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Autore: yu_gin    12/10/2012    1 recensioni
«Non può essere lui» mormorò, abbastanza piano perché nessuno lo sentisse all'interno della rumorosa tavola calda.
Blaine lo fissò incantato, dimenticandosi delle proprie uova e bacon che rimasero a raffreddarsi.
No, non poteva essere lui. Si stava sicuramente sbagliando.
Certo, la somiglianza era parecchia, ma a New York vivevano otto milioni centosettantacinquemilacentotrentatré abitanti secondo il censimento del 2010 e le probabilità che il ragazzo di fronte a lui fosse lo stesso conosciuto una settimana prima sul set di Vogue erano decisamente basse.

Possibile che il ragazzo trasandato e in lacrime di fronte a lui sia lo stesso magnifico angelo che Blaine ha conosciuto sul set di un servizion fotografico per Vogue? C'è un solo modo per scoprirlo: parlargli.
[Scritta per la Klaine week, day 5: Photographer/model]
Genere: Angst, Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Blaine Anderson, Kurt Hummel | Coppie: Blaine/Kurt
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Fifth day: Photographer/model

Take a picture of my soul.




«Non può essere lui» mormorò, abbastanza piano perché nessuno lo sentisse all'interno della rumorosa tavola calda.

Blaine lo fissò incantato, dimenticandosi delle proprie uova e bacon che rimasero a raffreddarsi.

No, non poteva essere lui. Si stava sicuramente sbagliando.

Certo, la somiglianza era parecchia, ma a New York vivevano otto milioni centosettantacinquemilacentotrentatré abitanti secondo il censimento del 2010 e le probabilità che il ragazzo di fronte a lui fosse lo stesso conosciuto una settimana prima sul set di Vogue erano decisamente basse.

Il suo cuore si strinse quando vide che il ragazzo davanti a lui non aveva ancora smesso di piangere. Non era un pianto disperato e patetico, ma piuttosto un singhiozzare sommesso e silenzioso, tanto che nessuno al di fuori di lui sembrava averlo notato. Il ragazzo continuava a fissare il proprio piatto ancora intatto con sguardo vuoto e ogni volta che controllava il cellulare le lacime si facevano più copiose.

Il suo volto era arrossato dal pianto e i vestiti sembravano troppo sciatti per appartenere alla stessa persona che aveva conosciuto la settimana prima.

Eppure quegli occhi... quegli occhi azzurri non potevano appartenere a chiunque. Perché in cinque anni che viveva a New York e faceva il fotografo, Blaine non aveva mai visto occhi come quelli.

Forse dovrei andare a parlargli, pensò. Ma che gli avrebbe detto? E se non fosse stato lui? Se avesse semplicemente sbagliato persona – come era probabile.

E se anche fosse stato lui, che diritto avrebbe avuto Blaine di intromettersi in un momento apparentemente così delicato come quello che stava evidentemente passando.

Tornò a fissare il proprio piatto e, mentre con la forchetta tormentava le sue uova ormai fredde, ripensò al giorno in cui, per la prima volta, aveva visto quegli occhi.


«Ehi tu, sì, dico a te, con quel ridicolo papillon e quei capelli che sembrano usciti dal film di Grease.»

Blaine si guardò intorno, constatando che non c'era nessun altro che potesse corrispondere alla descrizione.

«Se non sei il fotografo o se le tue borse non sono piene di bibitoni dietetici a basso contenuto calorico allora, mio piccolo hobbit, sei nel posto sbagliato al momento sbagliato perché qui stiamo cercando di fare un servizio fotografico.»

«Sono il fotografo. Qui ho le mie macchine e-»

«E allora che aspetti a tirarle fuori? Mio Dio, scommetto che è la prima volta che lavori per un giornale di moda. Scommetto che di solito fai servizi fotografici per strada.»

«Amanda, non essere cattiva con lui» disse una donna, prendendo per le spalle quel mostro col tacco dodici e rivolgendosi a Blaine.

«Tu devi essere il sostituto, vero?»

«Sono io. Lei invece dev'essere la direttrice. La ringrazio per avermi offerto questa opportunità, non la sprecherò.»

