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Autore: V a l y    29/04/2007    9 recensioni
Storia nata da una vecchia fantasia dell'autrice per una coppia fuori dalla norma. Due ragazzi che avendo in comune la stessa causa si ritrovano insieme: il rosso e la cinese. Tengo veramente tanto a questa storia, sarei felicissima se magari mi aiutaste con commenti e consigli *.*
CAPITOLO 30. [Quella mattina, la famosa domenica successiva alla notte di baldoria nel quale le ragazze del passaggio a livello erano andate a trovare i balordi del covo dell’est, non fu niente di tutto questo a svegliare prematuramente Xiaoyu. Non erano stati gli schiamazzi, la musica, lo sferragliamento di nuove casse di liquori che venivano strusciate di peso sulla ghiaia. Fu lo strano, inusuale suono prolungato del clacson di un camion, un rumore assolutamente sconosciuto alla clausura della periferia est da ogni attività urbana.]
EDIT. Al solito ho inserito un'illustrazione fatta da me dopo aver aggiornato la fic. La trovate a inizio capitolo 30!
Genere: Azione, Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Hwoarang, Ling Xiaoyu
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Il silenzio fu infine interrotto dalla voce di Xiaoyu.
“E' stata anche colpa mia...”
Era una delle tante affermazioni che avrebbero suscitato al blouson noir motivo di provocazioni e prese in giro, ma che in quel momento lo fecero rimanere solamente zitto. Le lanciò sguardi scrutatori, cogliendole lo stesso proprio stato d'animo di ignominia. Entrambi mostravano un silenzio colmo di reciproca compassione.
“Rana ha ragione...” soggiunse lei, sospirando mestamente. Rivolse la testa all'allacciamento delle braccia poggiate sulle ginocchia, nascondendola tra esse. Hwoarang, accomodato cinque casse di liquore più in là, vedeva sotto il ferro sporgente della grata e la coperta sbiadita deposta su una corda - seduta sul materasso che preferiva - la sua bambina. Il ragazzo era sciattamente sbracato sulla terra polverosa della periferia, con la schiena sorretta da una cassa di liquori e il capo reclinato all'indietro; mentre l'osservava affranta nella sua vergogna, il giovane cominciò a pensare. Strana, come parola riferita a lui... era forse stato a causa dei libri di economia che gli aveva prestato Xiaoyu che aveva iniziato a pensare troppo? Cominciò a rammentare la stessa giornata in cui si trovavano adesso, ma qualche ora prima.

La mattina del covo dell'Est era arrivata e i furfanti che l'abitavano si erano destati collettivamente, come accadeva sempre uno alla volta svegliati dalle grida del vicino, preparandosi a compiere il loro dovere anticonformista e a prelevare ognuno a modo suo i propri beni. Tre di quei truffatori avevano un compito ben diverso da quello che solevano fare quotidianamente, e oltretutto un compito oltremodo poco virile: il trio, sott'ordine del capo, doveva appropriarsi di abiti da sera da donna per conto della loro compagna che avrebbe dovuto intrufolarsi nella festa della Mishima Zaibatsu sotto nome fittizio. Stavano partendo per la deprecabile missione, quando la giovane fermò uno dei tre.
“John!” esclamò, facendolo girare. Xiaoyu porse verso la comitiva un piatto di tre taiyaki*. “Per voi, prima che partiate!” riferì allegramente. Il trio lasciò trapelare in viso un'espressione di assoluto gaudio. Com'era conviviale, per loro, la vita insieme a lei, che addolciva anche le più dure faccende con piccole cortesie. A volte, bastava come conforto anche un solo sorriso. Era come la donna di casa di tutti, il sostegno consolatorio che avevano ritornando da una giornata malefica sotto gli sguardi indiscreti di occhi moralisti, gente che nel compiere il dovere sociale dava alla società il più devoto appoggio contro malfattori di tale genere. Ma la bambina li rincuorava con il piccolo gesto di un semplice pasto cucinato da lei. Era un po' come una piccola madre.
“Saranno sicuramente buonissimi!” sostenne il tatuato, che finalmente lasciò parlare le corde vocali al posto degli occhi e si permise di agguantare un taiyaki.
“Forse con un po' di fosforo in testa, Mugen riuscirà a sceglierlo meglio il vestito, questa volta,” riferì aspramente Rana, riservandogli un arriso canzonatorio visibile sull'angolo destro e increspato della bocca.
