Libri > Dragonlance
Segui la storia  |       
Autore: VaniaMajor    15/10/2012    1 recensioni
Ultimo capitolo della trilogia dello Scettro dei Tre. Le rinascenti forze di Takhisis continuano a minare la vita dei fratelli Majere. I Cavalieri di Solamnia premono per avere Steel in custodia, mentre Katlin cerca di recuperare la sua magia e Crysania viene messa alla gogna a causa della sua relazione con Raistlin. Sul futuro grava la minaccia di una totale distruzione...
Genere: Azione, Drammatico, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie 'Il ritorno dei Gemelli'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Author’s note: Non so come ringraziarvi per le parole meravigliose che mi avete scritto quando, dopo tanto tempo, ho postato un nuovo capitolo di questa fanfiction. Non sapete quanta carica mi avete dato! Vi ringrazio con tutto il cuore, davvero…

Spero che il prossimo capitolo, incentrato sul nostro arcimago preferito, non vi deluda. Buona lettura, non manca molto alla fine!

CAPITOLO 27


LE DECISIONI DI RAISTLIN

Crysania aprì gli occhi, senza un vero senso d’allarme ma passando con decisione dal sonno alla veglia. Tutto era tenebra, tranne per la percezione di un lucore arancione alle sue spalle. Il fuoco da campo era ancora acceso, probabilmente a far compagnia ad uno dei Cavalieri di Solamnia messi di guardia. La notte era nel suo pieno, non c’era la minima traccia del grigio dell’alba. Non ricordava di essere stata disturbata da un incubo, quindi…perché si era svegliata?
Si voltò sulla schiena, lentamente, e guardò attorno a sé. Un Cavaliere le dava le spalle, seduto al fuoco con la schiena dritta di chi non ha la minima intenzione di cedere al sonno. Gli altri sembravano dormire con tranquillità. Tas vicino al giovane Steel, Caramon a pancia in su, Tanis su un fianco, gli altri Cavalieri in un gruppetto a sé stante. Non c’era niente che non andasse, come prevedibile vista la vicinanza alla fortezza che era la loro destinazione. I Grigi non sarebbero stati tanto sciocchi da tentare una sortita. Dunque, cosa l’aveva destata?
Crysania corrugò la fronte, concentrando le proprie facoltà. Non avvertiva alcun pericolo, né presenza maligna. Eppure, qualcosa sembrava solleticarle il fondo della mente, spingendola a lasciar perdere ogni tentativo di rimettersi a dormire e a cercare di capire cosa c’era che non andava.
Si alzò a sedere, poi si tirò in piedi, aspettandosi di vedere il Cavaliere voltarsi verso di lei e chiederle dove stesse andando. Quando capì che non sarebbe accaduto, corrugò la fronte. Il soldato era sveglio…come aveva potuto non essere allarmato dai suoi movimenti?
“Magia?” pensò, e subito il suo cuore ebbe un tuffo. Raistlin! Si guardò attorno, febbrile. Le parve di vedere un’ombra più scura delle altre, lungo la strada da cui erano arrivati, muoversi impercettibilmente. Fece un passo, poi si fermò. E se si fosse sbagliata? Se fosse stata una trappola? Guardò ancora verso il Cavaliere, che non si era mosso di un millimetro, poi tornò a scrutare il buio lungo la via. Una luce che conosceva fin troppo bene si accese e si spense in un breve lampo, ma fu sufficiente.
Cominciò ad allontanarsi, senza osare correre anche se ormai sapeva di essere coperta dalla magia. Il cuore le batteva in petto come se stesse sfiancando se stessa in una corsa all’ultimo respiro, quindi temeva che se avesse accelerato il passo avrebbe finito per sferrarsi il colpo di grazia. Si scoprì a serrare le mani in due pugni frementi di tensione e si costrinse a rilassare le dita mentre i suoi occhi frugavano la notte, cercando ancora quel movimento, quella luce…
Poi l’ombra venne avanti, il cappuccio scivolò mostrandole il lieve chiarore dei suoi capelli bianchi, la gelida luce che brillava in fondo alle pupille a clessidra.
«Crysania.» mormorò lui, allungando una mano. Un secondo dopo, Crysania era nel suo abbraccio, lo stringeva con la forza disperata di una lontananza protratta troppo a lungo. Sentì il suo respiro incerto tra i capelli, inalò il profumo decadente degli ingredienti per incantesimi e sentì le lacrime pungerle gli occhi.
