. Ma noi eravamo in due. E questa non era una cosa da sottovalutare.
Nel frattempo, i liceali avevano iniziato ad incitarci. ‘Rissa! Rissa!’ urlavano, in preda alla vodka.
Li guardai per mezzo secondo, disgustato.
E quel mezzo secondo risultò quasi fatale.
Il Serpente mi sorprese alle spalle, stringendomi la gola in una morsa d’acciaio. Provai a divincolarmi, ma era troppo forte. Dannazione!
Lanciai uno sguardo a V, che si reggeva a malapena in piedi dopo che il Meta l’aveva ripetutamente sbattuto contro il muro.
Eravamo pari.
« Così imparate a darci la caccia, bastardi. » mi sussurrò all’orecchio, con una voce viscida quanto l’animale che abitava dentro di lui.
In quel momento, feci la cosa più naturale che mi venne in mente: gli tirai una testata sul volto, facendolo indietreggiare.
Prima che potesse riprendersi dalla botta, sfilai una siringa dalla tasta e gliela piantai nel petto.
« Così imparate a uccidere i nostri, bastardi. » borbottai, mentre il corpo del ragazzo diventava man mano più rigido e le forze lo abbandonavano.
Gli invitati iniziarono ad urlare e correre in tutte le direzioni, ma non prestavo loro molta attenzione. Non staccavo gli occhi dal ragazzo, aspettando che morisse.
Quando il liquido contenuto nella siringa si esaurì, lui chiuse gli occhi.
Ed ero sicuro che non li avrebbe mai più riaperti.
Solo in quel momento pensai che non avevo la minima idea di quale fosse il suo nome.
Mentre estraevo la siringa dal corpo del Serpente, notai una ragazza dai lunghi capelli castani osservarmi inorridita.
Stavo per aprire bocca, quando V. mi posò una mano sulla spalla, senza staccare gli occhi dalla giovane.
« Andiamocene, Alexander. Il nostro compito qui è terminato. »
Annuii leggermente e lanciai uno sguardo alla mia sinistra.
Lei era svanita.
 
 
« Sai come si chiamava? » domandai a Jason, il più volte sopracitato ‘V’.
Lui scosse la testa, guardando fuori dal finestrino del taxi giallo canarino che ci stava portando di gran carriera lontano da New York.
E dallo sguardo inorridito della ragazza dai capelli castani.
Poverina, chissà che shock doveva essere stato: prima si stava divertendo come una matta, magari parlando con il ragazzo che le piaceva … e subito dopo due pazzi saltano sul palchetto del Dj e lo uccidono a colpi di siringa.
Sì, penso che sarei rimasto un tantino allibito anche io.
Osservai la fialetta nelle mie mani, ormai vuota. Tutto il suo contenuto se l’era beccato il nostro caro Serpente.
Il conducente ci lasciò in uno spiazzo nella periferia della città, nei pressi di un boschetto piuttosto rado. Perfetto.
Lo pagammo profumatamente e ci addentrammo nella ‘foresta’.
« Certo che stavolta c’è andata proprio bene! » esclamai soddisfatto quando arrivammo in vista del nostro elicottero, mentre intorno a noi il silenzio regnava sovrano.
Jason annuì.
« Esatto. Neanche una complicazio- » e si interruppe, inorridito.
Io seguii il suo sguardo e osservai la scena a bocca aperta.
Un’immensa vampa di fiamme aveva accerchiato il nostro povero elicottero, facendolo crepitare.
« Ma che diamine è successo?! » esclamai, incredulo. Solo un istante prima il fuoco non c’era, maledizione!
Ero talmente occupato a cercare di spegnere il fuoco con la boccetta d’acqua che avevo comprato che non mi accorsi di un’aquila che prendeva il volo, qualche albero più in là.
 
***
 
Favelas, Rio de Janeiro.
 