“Sei uno stronzo e pure un idiota! Questo non è pesce vero, è solo una frittella a forma di pesce!” contrariò l'offeso.
“E' incredibile come tu mi faccia meravigliare con questi colpi di genio, Mugen,” s'intromise al solito modo sfacciato che aveva il capo di tutti. Protese la mano golosa verso uno dei taiyaki, ma la bambina gliela schiaffeggiò bruscamente.
“Non è per te!” esclamò, allontanando il piatto.
“Razza di... insolente!” le disse l'insolente stesso. “Forse non hai ancora capito chi è qui il boss!”
“Chi?” ironizzò la cinese, fingendo di cadere dalle nuvole.
Il tatuato s'intromise con l'intenzione di placare l'ira dei due, che altrimenti avrebbero finito con l'offendersi senza tregua per tutta la giornata.
“Capo, devo per forza buttarli via quei vestiti meravigliosi del sexy shop?”
E stranamente riuscì nel suo intento, svegliando l'attenzione di Hwoarang.
“Bruciali, guardali, indossali, fanne ciò che vuoi,” rispose seccamente.
“Xiaoyu, sicura che non li vorrai mai mettere? Se vuoi te li conservo...” insistette speranzoso Mugen, mostrando un'espressione d'imploro che definiva con convinzione l'arma che avrebbe avuto in pugno tutte le donne.
“Smettila di usare quell'espressione che allontanerebbe soltanto le donne,” lo richiamò scontrosamente il rosso dichiarando tutt'altro. “Per prima cosa non può indossare quegli affari perché non ha il corpo adatto...”
E la sua voce venne stroncata prima che potesse finire di parlare da Xiaoyu, che lo soffocò cingendogli le mani attorno al collo.
“Cerca di capire, Mugen, il problema non è che i vestiti siano brutti o che...” parlò al posto del rosso il gigante, cercando di far intendere al tatuato, con semplicità e sintetizzazione, la causa di quell'intoppo.
“Qual è il problema, allora?” chiese ancora e ancora più confuso il dongiovanni.
“Che quei vestiti coprono dove non devono coprire e non coprono dove devono coprire,” sintetizzò ancora meglio Rana. Mugen rimase cheto per qualche attimo.
“E appunto!” dichiarò smanioso, visto che era proprio quello il traguardo a cui mirava. I due sospirarono rassegnati, uno mantenendosi la testa, l'altro grattandosi il capo; il blouson noir e la bambina non li seguirono, perché ancora immersi nella loro silenziosa disputa: lei con le mani ancora attorno al collo di lui e questi che da un momento all'altro sarebbe andato all'altro mondo.
“Be', noi andiamo...” riprese parola Rana, mandando giù in pochi bocconi il taiyaki della bambina. “Buono!” le disse, e la cinese arrossì contenta.
“Sono felice che ti piaccia,” gli rispose imbarazzata lasciando il collo di Hwoarang, che poté sopravvivere all'ennesimo tentato omicidio di Xiaoyu.
“E mi raccomando, impegnatevi come si deve per il ballo!” soggiunse il mezzo animale.
“Il ballo?” domandò interdetta la cinese. Poiché i tre avevano ormai attraversato la strada principale, la risposta gliela diede l'unico rimasto.
“A momenti dovrà arrivare un tizio che ci aiuterà con la cosa,” le spiegò il rosso dicendole comunque poco e nulla, sfiorandosi dolorante la nuova escoriazione intorno al collo con l'indice e il medio, forse persino più grave di quella che gli aveva procurato il demone Jin.
In quella mattinata che non era una mattina, quando ogni membro del clan aveva lasciato la periferia Est per giungere nei loro uffici senza tetto con clienti che non avrebbero per nulla al mondo voluto essere loro clienti, appena poco dopo che il trio era partito per negozi di marche e stilisti, si udì un boato roco e pesante simile a quello della moto del rosso, ma meno spaventoso visto che la bambina, ogni qualvolta che sentiva il rumore del mezzo a due ruote del blouson noir, rammentava le corse sfrenate a cui aveva forzatamente partecipato e inevitabilmente un brivido le percorreva tutta la schiena, fino a drizzarle i capelli.