«Raistlin…Raistlin…» si trovò a ripetere, a corto di parole che riuscissero a spiegare la sua emozione.
«Sono qui, Crysania.» Le sue braccia la strinsero con fermezza, un gesto di possesso inconscio.
«Temevo di non vederti ancora per lungo tempo. Non ti ho più sentito fin dalla notte in cui…»
«Hai sopportato una prova molto dura, Crysania.- disse lui, carezzando i suoi capelli scuri- Ora è finita. Con il benestare di quel matto del tuo dio, è finita.»
Crysania esalò un tremulo sospiro, corrugando la fronte.
«Non è ancora finita.- lo corresse- Dovrò fare in modo di avere diritto di scelta sul mio successore, oppure…»
«Questo avverrà senza che tu debba tornare al Tempio, Crysania.» la freddò Raistlin, una nota dura nella voce.
«Ma…»
«Niente ma.» Raistlin si sciolse dall’abbraccio con fare brusco e la guardò fisso. «Quel tempo della tua vita è finito, Crysania. Non sono venuto qui per discutere, ma per venirti a prendere. Ci sarà tempo per le parole e i dettagli più tardi.»
«Raist…» iniziò a replicare Crysania, ma fu zittita da due dita di lui sulle labbra, poi Raistlin la superò e si diresse verso il piccolo accampamento. La chierica corrugò la fronte e trattenne qualche parola sprezzante che le era salita alla lingua. Non le piaceva essere zittita in quel modo umiliante, ma non aveva nemmeno intenzione di litigare subito con lui. Prese un profondo respiro per cercare di calmarsi ed esortarsi alla pazienza, poi lo seguì, chiedendosi cos’avesse in mente l’arcimago.
Raistlin, giunto in prossimità dei dormienti, lanciò della sabbia in direzione del Cavaliere di guardia, mormorando un paio di parole, e questo si accasciò su un fianco senza emettere nemmeno un suono. Gli altri continuarono a dormire: evidentemente la Veste Nera aveva protetto se stesso con un incantesimo di silenzio come aveva fatto con Crysania. La chierica lo vide inginocchiarsi accanto al gemello e scuoterlo.
Caramon cercò si alzarsi a sedere con uno scatto, ma Raistlin ebbe la prontezza di mostrarsi subito alla sua vista. Il guerriero ricadde sulla schiena, sbalordito. Fece per aprire la bocca, ma il suo gemello alzò una mano per imporgli il silenzio.
«Porto via Crysania.- gli sussurrò- Avverti tu gli altri, non voglio seccature né discussioni. Il piano va avanti come previsto, lei non vi servirà. La porto a Palanthas e poi a Solace, se credi che tua moglie sia dell’umore giusto per ospitarla.»
Caramon annuì, confuso.
«Ma…ma certo.» balbettò.
«Bene.» Raistlin fissò per un attimo lo sguardo su Steel e Caramon fu portato a fare lo stesso. «Fammi un favore: lascia il mio specchio al ragazzo.- aggiunse l’arcimago- Un ulteriore sistema di sicurezza, diciamo così. Con quello addosso, saprò sempre dove si trova»
«Va bene.» sussurrò Caramon. Raistlin si alzò, ma suo fratello lo trattenne per una manica. «Raist…che ne è di Kat?»
Raistlin si liberò con un movimento del braccio, seccato.
«Tornerà per tempo. Ora fai la guardia, visto che ho addormentato quella testa di rapa.» rispose soltanto, brusco. Si allontanò da suo fratello e tornò da Crysania, cingendole la vita per sospingerla in fretta lontano dal piccolo accampamento. «Vieni.- sussurrò- Torniamo a Palanthas.»
«Raistlin…cosa significa che Katlin tornerà “per tempo”? In tempo per cosa?» gli chiese la chierica.
Raistlin strinse impercettibilmente le dita sul fianco di Crysania, preso alla sprovvista. Dovette trattenere un sogghigno: avrebbe dovuto stare più attento alle parole, con lei presente. Di quando in quando dimenticava quant’era acuta la sua mente.
«Tornerà prima del tentativo di Ariakan di fuggire, mia cara.- disse, tranquillo- Anche lei sa che qualcosa bolle in pentola e ho raccomandato a Dalamar di tornare, appunto, per tempo.»
