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Autore: Ale    17/04/2007    2 recensioni
“A volte si era sentito perduto in quel mondo così diverso. Avrebbe addirittura preferito tornare ad Azkaban pur di ritornare nel mondo in cui era nato, in quello dove aveva spadroneggiato, dove era il Grande Malfoy.” Qualcuno dice che certe esperienze fanno maturare. Ma sembra proprio che per Draco Malfoy questo non valga. Benché ridotto a vivere per strada e messo davanti alla disfatta della sua famiglia, desidera ardentemente ritornare nel mondo magico, mondo dal quale è stato estromesso. Lo desidera così ardentemente da cogliere al volo la prima occasione per ritornarvi, anche se l’occasione consiste nell’aiutare gli Auror con certi vampiri ribelli…
Genere: Azione | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Draco Malfoy
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta
Capitoli:
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Cari lettori, ecco qui il mio dodicesimo capitolo

Cari lettori, ecco qui il mio dodicesimo capitolo. Voglio rassicurarvi ed annunciarvi che intendo scriverne soltanto altri tre, al massimo quattro. Tra poco lo strazio sarà finito! ^____^ Scherzo: in realtà spero che questa storia vi piaccia.

In ogni caso, voglio avvisare che questa fanfiction sarà conclusa: potrò anche metterci un po’ ad aggiornare (dai, sto migliorando: solo due mesi dall’ultimo capitolo pubblicato!), ma mi impegno formalmente a finirla, perché questo lavoro significa molto per me. Grazie a questa storia e al sito di Erika ho conosciuto delle persone meravigliose, che altrimenti non avrei mai potuto incontrare (sì, Vale e Eli, sto parlando proprio di voi! ^^). Quindi è doveroso che questo traguardo venga raggiunto.

 

Ringraziamenti personali:

 

MICKYROCK: sono molto contenta che la storia ti piaccia! ^___^ Beh, ho cercato di mantenere le personalità il più possibile inerenti all’universo Rowlinghiano e spero di esserci riuscita. L’unico personaggio con cui mi sono permessa di prendere delle libertà è Theodore Nott, semplicemente perché la Rowling non lo aveva mai descritto compiutamente. Ah, per quanto riguarda la frase del Colonnello, sono contenta che tu lo abbia notato: era un omaggio a Silente, sempre dispensatore di perle di saggezza. Nella mia mente ho sempre pensato che il Colonnello stimasse molto Silente e fosse suo amico e che, per questo, concordasse con lui riguardo agli aspetti della vita e delle persone. E quindi sì, si può dire che quella frase è “copiata” da ‘Harry Potter e la Pietra Filosofale’. Probabilmente avrei dovuto dirlo in quel capitolo che era un omaggio a Silente, ma all’epoca non ero ancora molto informata su come funzionassero le cose nel mondo delle fanfiction! ^__^’ Ho visto che le recensioni si riferiscono ai primi capitoli: per caso hai letto anche gli ultimi? Se sì, fammi sapere cosa ne pensi! Comunque, grazie per i complimenti!

 

VALE: come al solito mi fai arrossire, amica mia! ^////^ Sapere che il mio lavoro ha la tua approvazione mi rende felicissima!! Dopotutto, sei una scrittrice quasi-professionista, no? ^___- Ho accontentato la tua richiesta e anche in questo capitolo c’è una scena con Ted e Ginny, a mio avviso molto carina. La signorina Raine ha un ruolo di tutto rispetto in questo capitolo, ma ti avviso fin d’ora che la prossima volta che la rivedremo sarà nell’Epilogo, che sta arrivando a grandi passi! Pare proprio che sia arrivata quasi alla conclusione: pochi capitoli e potrò mettere la parola fine a questo lunghiiiiiiiiissssimo lavoro… Che dire ancora? Grazie come al solito e goditi il capitolo! W LONDRA!!!!

 

N.B. Se qualcuno di voi lettori avesse bisogno di rinfrescarsi la memoria, vada al capitolo 10: un riassunto chiarirà loro le idee! ^^  

Ah, tra parentesi, non ho avuto il tempo di aggiungere questa nota al capitolo corrispondente (il nono), ma mi hanno fatto notare che Macha non è esattamente una dea della guerra. Vi prego di scusarmi, ma ho trovato l’informazione in un sito di mitologia celtica e purtroppo non sono molto ferrata in materia (sono nettamente migliore in mitologia greca!).