Ma il mezzo che era arrivato, in confronto alla moto, era una lumaca paragonata a un leopardo. Più simile a una catapecchia che al camioncino che era, sopraggiunse lento e rumoroso davanti alle casse di liquori dove si trovavano i due protagonisti.
Ma chissà come, Xiaoyu sentì comunque un brivido invaderle la spina dorsale.
Dal mezzo scabroso - una volta di colore arancione, ora divenuto grigio a causa della polvere che ne aveva incanutito la tonalità - uscì dalla portiera una persona con la chioma dello stesso pigmento del camioncino.
"Leonard!" urlò felicemente Hwoarang, divaricando le braccia in un abbraccio fraterno. Anche se mai visto, Xiaoyu lo ricondusse agli uomini della periferia Est per una prima impressione oltre il bizzarro vestiario: questi, quando parlava al rosso, urlava come se si trovasse in mezzo a una folla schiamazzante, quando invece aveva davanti a sé soltanto un uomo. Lo vedeva ridere alle battute del coreano, e se fosse rimasto cheto sarebbe stato arduo capire se si stava divertendo o meno visto la folta barba che ne copriva tutta l'espressività.
“Vedi, bambina, lui è il mio uomo favorito, perché quando arriva con il suo ferrovecchio ha sempre una nuova sorpresa per noi,” le disse il rosso interrompendo la discussione con Leonard. Questo si tolse gli occhialini tondi da sole per poter cogliere bene la figura di Xiaoyu.
“Ma io ti conosco! Tu sei la ragazzina dell'ultima missione!” annunciò Leonard con il solito tono dirompente.
Lei diede l'aria di non capire, così l'aiutò Hwoarang.
“Questo è il mezzo con cui ti abbiamo catturato fuori da scuola,” le informò veloce, traendo una sigaretta al medesimo modo che aveva adottato il giorno del sequestro, nella penombra totale del piano di carico e sotto la luce fioca della fiamma. E allora lei ricordò.
Ecco spiegato il motivo del brivido precedente.
“Di', Hwoarang, è ancora sotto sequestro?” domandò il barbuto, ridacchiandosela sotto i baffi.
“Peggio, è diventata un membro del clan.”
“Perché peggio?! Sono io a doverlo dire!” s'infuriò la cinese, scovando sotto i piedi un'ulteriore arma di minaccia che sostituiva la precedente mazza di legno ormai inutilizzabile: un piede di porco adocchiato vicino alla grata dell'abbraccio. L'uomo barbuto sghignazzò alla temerarietà di quella giovane femmina.
“Un nuovo membro del clan! E finalmente donna! Eh, boss?”
“Donna? Dove?” chiese contento Hwoarang, mettendosi una mano perpendicolare alla fronte e sopra gli occhi per cercare qualcosa con lo sguardo oltre le spalle di Leonard. La bambina ebbe l'intenzione di non indugiare oltre ed assettargli un bel colpo in fronte, ma quando si allungò per raccogliere il piede di porco una voce di un ulteriore nuovo arrivato catturò l'attenzione di tutti.
“Qualcuno mi aiuti!” urlò qualcuno con agonia da dentro il camioncino. Hwoarang ghignò.
“Blouson noir!” strillò arrabbiata l'ex catturata vicina più che mai al pover'uomo imprigionato, intuendo la ragione di quella richiesta disperata d'aiuto. "Continui ancora a rapire la gente con quell'assurdo camion?!”
“Quest'assurdo camion, come lo chiami tu,” l'avvertì severamente Hwoarang con il dito indice, “è il nostro mezzo di consegne a domicilio e l'unica possibilità che abbiamo per andare avanti con la nostra missione. Consegne a domicilio di sola gente, s'intende.”
“Queste non sono consegne a domicilio, ma rapimenti, e poi tu non hai un domicilio, blouson noir! Sei un farabutto!” protestò Xiaoyu. Ma a quell'offesa il rosso ci trasse unicamente un sorriso di compiacimento. Si avvicinò al retro del mezzo a quattro ruote e, dopo essersi coperto il volto con una bandana, aprì le due ante.
Il malcapitato non ne era uno soltanto, perché assieme a lui c'era anche una donna. Questa, al contrario dell'altro, era imbavagliata.
“Salve, signori,” salutò tetramente il coreano. “So che siete stati chiamati dalla Mishima per esibirvi alla festa come ballerini. Vi ho portati qui per rivolgervi una richiesta, che è solo questa, semplicemente: di non andarci.”
