Anche stavolta nessuno ha parlato. Vorrei poterlo fare essendo invisibile, anzi, vorrei non
farlo. Stasera almeno c’era un diversivo: ho percepito un’aura di curiosità che
lo ammetto, mi era nuova. Chissà perché, Hyne.
La Suprema sospirò, affranta.
Ormai parlava direttamente al grande Hyne: era
impazzita. Era arrivata ai margini della foresta. Vi si addentrò, al buio.
Neanche la luna splendeva, quella sera. La giovane donna battè
le mani, e la zona intorno a lei si illuminò
all’improvviso. Iniziò a camminare, i suoi calzari argentati
sembravano sfiorare la neve soffice caduta qualche ora prima. Non
sentiva freddo, e l’unica cosa a farle compagnia erano i rumori della foresta.
Rumori e suoni confortanti…
Si fermò sotto un albero
secolare. Poi, controllando inutilmente che non ci fosse nessuno, scostò
delicatamente il velo dal viso.
L’aria fresca della notte la
accarezzò dolcemente, dandole un senso di felicità e pace che sentiva
necessario.
Si diresse alle spalle
dell’albero: un lago immenso, tetro, quasi raccapricciante, venne
all’improvviso illuminato dalla magia della Suprema. Il paesaggio cambiò
all’istante, trasmettendole un incredibile senso di pace. La luce emanata dalle
sue mani le permetteva addirittura di specchiarsi sulla superficie ghiacciata
del lago. La Suprema fece un sorriso mesto, e si inginocchiò
presso la sponda più vicina, scostando i giunchi che crescevano a riva e
chinandosi sulle acque ghiacciate. I riccioli neri le ricaddero scompostamente
sul viso, mentre si perdeva nei suoi pensieri. Chissà chi era stato a dire che il suo sguardo uccideva. Forse, era il colore
vitreo dei suoi occhi a spaventare tanto le persone: occhi così azzurri da
sembrare trasparenti…non ricordava nemmeno quando
fosse stata obbligata a indossare quel maledetto velo. Mise una mano sul
ghiaccio. La sentì scivolare avanti, per logica della natura, ma non ne avvertì il gelo.
Non c’è niente che vada bene, in me.
La Suprema si
irrigidì all’improvviso. L’istinto le suggeriva di
stare in guardia…c’era qualcuno. Si voltò, ancora inginocchiata. No.
Probabilmente era solo una tigre delle nevi…
Le nevi, tornò a pensare, le
aveva portate lei. Si rialzò con cautela, per non scivolare, e spinta da un desiderio improvviso s’incamminò sulla
superficie ghiacciata, con un sorriso. Era impazzita, lo
sapeva. Non aveva senso ridere del suo dolore…
“Cosa diavolo sta facendo?”
sussurrò Rek, nascosto dietro un albero
mentre osservava la Strega. L’aveva seguita, silenziosamente, e aveva
aspettato che lei facesse luce. Ora si era tolta il velo, e si
incamminava verso il lago ghiacciato. Peccato non riuscire a vederla in
faccia…
All’improvviso lei si voltò,
e Rek temette seriamente di essere stato scoperto.
Per sicurezza, calò maggiormente il cappuccio sul volto, e rimase in attesa, con tutto il suo sangue freddo. Ma la Suprema non venne: forse non l’aveva visto.
Il giovane si riaffacciò con
più cautela, e stavolta vide che la Suprema si era rialzata e si era messa a
camminare sull’immensa lastra ghiacciata…
“Deve stare attenta. Anche se il lago è ghiacciato, nessuno le assicura che sia
abbastanza solido” Rek, preoccupato, continuò ad
osservare la Suprema. Avvertì un senso improvviso di tranquillità
quando lei iniziò a ridere.
La sua risata riecheggiava
per tutta la zona, che da silenziosa e tetra che era, sembrò rallegrarsi
insieme alla Strega. Era una risata vivace, spensierata. Rek
sorrise inconsciamente.
Il suo sorriso però sparì
all’istante, sentendo la risata trasformarsi in un urlo di terrore.
Il Kwaul
aveva aspettato, come fanno tutte le tigri quando
individuano la preda. E appena aveva sentito la voce
della preda le era saltato addosso.
La Suprema aveva urlato,
terrorizzata: gli animali non le facevano mai niente, e anzi le erano amici. Perché all’improvviso si ritrovava intrappolata sotto le
zampe di una tigre famelica?
“AIUTO!” gridò, ben conscia
che nessuno l’avrebbe sentita. Nonostante il terrore, avrebbe dovuto combattere
da sola…ma aveva paura! E
poi, aveva avvertito un rumore sordo che non era riuscita ad analizzare con la
dovuta pazienza…
Il Kwaul
le ruggì in faccia prima di alzare una zampa per dilaniarle le carni, ma lei
riuscì incredibilmente a scostarsi abbastanza da non morirci sul colpo. Sentì
un bruciore immenso sul viso, e capì che l’aveva graffiata, ma non mortalmente.