In ogni caso, vorrei sottolineare che ogni riferimento al Guardiano e all’Anello di Matra sono solamente frutto della mia invenzione! ^___^

 

E ora, buona lettura!

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Capitolo dodici

 

 

 

“Silenzio prima di nascere,

silenzio dopo la morte.

La vita è puro rumore

fra inesorabili silenzi.”

(Isabel Allende)

 

 

 

 

 

 

Il ricordo di quei momenti è indelebile nella mia mente…

 

Gli incantesimi giungono da ogni direzione, e qualcuno la sfiora lasciandole lievi bruciature. Le esplosioni degli incantesimi andati a vuoto coprono ogni altro rumore. Vede gli altri e li raggiunge, trovando riparo dietro un container.

 

… ricordo l’ansia…

 

Il Capitano Kendall sta trasmettendo i dati e la richiesta di aiuto. Gli altri si sono organizzati per bloccare l’offensiva dei nemici.

 

… dovevamo cercare di guadagnare tempo in attesa dei rinforzi. Il Colonnello era convinto che Bruce sarebbe riuscito a liberarsi da solo…

 

Si mettono in posizione. Raine deve coprire le spalle ad Arden, mentre lui tenta di far crollare una pila di container per creare una barricata.

 

… le mani mi tremavano come se, di colpo, fossi invecchiata di cent’anni…

 

Sbucano dal nascondiglio tutti insieme. Ma nuovi loschi figuri sono comparsi dalle ombre del magazzino: sono troppi. Il Colonnello Ligget non si perde d’animo ed incita alla battaglia, sferrando un potente sortilegio contro i nemici. Come un sol uomo, anche gli altri si lanciano nel combattimento, i visi deformati dalla concentrazione.

 

… avrei voluto seguirli, ma le gambe non volevano muoversi…

 

Nessuno si è accorto che Raine è rimasta indietro. Lei li guarda e non riesce a fare un passo. Il fragore della battaglia la paralizza. Si nasconde di nuovo dietro il container, trattenendo lacrime amare.

 

… mi sentii così vile…

 

All’improvviso, una presenza al suo fianco. Si volta agghiacciata e pronta ad attaccare seguendo l’istinto, ma trova solo un viso familiare.

 

… Bruce…

 

Il Tenente Morgan è di fronte a lei. È ansante per l’adrenalinica corsa che l’ha portato fin lì. L’unico segno che mostra la passata prigionia è un taglio insanguinato sul sopracciglio. Un rivolo di sangue scende a delineargli il lato destro del volto: il taglio è recente.

 

… mi sorrise…

 

“Va tutto bene, piccola. Tra poco ce ne andiamo.”

 

… buffo come pensò subito a rassicurarmi, quasi non fosse lui ad aver bisogno di essere salvato, quasi i nostri ruoli si fossero invertiti…

 

Raine rabbrividisce ed annuisce con la testa.

“Te la senti di combattere?”

“N-No.”

“Allora, passami la bacchetta e rimani nascosta.”

 

… solo una vile codarda…

 

Lo guarda combattere assieme al Colonnello e agli altri capitani e pensa che la bacchetta sta bene là dove sta e non tra le proprie mani.

Controlla la porta, aspettando con trepidazione l’arrivo degli altri.

Quasi abbiano sentito le sue preghiere, gli Auror irrompono nel deposito. Tra di loro scorge Philip.

 

… pensai che avrei dovuto dargli retta…

 

Il loro sopraggiungere è provvidenziale. Il numero di nemici si riduce notevolmente, grazie all’atteso supporto. La sorte pare volgere a favore degli Auror e Raine si rilassa inconsciamente.

 

… che stupida…

 

Non si accorge dell’avvicinarsi dell’uomo, finché non se lo ritrova davanti con la bacchetta spianata. Lui alza il braccio per lanciarle contro un incantesimo silenzioso. Lei chiude gli occhi e si scosta bruscamente, seguendo l’istinto.

Un dolore intenso le percorre tutto il braccio fino ad arrivare al cervello. Apre gli occhi e si vede l’arto insanguinato. Respira male: è spaventata.

L’uomo si avvicina di nuovo ed anche questa volta Raine agisce d’istinto: scaglia la gamba verso le caviglie del criminale per farlo cadere. Lo coglie alla sprovvista. Lui perde la bacchetta. Furibondo, si lancia verso di lei e, nonostante lei cerchi di difendersi, le mani riescono a raggiungerle il collo.