«Non ne dubito. E grazie a te, piuttosto, sei riuscito ad arrivare qui con così poco preavviso e ci hai salvati da un imminente disastro. Ho visto i tuoi servizi e credimi, ne hai di talento. Le tue foto degli angoli di New York sconosciuti alle masse era... favoloso. E le persone che hai ritratto, beh, sembrava di vedere dentro le loro anime.»

Blaine arrossì lievemente: «E' ciò che amo di più del mio lavoro. Cogliere l'anima delle persone.»

«Sì, beh, qui vedi di riuscire a mettere a fuoco i vestiti, perché a Vogue vendiamo abiti, non anime» replicò la scorbutica Amanda. «Dove diavolo è il modello? E soprattutto, devo aspettare che mi vengano le rughe per avere il mio caffè?»

Blaine sistemò la propria attrezzatura e, con l'aiuto di alcuni assistenti, posizionò le luci e gli schermi per ottenere le giuste ombre.

«Oh, eccoti qui, finalmente!» sentì esclamare.

Quando Blaine alzò gli occhi vide un ragazzo avvicinarsi ad Amanda, che gli indicò infastidita il set. Il ragazzo si affrettò a raggiungere il luogo indicatogli.

Blaine intanto finse di porre gli ultimi accorgimenti al set, mentre con la coda dell'occhio spiò il ragazzo.

Indossava una maglietta bianca con un profondo scollo a V che metteva in evidenza la sua pelle chiara e curatissima. I capelli erano stati acconciati con parecchia lacca a giudicare dalla loro improbabile posizione, mentre le gambe longilinee spiccavano completavano il quadro, rendendo il ragazzo davanti a lui del tutto simile ad un angelo.

Quando si voltò verso di lui, Blaine sentì la pressione dei suoi occhi premere contro il suo petto. Erano semplicemente stupendi, così chiari da sembrare inverosimili in un essere umano.

Lo fissò a lungo senza dire una parola e in quei momenti Blaine tentò invano di scrutare dentro la sua anima. Era come se ci fosse un muro invisibile fra loro due che impediva a Blaine di carpire la sua vera essenza, cosa che invece risultava così semplice con gli scatti fatti per strada.

A interrompere il loro silenzioso contatto fu la voce di Amanda:

«Facciamo le presentazioni e cominciamo. Danny Zucco, questo è Porcellana. Porcellana, questo è Danny Zucco. E ora cominciamo.»

Il modello – Porcellana, a sentire Amanda – si mise in posa e Blaine cominciò a scattare le fotografie, mentre Amanda gridava indicazioni.

Ma per quanto Blaine si sforzasse, sentiva di non riuscire ad attraversare il velo che copriva quegli splendidi occhi. Era come se il ragazzo di fronte a lui fosse morto dentro o che avesse preso la propria anima e l'avesse riposta in un cassetto per lasciarla inutilizzata.

Più Blaine scattava più lo sentiva allontanarsi.

Era bellissimo, questo era innegabile. Aveva un corpo invidiabile, una pelle perfetta e dei capelli curati, ma sembrava finto.

Finto e vuoto.


Quello di fronte a lui era tutto, tranne che un ragazzo finto e vuoto. I capelli che ricadevano disordinatamente sulla fronte spaziosa, le lentiggini che macchiavano le sue guance arrossate, gli occhi lucidi per il pianto fissi sul piatto sbeccato di una tavola calda di periferia, tutto ciò gridava a Blaine che dentro quel ragazzo c'era un anima.

Accantonò il proprio piatto e le uova appena sbocconcellate, andò alla cassa a pagare la consumazione e poi, ancora titubante, si avvicinò al ragazzo.

Vedendolo avvicinarsi, l'altro sollevò lo sguardo e tentò invano di darsi un minimo di contegno.

«Scusami, per caso tu sei il modello di Vogue che ha fatto quel servizio in bianco e nero la settimana scorsa?»

Il ragazzo lo fissò stupito per qualche secondo, poi corrugò la fronte come se stesse sforzandosi di ricordare.

«Tu sei Danny Zucco, il fotografo.»

«Sì, in realtà Danny Zucco non è il mio nome.»

Il ragazzo sorrise divertito: «Sì, l'avevo intuito. Sai, credo di aver visto Grease abbastanza volte per cogliere il riferimento» disse, occhieggiando ai suoi capelli. «E per la cronaca, io ti avrei chiamato Tony Wycek.»