Comunque, alcune gocce del suo sangue iniziarono a
bagnare la superficie del lago.
Quella visione le fece
scoppiare qualcosa dentro…qualcosa che bruciava…rabbia, dolore represso…
“SPARISCI!!”
urlò rabbiosa, lanciando inconsciamente un incantesimo. Potente, troppo potente. Il Sancta che aveva
appena evocato aveva messo fuori uso la tigre, ma…
Quando aveva visto il Kwaul
sottomettere la ragazza, Rek non si curò più del
fatto che il cappuccio si fosse abbassato, e si era messo a correre verso la
Suprema, il gunblade già sguainato. Mentre correva, pensava furiosamente ad un modo per arrivare
alla strega senza scivolare sul ghiaccio…non trovò altro modo se non
puntellarsi con la spada. Slittò sulla superficie gelata una,
due, tre volte in pochi secondi…
“AIUTO!” sentì gridare, e
cadde, per poi rialzarsi e continuare a correre.
Ma all’improvviso vide con terrore che la tigre aveva
tirato fuori gli artigli contro la Strega, e l’aveva ferita. Fu allora che
risentì la voce della donna strillare “SPARISCI!”. Non
riuscì a capire bene cosa successe negli attimi seguenti. Una luce abbagliante
lo fece cadere nuovamente sul ghiaccio, mentre sentiva il ruggito del Kwaul e un rumore sordo.
Lo aveva temuto e ora…
La tigre e la donna erano caduti in acqua. La lastra di ghiaccio non aveva retto, e si
era spezzata…il rumore sordo di prima era l’avviso delle crepe che iniziavano a
formarsi…
Vide la Strega agitarsi per
riuscire a risalire, e poi fermarsi all’improvviso. Rek
si precipitò su di lei, “rotolando” sul ghiaccio e arrivando nei pressi della
fenditura. Doveva per forza tuffarsi, sperando poi di non rimanerci secco, come era successo al Kwaul, che
già galleggiava sull’acqua, privo di vita.
Rek lasciò il gunblade e si
tuffò. L’acqua era a dir poco gelida, ma non gli importavano le sue condizioni.
La Strega era molto più importante…non si muoveva più…
Non capì bene come era riuscito, cinque minuti dopo, a riportare sul
ghiaccio la donna e sé stesso senza morire entrambi. Rek
aveva il fiatone, e oltre al gelo che gli era arrivato nelle ossa e
all’impossibilità di muoversi a causa del freddo, non poteva lamentarsi di
niente. La Strega invece aveva gli occhi chiusi, perciò Rek
pensò subito al peggio. Il polso non rispondeva, ma non si fece prendere dal
panico. Chiuse gli occhi, tappò il naso alla donna e poggiò le labbra su quelle
della Strega, in fretta. Si rialzò e iniziò a premerle il petto all’altezza del
cuore, finchè quella non riaprì gli occhi, a dire il
vero troppo in fretta perché la respirazione bocca a bocca
avesse potuto avere effetto.
Appena Rek
incrociò lo sguardo con gli occhi vitrei e spalancati della Strega, si ricordò
del cappuccio.
Hyne!
Non mi ricordo niente di quello che è successo…so di essere incosciente, però è una sensazione strana. Nel
senso che potrei svegliarmi quando voglio, ma è così
piacevole restare qui, sospesi in questa specie di…limbo…
Non so in che modo sia riuscita
a uscire dall’acqua…e neanche cosa sia questa sensazione di tepore che sento
sulle labbra…
All’improvviso avverto un colpo al petto, e spalanco
gli occhi, furiosa. E mi ritrovo davanti una persona…
Rek sgranò gli occhi, ricordandosi che aveva il cappuccio
abbassato, ma non provò nemmeno a rialzarlo. Era troppo
tardi, ormai il danno era fatto. La Strega avrebbe ricordato il suo
volto per sempre.
“Stai bene?” chiese, cercando
di capire le sue condizioni fisiche. Ma la Strega
sembrava shockata. Non parlava, e lo fissava a bocca aperta.
Lei non aveva mai visto una
persona del genere: i suoi capelli erano bianchi e lunghi, raccolti sulle
spalle in una coda sottile, e le sue iridi erano rosse come il fuoco. Sembrava
un angelo delle nevi, di quelli che vedi prima di
morire…
Sono morta?