«Ma…tornando indietro con la magia, non avrebbero potuto semplicemente apparire il giorno stesso della loro scomparsa nel passato?» indagò Crysania. C’era qualcosa che non le tornava, qualcosa di stonato…I suoi pensieri vennero interrotti dal contatto con le labbra di Raistlin, che l’aveva attratta bruscamente a sé e aveva preso possesso della sua bocca, svuotandole la mente e facendole diventare le gambe molle gelatina.
«Possiamo parlarne dopo?- le sussurrò sulle labbra, il fiato caldo come una carezza- Siamo stati lontani fin troppo e non voglio più aspettare, Crysania. Per le parole ci sarà tempo in seguito.»
Raistlin sogghignò quando lei balbettò un assenso, poi la strinse a sé e mormorò le parole dell’incantesimo che li avrebbe portati alla Torre. Non le aveva propriamente mentito: desiderava davvero passare la notte con lei, senza spazio per altro che la reciproca vicinanza. Allo stesso tempo, non aveva alcuna intenzione di dirle che Dalamar era d’accordo con lui per tenere Katlin fuori dai piedi finché fosse necessario. Ancora due giorni e anche quella storia scomoda avrebbe avuto termine.
Serviva solo un po’ di pazienza.
***
Quando Raistlin uscì dalla Taverna, visibilmente pallido e con gli occhi illuminati da una luce febbricitante, Caramon non c’era. L’elfo attendeva pazientemente, appoggiato alla balaustra. Vedendolo uscire, gli rivolse un cenno del capo e fece per rientrare.
«Dov’è mio fratello?» chiese Raistlin, pur intuendo la risposta.
«E’ tornato a casa. Lo troverete là…giovane Majere.» gli rispose lo straniero, rientrando e chiudendosi la porta alle spalle. Raistlin si incamminò con passo rapido, la testa un groviglio di paure, domande, sogni di gloria. Ciò che gli aveva rivelato quella donna era folle, completamente folle, e lui avrebbe dovuto essere un pazzo completo per crederle, eppure…Non riusciva a pensare che gli avesse mentito. Era stata troppo precisa, circoscritta. Era andata dritta al punto senza infiorettare di chiacchiere le proprie rivelazioni.
Lei e quell’elfo venivano da un futuro che lo vedeva potente, temuto, un mago capace di spedire i propri apprendisti – perché tali si dichiaravano i due viaggiatori – indietro nel tempo. La gemma rossa era la magia cristallizzata della sua futura discepola. C’era di che perdere la testa. Desiderava credere e al contempo non si fidava. Chi gli diceva che quei due non fossero maghi rinnegati? Se aveva messo le mani su un manufatto magico, forse doveva coinvolgere le autorità, fare una denuncia o quantomeno indagare…
«Purtroppo non abbiamo tempo da perdere. Devo riavere la gemma e, con essa, la mia magia.- aveva detto la donna chiamata Katlin- Non farò grande sforzo per convincerti, Raistlin. Portami la gemma oggi pomeriggio, all’imbocco della strada per Solace. Ti dimostrerò che essa mi appartiene.»
«E se decidessi diversamente?» l’aveva provocata, sarcastico. Lei aveva aperto le mani sul tavolo in un gesto di rassegnazione che indicava quanto poco le piacesse pensare ad una soluzione meno pacifica, ma quanto fosse preparata a stare al suo gioco, se necessario.
«Come vedi, non ti sto minacciando, Raistlin.- aveva risposto lei, pacata- Ho saputo dov’è la gemma e la rivoglio, pacificamente o per mezzo della forza. In questo momento Dalamar è un avversario fuori dalla tua portata e ha già cancellato il ricordo di noi dalla mente di tuo fratello. Quando avremo la gemma, scompariremo dal passato senza lasciare alcuna traccia. Non essere avventato, non ne ricaveresti altro che danneggiare te stesso. E qui nessuno lo vuole. Dammi retta: oggi pomeriggio, prima di cena, fatti trovare con la pietra rossa all’ingresso di Solace.»
Raistlin raggiunse casa propria ed entrò, per un attimo preda del timore di dover scoprire che suo fratello era svanito nel nulla, ma Caramon era tranquillamente seduto al tavolo a bersi un bicchiere di latte e si voltò al suo ingresso.
