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Autore: moni93    05/10/2012    3 recensioni
Questa fanfic la dedico ai miei compagni di classe, perchè sono loro i protagonisti. Ebbene sì, qui non si parla di sovrannaturale o di fantasie nate nella mia mente, ma di fatti tangibili, reali e, cosa più importante, idioti.
Se siete curiosi di paragonare la vostra classe con la mia o se volete tornare indietro nel tempo, quando eravate stupidi e ignoranti (perchè il vostro unico pensiero era quello di arrivare vivi fino al fine settimana, per giocare con la play contro gli amici), siate i benvenuti!
Attenzione: i contenuti sono altamente comici e demenziali e potrebbero sconvolgere i più delicati di cuore. Alcune battutine potranno sembrarvi offensive o altro, ma vi assicuro che sono pronunciate con il solo scopo di far ridere tutti, anche i diretti interessati. In classe funziona, perciò non scandalizzatevi.
Non mi rimane che augurarvi buon divertimento! ^^
Genere: Comico, Demenziale, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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OTTAVO GIORNO: LA GITA PIÙ BELLA... E MENO ISTRUTTIVA!! PARTE UNO, BENVENUTI A URBINO!

 

Mercoledì 2 Marzo 2011, Ore... troppo presto per saperlo.

 

“Ragazzi, ragazzi, buoni! Dai, che adesso vi contiamo!”

Le urla della prof caddero nell’indifferenza più totale. Il pulmino, colmo fino all’orlo, ospitava una marea di giovani i quali, nonostante l’orario mattiniero, erano già belli che vispi e pronti a rompere l’anima a chiunque gli capitasse a tiro. Tra tutti, ovviamente, troneggiava Mattia, il quale, in piedi in fondo al pulmino, si cimentava in canti assordanti (e stonati), impedendo ai pochi compagni stanchi di riposare. Nel frattempo, le prof più ottimiste fecero l’appello.

“Quarta, a me gli occhi!!” sbraitò la Negro, la prof di chimica “Innocenza!”

“Se, se, ci sono.” mormorò con aria seccata la mora.

Fu parecchio tentata di risponde con un indice alzato ai danni della prof, visto che si era azzardata a interrompere il suo monologo sull’ultimo eliminato del Grande Fratello, ma si limitò a muovere la mano a destra e sinistra, come a voler scacciare una mosca particolarmente fastidiosa. Nonostante l’interruzione, la ragazza tornò subito alla sua oratoria, allietando amiche e non con i suoi irremovibili pareri.

“Paolo?”

“Oh, yes baby!!”

Un biondino col giubbotto in pelle da rockettaro rispose all’appello, mettendo in bella mostra le mani nel tipico gesto delle corna del rock.

Ma chi era questo pazzo assatanato?

Voi ancora non lo sapete, ma nel trascorrere degli anni ci sono stati dei nuovi arrivati e, ahimè, delle perdite tra i ragazzi che voi conoscete come V A. Ad esempio, Sabrina e Ilaria fecero parte della classe a partire dalla seconda liceo, mentre Rebecca e Paolo giunsero in terza in quanto ripetenti e, incredibile ma vero, Eva e Innocenza erano da pochi mesi entrate a far parte della IV ai tempi della gita che vi sto narrando. Ci furono altri ragazzi (quasi tutti idioti o con problemi psichici) che fecero parte della storia della classe più pazza della scuola, ma di loro ne parleremo in seguito.

“Mattia?” proseguì nel frattempo la prof.

“Eccomi quiiiii!!” fu la pronta risposta.

C’era anche bisogno di chiederlo? Con tutto il casino che faceva!

“Siediti, Mattia!” lo ammonì la donna.

Naturalmente, il baldo giovane non mosse nemmeno un muscolo. A parte le braccia, che utilizzava per fare a botte con gli amici, ben inteso.

“Andrea?”

“Presenteeeee!!!”

