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Autore: AyaCere    24/04/2007    5 recensioni
E' una long-fic ambientata in un periodo indefinito della storia, dopo l'attacco al Tokyo Dome, e ne riscrive la fine (che prenderà una piega del tutto diversa -.-). E' il tipo di fic in cui la fanwriter prende la trama di fondo di TMM, ci ficca dentro personaggi e invenzioni personali e poi ci fa quel che le pare e piace! (mwahahah XD)
Premetto che si tratta della stessa storia che avevo pubblicato con nick di _Ceres_, però l'ho riscritta da capo, visto che prima faceva proprio pietà. E' anche abbastanza seria (per i miei standard, si intende) e vi avverto fin da subito che sono molto lenta con gli aggiornamento. Portate pazienza...
Vi auguro buona lettura *sorrisino molto molto perverso* smackete! ;*
Genere: Azione, Mistero, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta
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Frammenti Di Me

Salve! Dico due cose prima di iniziare: questa è la stessa fiction che scrissi due anni fa con l'account di _Ceres_, però è riscritta da capo. Capite bene che ho cambiato modo di scrivere e anche alcuni piccoli particolari della storia, ma alla fine si tratta sempre di FdM.

Attenzione! La storia è una long-fiction che parte da un punto imprecisato della serie, e sono presenti molti personaggi inventati; inoltre una delle coppie è Ryo/Retasu. Lo dico perché so che non piace a molti e vorrei evitare commenti del tipo: "Cm t fa a piacere ql lattuga di lory?????? A me fa skifo!!!!!! 6 idiota scrittrice!" ... ecco, non ne voglio vedere. Se non vi piace, o sopportate in silenzio per amore della storia (?) o chiudete la pagina. Grazie ^^

Ovviamente questo si tratta di un prologo, non tutti i capitoli saranno così corti. Recensite, eh!

 

 

Declaimers: Tokyo Mew Mew non appartiene a me, ma a Mia Ikumi e Reiko Yoshida, e non ne possiedo i diritti. Questa storia non ha scopo di lucro né è serializzata.

 

Frammenti Di Me

 

1. Aspettando un angelo

 

Tutto era avvolto in un buio denso. Il silenzio della notte era rotto solo dal dolce e, in un qualche modo, inquietante suono delle bollicine che esplodevano con un piccolo pop sulla superficie della teca. Fuori si udiva il debole ticchettio delle gocce di pioggia che si andavano ad infrangere sui vetri sporchi di quell’enorme fortezza fatta di tenebre e nebbia.

Un improvviso scricchiolio invase la stanza. Aprì piano gli occhi, quasi con fatica, specchiandosi nel riflesso sbiadito delle iridi color caramello nel vetro solcato da alcune incrinature. Le labbra si schiusero, ma al posto dell'aria trovarono solo un liquido gelido. Lo capì troppo tardi. Quell’acqua scivolò lenta e serpentina nella gola, fino ad arrivare ai polmoni.

La paura si impadronì di lei. Per la sensazione di non respirare, per quella di essere in trappola, per quella non poter più vivere…

Fu un attimo.

Crash!

 

In quel momento, a più di quattrocento chilometri di distanza, un ragazzo si svegliò di soprassalto. La sua stanza, al secondo piano di quello strano edificio color confetto, era ugualmente avvolta nelle tenebre, ma nonostante questo l'atmosfera era decisamente diversa da quella della fortezza.

Comunque il ragazzo non si curava dell'oscurità. Sì tirò su spingendo via il piumone del futon* con la mano destra, mentre l'altra si infilava tra la frangia spettinata. I suoi occhi azzurri fissavano spalancati un punto indefinito della stanza, inquieti. Indossava una leggera t-shirt di cotone bianco, piuttosto stropicciata, sotto la quale risuonava il battito impazzito di un cuore.

Non doveva avere più di diciassette, diciotto anni; si chiamava Ryo Shirogane, era il proprietario del caffè Mew Mew ed doveva aver appena avuto un incubo.

Aspettò che il respiro tornasse regolare, poi strizzò gli occhi, infastidito, e soffocò un'imprecazione tra i denti. Ancora quegli incubi, quegli stramaledettissimi incubi notturni così frequenti quando era solo un bambino, che tornavano ogni tanto ad infestargli il sonno. Si passò le mani sulle tempie e scoprì di essere parecchio sudato. Chissà quanto si era agitato prima di riuscire a sfuggire ai mostri della notte. Fece una smorfia di commiserazione. Tsé... odiava quelle sue debolezze, che dimostravano quanto il suo passato fosse impresso nel profondo della sua anima. Ma tanto presto sarebbero spariti per sempre. La realizzazione del Progetto era vicina.

Voltò piano la testa verso il comodino. L'orologio digitale segnava le quattro e mezza del mattino. Era decisamente presto per aprire il caffè, e l'idea di mettersi a computer e continuare con le ricerche gli faceva venire il voltastomaco. D'altra parte, se si conosceva bene, sapeva che non sarebbe più riuscito a chiudere occhio per tutta la notte. Sospirò, sfilando le gambe dal letto per appoggiare i piedi al tatami**.

Improvvisamente aveva voglia di correre.

 

Fuori era buio pesto. La luce dei lampioni non era sufficiente ad illuminare le strade avvolte dalla nebbia di metà Novembre, così aveva scelto una strada piuttosto isolata dove non passavano macchine.