 

… sentii la gola chiudersi, i polmoni invocare disperatamente aria e la mia bocca emettere rantolii raccapriccianti… mi sembrava che la vita mi stesse sfuggendo dalle mani, mentre mi dibattevo con sempre meno forza… pensai che fosse tutto finito…

 

“Raine! Stupeficium!”

 

… dopo quell’incantesimo urlato, un’ondata d’aria trovò la via verso i miei polmoni e mi parve di essere leggera come un palloncino…

 

Philip corre al suo capezzale, facendola alzare lentamente.

“Sei ferita.”

“Non è niente.”

Raine fa fatica a parlare e non lo guarda negli occhi.

L’espressione del ragazzo è severa.

“Ti porto al San Mungo: la ferita è profonda.”

“Non è niente.”

“Raine.”

 

… sapevo che era arrabbiato e sapevo anche che tutto quello che mi aveva detto era giusto… ma non ebbi la forza di infrangere  anche gli ultimi frammenti di orgoglio rimasti…

 

“Dodget, che stai facendo? Il Capitano Weasley ha bisogno di te sul lato destro.” La voce di Bruce li fa trasalire.

“Ma, tenente, Raine è ferita…”

“Me ne occupo io, Dodget. Tu vai.”

Riluttante, Philip si allontana. Bruce lo guarda andarsene e poi le rivolge un sorriso incoraggiante.

“Andiamo.”

 

… e quello fu l’inizio della fine…

 

L’aiuta ad alzarsi e poi le controlla il braccio.

“Te la senti di Smaterializzarti?”

Raine annuisce brevemente.

Un incantesimo si infrange con violenza a pochi passi da loro.

“È meglio se usciamo di qui.”

Bruce la guida verso l’uscita del magazzino.

“Ma il Colonnello…?”

“Mi ha detto lui di portarti via.”

“Oh.”

Raine non ha neanche il tempo di pensare a quanto possa aver deluso il Colonnello, ché un uomo si frappone tra loro e la via di fuga.

 

… Slen…

 

Il volto è tumefatto, come se qualcuno lo avesse preso a pugni. Per la prima volta da quando Raine l’ha incontrato, non ha la sigaretta in bocca. In compenso, una strana luce gli arde negli occhi.

“Bruce, Bruce, Bruce.” sogghigna, cantilenando. “Vuoi già abbandonare la festa?”

Il viso dell’Auror cambia espressione: si fa duro, spigoloso, aggressivo. “Togliti di mezzo.”

“Oh, e porti via anche la cara Raine…” Slen pare non ascoltarlo.

“Togliti di mezzo.” ringhia nuovamente Bruce.

Raine trema.

 

… i loro sguardi si sfidarono, emettendo senza remore tutto l’odio che provavano per l’avversario…

 

Il ghigno di Slen si allarga. Il volto di Bruce si incupisce. Raine suda freddo.

Poi…

La mano di Slen si alza, bacchetta in pugno. Il corpo di Bruce si tende. Raine allarga gli occhi.

 

… tutto accadde nel giro di pochi attimi… quasi non mi resi conto di ciò che era successo… venni scaraventata a terra con forza ed atterrai sul braccio contuso… il dolore mi annebbiò la vista…

 

Un tonfo accanto a lei la fa sobbalzare. Gira lentamente la testa e…

 

… Bruce era riverso a terra… gli occhi sbarrati…

 

“Bruce!” singhiozza, terrorizzata. Si avvicina carponi e gli prende la testa e se la poggia in grembo. Il volto è esangue, a parte la striscia vermiglia che gli deturpa lo zigomo destro e le labbra arrossate da nuove gocce di sangue. “Bruce…”

 

… per un attimo parve guardarmi, vedermi… gli occhi erano increduli, sconvolti… sembrava chiedermi “perché?”…

 

Ancora la guarda, mentre dalla bocca sfugge un gorgoglio sofferente. Gli occhi si offuscano. Il volto si indurisce, consolidando le sue fattezze. La vita lo ha abbandonato.

Raine è impietrita. Non riesce a crederci. Stringe a sé il corpo morto, convulsamente.

 

… era così pesante… così pesante…

 

Attorno a lei la battaglia continua, ma Raine non sente nulla. Si dondola avanti ed indietro sui talloni, come a voler cullare quell’uomo che tanto ha fatto per lei, quasi a voler credere che stia solo dormendo.