“Allora?” ripetè
Rek, preoccupato. Lei per tutta risposta si alzò a
sedere, silenziosamente, e posò una delle mani bianche sulle labbra, e poi sul
viso, che era segnato dalla ferita che continuava a sanguinare copiosamente.
Guardò la mano: rossa, piena di sangue. Eppure non
sentiva dolore.
“Un kwaul…mi
hai salvata…” mormorò, ancora troppo sconvolta,
cercando di fare il punto della situazione. Si guardò intorno. La tigre era ormai morta, era ovvio. A terra era poggiata una strana
spada, che le parve diversa da quelle dei cacciatori. Lo guardò di nuovo, e per
quanto lo trovasse straordinario, sentì un vago senso di rabbia.
Mi ha salvata…non so se
esserne triste o felice.
“Dovere.” rispose
secco Rek, mentre seguiva la traiettoria dello
sguardo della giovane. Si alzò, riprese il gunblade e
si avvicinò al Kwaul. Fu solo
quando Rek alzò l’arma che la Strega serrò gli
occhi, disgustata. Un rumore sordo la avvisava che l’uomo aveva appena preso
l’oggetto custodito dall’animale.
“Puoi riaprire gli occhi.
Pietra Lunare” disse semplicemente, “ora spostiamoci da qui,
siamo ancora in pericolo. Ce la fai a camminare?”
Lei annuì, buia in volto, e
iniziò ad avviarsi. Buffo che quello che avesse problemi a camminare fosse
proprio lui, ma era troppo orgoglioso per lamentarsi.
Arrivarono sotto l’albero,
illuminati dalla luce emanata dalla magia. Lei raccolse silenziosamente il
velo, già ripresasi dal bagno notturno, e lo legò alle tempie, nascondendosi
alla vista.
“Non avresti dovuto salvarmi”
mormorò rabbiosa, accendendo un fuoco per l’uomo, che potè
riscaldarsi. Mentre si sedeva, continuò a scrutare lo
strano giovane.
“Chi sei, straniero?”
aggiunse stancamente. Guardava interessata la spada abbandonata vicino a lui, e
in particolare il suo abbigliamento strano.
“Rek
di Centra.” Lui avvicinò le mani al fuoco, rabbrividendo, e avvertendo lo
sguardo della donna. L’aveva già studiata abbastanza per
poterla giudicare senza fare domande. Per questo non le chiese neanche il nome:
credeva fosse scontato che la conoscesse. Si ricordò che forse avrebbe dovuto
darle del Lei…meglio di no.
“Tieni, Rek di Centra. Il tuo mantello è fradicio.” Mosse la
mano, e il mantello rosso tornò asciutto, così Rek potè stare più caldo. Ma non
rialzò il cappuccio, anzi, incrociò gli occhi rossi con lo sguardo diamantino
della donna.
“Potresti almeno
ringraziarmi, la vita non va buttata così.”
La Suprema ascoltò ad occhi
sgranati. Ma che ne sapeva, questo straniero, della
sua situazione? Come…Poi decise di tacere. Non era da tutti rischiare la vita
per salvare qualcun altro.
“Come mai hai i capelli
bianchi?” chiese lei all’improvviso, in modo piuttosto invadente e infantile.
Lui alzò lo sguardo, stupito da come si potesse cambiare discorso tanto
facilmente, e sorrise mestamente: “Sono vecchio.”
Lei accennò ad un sorriso
poco convinto in risposta, e lui aggiunse: “Ci sono
nato. E tu perché hai gli occhi di vetro?”
La domanda spiazzò la
Suprema. Nessuno le si era mai rivolto in modo tanto
aperto, dandole addirittura del tu e facendo ironia. Evidentemente, lui non
sapeva chi era. C’era da aspettarselo, veniva da
fuori. Ma nessuno gli aveva raccontato della Strega?
Non si era chiesto il motivo del suo abbigliamento? E
il velo?
“Sono azzurro chiaro. E sono capaci di uccidere le persone, almeno a quanto si
dice. Per questo porto il velo.”
“Capisco…” disse Rek, trattenendo un sorriso. La Strega lo notò:
“Ti prendi gioco di me?”
“E tu
di me?” Ripetè a tono lui, mentre si riscaldava al
fuoco.
“No.”
“Bene. Allora togliti il
velo.”
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E ora…
Ringrazio
vivamente Antonel Heartilly,
che ha recensito: mi ha fatto davvero piacere sapere di essere riuscita a farmi
apprezzare anche solo da una persona! Quindi…mi raccomando, continua a
seguirmi, e a farmi sapere cosa ne pensi!!!! Il tuo
sostegno mi sarà di grande aiuto…^_^
Al
prossimo chap! Sperando che anche altre persone si
fermino a leggere e a lasciare un’opinione, bella o brutta! A presto!!