Per farsi notare, il biondino si alzò in piedi e mosse le mani come un naufrago. Questo strano essere, per quanto fosse calmo e silenzioso durante le ore di lezione, si rivelava un autentico pazzo furioso durante le gite. Tanto per cominciare, non stava fermo un attimo (si vede che doveva recuperare le ore d’immobilità passate a scuola) e, come se non bastasse, allietava sempre tutti con la presenza della sua immancabile videocamera resistente agli urti (evidentemente, conosceva troppo bene i suoi compagni). Andrea già pregustava il momento in cui avrebbe premuto il tanto ambito tasto “record”.

La Negro, invece, aveva altri pensieri (molto più nefasti, per quanto concerne la gita), che tuttavia furono dissipati da un’unica lieta novella: il secchione c’era, quindi, secondo gli standard della donna, gli altri potevano anche andare dispersi o svanire tra le fauci di qualche belva. Il che, per i suoi nervi, sarebbe stato grandioso. Ciononostante, continuò nel suo lavoro.

“Ilaria?”

“È in Canada!!” fu l’urlo collettivo della IV.

“E grazie a Dioooo!” aggiunse Mattia, in tono serio e sollevato.

“Maria?” chiamò la Negro.

“Eh? Cosa?” domandò confusa lei, mentre armeggiava con l’ipod.

“Minchia, incredibile: il Mammut è in orario!” si stupì Mattia, spuntando dal sedile dietro (non poteva sedersi troppo lontano da una delle sue vittime predilette).

Rapido, e senza permettere alla sfortunata di proteggersi, le scompigliò la lunga chioma, per poi calarle sulla faccia la cappuccia del felpone.

“Oh, come ti permetti? Guarda che io sono sempre in orario!” si lamentò lei.

Calò un silenzio surreale, in seguito, risate. Quello che rideva più di tutti era Mattia, che a stento si reggeva in piedi dal ridere. Persino Matilde, che era seduta molto più in là e in disparte, si concesse un risolino sommesso.

“Maria, evita di spararle così grosse, ti prego!” fece tra una risata e l’altra Mattia.

In effetti, dire una frase del genere lei, che a lezione arrivava sempre con minimo cinque minuti di ritardo... per non parlare della gita a teatro dell’anno scorso, rimasta storica. Dopo mezz’ora di attesa sul pulmino, le prof, spazientite, avevano fatto chiamare la ritardataria. Quello che seguì, fu follia.

“Allora? Arriva o no, Maria?” aveva chiesto la preside a Sabrina, che aveva telefonato all’amica.

“Ehm... prof, non so come dirglielo...” aveva mormorato lei.

“Dillo e basta!”

“Ecco... ha detto che si era dimenticata e che si è appena svegliata...”

Manco a dirlo, la preside, furibonda, mandò poco velatamente al diavolo la meridionale e sbraitò dietro all’autista affinché partisse. Quando giunsero a teatro, di Maria non c’era ancora traccia. Arrivò dopo un quarto d’ora, sorridente come sempre.

“Mi ci ha portato mia mamma, in macchina!” aveva affermato allegra.

“E sei ancora viva per raccontarlo?” le aveva chiesto Guido stupito.

Perciò, sì, dire che Maria era puntuale era come dire che la Terra è un’arancia e che la scuola è il posto più bello e spassoso del mondo... no, aspettate, quest’ultima cosa è soggettiva, in quanto i nostri protagonisti ne erano fermamente convinti. Almeno, fino a quando i prof non interrogavano, chiaro!

“Guido?” andò avanti la Negro.

“Siede alla mia destra!” rispose per lui Mattia.

La donna guardò per aria e ringraziò che non ci fossero suore a bordo, altrimenti si sarebbero sorbiti tutti mezz’ora di rimproveri sul rispetto che bisogna dare alle Sacre Scritture eccetera, eccettera...

“Rebecca?”

“Sì.”

Un flebile mormorio giunse dal fondo del pulmino...

“Rebecca? C’è Rebecca?” domandò la prof.

“Sì...” biascicò di nuovo lei, alzando timidamente la mano.

“Insomma! Rebecca c’è o non...?”

“Prof, è qui!!!” urlò Mattia, esasperato dalla voce della donna.

Quella, stupita, si sporse in avanti per vedere di persona. Localizzata la suddetta ragazza, corrugò le sopracciglia.

“Insomma, Rebecca! E rispondi quando ti chiamo!”