 

… desideravo che si rialzasse e mi dicesse che non era successo nulla, ma lui non si muoveva…

 

Non si accorge di piangere, finché le lacrime non bagnano il viso di Bruce, scolpito in quell’istante di incredula sofferenza.

 

…continuavo a fissarlo, scossa, e pensavo alla sua famiglia… immaginai il viso di sua moglie quando le avrebbero dato la notizia della sua scomparsa… immaginai i visi dei suoi figli…

 

Poi una fragorosa risata la scuote. Slen ride. Fissa il corpo senza vita dell’Auror e vi sputa sopra il suo disprezzo. “Che idiota!”

Raine alza la testa di scatto, assottigliando gli occhi. Un profondo brontolio le fa vibrare la gola.

Ma Slen non se ne accorge. Continua a ridere e ridere.

Il brontolio diventa un ringhio vero e proprio.

 

… non avevo mai percepito la presenza dell’ “altra me” in modo così poderoso… spingeva con urgenza contro le pareti del mio corpo, fomentata dalla rabbia cieca che provavo verso quell’assassino… e io… non le imposi nessun freno…

 

Raine si accovaccia, dopo aver appoggiato delicatamente Bruce a terra.

Alterius spirite, te invoco.” latra con voce cavernosa, non sua.

Le parole le scivolano attraverso la mente, inibendola in una sorta di torpore. Il suo corpo viene scosso da un tremito lieve, mentre lunghi peli robusti la ricoprono, il viso si allunga ed affina, le unghie lasciano il posto agli artigli, la coda spunta per bilanciare il suo corpo rimpicciolito e temibili zanne aguzze premono sulle labbra per saggiare il gelo scivolato all’improvviso nel magazzino.

 

… vidi Slen arretrare, sbalordito… il panico aveva raggiunto i suoi occhi… percepii il suo terrore… questo mi diede lo slancio per aggredirlo…

 

Slen cade sotto il peso della bestia ringhiante, perdendo la bacchetta, e ruzzola sul duro pavimento impolverato. La bestia sa che ha paura: la sente, la odora. E ne gode.

L’uomo cerca di spingerla via, ma lei è possente e rabbiosa. Lui ha perso la bacchetta e tenta di combatterla a mani nude, anche se sa che è una lotta impari. Poi vede la zampa insanguinata ed imprime nel pugno tutta la sua forza, tentando il tutto per tutto.

La bestia uggiola di dolore, perde la presa. Lui si rialza. Ma lei è lesta e lo atterra nuovamente, ancora più inferocita.

Slen sente sul viso le zaffate di alito caldo che escono dalle zanne del lupo. Guarda i suoi occhi furiosi e, stranamente, tutt’a un tratto si sente calmo. “Uccidimi.” dice semplicemente.

 

… ci pensai sul serio… l’istinto animalesco mi urlava di affondare le zanne in quel collo pallido… di assaggiare il sapore caldo e vischioso del sangue…

 

“Forza, uccidimi.” la incita lui, sogghignando lievemente. “Non è questo che vuoi?”

 

… respiravo a fatica… frenando la parte più feroce di me… tentando di ragionare… di tornare lucida…

 

Raine ringhia, facendo fremere le corde vocali e scoprendo ancora di più le zanne. L’istinto di attaccare viene frenato dall’istinto di ritrarsi, e così rimane ferma, incapace di decidere. All’improvviso Slen ride. I suoi occhi brillano malvagi. “È così divertente. Così spassoso. Hai la possibilità di lavare nel sangue il tuo senso di colpa ed ancora esiti.”

Il lupo lo fissa, aspettando che si spieghi.

Lui sogghigna. “L’incantesimo era per te, non per lui.” Il suo ghigno spazia ancora di più nel suo viso scarno. “Sei responsabile quanto me della sua morte.”

Raine allarga gli occhi.

 

… no… no… no… no!...

 

 

“NO!”

Raine si svegliò di soprassalto, con il fiato corto. Si alzò a sedere sul letto, scostandosi dal volto sudato i capelli appiccicatisi alle guance e alla fronte.

Era solo un sogno. Anzi, un incubo.