Il maschio fu quello dei due che rispose, un po' perché aveva le corde vocali libere, un po' perché da uomo qual era riteneva necessario il compito di dialogare a difesa della propria dama.
“Noi non possiamo... se... se non ci andiamo, Heihachi ci licenzierà,” farfugliò, e tutta la sicurezza che aveva nelle intenzioni cavalleresche svanì subito a causa dello sguardo gelido del capo del covo dell'Est.
“Non succederà,” assicurò imperterrito quest'ultimo, senza però spiegarne i motivi. L'uomo scosse nuovamente la testa negativamente.
“Ve lo sto chiedendo con un per favore...” e alle due ultime parole, Hwoarang trasse dal taschino del giubbotto un coltello. Era stato un per favore abbastanza implorato, a quanto pareva, perché i due - donna compresa – scossero la testa con il massimo consenso.
“Gentilissimi,” convenne felicemente il coreano, sorridendo con gli occhi. “Fate finta che uno dei due si sia rotto la gamba e non succederà niente,” e a quelle ultime parole, dopo aver fatto forzatamente respirare loro una boccettina di cloroformio, chiuse con foga le due ante. Si voltò verso Leonard sciogliendo il nodo della bandana che aveva addosso per svelare il proprio viso, il quale brillava della solita furbizia, stavolta più accesa.
“Il metodo coltello riesce sempre... chissà perché,” e toccò con l'indice la punta di quell'attrezzo di minaccia, ricurvandolo, facendo così scoprire l'inganno di una gomma al posto di una lama d'acciaio.
Xiaoyu sbuffò sconsolata. I suoi erano metodi estremi e grotteschi, ma chissà come riuscivano sempre a buon fine. Dovette restare come silenziosa spettatrice al suo gioco malvivente.
“Ma perché tutto questo? A che serve un ballo?” chiese soltanto. Il blouson noir s'infilò il coltello in tasca e rispose:
“E' l'unico modo che abbiamo per metterci in mostra. Alla festa ci saranno un sacco di ricconi che accerchieranno come lupi affamati i tre capi della Zaibatsu. Stare in mezzo a loro potrebbe non servirà a nulla, tanto vale provare con un ballo. Conosciamo le arti marziali, non ci vorrà niente ad imparare tre stupidi passettini di danza.”
Leonard le porse proprio in quel momento i fogli da cui avrebbero imparato i passi, e la cinese lesse dunque il titolo.
“Libertango?!” domandò esterrefatta.
“E' un tango,” le informò lui.
“Questo lo so!” esclamò la bambina. “Voglio dire... è un genere di danza difficile! E poi...”
Lanciò uno sguardo di diffidenza in direzione di Hwoarang.
“E poi cosa?” chiese quest'ultimo.
“E poi dovrò ballarlo con te...”
“Se può consolarti, sono felice quanto te,” ironizzò il rosso.
“Dovresti, visto che sei un uomo...” rispose il guidatore del ferrovecchio con la più ovvia, assoluta normalità.
“Leonard, hai una visione della felicità e della mascolinità un po' discutibile.”
“Ascolta un po', Pel di Carota,” lo richiamò secca Xiaoyu, “smettila di tergiversare, concentriamoci con il Libercoso e lasciamo le litigate a dopo!”
Il rosso, con la solita espressione sorniona che lei sapeva bene usare per quei momenti di battibecco, fece un fischio di meraviglia.
“Che novità, bambina, la tua virilità da capo branco si è fatta sentire in modo del tutto inaspettato. Per un attimo mi sei sembrata quasi un uomo, e per un altro attimo ne ho anche avuto la certezza, data la tua mancanza delle forme essenziali che hanno tutte le donne...” la canzonò il coreano.
“Strano... neanche tu hai le forme essenziali di una donna, ma lo stesso non mi sembri un uomo!” gli rispose di rimando.
“Touché!” prese parola, sempre a sproposito, il proprietario del camioncino. Hwoarang gli riservò lo stesso sguardo inviperito che aveva dedicato ai rapiti del furgone.