“Ma io ho...”

“E alza la voce! Appena per spettegolare c’hai voce!”

Il viso di Rebecca divenne bordeaux, e non certo per l’imbarazzo, e fu tentata di accontentare la donna. Avrebbe parlato chiaramente, oh sì, solo che avrebbe detto tutte le parolacce conosciute e non. A salvarla da una sospensione, fu Ofelia.

“Non ci badare.” le disse.

“Già, in fondo scassa sempre le palle... certo che però, anche tu, potresti parlare più ad alta voce!” fece Mattia, tutto allegro e pimpante.

“Mattia, lasciatelo dire, a consolare la gente fai proprio cagare.” gli fece notare Ofelia.

L’appello continuò...

“Eva?”

“Eccomi!”

“Nooo, c’è pure lei?!” domandò disperato Mattia “Minchia, lo sapevo che dovevo rimanere a casa, io!”

“Mattia, siediti, è l’ultima volta che te lo dico!” lo ammonì la prof.

E, naturalmente, quella frase sarebbe stata pronunciata almeno altre tre miliardi di volte.

“Sabrina?”

Silenzio. Cioè, piano, intendo dire che la diretta interessata non rispose, non certo che c’era silenzio, ci mancherebbe!

“Non c’è!” fece notare Ofelia.

“Arriva, arriva... mi ha appena scritto che è leggermente in ritardo!” urlò Eva.

“Fantastico...” fu il commento della Negro.

“Presto, profe! Partiamo prima che arrivi!!”

“Mattia, se non chiudi il becco...!”

Ma proprio in quel mentre, una vocina acuta gridò “Aspettatemi, aspettatemi, ci sono!!”

Dall’ingresso del pulmino, infagottata nel suo cappotto rosso, Sabrina fece la sua trionfale entrata in scena.

“Scusi il ritardo, prof.”

Non attese nemmeno di udire la risposta, che subito si precipitò in fondo al mezzo per sedersi di fianco alle sue amiche. Mattia, che aveva già pronta una battuta, dovette mangiarsela.

“Ahahahaha!!!”

La sua risata si sentì fino in Cina.

“Sabri, cos’è? Hai fatto tardi per acconciarti i capelli?”

Nel dire ciò, tutte le ragazze si voltarono ad osservare meglio la compagna.

“Oooh! Che belli, Sabri, ti sei fatta i boccoli?”

“Stai benissimo!”

“Davvero!”

Tra la pioggia di complimenti, uno maschile (indovinate di chi?) spense il sorriso della bionda.

“Ma dove?? Sembra un cocker!!”

Nell’udire ciò, la giovane saltò come un petardo e si voltò, sporgendosi dal sedile per fronteggiare il nemico.

“Oh, Mattia!!”

“Oh, Mattia!!” ripeté con voce acuta la iena.

“Smettila di rompere!”

“Smettila di rompere!”

“Deficiente!”

“Deficiente!”

“Adesso ti spacco il...”

Nessuno seppe mai cosa aveva intenzione di spaccare Sabrina, perchè la voce tonante della prof riportò l’ordine. Beh, più o meno.

“Sabrina, piantala di urlare e siediti composta!!”

La bionda, di malavoglia, obbedì.

“Ah-ah, sei stata sgridata! Complimenti, Lilly!”

Sabrina trattenne la rabbia, ma ciononostante, regalò a Mattia un calcio negli stinchi. Le sue urla di dolore furono pura poesia per le sue orecchie.

“Francesca.”

La voce della donna era ridotta a un sussurro, stanca com’era, e dovevano ancora partire!

“Presente.”

Poiché non seguì alcun commento (forse Mattia era troppo preso a fare a botte con gli altri compari), la donna decise di cavalcare l’onda e di proseguire rapida.

“Matilde?”

“Sono qui!”

“Ciaoooo, Matildeeeee!!”

Sia la docente che la ragazza guardarono per aria.

“Ciao Mattia!” salutò la mora, tirando su il braccio e sventolandolo a mo’ di saluto.

“Oh, Matty, ma dove sei? Perchè sei così lontana da me?”

“Perchè voglio stare lontana da te, almeno durante il tragitto.” rispose convinta lei.