No, si corresse nuovamente. Tutto quello era stato reale, là al magazzino del porto…

Non ricordava di essersi addormentata, ma probabilmente era stato l’effetto dei tranquillanti che le avevano somministrato per curarle il braccio ferito. Non sapeva nemmeno che ore erano. Probabilmente notte, a giudicare dalla vista fuori dalla finestra. O, forse, l’avevano incantata per permetterle di dormire.

Rabbrividì visibilmente, sentendo la scia umida di una goccia di sudore raffreddarsi contro la pelle ardente di febbre. Si coricò nuovamente, aggiustando con le mani le coltri spiegazzate e disordinate.

Fissò il soffitto, bianchissimo anche nella penombra, della sua stanza al San Mungo.

Inevitabilmente, il suo pensiero corse all’incubo appena avuto. I volti erano più grotteschi e i contorni più sfumati, ma le sensazioni erano l’esatta replica di ciò che aveva provato.

“Bruce…” mormorò, mentre la vista le si appannava ed il labbro inferiore tremava.

Quando gli altri l’avevano raggiunta, l’avevano separata da Slen Dyce e lo avevano arrestato. Il Colonnello l’aveva lodata per quella cattura, ma lei non aveva provato alcun orgoglio.

Il Tenente Morgan era morto. E nessuno avrebbe potuto farlo resuscitare.

Era morto per salvare lei. Non c’era nessun orgoglio in questo.

Le lacrime sgorgarono calde dagli occhi ed andarono a bagnarle il colletto della camicia da notte.

Per quanto le facesse male ammetterlo, aveva ragione Slen: era colpevole di quella morte tanto quanto l’assassino. Se solo lei non fosse stata così stupida…

Si morse le labbra, trattenendo un singhiozzo. Il viso di Bruce, i suoi occhi… continuava a vederli dappertutto, come se avessero deciso di perseguitarla.

Poi, lo sguardo le cadde sul suo braccio fasciato. Se non fosse stata così maldestra, forse…

Con un impeto di rabbia, si colpì il punto in cui sapeva esserci la ferita. Un fiotto di dolore acutissimo le raggiunse il cervello, annebbiandole i sensi. Strinse i denti e deglutì, respirando a fondo. Assestò un altro colpo. E poi un altro. Ed un altro ancora.

Era più facile così: non pensava.

Soltanto il dolore occupava la sua mente. Era un dolore contenibile – seppur talmente acuto da cancellare ogni altra sensazione – e poteva cessare nel momento stesso in cui lo desiderava.

Non come quello per la morte di un compagno.

Strinse i denti, si morse le labbra, soffocò le grida nel cuscino, continuando a piangere e ad infliggersi dolore. Nemmeno si accorse che la ferita, così facendo, si era riaperta.

Solo quando vide la mano coperta di sangue, si fermò. Fissò quegli schizzi vermigli e questi fissarono lei. E Raine immaginò che fosse il sangue di Bruce.

Un’ultima lacrima finì la sua corsa tra la biancheria ruvida dell’ospedale, mentre lei guardava il soffitto del San Mungo, senza in realtà vederlo.

Si sentiva svuotata, gli occhi le bruciavano e non riusciva a respirare bene dal naso.

Ma quel dolore sordo, che albergava nella bocca del suo stomaco, non se n’era andato.

E Raine capì che non l’avrebbe mai fatto.

 

***

“Un po’ più in alto, Ted, ce la fai?”

Ted strinse i denti, cercando di mantenere l’equilibrio. Era piuttosto difficile, stando in piedi su una sedia e con una ragazza arrampicata sulle proprie spalle per consentirle di esaminare l’ennesima finestra sbarrata. “Ginny, non muoverti così tanto! Ci farai cadeeeeeee…!”

SBAM!

Non aveva nemmeno terminato la frase che perse l’equilibrio e si ritrovò in un batter d’occhio faccia a faccia con il duro pavimento, con il dolce peso di Ginny che lo intrappolava a terra.

“Ouch…” borbottò, sentendosi lievemente nauseato da tutti quegli stralci di dolore che gli percorrevano il corpo.

“Oddio! Ted! Stai bene?!” Ginny si rialzò velocemente, dandogli una mano per mettersi a sedere. Da quando si era svegliato qualche ora prima, avevano cercato di trovare una via di fuga, ma senza alcun risultato. Sembrava che non ci fosse modo di uscire da quella stanza, se non utilizzando la porta. Che, però, risultava sorvegliata da due energumeni.  Per di più Vampiri.

