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Autore: Eternal Fantasy    29/04/2007    3 recensioni
Gli spiriti inquieti ritornano... Ricomincia la Caccia al Drago!
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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Capitolo terzo: The Kingdom of Damned

Capitolo terzo: The Kingdom of Damned

 

Attenzione: dato che questa storia si svolge DOPO la fine di Tenku no Escaflowne, essa comporta la presa in considerazione di tutto ciò che accade nella serie. Questo capitolo in particolare comprende enormi spoiler di tutta la seconda parte dell’anime e del finale. È la mia personale invenzione di ciò che potrebbe celarsi dietro il background del mondo di Gaea e la sua storia (e quindi le premesse su cui si basa la mia). Mi sono attenuta scrupolosamente alle informazioni che ho raccolto, per inserirmi in modo coerente negli avvenimenti noti; se dovessi aver commesso errori, sarei felice se me lo faceste sapere. Spero che risulti comprensibile anche a chi non conoscesse o ricordasse la vicenda della serie; in caso contrario, chiedete pure e io farò del mio meglio per rispondere alle vostre perplessità.

 

 

 

Serena seguì i due tenebrosi figuri nuovamente all’esterno della casa: “Posso sapere la nostra destinazione, e con che mezzo viaggeremo?” chiese educatamente, cercando di non mostrare in modo troppo evidente la propria sorpresa quando, non appena Midnight Hawk ebbe riaperto gli occhi, il suo compagno si limitò a decretare un laconico: “Partiamo.”

La sua preoccupazione era però tenuta sotto controllo da una presenza, nuova eppur conosciuta, che percepiva nella sua mente, come un secondo paio di occhi che fissassero il mondo da dietro i suoi. La ragazza sapeva di chi si trattava, e il pensiero di riavere *lui* con sé (seppur in un certo senso fosse sempre stato così; ma ora poteva avvertire la sua vicinanza, e questo la faceva sentire bene) le donava conforto e sicurezza come nient’altro al mondo.

Così prese posizione in cima ai gradini della veranda, rifiutandosi di scendere la piccola rampa se prima non avesse ricevuto risposta alle ovvie domande che aveva posto.

Due coppie di sguardi acuti e rapaci si posarono su di lei, e Serena sfidò quegli occhi che avrebbero potuto penetrare un muro di roccia, opponendovi i suoi zaffiri cristallini supportati dal fuoco di iridi rubino.

“Vi fidate di noi?” fu il secco interrogativo posto da Shinigami. Il plurale venne usato di proposito.

La fanciulla incrociò le braccia in modo autoritario, come un generale di fronte a una recluta irrispettosa, e sulle sue labbra sottili si dipinse un ghigno che di femmineo aveva ben poco:

“Per ora vi concediamo il beneficio del dubbio.”

L’unica reazione del pallido moro dai capelli corti fu inarcare un sopracciglio: “Se la risposta fosse stata diversa, vi avremmo scaricato all’istante.”

“Questo non ti esonera dal dirci ciò che vogliamo sapere.” Serena non cedette di un millimetro.

Hiro lanciò un’occhiata di sfuggita ad Harold, che si limitò a un lievissimo cenno col capo che nel loro personalissimo linguaggio significava ^Gestisci pure la situazione come preferisci; sono certo che ti comporterai nel modo appropriato. Ho piena fiducia in te e sosterrò ogni tua decisione, se avrai bisogno del mio intervento agirò immediatamente.^

(Approssimativamente. Neanche il traduttore universale più avanzato dell’universo riesce a decifrare tutte le sfumature dei contorti processi mentali di quei due. NdA)

Hiro replicò con una impercettibile alzata di spalle: ^Non mi è mai piaciuto interagire con le persone, anche se in questo caso trovo che quei due siano interessanti. Tu sei decisamente più abile di me a fare il finto diplomatico, ma proseguirò comunque.^

(Traduttore OFF. Altrimenti se mi perdo dietro ai dialoghi impliciti di questi due la storia diventa lunga il triplo. NdA)

“Zaibach. Vi portiamo noi.” Fu tutto ciò che Kurosuzaku no Shinigami disse a parole.

