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Autore: Berenice88    15/10/2012    6 recensioni
Oscar e Andrè ricevono l'ordine di partire per Parigi, sanno che dovranno sparare sulla folla o combattere con essa,ma soprattutto sanno che rimane loro poco tempo da passare insieme e per decidere del loro futuro... riusciranno i loro ingarbugliati sentimenti, sogni e ideali a venire alla luce e a prendere forma in mezzo alla polveriera della rivoluzione francese?
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: André Grandier, Bernard Chatelet, Generale Jarjayes, Oscar François de Jarjayes, Un po' tutti
Note: Otherverse | Avvertimenti: Contenuti forti
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Andrè fece salire una mano dalla schiena fino alla sua testa, spingendola verso la sua bocca per darle un bacio profondo, un bacio che le facesse ricordare che non l'avrebbe lasciata mai. Oscar era così arrendevole ora sotto quelle carezze. Gli aveva detto che lo amava, le parole erano uscite fuori quasi a singhiozzo, timorose del rifiuto che sarebbe potuto giungere. Ma no, lui non l'avrebbe mai fatto, non avrebbe mai nascosto i suoi sentimenti, nemmeno per ripicca. Era sua, suo ogni singhiozzo di felicità che sentiva arrivarle dalla gola, sua quella lacrima di gioia che le bagnava la guancia, si ritrovò a catturare anche quella nel suo bacio. Oscar gli cinse il collo con le braccia, come se non potesse essere abbastanza vicino, come se la paura di svegliarsi dal sogno fosse reale. Andrè, dopo un istante, si allontanò un poco dal suo volto per darle respiro e per prendere aria a sua volta.“E qual'era la richiesta che volevi farmi?” disse ridendo, affannato, “Ho paura di essermi distratto.”

Oscar rise nascondendo la bocca contro il collo di Andrè, tenendolo stretto, non lo avrebbe lasciato andare per niente al mondo, non ora.Prese aria e sollevò la testa fissandolo. Il sorriso sparì, le labbra ripiegarono dentro la bocca per trovare forma alle parole che voleva dire, poi tornarono sul volto, rosse di baci e sussurrarono:
“Non lasciarmi da sola stanotte.”

“Madamigella che richiesta sfacciata.” sussurrò lui a sua volta, riavvicinandole la bocca all'orecchio “Sapete, per certe cose bisogna essere sposati.” le mordicchiò l'orecchio facendola trasalire, anche se in realtà non se ne sarebbe andato dal suo abbraccio nemmeno con un fucile puntato addosso.
“Promettilo Andrè,” il pensiero le uscì dalla bocca prima che potesse apporci un qualsiasi filtro “se mai in qualche strano modo usciremo vivi da Parigi, voglio che mi porti ad Arras, in segreto, solo io e te, come da piccoli, sgusceremo nella cappella e chiederemo al sacerdote di sposarci.”
Andrè lasciò il suo orecchio, osservandole il viso per un lungo, lunghissimo momento.
“Tu dici davvero.” mormorò.
Non era una domanda, leggeva negli occhi limpidi di Oscar che quelle ennesime parole singhiozzate erano un altra verità nascosta che finalmente prendeva luce.
“Certo Oscar,” sorrise, incredulo. Quella notte non era San Lorenzo, eppure pensava che una miriade di comete gli fosse caduta nei pensieri solo per avverarli,“Sarai mia moglie, sarai finalmente tutto quello che ho desiderato.”
Riprese a baciarla febbrile, contento, lei gli si strinse di più addosso.
Si trascinarono al letto, Andrè si sfilò la camicia e le si adagiò sopra, attento a non pesarle, attento a ricominciare a darle i suoi baci migliori. Lei gli fece posto separando le gambe e abbracciandogli la schiena perfetta nell'euforia dei baci.
Sentì il suo petto premerle i seni attraverso il lino della camicia, era un qualcosa di inebriante, come se anche così avvinghiati e felici non potessero essere vicini abbastanza.
Le mani di Andrè scivolarono in basso, sciogliendo il nodo della camicia, sfiorandole finalmente la pelle dell'addome, morbida nonostante i muscoli che sentiva tremare e scattare sotto al suo tocco.
Salì pian piano fino allo stomaco, fino al seno, sfiorandolo, sentendola sospirare sulla sua bocca. Le tolse in un gesto la camicia, e la sensazione di sentire la pelle contro la propria pelle fu un abisso di beatitudine.
Continuò a baciarla teneramente, continuamente, come in preda all'euforia di una felicità stranamente intensa ed inaspettata.
“Devo essere ubriaco” pensò, e il brandy non c'entrava nulla.