Si portò una mano alla testa. “Sono stato meglio…” mormorò, chiedendosi se sarebbe uscito vivo da quella situazione. Non si era mai sentito più malconcio in vita sua…

Ginny si morse le labbra ed esalò un sospiro mesto. “Senza le nostre bacchette non abbiamo possibilità di scappare da qui…”

Quella considerazione aleggiò nell’aria per qualche istante di pesante silenzio, prima che Ted cercasse di rincuorarla. “Andrà tutto bene, Ginny, vedrai. Io ti ho cacciata in questo guaio ed io te ne farò uscire.” disse con voce convinta. “Giuro che tornerai a casa tua sana e salva. Dovesse costarmi la vita.” aggiunse.

Ma, se si aspettava un qualche genere di reazione dalla ragazza, sicuramente non era la rabbiosa indignazione che improvvisamente le era fiammeggiata negli occhi. “Non provare neanche a dirlo per scherzo, Theodore Nott!” tuonò Ginny, alzandosi in piedi e mettendosi le mani sui fianchi. Ted la fissò ad occhi spalancati per la confusione. “Ne ho abbastanza di istinti cavallereschi nei miei confronti! Non sono una damigella in pericolo: sono una strega, per la barba di Merlino! Sembra che tutti si siano scordati che ho un diploma che lo certifica e che la McGranitt mi aveva proposto una carriera tra gli Auror!” Per un attimo, a Ted parve che anche le orecchie di Ginny stessero per emettere fumo come quelle di suo fratello Ron. “Non ho accettato perché non ho voluto dare ai miei e ad Harry un incentivo per continuare questa ridicola faccenda dell’iper-protezione nei miei confronti, ma sembra che non ci sia verso di farli smettere! Ma ora non ti ci mettere anche tu, Ted Nott! Non darmi motivo di pensare di essermi sbagliata sul tuo conto!” lo minacciò, puntandogli un dito contro. Ted non poté far altro che annuire, stralunato.

“Molto bene.” sbuffò Ginny, sedendosi nuovamente sul pavimento di fianco a Ted. “Ora, l’unico modo per salvarci – e bada che sono io a prometterti che tornerai a casa sano e salvo – è collaborare. Quindi, sputa ogni minimo dettaglio di questa storia, cosicché insieme si possa formulare un piano per salvare la pelle di entrambi. Sono stata chiara?” Gli lanciò un’occhiataccia.

Il “Sissignora!” che gli uscì dalle labbra fu troppo spontaneo per poterlo fermare.

“Perfetto! Vedo che ci siamo intesi.” Ginny gli sorrise dolcemente. “Spara.”

Fissandola un po’ perplesso per quell’improvviso ritorno alla calma, Ted fece spallucce. “Cosa vorresti sapere?”

“Tutto. Raccontami di te.”

Glielo disse con tanta sincerità, che Ted si trovò ad arrossire ed a fissare il pavimento invece che lei. “Beh, intendi tutto ciò che riguarda il mio essere Guardiano?” domandò, timidamente.

Ginny annuì. “Sì, può bastare come inizio. Una volta finita questa brutta storia, avremo tempo per tutto il resto, no?” gli sorrise.

Come poteva, si chiese Ted, come poteva quella donna scombussolarlo fino al punto da togliergli l’uso della parola, lui che era sempre stato un mago con i discorsi? Come poteva sconvolgere nel profondo la sua personalità, facendolo diventare talmente imbranato da far concorrenza ad un adolescente, lui che a scuola era soprannominato Mr. Spigliatezza?

Si schiarì la gola, fortemente in imbarazzo, e cominciò a raccontare quasi sussurrando. “Io, beh, credo che ormai tu abbia capito che sono il Guardiano dell’Anello di Matra. È stata la sorella di mia madre, la zia Beth, a passarmi il testimone.”

Nel nominare sua zia, ogni imbarazzo scomparve, lasciando il posto ad un’espressione imperscrutabile. “Durante il mio quarto anno ad Hogwarts, mi invitò a casa sua per le vacanze di Natale. L’invito giunse inaspettato – siccome la sapevo in Egitto a fare ricerche su un sacerdote della corte di Nefertiti – ma era sempre stata la mia zia preferita e fui contento di passare le vacanze con lei, piuttosto che con mio padre.”