La risposta parve sorprendere non poco Serena e il suo ‘gemello’ interiore: “L’Impero? Ma non esiste più; dopo la fine della guerra, ho saputo che la capitale non è altro che una città in rovina: la popolazione se n’è andata quasi completamente, vi vivono solo sbandati e fuggiaschi, e gli ultimi rimasugli della nobiltà che restano arroccati nei loro palazzi-fortezza. La cittadella imperiale, poi, è rimasta deserta ed abbandonata, considerata alla stregua di un luogo infestato dagli spettri. E non mi sorprenderebbe se fosse davvero così.” L’ultima frase fu proferita in modo sommesso, come se Serena e Dilandau condividessero i reciproci terribili ricordi delle sevizie e degli esperimenti a cui erano stati sottoposti dagli infami Alchimisti dell’Imperatore.

“Sei molto bene informata, per essere una damigella tenuta sotto una campana di vetro.”

Questo commento vagamente sarcastico riportò l’attenzione della bionda fanciulla su Hiro, e lo ricambiò con un sorrisetto non privo di un’amara ironia: “Leggo di nascosto le lettere che arrivano ad Allen, e quando ci rechiamo a Palas faccio in modo di restare nella stessa stanza quando mio fratello, re Dryden e gli altri nobili discutono di politica; è straordinario come una donna che se ne sta in silenzio in un angolino fingendo di ricamare scompaia dalla considerazione degli uomini, come se la sua esistenza fosse completamente insignificante.”

Serena fu vagamente compiaciuta dal fulmineo scambio di sguardi d’approvazione dei due uomini in nero; inoltre, sentì la sua melanconia scomparire immediatamente quando Dilandau le trasmise attraverso la loro intrinseca comunicazione un forte senso di compiacimento per la sua intelligenza. Improvvisamente di ottimo umore, esclamò: “Ebbene, che aspettiamo? Partiamo. E durante il viaggio pretendo di sapere qualcosa di più su di voi .”

Harold intervenne nella conversazione per la prima volta: “Forse su di noi non scoprirai molto, ma di sicuro verrai a conoscenza di molte verità nascose del mondo in cui vivi, della sua storia… e della parte di essa che riguarda te e Dilandau.”

“Per quanto ci riguarda, accontentati di poterci vedere nella nostra altra forma.” Sbuffò Hiro, allargando le braccia, subito imitato dal compagno. I loro mantelli si sollevarono come agitati da un vento innaturale, i contorni dei loro corpi divennero sfocati e poi si sciolsero in ombre nere che aumentarono pericolosamente di dimensione, turbinando vorticosamente; s’intravidero ali, artigli, becchi adunchi, e quando la trasformazione finì, di fronte a una Serena sbigottita s’ergevano due enormi uccelli rapaci dal tenebroso piumaggio: il Falco e la Fenice si erano rivelati in tutta la loro ferina possanza.

“COSA diavolo siete?” la domanda che uscì dalle labbra della fanciulla fu proferita in un tono di voce qualche ottava più basso del normale; lo stupore che aveva ammutolito Serena evidentemente non aveva avuto lo stesso effetto sul più smaliziato Dilandau.

“Per ora, siamo il vostro mezzo di trasporto; per il resto, nel corso della nostra lunga chiacchierata arriveremo anche a questo… forse.”

Serena pensò che sebbene il becco affilato del Falco di Mezzanotte non gli permettesse di mostrare quel quasi-sorriso sibillino, le bastava conoscerlo da un’ora per avvertirlo ugualmente come una goccia gelida che scendeva lungo la spina dorsale. Quindi, se doveva scegliere tra due mali ugualmente minacciosi, si avvicinò alla Fenice Nera, che arruffò le piume per esprimere il suo scarsissimo gradimento per la soluzione di viaggio, ma acconsentì a chinarsi per far accomodare la ragazza sul suo dorso, tra le piume delle maestose ali.

“A che velocità siete in grado di volare?” chiese Serena, con una sfumatura d’interesse rivelatrice dell’esperto di macchine da guerra volanti. “La capitale dell’Impero… o meglio, ciò che ne rimane, dista parecchi giorni di viaggio.” Inevitabilmente il suo pensiero si posò su Allen: se non l’avesse trovata a casa al suo ritorno, l’iperprotettivo fratellone avrebbe rivoltato fino all’ultimo sasso di Gaea per rintracciarla. E non aveva pensato ad un piano per depistarlo. È proprio vero che l’inattività stava arrugginendo le sue facoltà strategiche, le giunse l’auto-critica che Dilandau rivolse a se stesso.

“Possiamo volare alla velocità che vogliamo.” Giunse un’altra mezza risposta da Shinigami “In questo caso, arriveremo quando avremo finito di spiegarti ciò che dobbiamo. Quindi, reggiti forte, chiudi il becco, e risparmiati le domande per dopo.” Impartite queste insolite istruzioni di volo, i due rapaci dal notturno piumaggio s’innalzarono nel cielo come macchie oscure contro il sole.