La felpa della tuta blu notte non bastava a proteggerlo dal freddo mattutino, eppure Ryo continuava a correre, il ritmo piuttosto sostenuto e lo sguardo fisso davanti a sé.

Se qualcuno lo avesse visto di certo avrebbe pensato male di lui. In fondo non era affatto normale correre in piena notte, di mercoledì mattina, con l'inverno alle porte. Eppure lui non lo trovava affatto strano. In quel periodo si ritrovava ad avere quella voglia impulsiva di correre praticamente tutte le notti, da quando gli incubi erano tornati a tormentarlo.

Keiichiiro non ne sapeva nulla. A dirla tutta non ne era a conoscenza nessuno, ed a lui andava più che bene così, perché sapeva che sarebbero arrivate le domande strane, gli sguardi preoccupati, le frasi ridicole del "Se hai voglia di parlarne, io sono qui" o quelle ipocrite come "Ti capisco perfettamente, anche io ho delle preoccupazioni che non mi fanno dormire". La verità era che nessuno poteva capirlo. Nessuno poteva sapere come ci si sentiva a veder morire coi propri occhi la propria famiglia, la propria casa, il proprio mondo, e sognarlo ogni dannatissima notte. Nessuno poteva sapere cosa significava sentirsi soli.

Svoltò l'angolo, trovandosi di fronte all'entrata di un parco giochi. Poco lontano da lui stava una fontanella, da cui zampillava un sottile getto d'acqua. Rallentò il passo, avvicinandosi, e ne approfittò per rinfrescarsi e riposarsi qualche minuto.

A volte si sentiva un po' come Satsuki*** di "Moonlight Shadow".

Forse era stupido pensarlo, perché in fondo quello era solo di un romanzo, ma non poteva fare a meno di fare questo confronto. E si chiedeva se anche per lui, un giorno, sarebbe qualcuno a mostrargli il “fenomeno Tanabata” e dargli quella pace che sognava da anni.

Ma no... sbuffò infastidito, e gettò indietro la testa per far scorrere l'acqua gelida lungo il volto accaldato. Meglio abbandonare certi sentimentalismi, non era davvero il caso di lasciarsi andare in pensieri così idioti. Era solo un romanzo, quello. Solo fantasia. La sua, purtroppo, era una vita reale, il che implicava che i miracoli non accadevano così facilmente. Nemmeno ci credeva, ai miracoli.

Stava per riprendere a correre quando uno schiocco improvviso ruppe il silenzio circostante. I muscoli di Ryo si irrigidirono, il suo sguardo si fece guardingo ed attento. I sensi erano all'erta, alla ricerca della fonte di quell'impercettibile suono.

Pochi attimi dopo ne giunse un altro. Crack. Questa volta fu facile individuarlo: uno dei cespugli che facevano da confine ad un'aiuola spoglia si era mosso quel tanto abbastanza da saltare all'occhio. Evidentemente qualcuno, nascosto dietro di esso, s'era impigliato in un rametto e l'aveva spezzato.

Il ragazzo sbuffò, rilassandosi appena. Per un attimo aveva creduto che ci fosse un malvivente o, ancora peggio, gli alieni. Ma evidentemente quel qualcuno doveva essere un gatto, un cane, o al massimo una coppietta che si doveva nascondere agli occhi dei genitori per scambiarsi effusioni. Scosse la testa, poi si sistemò meglio la felpa, per riprendere a correre. In fondo, qualunque cosa fosse, non era affare suo.

Aveva già percorso alcuni metri, quando una voce lo obbligò a fermarsi.

    - Aiuto... -

Era una voce flebile, debole, soffocata, ma Ryo la udì perfettamente. Fissò quel cespuglio con sguardo estremamente serio, chiedendosi se fosse uno scherzo o dietro di esso ci fosse davvero qualcuno in difficoltà. Ma esitò solo per poco, poiché tornò indietro subito, percorrendo con passi veloci la distanza che lo separava dall'aiuola. No, non era uno scherzo. Chi poteva essere quell'imbecille che faceva scherzi alle cinque del mattino?

Ed infatti, ciò che vi trovò dietro fu una ragazzina riversa a terra. I capelli biondicci ed il leggero vestito bianco si erano appiccicati alla pelle graffiata, completamente bagnati di acqua e di sangue. La gamba destra era piegata in una posa strana, innaturale, probabilmente fratturata. I suoi occhi color caramello incontrarono per qualche secondo quelli azzurri di Ryo, ed un leggerissimo sorriso si formò sulle sue labbra mortalmente pallide, che provocarono un brivido freddo lungo la schiena del ragazzo.

    - Finalmente... qualcuno... mi ha sentito. -

Poi chiuse gli occhi e lasciò dondolare la testa da un lato, perdendo coscienza.

 

*

 

* futon: il letto dei giapponesi, composto da una specie di materasso, un cuscino rotondo ed un piumone. Cosa non si sono inventati per risparmiare spazio...

** tatami: il pavimento dei giapponesi, che da noi si usa anche nelle palestre dove si insegnano le arti marziali. E' composto da una specie di "tappeti" fatti di piccole canne di bambu (almeno credo... non ne ho mai visto uno ^^''')

*** "Moonlight Shadow" è il romanzo di Banana Yoshimoto, in cui la protagonista -Satsuki, per l'appunto- si ritrova a correre tutte le notti, perché turbata dai sogni in cui rivive gli attimi vissuti con il suo fidanzato, morto in un incidente. Ryo sembrava fatto apposta per questa parte *.*

  
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