Blaine sorrise tendendogli la mano: «Il mio nome è Blaine.»

«Kurt» rispose l'altro. «Per caso sei il Blaine Anderson del servizio fotografico sugli angoli pittoreschi di New York?»

«Colpevole.»

«Credimi, l'ho adorato. Soprattutto le foto alle persone che hai incontrato. Guardandole ti sembrava davvero di carpire la loro anima.»

«Me lo dicono in tanti» disse.

«Perché è vero.»

Blaine mi morse le labbra, ancora titubante.

«Ora forse ti sembrerò invadente ma posso chiederti perché piangevi?»

Nel sentire quella domanda, Kurt abbassò lo sguardo.

«L'hai notato? Dio che imbarazzo. Giuro, non mi è mai capitato di mettermi a piangere in un luogo pubblico ma-»

«Non hai nulla di cui scusarti. Volevo solo sapere se andava tutto bene.»

«Non era niente, davvero» minimizzò Kurt, ma era evidente che non ci credeva neppure lui. «E' stata una brutta settimana. Il mio ragazzo mi ha lasciato e non mi sono mai sentito tanto solo in una città con otto milioni di abitanti.»

Otto milioni centosettantacinquemilacentotrentatré, avrebbe precisato Blaine, se non fosse stato troppo sconvolto dal pensiero che quel ragazzo potesse essere stato lasciato.

«E si può sapere chi può essere tanto stupido da lasciare un ragazzo come te?» chiese.

«Uno stronzo con cui ho perso troppo tempo. Lo infastidiva il fatto che posassi per Vogue e la settimana scorsa mi ha dato un ultimatum: o lasciavo il lavoro o lui mi avrebbe scaricato» mormorò, distogliendo lo sguardo e tirando su col naso. «Sai com'è, l'affitto da pagare...»

«So che può sembrare insensibile da dire in un momento come questo, ma fidati, troverai di meglio.»

«Se sono certo.» Ormai le lacrime si erano asciugate e Kurt era tornato a sorridere. «Grazie.»

«E di cosa?»

«Della compagnia. Erano giorni che non sorridevo. Avevo solo bisogno di qualcuno che sapesse dirmi le parole giuste per farmi stare meglio.»

«Sono bravo a cogliere l'anima delle persone» disse. Fu allora che, guardando quel ragazzo negli occhi, riuscì a comprendere la sua anima.

Capì che dietro lo sguardo distante e freddo del modello di Vogue si nascondeva un ragazzo semplice, cresciuto in una cittadina di provincia, ancora legato alla vecchia vita e alla propria casa, ancora legato alla propria adolescenza senza alcuna intenzione di staccarsene. Era un'anima sola nella grande e popolosa New York che per qualche minuto era riuscita ad essere un po' meno sola.

E quel sorriso fu l'istantanea della sua anima, che Blaine scattò mentalmente e si stampò in modo indelebile in mente perché – di questo ne era certo – non l'avrebbe mai dimenticata.

«Posso offrirti un caffè?» chiese. «O un gelato. O quello che vuoi.»

«Mi stai chiedendo di uscire?»

«Solo se ti va, ovviamente.»

«Mi piacerebbe molto» disse, sorridendo.

«Perfetto. Se hai un minuto, conosco giusto un posto stupendo e ingiustamente sconosciuto qui a New York dove fanno un ottimo caffè. Un posto che solo io conosco.»

«E' perfetto. Non vedo l'ora di scoprire questo angolo di paradiso.»

E in quegli occhi non più da angelo ma da ragazzo qualunque, Blaine credette di aver trovato davvero il paradiso.



A/N


Va beh, mi sono lasciata andare ai sentimentalismi.

Ogni tanto fa bene, no?


Anche questo prompt era davvero stupendo, non per niente questa è stata la prima delle oneshot ad essere scritta.


A domani! Prompt: Dalton!

(e fra pochi minuti il capitolo 4 di Blackmail me with love)


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Magic Coop; Take me back to the start; Gli eroi non dormono mai; Il ragazzo che giocava col becco bunsen; Take a picture of my soul;

   
 
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