“Allora verrò a trovarti!!”

Esattamente quello che Matilde voleva evitare. Perciò, onde evitare altri danni, decise di estrarre immediatamente l’mp3 e di sintonizzarlo sulle frequenze più alte e assordanti possibili. Almeno non si sarebbe sorbita ore e ore di Mattia...

“Ofelia?”

“Presente!”

“Sì, ti avevo vista.”

“E allora cavolo domandi?”

Fu la domanda che si chiesero contemporaneamente tutti gli alunni.

“Eleonora?”

“Qui!”

E una mano si levò dal posto vicino a Matilde.

“Ottimo, abbiamo finito!”

La donna esultava come l’Italia dopo la finale dei mondiali.

“Possiamo partire. Destinazione: Urbino.”

E-v-v-a-i!

Quelli che più di tutti erano entusiasti della gita (e per entusiasti intendo dire che avevano una voglia matta di ammazzare la preside) erano i ragazzi di IV. Sì, perchè loro, secondo le splendide norme dell’Istituto, sarebbero dovuti andare in gita a Madrid. Ma per cause sconosciute (tradotto, la preside li odiava) questo piacere fu riservato agli studenti del classico. E mi pare anche logico.

Insomma, quale gita migliore per gente che non aveva mai nemmeno pronunciato una volta in vita sua la parola “Hola!”, se non la Spagna?

E a loro, i prodi dello Scientifico, toccava Urbino. Logico.

Per lo meno, sperarono che il tempo fosse bello...

E il buon Dio fece nevicare... altroché se nevicò! Mica due fiocchi da nulla, nossignori! Urbino era ricoperta da almeno 10 cm di candida acqua gelida. Sì, perchè non bastava la neve “soffice”, sotto a quello strato morbidoso, si celava del ghiaccio scivolosissimo e bastardissimo, che mieté un numero spropositato di vittime.

Giuse però inaspettata una splendida notizia, dalla più bieca delle docenti: la preside.

“Ragazzi, visto che il palazzo ducale resta aperto fino alle sette di sera, che ne dite di dividerci e andare a mangiare qualcosa di caldo?”

La proposta fu accolta con un boato che fece cadere dai tetti delle case qualche kilo di neve. Fu così che tanti piccoli idioti si divisero, senza conoscere la città e senza cartina. I più furbi, Andrea, Matilde, Eleonora, Francesca, Sabrina e Paolo, s’avvidero di stare il più incollati possibile a Ofelia. Ella era considerata come il segugio della classe. Non importava dove fossero, se in mezzo a una foresta o in una caotica città, lei sarebbe riuscita a trovare il più gustoso (ed economico) bar, pizzeria, ristorante o all’occorrenza fast-food nel raggio di kilometri. Insomma, era un elemento indispensabile per la sopravvivenza del gruppo.

E fu così che i ragazzi si rifocillarono e si scaldarono (o forse è più corretto dire che si asciugarono piedi e capelli).

Fino a quando il diavolo non parlò...

“Ragazzi, è ora di riunirsi!!”

La preside, che a quanto pare conosceva le doti innate di Ofelia, sedeva poco distante da loro, e fu ben felice di dare la lieta novella ai giovani.

“Nooo, questo no!!” urlò Andrea disperato “Tutto, ma questo no!”

“Mi sono appena asciugata!” protestò Eleonora, che si premurò di mandare mille accidenti sottovoce ai danni della donna.

“Voi andate pure: io resto qui.” decretò convinta Matilde.

“Matty, dai, non fare la scema.”

Francesca tentò di consolarla battendole qualche amorevole pacca sulla spalla, ma fu inutile. La mora scosse la testa decisa e poco mancò che iniziasse a piangere per la rabbia.

“No, no, no!! Mi rifiuto!! Conosco i miei diritti, e tra questi rientra il vivere!”

Peccato che la tortura del congelamento fosse un diritto dei professori.

Dopo mezz’ora di pattinaggio (ben poco artistico) su ghiaccio, ragazzi e docenti raggiunsero palazzo ducale e lì si sorbirono due menosissime ore di spiegazione. Unico motivo per cui tacevano, il caldo e i comodi posti a sedere.