«Raist! Dov’eri?» gli chiese, con il suo solito sorriso stupido e affettuoso.
«Dovresti saperlo.» lo provocò Raistlin, chiudendosi la porta alle spalle. Il sorriso di Caramon vacillò.
«Davvero? Caspita…scusami, non mi ricordo. Devo aver dormito pesante, stanotte…probabilmente ieri sera ho mangiato troppo e stamattina sono un po’ confuso. Avevamo in progetto di fare qualcosa?» Si interruppe, preoccupato per il modo in cui il suo gemello sembrava volerlo infilzare con gli occhi. «Raist…che c’è? Perché mi guardi così? Ho combinato qualche guaio?» chiese, posando il bicchiere mezzo vuoto e assumendo un’aria da cane bastonato che irritò e al contempo convinse Raistlin dei poteri del mago elfo.
«Non ti ricordi della donna di ieri sera? Delle chiacchiere su Palanthas?» tentò per l’ultima volta.
«Cavoli, ho parlato ancora di Palanthas?!- borbottò Caramon, contrito- Scusa, Raist…davvero, lo sai che verrò con te. Se ne ho parlato non l’ho fatto apposta, te lo giuro, nemmeno ci penso più! E…di che donna parli?»
Raistlin fece un gesto vago per chiudere il discorso, poi si sedette a sua volta, pensieroso. E così era vero: l’elfo aveva cancellato selettivamente la memoria di Caramon. Lo stesso avrebbero fatto con lui, una volta conclusa la transazione, per non interferire con l’evolversi del futuro. Raistlin ebbe un sorriso storto nel pensare che in fin dei conti si trattava di obbedire a se stesso, più che a quei due stranieri.
«Perché sorridi, Raist? Non sei più arrabbiato?» mormorò Caramon, incerto se aspettarsi o meno una qualche pungente rimostranza.  
«Non sono arrabbiato, Caramon, perciò non starmi addosso.- sospirò Raistlin, alzandosi e scoccando al gemello un’occhiata seccata- Oggi pomeriggio avrò da fare, quindi niente allenamenti con Flint…»
«Dobbiamo andare da qualche parte?» chiese subito Caramon, premuroso.
«Io avrò da fare, testa dura, non tu. Puoi andare dove ti pare…anzi, mi faresti un favore nel lasciarmi in pace. Non sono cose che ti riguardino.»
«Non capisco, Raist…»
«Concerne la scuola di magia.- mentì Raistlin, dirigendosi verso la camera da letto- Come vedi, non sono fatti tuoi ed è meglio che tu vada a dimenare un po’ quella tua stupida spada invece di starmi tra i piedi. Volevo solo avvisarti per non dovermi sorbire le tue rimostranze a cena. Ora mi riposo un po’, stamattina mi sono svegliato male. Non mi disturbare.»
«Come vuoi, Raist…» disse Caramon, docile.
Raistlin si stese sul letto e dopo qualche minuto suo fratello uscì, dopo essersi aggirato senza scopo per la cucina. Il giovane apprendista rimase a scrutare il soffitto, la gemma rossa nel palmo della mano.
***
Non si trattò di prendere una decisione cosciente. Fu guidato dall’istinto e dalla curiosità verso la magia che l’aveva sempre spinto a cercare di superare i propri limiti. Se nel suo futuro era scritto che sarebbe diventato un potente arcimago e che avrebbe tenuto in mano il destino di molti, intralciare i propri piani sarebbe stato quantomeno ridicolo.
Si alzò e uscì, dirigendosi al luogo dell’appuntamento. Non sapeva ancora se fidarsi di quei due stranieri, soprattutto della donna chiamata Katlin, ma la gemma gli sussurrava che doveva essere ceduta. Stava soffrendo, si agitava. E in quell’ansia sotterranea Raistlin vedeva riflessi gli occhi chiari della sua futura apprendista, l’atteggiamento sconfitto che la notte prima gli aveva tanto ricordato sua madre.
“E’ sua.- pensò- Mi sembra di tenere in mano il cuore pulsante di quella persona. Eppure sento che potrebbe essere parte del mio stesso sangue, della mia stessa magia.”