Il suo volto si indurì e gli occhi indugiarono su un punto oltre la testa di Ginny. “Non fu il solito Natale con la zia Beth che conoscevo. Era affettuosa come sempre, ma capivo che qualcosa la turbava: era nervosa, a volte sussultava per un nonnulla ed i suoi occhi saettavano sempre da una parte all’altra, come se si aspettasse di veder comparire qualcuno all’improvviso. Alla fine, un giorno glielo chiesi: ‘C’è qualcosa che non va, zia?’ “

Ted si fermò. Parve prendere fiato prima di continuare. “Scoppiò in lacrime. Tra i singhiozzi disse qualcosa riguardo una condanna, che veniva tramandata dalla sua famiglia, generazione dopo generazione; una condanna che aveva toccato anche mia madre e che l’aveva portata alla morte. Mi spiegò la storia dell’anello, di Askieopis e di Macha e di come quest’ultima avesse nascosto dentro di sé l’ultima chiave per trovare quell’anello infernale, condannando la sua discendenza ad essere braccata attraverso i secoli da persone ambiziose di potere.

“Mi disse di mia madre, Guardiana prima di lei, e di come fosse stata uccisa per carpire l’ultima informazione; mi raccontò del fardello che gravava sulle sue spalle e di quanto fosse dispiaciuta di dovermi passare quell’ingrato compito. Le chiesi perché. E lei mi rispose: ‘Perché verranno ad uccidermi’.

“Pensai… oh, non lo so cosa pensai. Era tutto così pazzesco ed improvviso che non mi resi neanche conto di quel che stava accadendo. Sapevo solo che zia Beth era in pericolo e che, forse, avrei potuto aiutarla. Perciò accettai.

“La zia ci Smaterializzò nel Tempio dalla Volta Stellata, dove è custodito l’anello e dove ogni Guardiano riceve il suo incarico. Ancora singhiozzava quando pronunciò la formula che mi avrebbe iniziato alla mia nuova vita da Guardiano. Ricordo poco di quegli istanti: solo un forte bruciore come di ustione alla schiena e poi il buio. ”

Ted si fermò di nuovo. Lo sguardo si abbassò. “I giorni successivi sono sfocati, probabilmente a causa della febbre. È un peccato, perché solo qualche giorno dopo, proprio il giorno in cui dovevo tornare ad Hogwarts, mia zia fu uccisa sotto ai miei stessi occhi da uomini che cercavano la dannatissima ultima chiave.” Ted digrignò i denti. Poi fece un respiro profondo. “Tenni nascosta a tutti la mia identità di Guardiano, anche a mio padre, temendo che potesse riferire qualcosa al Signore Oscuro. Ed ero riuscito a tenerla segreta fino a qualche tempo fa, ma evidentemente qualcosa è andato storto. Soprattutto perché hanno capito che il Guardiano serve vivo.”

“Oh, Ted…”

Finalmente la guardò negli occhi. “Ho accettato questo compito, conoscendone i rischi, e, lo giuro, non avrei avuto paura di morire.” dichiarò. “Ma ora…” la sua voce si ruppe, tuttavia gli occhi rimasero fissi in quelli di Ginny.

Stavolta fu lei ad arrossire lievemente. Ma si riprese presto. “Non ti accadrà niente.” dichiarò con foga. “Non se possiamo evitarlo.” aggiunse, con minor ardore. Lo vide abbassare nuovamente lo sguardo. Gli prese la mano fasciata. “Qui non possiamo fare nulla, come abbiamo già appurato. Ma nel luogo dove è custodito l’anello?”

Inaspettato, un sorrisetto si formò sul volto di Ted, rischiarandogli dopo tanto tempo i bei lineamenti. “Intendi il Tempio dalla Volta Stellata?” Ginny annuì. Ted proruppe in una risata che a lei parve abbastanza fuori luogo. “Ginny sei un genio!” esclamò lui con occhi brillanti.

“Questo vorrebbe dire che hai un piano?” chiese lei, guardandolo scettica.

“Puoi chiamarlo così, se vuoi, anche se non è ancora ben definito…” disse Ted, alzandosi in piedi di scatto e cominciando a misurare a grandi passi la stanza.

“Sarebbe a dire…?” lo incalzò Ginny, seguendolo passo passo.

Ted si fermò e si voltò verso di lei, raggiante. “Sarebbe a dire che…”

Ma la porta si aprì in quell’esatto istante. I due carcerieri li guardarono con un sorrisetto sulle labbra. “Sembra che ti sia ripreso bene, Guardiano. Il nostro Signore ne sarà contento.” sogghignò uno dei due, prendendo Ginny per un braccio.