« La tregua è stata rotta. I Thunderkiller hanno ucciso un Metamorfo. » la voce di mia sorella mi arrivò ovattata alle orecchie.
« Thunder, eh? Eppure sono sempre stati così attenti alle regole … ma da quando Maryse non ne è più il capo, immagino che molto sia cambiato. » questo era Ezra, dalla voce inconfondibilmente profonda.
« Dovremmo attaccare anche noi? » la domanda più che spontanea di Aiko mi fece riflettere. Già, chi avremmo dovuto attaccare?
« I Thunder, senza dubbio. Sono stati loro a violare la tregua per primi! » Cheyenne batté il pugno sul tavolino, focosa come sempre.
Potevo quasi vedere Juan Javier scuotere la testa con disappunto. Lui era lo stratega del gruppo. Lui meditava, non agiva.
« Tu che ne pensi, Moon? So che sei sveglia. » Ezra si rivolse direttamente a me, stavolta.
Sorrisi nel buio del mio angolino, dove mi ero rintanata qualche ora prima per dormire.
Mi voltai in modo da vedere le facce dei miei compagni e sorrisi.
« Immagino che dovremmo aspettare, come al solito. Aspettare che qualcuno faccia una mossa sbagliata, che ci mostri i suoi punti deboli. Dopo, attaccheremo. » dichiarai, guardando il più grande di noi negli occhi.
Ezra aveva vent’anni. Uno in più rispetto a Juan Javier, e questo sembrava costantemente irritare l’ispanico.
Ma nonostante la sua età, non era stato chiamato a capitanare l’impresa. No, il ruolo di leader ricadeva sulle mie piccole spalle da sedicenne.
Tutti annuirono al mio piano, degno di una Girovaga: attendere, aspettare la mossa falsa e, zac, distruggere il nemico. Semplice, conciso, funzionava sempre. Perché complicarsi la vita?
« Non mi piacciono queste favelas. La gente qui ha un’aura terribilmente negativa! » esclamò Green, dopo qualche minuto di silenzio, stringendosi le ginocchia al petto.
Tutti ci ritrovammo ad annuire, ma non potevamo farci molto. Quella favela abbandonata era l’unico rifugio che avevamo trovato, e finché Cecylya non ci avesse ordinato di cambiare città, quella sarebbe stata la nostra casa. Una casa che puzzava in modo tremendo di sporcizia, topi morti e formaggio andato a male, okay, ma pur sempre una casa.
Come per tacito accordo, si ritirarono tutti a dormire contemporaneamente, e io estrassi il mio pugnale dallo stivale per il turno di guardia.
In lontananza, una cornacchia gracchiò la sua lugubre buonanotte.
 
Il mattino seguente ci salutò con una fredda raffica di vento e la pioggia che filtrava dai fori sul soffitto.
Aiko si stiracchiò e andò a preparare la colazione –pane, marmellata e una fialetta di succo di mirtilli per uno.
Cheyenne si propose per andare a rubare qualcos’altro nei negozi della parte ricca della città. Noi annuimmo senza un commento.
Ormai rubare per noi era l’unico modo per sopravvivere, lì nelle favelas, e avevamo esaurito da tempo le scorte che ci eravamo portati dal Campo dei Girovaghi, a Città del Messico.
« Penso che dovremmo dare un’occhiata in giro. Se i Thunder hanno saputo dei Metakiller, difficilmente si lasceranno fuggire una qualunque informazione sui Girovaghi. » esordì poco dopo Juan Javier, addentando famelico il suo panino. Era da tempo che nessuno di noi faceva un vero pasto, e durante il giorno cercavamo di mangiare il meno possibile, per evitare di dover rubare sempre più spesso. Era una cosa che non piaceva a nessuno di noi.
Ezra si offrì per le ricerche, e nessuno protestò neanche stavolta.
Sapevamo tutti che era il migliore di noi a passare inosservato.
Lui si alzò da tavola, afferrò il cappotto logoro che pendeva da un chiodo piantato male nel legno e uscì in fretta, chiudendo la porta con uno scatto secco.
Sparecchiai la colazione e tutti ci dedicammo ai nostri consueti compiti, nell’attesa che Ezra tornasse dal suo giro di perlustrazione.
A mezzogiorno, ancora non si era fatto vivo.
Iniziavamo ad essere un po’ in ansia per lui, ma nessuno disse niente. A volte capitava che uscisse il mattino per tornare il pomeriggio.
Ma quando il sole si accingeva a tornare nel suo giaciglio, Aiko diede vita alle nostre paure.
« Siete sicuri che non gli sia successo qualcosa? » sussurrò, stringendosi nella coperta sporca.
Ci lanciammo tutti uno sguardo. E senza una parola, Juan Javier e Cheyenne uscirono dalla porta per cercare il figlio della Notte.
Rimanemmo solo io, Green e Aiko e ci stringemmo vicini, aspettando che i nostri fratelli tornassero con Ezra.
Passarono prima i minuti, poi le ore. Nessuno parlò. Forse per paura, forse per non falciare le speranze.
Doveva essere mezzanotte passata quando qualcuno bussò insistentemente alla porta.
Prima una volta. Poi due. Poi nuovamente una.
Era il segnale.
Scattai in piedi e corsi ad aprire.
E lo spettacolo che mi si parò davanti quasi rischiò di farmi urlare per l’orrore.
Ezra giaceva senza vita tra le braccia di Juan Javier, mentre Cheyenne riportava una brutta ferita sulla tempia destra, come il segno di un artiglio.
« Metakiller. » disse semplicemente Juan, posando il corpo ricoperto di sangue di Ezra sul pavimento. Il sangue gli impregnava anche i ricci capelli di onice, e gli occhi erano chiusi, come se dormisse.
Rimanemmo qualche secondo a guardare il corpo, troppo scossi per fare altro. Poi un fulmine colpì una favela poco lontano da noi.
« Dobbiamo andarcene. » sussurrò mia sorella, gli occhi azzurro chiaro spalancati dall’orrore.
Il più velocemente possibile raccogliemmo tutto il necessario, poi Aiko coprì il corpo di Ezra con una coperta. Non c’era tempo per le lacrime. Ne avremmo versate in seguito.
Corremmo fuori dalla porta e Cheyenne prese in mano l’accendino rosso cremisi che portava sempre con sé.
Con un ultimo pensiero a Ezra avvicinò la mano al legno. E diede fuoco alla casa.
Che gli Dei della Notte ti prendano sotto la loro ala protettrice, pensai rivolta al nostro amico, che bruciava insieme a quella che era stata la nostra casa per mesi.
Poi mi voltai e insieme ai miei fratelli iniziai a correre per le viette, senza voltarmi indietro.
I Killer avevano fatto la loro mossa.
Ora toccava ai Girovaghi.
 