“Credo che sia giunto il momento di andare...” convenne Leonard, riuscendo a mantenere stabile la sua calma nonostante in realtà gli occhi del boss lo avevano terrorizzato non poco. “Lieto di averti conosciuto, signorina,” disse alla cinese, e, seguendo un insolito gesto per i dettami buzzurri del clan, le prese la mano e gliela sfiorò con le labbra. Poi, soggiunse sottovoce, così da non farsi udire dal capo:
“Sono poche le persone che gli tengono testa...” e le fece l'occhiolino.
Il motore del ferrovecchio si avviò ancor più rumorosamente di prima, e dai tubi di scarico uscì una scurissima cortina di fumo. Poi, il camioncino prese con il suo consono fracasso ad avanzare lentamente per i vicoli ricolmi di bottiglie e materassi della periferia.
Terminato ogni rumore, Hwoarang buttò alla bambina i fogli del Libertango sulla testa con maleducata forza.
“Impara,” disse, semplicemente, prima di svanire dietro l'angolo di un palazzo disabitato.
La giovane discepola di arti marziali sbuffò, si toccò la testa e borbottò qualcosa che aveva a che fare con il blouson noir e le feci. Si riappropriò del proprio contegno, lesse i fogli, si concentrò e cominciò a ballare con la stessa identica padronanza del suo stile di lotta. Era graziosa come una vera danzatrice e abile come una guerriera. Non c'era voluto molto ad imparare.
Le sembrava persino più semplice degli allenamenti mattutini con Wang.
“Non c'è male...” ammise il rosso da dietro l'angolo che aveva precedentemente svoltato. Era stato semplice anche per lui, era come una lotta simile alle arti marziali senza pugni e calci.
“Grazie...” seppe solo dire la bambina un po' sbalestrata.
“Per quanto tu ci abbia messo un bel po'.”
La bambina si gonfiò di rabbia. “La parte della donna è la più difficile!” esclamò animata, anche se in verità non era del tutto sicura di questa sua ipotesi. “Vediamo se sei stato davvero così bravo a ballare, blouson noir! Facciamo pratica insieme!”
Si avvicinò al giovane boss cercando con la mano quella di lui, che invece andò a posarsi con movimenti goffi sul suo bacino.
“Ma che fai?” lo richiamò la cinese.
“Stai sbagliando tu,” contrariò seccamente Hwoarang.
Sciolti come non mai nella loro danza solitaria, si ritrovarono pressocché impacciati in quella di coppia, l'essenziale di un tango.
La ragazza, spazientita come mai, gli tirò un calcio alto, che lui parò prontamente con il braccio. Quando il coreano usò anche l'altro per bloccarla totalmente, Xiaoyu glielo afferrò e, facendo leva con esso, lo fece capitombolare a terra, mantenendolo ben saldo al suolo con un ginocchio sul busto.
Le espressioni dei due brillarono di una reciproca compiacenza. Fu una di quelle rare volte che le intenzioni dell'uno soddisfacevano anche quelle dell'altra.
E così continuarono, sino all'arrivo degli altri.

“Che cosa avete detto di aver fatto?!” chiesero all'unisono i tre meravigliati, tornati dalla loro deprecabile missione.
Il blouson noir e la bambina fissavano con la medesima espressione di colpevolezza il suolo vicino ai loro piedi, l'uno di fianco all'altra. Per la prima volta nessuno dei due seppe difendersi con scuse o giustificazioni.
“Ho scoperto che la mocciosa ha anche un pregio, oltre i suoi mille difetti... sa davvero fare le arti marziali,” disse Hwoarang. A quelle parole Xiaoyu diede uno sgarbato calcio sullo stinco destro del burlone, che lasciò uscire un leggero verso di dolore. “Era da quando avevo sfidato Jin che non combattevo più, mi serviva tenermi un po' in forma...”
“E il Libertango l'avete imparato?” chiese esitante e interdetto John. Il blouson noir non fiatò parola. La risposta venne da sé dal suo silenzio.
“La festa è tra pochi giorni. Non c'è tempo per gingillarsi, l'hai detto tu stesso,” affermò Rana, e sui suoi occhi spenti e vacui si leggeva una chiara delusione. “Non sarei ancora qui se non provassi rispetto per te, Hwoarang,” soggiunse con un inaspettato tono grave e austero. “Ti ammiriamo tutti per il tuo coraggio, la tua spina dorsale, le tue palle quadrate e soprattutto per le tue decisioni meditate. Perché è questo che sei, un ragazzo intelligente, che studia ogni mossa prima di compierla. E allora...” e smise un attimo di parlare al fine di calmarsi i bollori, ma non ci riuscì, e la voce roca trapelò tutta la rabbia che aveva in corpo. “E allora perché ogni volta che sei con lei ti comporti così?!”
