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Autore: margheritanikolaevna    13/10/2012    9 recensioni
Con un'altra mini-raccolta sul fandom di White Collar (che trovate qui: http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=1255230&i=1) queste tre one-shot hanno partecipato al contest "I sette peccati capitali", indetto da Reghina-Chan ma giudicato da Lady Eloise, classificandosi al terzo posto.
La medaglia qui è sempre lui, Mac Taylor: intorno a lui ruotano tre personaggi e su di lui s'incentrano tre storie, costruite per rappresentare altrettanti vizi capitali. Ci saranno: la verità sull'addio di Stella a New York, un momento Mac/Peyton e un what if? altamente drammatico che coinvolgerà il nostro bel Don Flack.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Don Flack
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Autore: margheritanicolaevna nel forum e margheritanikolaevna su EFP;
Titolo storia: “Fine di un amore”;
Genere: romantico;
Avvertimenti: forse un what if?, io preferisco pensare a un missing moment;
Rating: giallo;
Fandom: CSI NY;
Pairing: Mac Taylor/Stella Bonasera;
Peccato capitale: Ira
 
 
Qualche tempo fa scrissi a bice94 che, sebbene io non sia una fan della coppia Smacked, non mi è piaciuto il modo in cui gli autori di CSI NY hanno liquidato il personaggio di Stella, senza darci uno straccio di spiegazione e senza nemmeno una scena di addio.
Questa, perciò, è la mia personale versione di ciò che accadde prima della sua partenza per New Orleans.
 
 
Io so che l'odio come l'ira hanno la loro funzione nello sviluppo della società, perché l'odio dà la forza e l'ira sprona al mutamento.
Ivo Andrić, Racconti di Sarajevo, 1946
 