 

Serena si sentì cogliere da un brivido misto di esaltazione e nostalgia al brusco sbalzo dovuto al decollo. Istintivamente si trovò a paragonare quella sensazione ai ricordi di Dilandau sulla modalità di volo degli Alseides; i guymelef di Zaibach risultavano decisamente superiori in comfort: la soluzione liquida da cui il pilota era circondato, lo proteggeva dagli urti. Ma l’abitacolo di una macchina da guerra non consentiva la visione totale del panorama sottostante che si estendeva a perdita d’occhio, né l’ebbrezza di totale libertà provocata dal battito delle enormi ali, come il pulsare di un cuore selvaggio.

“Allora, dove cominciano queste spiegazioni?”

“Esattamente sopra di te.”

La ragazza alzò lo sguardo, ma tutto ciò che poté vedere nell’infinito cielo limpido di Gaea fu l’azzurra Luna dell’Illusione e la sua più piccola gemella pallida; esse incombevano nella loro astrale indifferenza. I suoi occhi si fecero pensosi: quel satellite misterioso era oggetto di numerose superstizioni, ma anche il luogo di provenienza della fanciulla tanto cara ad Allen, Hitomi Kanzaki. Il fratello le aveva narrato dei misteri che circondavano la straniera, custode della chiave dei misteri di Atlantide; quegli stessi segreti che avevano allontanato e condotto alla morte il padre che lei non ricordava.

Dilandau le comunicò con malcelata ira le più precise informazioni che egli aveva raccolto sulla veggente durante la sua ultima e sfortunata Caccia al Drago: ricordi che trasmettevano una sensazione viscosa e dall’odore di sangue, come una ferita mai rimarginata, grondanti di rabbia e amarezza. Aggiunse poi le leggende che aveva sentito discutere ai vertici della gerarchia politica e militare di Zaibach, e che personalmente non aveva mai degnato di reale interesse.

Serena vagliò con attenzione le informazioni ricevute e azzardò un’ipotesi: “Vi riferite alla leggenda secondo la quale il mondo di Gaea venne creato dai desideri dei superstiti di Atlantide?”

“Sei ben informata” si complimentò il Falco “ma vorrei che tu prendessi in considerazione l’altra faccia della medaglia. Ovvero, gli Atlantidei costruirono sì un dispositivo tanto immensamente potente da creare un mondo parallelo; ma prima di ciò, questo stesso potere li portò a tali livelli di arroganza da condurli alla quasi completa autodistruzione. Un potere in grado di annientare un continente in un battito di ciglia, sfuggendo al controllo dei suoi stessi creatori.”

Un lampo color scarlatto illuminò le iridi celesti, e la mente del guerriero devastatore ebbe per un attimo la meglio: “Quindi chissà cosa potrebbe scatenare un potere del genere se usato *deliberatamente* come arma.”

“Scommetto che tu hai abbastanza fantasia da farti un’idea in proposito.” Ghignò la Fenice.

“Così avete deciso di usare NOI per ordire un piano ed impadronirvi del segreto di Atlantide e conquistare il mondo?” Il tono di accusa di Serena era un’affermazione, non una domanda; ma fu subito schiacciato dalla replica imperiosa e severa di Shinigami:

“Non saltare alle conclusioni, ragazzina! Tu non puoi neppure lontanamente concepire i nostri scopi, né immaginare come si dipana il nostro agire nei meandri del tempo, manipolando lo spirito e il Destino stesso degli esseri umani!”

L’accenno a quella parola maledetta, Destino, fece ritirare Serena in un doloroso silenzio e destò in Dilandau una ferocia ancor più guardinga.

Una risata priva d’allegria di Harold smorzò i toni del diverbio con una rivelazione stupefacente nella sua apparente noncuranza: “In realtà noi possediamo già il cosiddetto ‘segreto di Atlantide’. I tuoi scrupoli di coscienza, Serena, sono del tutto fuori luogo: non abbiamo intenzione di renderti complice di quello che consideri un crimine contro l’umanità; crimine che noi, in realtà, abbiamo già commesso da tempo immemorabile.”

La voce derisoria di Hiro era impregnata di un sarcasmo che bruciava come acido: “Chi credi che abbia aiutato quegli stupidi Atlantidei a raggiungere tali livelli di potere? Le loro stesse anime sono il prezzo che abbiamo preteso in cambio della conoscenza che cercavano. Ma alla fine quegli idioti si sono rovinati con le loro stesse mani!”