“Che c'entra lei?” chiese Hwoarang austero, scantonando ogni traccia di colpevolezza o esitazione.
“Con lei... sei una persona che non sei! Sembri un ragazzino che gioca a fare il clown!”
La bambina sgranò gli occhi colpita e incredula. Le parole di Rana erano state un'aggressiva stilettata al cuore, incrementata dal fatto che non ne conosceva il motivo esatto. Difatti il compagno la stava accusando di un torto che non si capacitava di aver compiuto, e che, in fondo, non aveva a che fare direttamente con lei. Eppure si sentì colpevole di qualcosa, come se si trovasse nella posizione di un elemento di troppo che disturbava un equilibrio prezioso; non perché fosse una mera piattola vivente come soleva dire ogni giorno il rosso per farle perdere le staffe, ma lo stallo insormontabile che stava distruggendo e rovinando il clan.
Un'ombra le scurì la faccia. Quando Xiaoyu alzo gli occhi vide la schiena del blouson noir che le copriva quasi tutta la visuale. Il mento rialzato del coreano testimoniava la forza dei suoi gesti senza che ci fosse stato bisogno di guardarlo in viso, così come la sua mano, tesa in orizzontale di fronte alla bambina, che costituiva la metaforica immagine di uno scudo sicuro e solido, una silenziosa difesa che l'avrebbe protetta da qualsiasi attacco, che fosse stato tangibile o astratto.
Lo sguardo di Rana incrociò quello di Hwoarang, il quale gli fece capire di aver osato troppo, di essersela ingiustamente presa con la persona sbagliata. Aveva un atteggiamento che somigliava molto a quello di un uomo che difendeva la propria donna.
Rana credeva di conoscere appieno il suo capo, ma si era sbagliato. Quel che vide lo fece sbalordire come non era mai accaduto prima.
“E' così che stanno le cose?” sussurrò il mezzo animale annichilendo la propria rabbia, lasciando spazio a un senso di resa mischiata a incredulità. “Capisco...”
Si mise a braccia conserte e volse lo sguardo alla cinese.
“Scusami, Xiaoyu, ho parlato senza pensare. Quando uno è arrabbiato dice sempre cose insensate,” le disse sommessamente Rana. La bambina gli rispose scuotendo la testa negativamente, come a far intendere che non c'era nessun problema.
“Ma vorrei dirvi solo un'ultima cosa,” continuò lui. “Siete voi a essere per primi nel torto. Mettete sempre avanti a tutto i vostri litigi, ma quanto è importante per voi la morte dei vostri maestri? Quanto è importante fargliela pagare? E' questo il motivo per cui vi siete alleati. E' più importante il vostro orgoglio e la vostra voglia di scherzare di questo?”
I due protagonisti non risposero.
“Non deludete i vostri maestri,” finì di dire Rana solennemente.
Il blouson noir afferrò per il braccio la bambina e la trasportò lontano, verso la grata dell'abbraccio. Era una stretta decisa, che faceva un po' male e che non accettava repliche, ma del tutto inane visto che la cinese avrebbe seguito il suo capo anche senza bisogno di quella morsa.
Era giunta la notte e nel cielo si coglieva un plenilunio, talmente tanto lucente che le nubi della periferia non bastarono per nasconderlo.
Il silenzio fu infine interrotto dalla voce di Xiaoyu.
“E' stata anche colpa mia...”

Dei due, fu Hwoarang ad alzarsi per primo. Le si avvicinò con passo felpato senza produrre il benché minimo suono, seppure avesse indosso pesanti scarpe di cuoio e il pietrisco sotto i piedi. Aveva la bambina davanti a sé, adesso, con il viso ancora celato tra le braccia sopra le ginocchia. Le protese una mano, che le oscurò con un'ombra lunga e sottile il gomito destro. Accortasi della presenza del compagno, la bambina sollevò la testa e incrociò gli occhi di Hwoarang.