Non appena uscirono per raggiungere il pulmino, però, gli animi dei giovani incominciarono a ribellarsi. E fu così che volarono palle di neve grosse come cocomeri.

“Guarda...” ammonì fin da subito Sabrina.

A chi fosse rivolto, a nessuno fu dato saperlo, ma Mattia fu ben lieto di sentirsi chiamato in causa.

“Guarda!” ripeté infatti, con voce acuta.

E la prima palla di neve volò a due centimetri dal viso di Sabrina.

“MATTIAAAAA!!” gridò “Guarda... tu non... non provare a prendermi perchè sennò...”

La voce della bionda era a metà tra l’incollerito e il terrorizzato.

“Uh-uh! Non piangere!” la prese in giro il moro.

Nel mentre Paolo, protetto dai guanti comprati in mattinata da un cinese, raccolse da terra una montagna di neve, che scagliò con maestria addosso a Maria.

“Ma sai quante ne prendi?!” proseguì imperterrita Sabrina, che aveva riacquistato un briciolo di coraggio.

Udendo l’irritante voce di Sabrina, il pagliaccio di classe pensò bene di voltarsi, osservarla con sguardo ben poco rassicurante e infine sorriderle con aria da delinquente.

“Mattia, guarda...”

Seguì una finta, ovvero il ragazzo finse di caricare una palla di neve e di scagliarla addosso alla bionda.

“UOOOOH!!” gridò, per enfatizzare il gesto.

Nemmeno Hercules avrebbe potuto grugnire meglio.

“AAAHHH!!!”

L’urlo di Sabrina, invece, avrebbe potuto benissimo essere nominato alla nomination per il miglior grido isterico da film horror. Il commento che seguì, però, fu degno di un serial killer.

“MATTIA, TI UCCIDO!!! PRIMA O POI!!”

Mattia, Paolo e Guido (complici del pagliaccio) scoppiarono a ridere come iene possedute dal demonio. Seguì una ribellione da parte di Maria, che tentò di malmenare i suoi aguzzini.

“Grande, Maria!” la incitò Sabrina.

Dopo quel primo assalto, anche la biondina tentò di assestare qualche calcio nel sedere a Mattia, ma come unico risultato ottenne di fare una mega scivolata sul ghiaccio, che si consumò sulla neve. Inutile dire che le risate degli astanti riecheggiano ancora per le vie di Urbino.

Una delle poche che non rise affatto, fu Matilde. La ragazza, già in precario equilibrio su strade ben asfaltate e sicure, rischiava perennemente di cascare al suolo.

“Non cadere, ti prego Dio, non farmi cadere, abbi pietà di me...”

Ma il buon Signore non la degnò nemmeno di uno sguardo, cosa che, invece, Mattia fece.

“Oh, Matty, tutto bene? Mi sembri parecchio instabile.”

La mora lo fulminò con lo sguardo e rise isterica.

“Ahaha, no, ma dai! Da cosa l’hai dedotto?!”

Tempo dieci secondi netti, e Matilde mise un piede in fallo. E cadde. Di sedere. Sulla neve. Cosa nient’affatto carina.

Mentre gli altri la osservarono preoccupati, Mattia scoppiò a ridere. Rideva talmente tanto, che si reggeva la pancia. Il fortunato, infatti, era stato l’unico ad assistere a tutta la scena. E fu così che Matilde ebbe una nuova figura di merda che troneggiava tra le altre acquisite negli anni! Pensare che, fino a qualche minuto prima, era convinta che non esistesse esperienza peggiore del beccarsi un pallone in piena faccia, durante una partita “amichevole” di pallavolo... eehh, non si smette mai di imparare quanto ci si sbagli!

Ma non pensate male, dopo il primo attimo d’ilarità, Mattia si premurò di correre (o scivolare?) verso Matilde e porgerle la mano.

“Ti sei fatta male?”

Lei, ancora col sedere bello piazzato nella gelida e bagnata neve, sclerò.

“Cioè, prima ridi e poi mi chiedi se sto bene?!”