“Purtroppo il loro fallimento ha condotto inevitabilmente alla distruzione di tutto ciò che *noi* avevamo fatto in modo che costruissero: la macchina dei desideri, in grado di mutare il corso del destino. Così dovemmo escogitare un nuovo progetto perché qualcun altro la ricostruisse.” Commentò Midnight con una punta di esasperazione per quell’immensa perdita di tempo. “Stavolta però decidemmo di concentrarci su di un solo individuo, così che fosse più agevole controllarlo periodicamente. Ed anche in questo caso trovammo la persona che faceva al caso nostro sulla Terra, ovvero il pianeta che su Gaea veniva già chiamato ‘Luna dell’Illusione’.”

Shinigami sbuffò disgustato: “Ci toccò un povero illuso che in punto di morte ancora voleva a tutti i costi scoprire ciò che agli uomini mortali non è dato conoscere. Nel suo caso, irretirlo fu tanto semplice da essere quasi imbarazzante: nel momento della sua morte, non lo trasportammo negli Inferi ma su Gaea; sospendemmo il momento della sua dipartita, e in cambio lui usò le sue conoscenze tecnologiche per creare il regno più grande, fiorente e sviluppato che questo pianeta potesse sognare di avere.”

“L’Impero di Zaibach!” esclamò Serena, mentre alla sua mente si presentava il ricordo, solo in parte suo (il frammento più sbiadito e consunto di un puzzle di istanti molto più vario e complesso), di un vecchio impossibilmente antico, tenuto in vita da una gigantesca macchina dal funzionamento ignoto. “Volete dire che *voi* controllavate da dietro le quinte la politica dell’Imperatore Dornkirk?” sibilò stupefatta una voce troppo simile a quella di Dilandau, permeata dall’incredulità al pensiero che il suo mentore, il suo creatore ed aguzzino, fosse stato a sua volta la marionetta di entità che ancora non riusciva a definire.

Harold spiegò pazientemente: “Ci servivano i mezzi di un paese ricco per poter disporre delle risorse materiali e umane necessarie alla realizzazione di una nuova Macchina del Destino. Ma altrettanto importante era il sostegno psicologico della società che l’avrebbe prodotta. L’idealismo ipocrita alla base della propaganda di Dornkirk…”

“Quel pazzoide esaltato di Isaac non poteva scegliersi uno pseudonimo di peggior gusto.” Sibilò Hiro.

“…servì perfettamente allo scopo. Il miraggio di un impero globale, una guerra di conquista per mettere fine a tutte le guerre che laceravano il pianeta e instaurare una pace mondiale, era solo un pretesto per la corsa alla ricerca scientifica a scopi militari. Giustificava moralmente, come ‘sacrifici necessari’, esperimenti che sarebbero stati ripudiati con orrore da qualunque altra comunità civile. Tutto ciò portò allo sviluppo della fusione tra tecnologia e pratiche occulte necessaria per la manipolazione del Destino. Un trionfo di cui voi due” l’occhio dorato e inumano del Falco si posò con rapacità penetrante su Serena, giungendo anche oltre lei “siete senza dubbio il risultato più perfetto.”

La bionda guerriera si chiese per un istante se doveva considerare quella constatazione un complimento o un’ambigua minaccia.

“Sfortunatamente” la voce sferzante come una frustata rivelò che l’irritazione della Fenice stava giungendo a livelli pericolosi, la ragazza poteva avvertire il fremito di collera sotto le sue nere piume “Anche stavolta scoprimmo di esserci fidati di un emerito imbecille. L’idiota, credendo di poter realizzare il suo senile, totalmente utopistico desiderio di felicità universale, usò la ragazza della Luna dell’Illusione per attivare la Macchina di Modifica del Destino; essa innescò un’alterazione incontrollata durante la grande battaglia che portò alla distruzione di Zaibach: generò il caos, in cui gli uomini si trucidarono l’un l’altro senza distinzione, nel miraggio di realizzare i loro avidi desideri di potere. Poi la mocciosa impicciona e quell’insulso seccatore del Re di Fanelia distrussero la Macchina; e ancora una volta, tutto il nostro lavoro finì in malora.”

Serena non riuscì a trattenere l’indignazione repressa: “Che razza di creature siete in realtà, per cui i secoli e gli imperi significano meno di niente? Ne parlate come se fosse un gioco di scacchi! Come se le pedine che avete mosso e sacrificato non fossero esseri umani vivi e pensanti! Come se questa assurda, cosmica macchinazione non avesse distrutto innumerevoli vite! La *mia* vita!”