Ebbe un'impressione mistica e del tutto inaspettata che il chiarore della luna avesse fatto risplendere la mano del blouson noir di una luce ancor più sfavillante di quella del satellite. Xiaoyu vi depositò delicatamente la sua, stavolta senza indugi, estinti dopo la chiacchierata con Rana e al primo ricordo triste e sbiadito del suo maestro scomparso.
“Se ballare con me ti fa così schifo, puoi sempre pensare a un'altra persona,” le consigliò con un tono a metà tra l'ironico e l'amareggiato. La bambina non poté replicare né dire alcunché, perché il rosso l'alzò da terra senza dargliene il tempo e la circondò tra le sue braccia toniche.
Si spinsero presto al centro della piccola piazza, accerchiati dalle casse di liquori e il materasso della grata. Adesso alla cinese venne naturale cercare la mano di lui, che subito mantenne quella di lei. Il primo a muoversi fu il ragazzo con un passo in avanti, mentre lei ne effettuò uno all'indietro. La danza ebbe inizio.
Le loro menti non si trovavano nel presente, seppure saldamente concentrate con ogni passaggio del tango, ma al loro passato luttuoso, al proprio padre acquisito ucciso per mano di un'azienda crudele, alla propria personale giustizia.
I maestri dicevano sempre che a volte la dignità veniva a meno quando l'orgoglio permaneva, e che a volte l'orgoglio doveva venire a meno per la propria dignità.
Hwoarang circondò la schiena di Xiaoyu con il braccio sinistro, la strinse a sé e la ragazza si lasciò cadere all'indietro nella mossa del casché. La mano di lui esplorò il braccio di lei, cominciando dalla spalla e tornando indietro sino a toccarle le dita, accogliendole nel suo palmo sollevarle in alto. La ragazza fece due giravolte col braccio alzato e teso.
Si chiedevano cos'avrebbero infine fatto dopo aver scovato l'assassino. Non si sarebbero mai abbassati a un massacro come usavano fare quelli della Mishima, e questa era l'unica certezza che possedevano. Soltanto in quel momento si domandarono realmente quale sarebbe stato il loro vero scopo.
La giovane piroettava in aria come un'ape attorno al suo fiore.
E lui era il suo fiore.
Quando Xiaoyu depose i piedi al suolo, Hwoarang l'avvinghiò in una stretta ferrea e rassicurante. Con un'inconcepibile naturalezza che in altre circostanze raziocinanti li avrebbe sconcertati, si lasciarono andare in carezze che non erano neppure contemplate nel libro del Libertango. L'orgoglio non solo lo avevano entrambi tramortito, ma scavalcato e dribblato lasciandone uno sprazzo inconsistente e informe dietro di sé; senza la presenza di quell'inguaribile e reprimente senso della propria dignità, Xiaoyu e Hwoarang infransero la regola, tacitamente convenuta dal loro primo incontro, di non abbassarsi a inutili effusioni, e le loro anime si toccarono colte da un affetto che i due avevano volutamente segregato dietro atteggiamenti ostentatamente aspri e litigiosi. Insieme, avevano raggiunto un senso di pace condivisa e armonia talmente radicato che anche se ci fosse stato qualcuno del covo dell'est a spiarli, a loro non sarebbe importato nulla. Fluidi nel loro ballo come le acque dei fiumi e forti come le risacche del mare, neppure una montagna, per quanto maestosa e superba come l'orgoglio, li avrebbe potuti ostacolare.
La ragazza era così salda nella stretta del compagno che quest'ultimo sentiva i seni non ancora del tutto cresciuti premersi sul petto, durante il passaggio del tango fatto solo di passi e coi busti fermi e attaccati. Le loro guance erano incollate tra loro come costruzioni, i respiri aritmici e affaticati.
Soltanto in quel momento si domandarono realmente quale sarebbe stato il loro vero scopo. Solo lei, tra i due, trovò una risposta, ma non era per quel quesito. La ottenne nell'esatto momento in cui il tango finì.
Lei era così felice di restare con lui e i suoi nuovi compagni che tutto l'astio e la tristezza che aveva provato in precedenza avevano man mano smesso di esistere. Si accorse che il clan della periferia Est le era diventato importante e più importante di ogni altra cosa che le era rimasta, così tanto importante che la missione della Mishima, per un attimo, quel giorno, non aveva più avuto l'urgenza iniziale.