Oscar non poteva credere a ciò che accadeva. Le carezze, il corpo di Andrè ora la copriva da capo a piedi generando un calore che non passava dalla pelle, ma che lui scatenava prepotente da dentro di lei. Veniva dal centro del suo ventre, dalla sua cassa toracica, come se gli organi interni si fossero liquefatti, e la lava obbedisse alle mani di Andrè e si spostasse all'interno del suo corpo a seconda di dove dirigesse le sue carezze. Era una magia che avrebbe attribuito ad un ciarlatano se un'altra donna gliela avesse confidata e lei non fosse stata lì a sperimentarla.
Andrè tornò a baciarla sul collo e sulla bocca, cercando di aderire il più possibile al suo busto.
Dopo un minuto Oscar era quasi incosciente, oramai sentiva solo un calore diffuso, lui era tutt'intorno a lei in qualche strano modo, come volesse proteggerla e aggredirla nello stesso momento. Era annientata dal fuoco che Andrè le aveva sparso nel corpo, si dimenava, percepiva preoccupata ed euforica delle deliziose scottature sotto la pelle.
Il calore vorticò dentro di lei inquieto, guardò negli occhi Andrè per capire se quella sofferenza la sentiva anche lui, trovò due occhi verdi, l'uno vigile, l'altro sbiadito che sembrava fissarla sotto la pelle, come se la implorassero di qualcosa.
“Andrè, mio Dio, sto bruciando...” mormorò prima di prendergli un bacio.

Dopo, avvolta al caldo delle braccia d'Andrè Oscar ripensò a quegli attimi.
Calore e piacere l'avevano sommersa a scariche elettriche, pensò a dei fulmini luminosi, fulmini che la colpivano in continuazione. Pensò al Giove tonante con le saette in mano degli affreschi della sua infanzia nelle sale dipinte del suo palazzo ad Arras, quel Giove adesso prendeva prepotente i tratti di Andrè.
Si era sempre chiesta, bambina, perché quel dio divenisse ogni cosa per giacere con le sue amanti: viso amato, animale flessuoso, pioggia dorata o nube di tempesta... ora lo sapeva, era tutte quelle cose insieme essere amata e posseduta da chi faceva di te un mondo e il centro del proprio. Era Andrè col suo viso da bambino, gli occhi verde acqua e il sorriso impertinente, era il falco che volava in cielo per lei, dandole ombra, a vedetta, affinché il sole non fosse molesto, era l'oro fuso e la lava che le avevano incendiato le membra in un momento, era il piacere di correre insieme a cavallo sotto i fulmini che ti inseguono in una tempesta perfetta.
Aveva sentito l'unione cambiarla, la lava incendiarsi in fulmine, ogni fibra del suo corpo vibrare, ogni fibra in cui Andrè aveva posto il suo sigillo di carezze. Aveva chiamato il nome di Andrè, e lui aveva accolto il suo grido in un bacio e in un morso alle labbra che le aveva lasciato il segno.

Aveva sentito, prima del sonno, calore e lava incandescente riempirle di nuovo ogni sua fibra. Stavolta venivano da Andrè, le aveva restituito tutto, ogni pezzo di fulmine e di cielo che erano volati via pochi secondi prima. Li aveva sentiti scorrere in lei mentre Andrè le crollava addosso.
Gli aveva stretto d'istinto le spalle e il busto, le gambe avvinghiate attorno al bacino, in una morsa violenta anche se una beata pace era l'unica cosa che sentiva in quel momento assieme al peso di Andrè.
Non le sembrava possibile provare un tale istinto protettivo verso quel corpo, ma era così.
Quando lui, dopo qualche sfinito minuto tentò di allontanarsi, lei quasi ringhiò:
“Non ci provare nemmeno, resta qui sopra di me. Dio Andrè, non ti allontanare, mai più.”
Lui sembrò ghignare soddisfatto, anche se Oscar non lo vide in volto.
“Non sia mai che infranga un ordine, sono un soldato modello, vero comandante?” mormorò di scherno.
“Finiscila” rise lei, un minimo placata.
“Oscar...” riprese lui stavolta in un mormorio profondo, la voce roca e fonda, quasi di spirito vicino all'orecchio “io ti amo.”
“Anche io Andrè,” disse lei in un sussurro, nervosa, quasi un singhiozzo, “e non voglio mai più tacerlo... Non... non ti allontanare mai più da questo petto, dormi e riposa qui sopra, fidati di me Andrè, non ti lascerò andare... ne... nemmeno all'inferno.”
Le sue parole l'avevano stupita un secondo, poi avevano preso un senso tra il terribile e il sublime. Da Parigi se ne sarebbero andati in due o non se ne sarebbero andati.
Il pensiero della assenza di Andrè gli si rivelò come un abisso dietro un paravento al di là di cui non aveva mai guardato, ne percepiva tutta la distruttività e la vicinanza.
Andrè le carezzo di nuovo la bocca e la guancia con una mano, guardando diritto i suoi occhi cielo.
“Mi fido Oscar, sono qui. Con te.”
Il sonno li aveva presi tranquilli, abbracciati. L'ultimo pensiero conscio di Oscar fu che c'era poco tempo prima che l'alba arrivasse, e lei doveva ancora fare una cosa...

  
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