Si soffermò un istante, il viso oscurato da un pensiero, poi riprese a camminare. C’erano altri segreti che non gli erano stati rivelati. Visto che avrebbe dovuto dimenticare ogni cosa, non se ne sorprendeva. Pure, lo stizziva doversi accontentare. Tutti vorrebbero conoscere il futuro. Con un sorrisetto di commiserazione, Raistlin pensò che doveva lavorare ancora sul proprio autocontrollo se finiva per indulgere in desideri così comuni e puerili.
Lasciò Solace e si inoltrò nella boscaglia, sul sentiero in salita che portava fuori dal paese. A mezza via, prese a destra e si fece largo tra la vegetazione. La scelta del luogo per l’appuntamento l’aveva convinto più di tanti altri elementi nel breve racconto della straniera. La piccola radura a destra della strada era un luogo che lui frequentava quando voleva scrollarsi di dosso Caramon e studiare in santa pace, o catalogare le erbe raccolte per usi futuri. Era un posto suo, mai condiviso, né era capitato che vi trovasse estranei. Se la donna lo conosceva, doveva essere stato per suggerimento del Raistlin del futuro.
E lì li trovò, l’elfo seduto con la schiena contro un albero e lei in piedi ad attendere. Raistlin si fermò, scrutandoli con i suoi penetranti occhi azzurri. L’elfo si alzò e si portò protettivamente accanto alla donna, palesandogli per la prima volta con chiarezza la relazione sentimentale che intercorreva tra loro. Gli scappò un sorrisetto sarcastico ed ebbe la soddisfazione di vedere l’elfo che si corrucciava, come se avesse intuito il suo pensiero di dileggio. La donna, invece, venne avanti di un passo.
«L’hai portata.» disse, senza intonazione interrogativa. Raistlin infilò una mano in tasca e prese la pietra, alzandola poi alla mutevole luce del sole che penetrava tra le fronde. Questa trasse dalla superficie sfaccettata riflessi sanguigni che sfiorarono i volti degli occupanti della radura.
«E’ questa?» chiese Raistlin, anche se conosceva già la risposta.
«Sì.- rispose la donna, con una sorta di sospiro- Sì, sia ringraziata Lunitari…» Nel vederlo incupirsi, sorrise. «Conosci anche tu la Dea Rossa della Magia. L’hai vista…tempo fa.»
Raistlin strinse le labbra in una linea sottile. Come faceva quella donna a saperlo? Possibile che invecchiando fosse diventato tanto chiacchierone da rivelare i suoi segreti a dei semplici apprendisti?! Quasi gli venne la tentazione di ignorare la mano protesa di Katlin ‘Ym Adoonan e tornarsene a casa, ma sarebbe stato un gesto inutile e sciocco. Si fece avanti e posò con riluttanza la gemma nel palmo di lei.
Subito, la pietra mandò un lampo che si riverberò nei vasi sanguigni dalla mano lungo tutto il braccio, accendendoli di rosso fin sotto la manica del vestito, come se la gemma le stesse cedendo del sangue.
«Ti ha riconosciuta. Si sta svegliando.» mormorò l’elfo. Il viso della donna si illuminò di un sorriso aperto, il primo sorriso sincero da quando Raistlin l’aveva conosciuta, ed esso ebbe il potere di fargli fermare il cuore per un istante. Quello era il sorriso di Caramon. Identico, portato sulla bocca di una donna ma palesemente di famiglia. Prima la somiglianza con sua madre, ora suo fratello…non poteva essere una coincidenza!
«Chi sei, veramente?» gli sfuggì detto tra le labbra insensibili.
Lei si accorse del suo turbamento e il sorriso si fece mesto.
«Lo saprai…un giorno.- mormorò, con una dolcezza nuova- Dovremo entrambi avere pazienza, fino a quel momento. Grazie di tutto, Raist.»
Fu l’ultima cosa che udì, perché la mano dell’elfo gli si parò davanti agli occhi e parole appena sussurrate lo sprofondarono nell’oblio. Cadde in un sonno di ricordi cancellati, trattenendo solo la vaga immagine di un volto che un giorno lontano gli sarebbe apparso familiare.
Katlin guardò il giovane fratello accasciarsi sull’erba come una marionetta a cui sono stati tagliati i fili, mentre Dalamar cancellava selettivamente i suoi ricordi.
«Vai a fondo, Dalamar.- gli ricordò- Temo di esserci anch’io, nascosta da qualche parte nella sua mente.»