Vedendolo scoppiare nuovamente a ridere, Matilde aggiunse un bel “Sei uno stronzo” e tentò di alzarsi a sedere.

Tentativo inutile.

Ci riprovò altre cinque, sei volte e poi, accorgendosi che Mattia era ancora lì col suo bel sorrisino ebete stampato in faccia, gli afferrò stizzita la mano.

“Solo perchè sono stufa di avere il sedere a bagnomaria, sia chiaro che non gradisco il tuo aiuto.”

“Ovvio.”

E la camminata riprese.

La battaglia di neve aveva generato comportamenti maniacali, ma gli studenti erano ormai stanchi e credettero che il peggio fosse passato.

Credevano...

Non appena giunsero nel luogo prestabilito per salire sull’ambito autobus, che gli avrebbe poi condotti all’hotel, la scolaresca cadde in un’imboscata di una classe di napoletani, anch’essa in attesa del proprio autobus. I maledetti non ebbero alcuna pietà. Le palle di neve caddero a fiotti, colpendo indistintamente ragazzi e prof (che tentavano di parare i colpi, nascondendosi dietro agli ombrelli; la tipica tattica del “riccio mal riuscita”). Malgrado la volontà degli alunni di rispondere all’attacco, i professori obbligarono gli studenti a porgere l’altra guancia (cioè quella ancora asciutta). Ciò non impedì, comunque, di far piovere maledizioni e improperi.

“Ma son dei delinquenti! Camorristi, ihih.” disse ridendo Sabrina.

Inizialmente, la bionda era di buon umore, ma non appena una palla di neve la centrò in piena faccia, il suo umore (così come i suoi commenti) mutarono drasticamente.

“No, vabbè però! E che cazzo!!”

Tale commento fu approvato dai più, ma mai quanto quello che fu pronunciato da Mattia.

“Tiriamogli i sassi!!”

Nonostante il freddo e la rabbia, a quelle parole scoppiarono tutti a ridere. Anzi, ci fu qualcuno che propose anche di tirare qualche molotov, che, ahimè, nessuno si era premurato di portare da casa.

Anche le professoresse, in ogni caso, si trattennero ben poco.

“Sì ma, che stronzi che sono!”

Per la prima volta da quando conoscevano la Negro, tutti gli alunni annuirono convinti. Ma l’autobus arrivò e salvò tutti.

Ma non temete!

Prima di partire, gli alunni di IV si posizionarono tutti tatticamente sul lato del pulmino che dava verso la scolaresca del sud e, con la tipica cordialità settentrionale, mostrarono l’indice, gridando:

“Terrun, terrun, terrun!!!”

 

 

ANGOLO DELL’AUTRICE:

 

E dopo secoli, sono tornata!!!

Chiedo scusa a tutti per il ritardo (ormai inizio sempre così i miei angoli), ma in questi mesi sono stata più impegnata che durante il periodo scolastico. Però, dai, ho due buone notizie: sono entrata a Professioni Sanitarie! (NdTutti: E chissene? NdA: A me! xD) E, cosa molto più importante, ho deciso di dire basta ai ritardi. Da adesso in poi, pubblicherò periodicamente e rispetterò le scadenze. Ok, so che detta da me una frase del genere ispira ben poca fiducia, ma prometto d’impegnarmi! Tanto per cominciare, vi dico che pubblicherò ogni primo del mese, ma (ed è un grosso MA) se riesco, anticiperò la cosa. In ogni caso, gioite! Per farmi perdonare, vi dico questo: i seguenti due capitoli sono già belli che scritti e li pubblicherò, nell’ordine: il 12 e il 19 Ottobre (di quest’anno, sì, non temete! xD).

Contenti? ^^

Ultime cose da dire, dedico questo capitolo a kymyit, che ha espresso il desiderio di vedere le nostre imprese in gita. Soddisfatta?

Ringrazio tutti i miei lettori, in particolare quelli che dedicano qualche minuto della loro preziosa vita per commentare le mie follie, e naturalmente quelli che hanno messo la storia tra le seguite/preferite. Vi sono davvero grata! *inchino profondo alla giapponese*

Vi saluto, or dunque, ci vediamo tra una settimana esatta!

 

Moni =)

   
 
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