L’altro si portò alle spalle di Ted e lo condusse bruscamente verso la porta. “Andiamo, l’ora della luna piena è arrivata.”

Ginny squadrò molto accigliata i Vampiri appena entrati. Decisamente una tempistica azzeccata…

Guardò Ted e lui le sorrise di nascosto, mentre veniva portato via.

Stranamente, quel mezzo sorriso la rassicurò tanto da consentirle di restituirgliene uno dei propri.

 

***

Philip sospirò.

La nottata si preannunciava lunga. Lui e Harley Symons avevano appena dato il cambio ad altri due colleghi per sorvegliare la presunta entrata del tempio sotterraneo, ipotizzata dalla fidanzata del capitano Weasley.

Seduto all’interno della macchina scura del Ministero, fissava gli edifici di Bath con occhio spento. Lui avrebbe voluto essere in tutt’altro luogo in quel momento.

Strano a dirsi, ma avrebbe voluto essere al San Mungo. Per vedere se le condizioni di Raine erano migliorate dopo due giorni di ricovero.

Appoggiò il braccio alla portiera, sorreggendosi il viso.

Si sentiva una persona orribile a dirlo, ma era quasi contento che fosse morto il tenente Morgan. Per carità, non avrebbe augurato la morte al suo peggior nemico, ma se così facendo Raine era sopravvissuta, beh, lui non poteva che esserne felice. E pace all’anima del tenente Morgan.

Però…

Però, gli occhi di Raine lo avevano spaventato quando era andato a trovarla. Erano così… così… Non sapeva bene come descriverli. Erano vuoti ed allo stesso tempo pieni di una tristezza infinita. E lei gli era parsa così spezzata in quel letto bianco, che avrebbe voluto portarsela via e rassicurarla e dirle che il dolore passa e le ferite si rimarginano.

Pensò al suo braccio e a come se l’era martoriato. Una punizione? Sicuramente sì. La conosceva abbastanza da poter dire che si giudicava colpevole della morte del tenente.

Ma Raine si sbagliava. L’unica cosa che avrebbe potuto salvare Morgan dalla morte sarebbe stata la morte della stessa Raine, e Philip non voleva nemmeno pensare a come avrebbe reagito lui ad una notizia del genere.

“Ma dormi o sei sveglio?” La voce di Harley Symons interruppe i suoi pensieri.

Philip grugnì. “Sto pensando.”

“Oh, questa sì che è nuova!” rise l’altro, scostandosi la frangia troppo lunga con un gesto disinvolto della mano.

“Ah, ah. Che spiritoso.” borbottò Philip, roteando gli occhi.

Anche Harley roteò gli occhi. “Merlino, Phil! Sei diventato una piaga! Da quando Raine è stata ricoverata non fai altro che sospirare e guardare nel vuoto.”

“Permetterai che sia in pensiero per lei! Diamine, ci ha quasi rimesso le penne!”

“Ma se l’è scampata.”

“Ma poteva non farcela!” ribatté con forza Phil. “Io glielo avevo detto che era troppo presto.” mugugnò, tornando a guardare fuori dal finestrino.

Harley sospirò. “Phil, non sei mica suo padre. E poi, Raine non è una sconsiderata come dici tu: è sempre stata la più assennata del nostro anno.”

Phil emise un grugnito di disapprovazione. “Sarà, ma pare che tutta l’intelligenza che aveva sia andata a farsi benedire!”

“Giuro che non ti capisco: prima dici che è una ragazza fantastica, addirittura la tua ragazza ideale, e poi ne parli questo modo?!”

“Non puoi capire. Non la conosci.”

Harley alzò le mani in segno di resa. “Va bene, capo: come vuoi tu.”

Philip sbuffò un’altra volta e fece vagare pigramente lo sguardo verso la presunta entrata. All’improvviso, alcuni movimenti sospetti gli fecero correre l’adrenalina nelle vene. Incapace di parlare, tirò una manica di Harley per attirare la sua attenzione e gli indicò l’entrata.

Proprio lì davanti, illuminati dalla luce della luna piena, quella sera lievemente offuscata da nubi passeggere, c’erano i Vampiri. E il Capitano Nott, insieme a Ginny Weasley.

 

   
 
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