Dalamar non le rispose, concentrato nella magia, e Katlin non insistette. Sapeva che avrebbe fatto un buon lavoro: ne era prova il fatto che nè Raistlin nè lei avrebbero ricordato in seguito quell'incontro.
Si fece indietro, stringendo nei palmi la gemma rossa con l'affetto che avrebbe riservato a un amico ritrovato. Aveva sperimentato di nuovo il terrore di perdere per sempre la sua magia e senza l'aiuto di Tas probabilmente non avrebbe mai scoperto dove - e quando - andare a cercarla.
"Tasslehoff, Paladine benedica te e tutti i kender." pensò, non per la prima volta. Guardò la gemma. Quando l'aveva afferrata, aveva avvertito la sensazione di essere benedetta da sangue nuovo, più forte. Ora, un minuscolo grano di luce rimaneva acceso al centro della pietra e pulsava in maniera regolare, come un piccolo cuore.
"Sei sveglia? Hai deciso di tornare a me?" si chiese, meravigliata e contenta. Forse non sarebbe stato necessario un altro sforzo da parte sua e di Raistlin per perfezionare l'incantesimo di accettazione. Sentiva che ora era la magia stessa che anelava di ritornare nel suo corpo, come se avesse deciso di averla punita a sufficienza per la debolezza della sua anima e avesse avvertito la sua nuova risoluzione a dedicarle l'intera esistenza.
«Fatto.- disse Dalamar in quel momento, riscuotendola- Quasi non riesco a credere che sia stato così semplice. Da giovane era molto più facile da convincere.»
«Ti inganni. Si è convinto a venire solo perchè non poteva fare altrimenti...e, non dimentichiamolo, perchè il suo immenso talento per la magia l'ha convinto che stavo dicendo la verità e che questa magia appartiene a me.» Soffocò una risata. «Ancora un po' e avrebbe compreso anche la nostra parentela. Raistlin non è mai un avversario da sottovalutare.»
Dalamar scosse la testa, fissando il giovane corpo, magro ma ancora sano, dell'arcimago che aveva imparato a temere più della morte stessa.
«Lo lasciamo qui?» chiese.
«Non gli capiterà nulla. Non è destino.»
L'elfo annuì, poi le si avvicinò. Avevano deciso di recarsi ad Haven con la magia per lasciare Solace come se non vi avessero mai messo piede. Lì si sarebbero riposati un paio di giorni, possibilmente avrebbero chiarito gli ultimi sviluppi della situazione tra loro, poi Dalamar avrebbe attivato l'incantesimo temporale che li avrebbe riportati a casa. Con un calcolato ritardo, anche se Katlin non lo sapeva: lo Shalafi voleva che la trappola ordita contro i Grigi fosse ormai scattata, senza che la giovane donna potesse prendervi parte.
«Sei pronta? Vuoi dare un ultimo sguardo a Solace?» le chiese, come per un ripensamento. Lei scosse la testa. Non aveva intenzione di guardarsi indietro un'altra volta. Il passato aveva fatto il suo tempo e ora doveva pensare solo al futuro. Dalamar tracciò i segni convenzionali, poi la strinse a sè con un braccio attorno alla vita e iniziò a salmodiare le parole dell'incantesimo.
Katlin avvertì subito che stava accandendo qualcosa di imprevisto. La gemma divenne rovente tra le sue dita e prese a tremare. Abbassò gli occhi, spaventata, e vide le proprie mani inondate di luce rossa, come ferro sulla forgia.
«Dalamar!» chiamò, con voce strozzata, ma il mago elfo aveva ultimato l'incantesimo. Mentre la magia li trascinava via, la gemma si sciolse e penetrò attraverso la pelle di Katlin, invadendole il corpo, riprendendo possesso di ogni parte di lei che aveva contenuto il talento magico.
L'attimo di gioia fu breve. Con la magia, tornò anche il suo dono e maledizione, quella preveggenza che le aveva sconvolto la vita. Gli occhi di Katlin si spalancarono sul futuro che fino a quel momento non era riuscita a cogliere nella sua interezza, sulla visione della catastrofe che aveva messo in ansia perfino gli Dei.
Gridò, mentre l'incantesimo di Dalamar andava in pezzi e li spediva a gambe all'aria a metà strada verso Haven, dritti dentro un fosso.

   
 
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Dragonlance / Vai alla pagina dell'autore: VaniaMajor