Poche ore dopo eravamo al sicuro fuori dalla città.
« Cosa facciamo adesso? » soffiò Aiko, stringendosi nelle braccia. Osservai il ragazzino piena di tristezza.
Aveva dodici anni, e solo poco tempo prima aveva assistito alla pira funeraria di quello che per lui era un fratello.
Scossi la testa, sedendomi a terra. Io ero il capo, sarei dovuta andare io a controllare.
E invece, Ezra si era sacrificato. Toccava sempre a lui.
« Dobbiamo allontanarci il più possibile da Rio. Andare in un posto dove nessuno potrebbe mai immaginare di trovarci. Dobbiamo distratte gli occhi dei Killer dal Campo. » decretai, guardando a uno a uno i miei compagni, pensierosi. Loro annuirono e ci alzammo in piedi contemporaneamente.
Green  osservò le stelle e il chiarore del cielo. Mancava poco all’alba, e per allora avremmo dovuto essere lontani.
« Propongo di tornare indietro e rubare una macchina. Con quella sarà più facile allontanarsi. »
E così fu.
Un’ora dopo sfrecciavamo lungo la superstrada su una BMW grigia metallizzata, diretti al Nord.
Ancora non avevamo deciso dove, ma una cosa era certa: se mai un Metakiller ci fosse capitato tra le mani, non avrebbe avuto vita facile. Non avrebbe avuto vita e basta.
Una lacrima solitaria mi scese lungo la guancia, mentre guardavo il sole fare capolineo da dietro una collina.
Juan Javier, accanto a me, teneva gli occhi fissi sulla strada, tentando di non piangere.
Sopra di noi, una cornacchia gracchiò.
« Buongiorno anche a te, amica mia. » sussurrai, prima di scivolare in un sonno senza sogni.
 
















Madamoiselle's Corner:
Eccomi qui con il nuovo capitolo di TMND! *balla la hula*
Perdonate se è così corto, ma avevo bisogno di un capitolo di transizione per il prossimo capitolo -mettere tutto nel primo mi sembrava brutto. Infatti, metà storia si svolgerà nel secondo(?) no, okay, sto delirando. 
Non ho la miiiiiiiiiinima idea di quando aggiornerò purtroppo, perché non ho quasi mai tempo di scrivere, tra la scuola e tutto, ma cercherò di sbrigarmi ç___________ç

By the way, spero di aver reso bene la 'quasi indifferenza' dei Girovaghi nei confronti delle emozioni (per esempio, Moon che versa una sola lacrima alla morte di Ezra e la mancanza di ripensamenti quando bruciano il corpo del ragazzo insieme alla casa). E' una cosa moolto importante -w-
Alla prossima! 
Madamoiselle Nina. 
   
 
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