“Basta così, ragazzina!” ribatté Hiro, ora realmente adirato “Neppure ti rendi conto dell’enormità delle vicende di cui parli, di ciò che ti permetti di *giudicare*!” e la sua palese impazienza non avrebbe certo lasciato trapelare altre preziose informazioni che avrebbero facilitato la comprensione che Serena cominciava a intravedere vagamente dai pochi spiragli che le erano stati offerti, quasi distrattamente. Ma il rimprovero della Fenice era ben lungi dall’essere completamente sfogato. “Se non fosse stato per il nostro sottile schema per indirizzare il corso della storia, tu saresti ora una damina tutta moine e riverenze, con una mentalità non più ampia di un cucchiaino da tè, incapace di concepire la vita di una donna oltre al badare alla casa, al marito e ai figli. Non potresti neppure immaginare che esista altro per cui valga la pena combattere, come tu hai fatto e stai facendo ora – in caso contrario non saresti certo qui e questa nostra conversazione non avrebbe mai avuto luogo. Per di più, Dilandau non sarebbe mai esistito” Serena non poté evitare un brivido di inorridito rifiuto a quest’ipotesi; la presenza del suo gemello era per lei un’idea imprescindibile quanto la propria esistenza. “…e forse neppure la stessa Gaea sarebbe stata creata, con tutto ciò che ne consegue… o NON ne consegue.”

Il silenzio calò pregno dell’immenso peso di incalcolabili destini perduti o mai realizzati.

“Ananke, la Necessità dell’Universo, opera per vie imperscrutabili.” Sentenziò filosofico Midnight “Nessuno può giudicarle giuste o sbagliate, perché in un modo o nell’altro esse sono inevitabili.” Di nuovo l’occhio dorato esaminò attentamente il volto pallido della fanciulla e gli occhi guerrieri che lo animavano, compiacendosi internamente della forza d’animo che le consentiva di tenere testa addirittura a Hiro, impresa che alla stragrande maggioranza delle persone sarebbe risultata impossibile. “Inoltre, puoi dire che te ne sia venuta solo infelicità? Le persone che hai conosciuto ti sono state tutte tanto odiose da desiderare di non averle mai incontrate?”

L’anima di Dilandau si ribellò vigorosamente a questa insinuazione: neppure il pensiero degli orrendi esperimenti a cui era stato sottoposto poteva costringerlo a rinnegare l’orgoglio – e, si, la felicità – di scegliere i giovani più valorosi dell’Impero come suoi Dragonslayers e guidarli nelle loro vittoriose battaglie. Come dimenticare la devozione commovente che quei ragazzi coraggiosi avevano nutrito fino alla morte e persino oltre, per il loro severo ma carismatico Comandante? Come scordare la fedeltà di Jajuka, disposto a sacrificare tutto per il bene di entrambi i suoi ‘signorini’, che lui soltanto conosceva come le due facce di un’unica entità? E infine Folken: il discusso, volubile, indecifrabile ex-principe di Fanelia; colui che si poneva inevitabilmente come controparte stoica ed inamovibile del focoso e irrequieto Dilandau; un contrasto che li spingeva a discutere e criticarsi in continuazione, ma che celava un profondo rispetto reciproco.

No, Dilandau decise senza mezzi termini: la sua vita, per quanto breve, era valsa la pena di essere vissuta; per quanto solo ora riuscisse a scorgere la trama dell’ignoto retroscena, era disposto ad accettarlo. La sua filosofia di soldato, di Dragonslayer, sanciva che era impossibile cambiare il passato: tutto quel che veramente contava era andare sempre avanti, aprendosi la strada col fuoco e con l’acciaio, verso l’obiettivo da conquistare.

La spietata logica del guerriero ebbe la meglio anche sulle ultime remore di Serena, che accettando quella nuova risolutezza chiese con rinnovata calma: “Allora che cosa ci attende nell’immediato futuro?”

I due rapaci si scambiarono un fugace sguardo soddisfatto, ma la loro risposta non fu meno sibillina del consueto: “Lo saprete quando ci saremo riuniti ad una vecchia conoscenza di Dilandau.”

Serena rispecchiò nel suo accigliarsi la stessa sospettosa incredulità del suo alter-ego maschile, mentre davanti a loro si ergevano all’orizzonte le rovine di quella che fu la maestosa capitale dell’Impero di Zaibach.

 

  
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