Solo allora la sua mente tornò al presente, e la fece vacillare all'indietro. Prima che cadesse, il blouson noir l'agguantò in tempo, avvinghiandola attorno alla schiena con il braccio per trasportarla verso di sé. I loro respiri erano ancora aritmici, ma stavolta non per la fatica.
“Blouson noir...” bisbigliò Xiaoyu.
Sentendosi chiamare, anche Hwoarang fece tornare la sua mente al presente.
La lasciò andare dalla sua gabbia di braccia, e lei, liberata, si portò le mani sul volto per celare un rossore che al chiaro di luna era diventato evidente. Chiese mentalmente perdono al suo maestro Wang per averlo dimenticato un po', e chiese di nuovo perdono per aver trovato un altro affetto altrettanto forte quanto quello che provava per lui.
Tornò al covo correndo dagli altri e il battito del suo cuore, adesso che si trovava lontana da Hwoarang, aveva cominciato a regolarizzarsi.























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*Il taiyaki è una frittella a forma di pesce farcita con marmellata di azuki, di sapore dolce. Viene venduta molto nelle bancarelle giapponesi.
Questa nota dà un certo tocco di professionalità alla fanfiction. Così sembrerà che almeno una volta riesca ad iniziare con serietà l'angolo del freetalk xD A proposito: non ho messo in nota il Libertango, perché abbastanza famoso... comunque, si tratta del gioiello di Astor Piazzola, il mio tango preferito ^^ Qualche tempo fa lo davano anche in una pubblicita di un liquore che ora non ricordo bene quale fosse precisamente...
@annasukasuperfans: Già, il cambiamento è arrivato! *_* E la svolta di questo capitolo lo accentuerà anche ^^ Grazie del commento ^*^ p.s. ho parlato degli indumenti del sexy shop anche in questo capitolo! xD
@Tifa: grazie, figliocciola!! >*< giuro che quando la terminerò farò infilare un Hwoarang nel tuo letto di sorpresa xD Conoscendoti, l'idea ti piacerà xD
@stefy-chan: "(alla fine gli sarebbe piaciuto vederla con la biancheria portata da Mugen e non xke non ha niente da far vedere... =__=) "
Proprio così!! *_*
Hwoarang: "Ma che dite... è solo quello! Mi interessa di più sapere i gossip su Britney Spears, piuttosto! -__-"
Però non li hai ancora buttati, quei vestiti, a quanto pare...
Hwoarang: *fischietta*
Grazie del commento, stefy ^*^
@Shuriken: addirittura... sei un tesorissimo! ç_ç A me invece mettono di buon umore i tuoi commenti, tantissimo! >o< Dovrei dirtelo io grazie... via, su: voglio dedicarti questo capitolo, il capitolo della svolta! xD
@Chiaras: Thanx ^*^
"Accidenti ma siamo sicuri che Xiaoyu non abbia niente da nascondere con quel vestito?? insomma lui la chiama bambina per stuzzicarla ma non mi sembra che il corpo lo sia...^^"
Hwoarang: "Di nuovo?! Eppure sono stato abbastanza chiaro a riguardo..."
E' un tanga con il buco quello che ti vedo in mano?
Hwoarang: *rifischietta*
@Miss Trent: felicissima e superfelicissima, sia perché ti è piaciuto questo capitolo che per la fanfiction che ho aspettato con tanta trepidazione e che poi hai pubblicato. Una sola parola: bellissima *____* Mi vien voglia di rinserire al più presto il personaggio di Nina nella mia storia xD
""""Ma perché tu non sei una ragazza: sei una bambina!" la sfotté al solito modo che conosceva bene. "E tu non sei un ragazzo: sei un deficiente!" controbatté Xiaoyu."" questa mi ha fatto MORIRE!"
A volte anche Xiaoyu ha i suoi momenti di gloria xDDDDDD
Un bacio alla mia ammora ^*^
@Silver Princess: era proprio ciò a cui miravo e che hai colto subito ^^ Ho conosciuto persone - e io stessa ho avuto rapporti con altre persone - con un linguaggio tutto mio che si basava su stranezze colossali. Tra queste, anche il litigio continuato. xD Ma con una di quelle persone ho anche rapportato in una maniera meravigliosa, per poi essermi diventato uno dei miei migliori amici ^^ Ma grazie anche a te per il commento, tesor ^*^
A presto con il prossimo capitolo!! ^^


  
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