Fine di un amore
 
“Sinceramente, Stella” esclamò Mac Taylor, gettando con un moto stizzito la cartellina gialla che teneva tra le mani sulla scrivania già ingombra di documenti “sono molto deluso dal tuo comportamento!”.
Il tono delle sue parole da distaccato era divenuto ostile e i suoi occhi verdi, solitamente impenetrabili,  in quel momento invece la fissavano mandando lampi di collera.
La donna non rispose, limitandosi ad abbassare lo sguardo sul pavimento e a sperare che quella penosa scenata avesse termine al più presto; ma il tenente era, tra le altre cose, un cocciuto cane da presa e non avrebbe lasciato andare la collega senza prima averle cavato di bocca le risposte che stava cercando.
“Insomma” continuò quindi, implacabile, facendo il giro della scrivania e avvicinandosi a Stella, che invece se ne stava immobile di fronte a lui, come inebetita dalla durezza delle parole che aveva appena udito “abbiamo lavorato fianco a fianco per anni, ne abbiamo passate tante insieme e io pensavo di essere tuo amico”.
“Pensavo che tutti, qui dentro, lo fossimo” aggiunse, dopo una breve pausa carica di amarezza.
“E invece” proseguì, senza staccarle gli occhi di dosso e anzi facendo un altro passo verso di lei “non solo decidi di accettare un nuovo lavoro a New Orleans, ma lasci anche che io lo sappia da Sinclair!”.
Dato che la collega seguitava a non replicare alle sue accuse, il detective, ormai del tutto invelenito, la prese per un braccio come a scuoterla dalla sua inspiegabile inazione e quasi le gridò in faccia: “Se era la carriera che ti interessava, avresti almeno potuto parlarne prima con me!”.
“Sta’ zitto, ti scongiuro: non continuare a vomitare queste assurdità che - ne sono sicura - non pensi davvero…” Stella mentalmente lo implorava di smetterla, sentendo d’improvviso come una specie di lunga spada fredda che le si conficcava dalla gola fino al fondo dello stomaco.
“Basta” lo pregò in silenzio, sollevando su di lui due occhi adesso velati di lacrime.
Ma Mac Taylor non aveva alcuna intenzione di fermarsi: troppo bruciante l’improvviso dispiacere per la repentina partenza della collega e soprattutto troppo vivo l’affronto che non si fosse prima consultata con lui, che oltre tutto era anche il suo diretto superiore.
“Perché hai deciso di andartene? Una promozione è più importante dei tuoi amici?” la incalzò “E io che avevo sempre pensato che a queste cose tu non tenessi affatto!”.
Scosse con lentezza il capo e l’espressione di disgusto che Stella lesse sul suo viso severo fece sussultare sensibilmente la lama gelata che l’attraversava tutta, causandole una fitta di nausea.
“Mio Dio” ripeté spietato il tenente, piegando le labbra sottili in una linea esangue “Che delusione…”.
Basta. Quello era troppo.
Fu come se una mano enorme le avesse stretto il cuore così,
con cinque dita, come si stringe una spugna: fu colta da un furore atroce, da un improvviso odio implacabile verso l’uomo che ancora la fissava con le narici frementi di sdegno.
Stella Bonasera si era ripromessa di non dire niente a Mac delle reali ragioni che l’avevano spinta all’improvviso a scegliere la partenza per New Orleans e che poco o nulla avevano a che vedere col fatto che lì lei sarebbe stata a capo della locale Scientifica; però ora lui aveva oltrepassato il limite e non poteva più tacere.
Avrebbe parlato.
Serrò i pugni irosamente, deglutì e trasse un respiro profondo: l’adrenalina le stava facendo accelerare a dismisura i battiti e le imporporava il viso, ma sapeva con esattezza cosa dire, perché quelle parole erano le stesse che le avevano attraversato la mente un’infinità di volte nei lunghi anni in cui avevano condiviso l’ufficio, prima di riuscire a decidere di lasciare per sempre New York.
Con un gesto brusco, che colse il collega di sorpresa, allontanò la mano che ancora l’uomo le teneva sul braccio, fece due passi verso la parete opposta alla porta, afferrò
una delle fotografie appese al muro e la scagliò sul pavimento con tutte le sue forze.
Il vetro che proteggeva un serissimo Mac nell’alta uniforme da maggiore dei marines si frantumò in mille pezzi, senza che l’uomo potesse far niente per evitarlo.
“Ma…” esalò interdetto il detective.
“Vuoi la verità?” sibilò Stella, decisa ad andare per una volta nella vita fino in fondo, “Vuoi sapere perché ho deciso di andarmene?”.
Mac stentava quasi a riconoscere l’amica, il cui volto solitamente dolce e sereno era invece ora trasfigurato da un’ira violenta: gli occhi dilatati, le narici frementi, la respirazione accelerata… Stella pareva all’improvviso posseduta da un demone.
“La verità, Mac, è che io ti amo: mi sono innamorata di te dal primo maledetto minuto del primo stramaledetto giorno in cui ti ho incontrato e che da allora non ho smesso di amarti nemmeno per un istante! Ti sono stata accanto quando eri felice insieme a Claire e, quando lei è morta e io ti ho aiutato a rimettere in piedi la tua vita, ho sperato che per noi due ci fosse almeno una speranza”.
“Ma tu, invece, niente! Ti credi un grande investigatore, uno che riesce a leggere nell’animo umano con acutezza… e invece non hai mai capito niente di me! Hai idea di quanto sia stato difficile dividere il respiro, il giorno e la notte con te senza mai tradirmi? Far finta di essere tua amica per tutto questo tempo e intanto soffrire in silenzio, straziata dalla gelosia?”.
Stella, trascinata dalle violente emozioni che l’animavano, quasi impazzita, afferrò anche la foto che ritraeva Mac mentre stringeva la mano all’ex sindaco di New York  Rudolph Giuliani e la tirò per terra, dove l’immagine terminò ingloriosamente la sua breve esistenza. 
“Maledizione!” gridò Stella, fremente di collera come Mac non l’aveva mai veduta, nemmeno durante il più aspro dei litigi che pure avevano affrontato nei lunghi anni della loro amicizia: “Ti ho visto perdere la tua dignità con donne che non ti meritavano, ho letto la squallida lettera con la quale Peyton ebbe il coraggio di lasciarti senza nemmeno guardati in faccia e in tutto questo tempo, in cui tu ti dibattevi nella solitudine e nella tristezza, ho sperato che ti accorgessi di me, che capissi che ero la sola che avrebbe potuto amarti veramente per come sei, che ero esattamente la persona di cui tu avevi bisogno per essere felice”.
“Eppure tu non mi hai mai degnata di uno sguardo… nel profondo del mio cuore sapevo che la nostra situazione non sarebbe mai cambiata, ma la speranza era più forte di tutto e il mio amore per te saldo come una roccia.
Ricordi quando indagavo sul caso di quella ragazzina stuprata a Central Park? (1) Tu mi dicesti che non dovevo seguire il cuore, bensì le prove e la ragione: ebbene, io non sono mai stata capace di non seguire ciò che mi diceva il mio cuore e per questo ho sprecato inutilmente i migliori anni della mia vita con te, con un uomo che non mi ha mai amato e mai mi amerà”.
“Ma soprattutto” Stella non aveva smesso di fissare Mac negli occhi nemmeno un istante e il suo tono adesso, svanita la collera del principio, era pieno di astio gelido e consapevole “con un uomo che non mi ha mai capita e non mi merita”.
La donna, con un gesto repentino, staccò dalla parete anche la cornice con dentro un Ronald Reagan sorridente, nel pieno del suo potere, e la scagliò sul pavimento dove i suoi frammenti si mescolarono con gli altri.
“Dannazione! E pensare che quando mi seguisti a Salonicco avevo sperato che finalmente quel tuo gesto significasse un passo avanti nel nostro rapporto: ricordi quando ti lessi il futuro nel fondo del caffè greco che avevi appena bevuto? Allora dissi che io ero la donna della tua vita e in quell’istante pensai che se tu mi avessi baciata, se solo ti fossi avvicinato un po’ di più a me, tutto sarebbe andato per il meglio e io sarei stata felice, per la prima volta”.
“Ma non accadde niente. E io finsi di stare scherzando per vincere la vergogna e la delusione” (2).
Mac la guardava stralunato, incredulo per ciò che aveva appena scoperto, ma anche per la consapevolezza di aver perso irrimediabilmente qualcosa di prezioso senza aver mai nemmeno tentato di coglierlo; incapace di muoversi e persino di articolare parola, come paralizzato.
Forse avrebbe potuto replicare qualcosa, cercare un chiarimento, ma sapeva dentro di sé che sarebbe stato tutto inutile di fronte alla collera di Stella: la sua voce - un soffio di animale selvaggio infuriato a freddo, indomabile - rivelava chiaramente che non sarebbe tornata indietro.
“Per questo me ne vado” aggiunse la poliziotta, arretrando verso la porta “Perché ho capito di poter aspirare a qualcosa di meglio che raccogliere le briciole della tua compagnia e consolarti quando sei giù di corda… Quindi va’ all’inferno, Mac Taylor!
All’inferno tu, la tua prosopopea, la tua spocchia, la tua freddezza, la tua incapacità di amarmi!”.
Senza aggiungere un’altra parola, Stella Bonasera si voltò e, facendo scricchiolare sotto le suole delle scarpe i pezzetti di vetro che ormai ricoprivano il pavimento, lasciò l’ufficio della Scientifica e New York City per sempre.
Senza guardarsi indietro.
Per la prima volta dopo molti anni, si sentiva leggera: la porta dell’avvenire era davanti a lei e si stava aprendo.
C’era solamente quella porta e ciò che vi era dietro e lei era da sola, senza nessuno al suo fianco.
Ma Stella Bonasera, per la prima volta dopo molti anni, non aveva paura.
 
FINE
 

 

  1. Il riferimento è allo stupro di Robin, caso su cui si incentra il secondo episodio della prima stagione di CSI NY. 
  2. Il riferimento è alla scena finale della puntata “Fondi di caffè greco”.

 

  
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