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Autore: Spiretta97    19/10/2012    1 recensioni
Prefazione
In un Liceo Scientifico fuori città si suppone che il più grande disastro che possa mai capitare agli studenti sia svenire per esalazioni dei prodotti chimici durante un’ora di laboratorio.
Elisa, una neo-liceale con la passione dei gialli di Agatha Christie, decide di entrare in questa scuola col desiderio di evadere dalla sua città ormai troppo piccola per lei e seguire le materie che più ama.
L’incontro con Will, un ragazzo che le diventa subito amico, la sprona ad aprire una piccola attività di investigazione (contrata su furti e perdite di oggetti) gestita da lei e da ragazzo. Ma qualcuno aspetta di compiere la sua vendetta da anni e non si farà mettere i bastoni tra le ruote da due mocciosi.
Genere: Azione, Romantico, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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-Oh diamine… mi sono persa, dov’è? Oh…..-  fece Elisa guardandosi intorno in cerca di qualcosa che le indicasse la via per l’aula magna. I corridoi erano vuoti e lei non aveva la minima di dov’era e di dove stava andando. Non poteva nemmeno tornare indietro, perché la strada che aveva fatto non la ricordava! Elisa poi non era mai stata una campionessa nell’orientamento, una volta si perse al supermercato e per miracolo riuscì a trovare l’uscita e raggiungere dov’era parcheggiata l’auto.
“Le servirebbe una mappa per tutto!” diceva suo padre “Ma sarebbe inutile, fa solo di testa sua e non riuscirebbe a leggerla”… Perché aveva ripensato a quelle parole? Perché aveva ripensato a quell’uomo, quell’essere?
Elisa si sedette contro il muro cercando di coprirsi con le gambe le mutande che potevano intravedersi sotto la gonna.
Lui non era suo padre, ma l’uomo che l’aveva messa al mondo, e per sbaglio per giunta. Lui non avrebbe mai voluto avere un figlio, e se proprio doveva procreare desiderava un maschio. Per questo non diede mai una carezza a sua figlia, nemmeno quando era in fasce. Elisa non si ricordava neanche di essere mai stata sfiorata da lui, non per baciarla, non per abbracciarla, non per picchiarla, mai, se non una volta. Accadde quando lei era piccola… circa quattro o cinque anni. Era in casa sola col padre e stava correndo inseguendo una pallina magica (per intenderci “Quelle di plastica che saltellano)e non guardava dove andava. Correndo andò a sbattere contro le gambe del padre e cadde all’indietro sbattendo la testa contro il pavimento. Cominciò così a piangere, com’era normale per una bimba della sua età, cercando di attirare l’attenzione del padre e di farsi prendere in braccio, ma niente. Suo padre non disse una parola e andò a sedersi sul divano a leggere il giornale lasciando sua figlia piangere. Solo che questa continuava imperterrita con la lagna tastandosi il bernoccolo che piano piano cominciava a formarsi, si alzò, si diresse verso il padre e gli tirò la manica della maglia continuando a piangere.
-Smettila di piangere! Smettila!- sbottò il padre facendo un gesto violento con la mano, come se avesse provato a colpirla, senza successo.  Elisa smise subito di piangere. Nonostante avesse pochissimi anni di vita aveva compreso già allora che dal padre non avrebbe mai ottenuto nulla. E le fu spontaneo non piangere più davanti a lui, né per dolore, né per amore. Non pianse davanti a lui neanche quando il tribunale accettò la sua richiesta di divorzio.
-Ehi piccola?-
La voce bassa di un ragazzo la risvegliò dai suoi brutti pensieri. Alzò lo sguardo verso il ragazzo e non riuscì a far altro che sorridere in modo stupido. Era un ragazzo biondo e palestrato, quello che le ragazze potevano definire un “figo da paura”. Elisa si vergognava anche ad ammetterlo a se stessa, ma anche a lei faceva un certo effetto… le piaceva.  Il cuore le batteva forte e le gambe le cedevano.
-S…si?-fece Elisa alzandosi in piedi.
-Come hai fatto ad arrivare qui, Bimba?- disse il ragazzo sorridendole in un modo irresistibile porgendole la mano che Elisa afferrò saldamente.
-Forza, si vede che sei nuova … Ti porto all’aula magna …-
-Elisa… Mi chiamo Elisa, ma puoi chiamarmi Ruth-
-Ruth? Che nome assurdo!- disse il ragazzo ridendo. Elisa tirò fuori il libro e lo porse al ragazzo
-E’ un personaggio di questo libro, se vuoi te lo presto-
Il ragazzo prese il libro in mano, fece una smorfia e lo restituì alla ragazza.
-Mi spiace, ma non ho mai letto un libro, non voglio cominciare ora- disse riprendendo a camminare.
Elisa lo seguì a testa bassa stringendo a se il libro. Non poteva credere che qualcuno potesse rifiutare di leggere qualcosa in quel modo. Rimase in silenzio per tutto il tragitto fino all’aula magna mentre il suo accompagnatore cianciava di qualcosa sul football o sul rugby, non lo aveva capito. Sinceramente non le interessava minimamente, aveva l’impressione che ogni cosa che uscisse dalla sua bocca avesse a che fare con uno sport con la palla. Mah, anche a Elisa piaceva il calcio, ma questo ragazzo esagerava! “E fallo di qua e fallo di là! E se ci fosse storia del pallone prenderei sei in Storia” eccetera eccetera. Era proprio il tipo di ragazzo tutto muscoli e casa-palestra.
Finalmente arrivarono davanti alla  benedettissima aula.
-Eccoci qua, bimba. Ora vado a cercare altri ragazzi e ragazze che si sono persi nella scuola, tu entra.- Il ragazzo le diede una pacca sul sedere e aggiunse che “semai avesse voluto cercarlo, il suo nome era Simone”. Elisa chiuse gli occhi e strinse i pugni per evitare di scoppiare in un grido e avanzò nella stanza a passi lenti cercando un posto. Quando si sedette cominciò a respirare lentamente e contò fino a dieci per potersi calmare. Non poteva dare di matto il primo giorno di scuola! L’avrebbero bollata a vita come la Psicotica! O psicopatica… chissà che differenza c’è…
Per fortuna iniziò lo spettacolo che le impedì di fare altri pensieri assurdi e le permise di passare un paio di ore a ridere.
Per primo parlò il preside, l’uomo che l’aveva accolta all’entrata, che cercava di spiegare in tutti i modi che i laboratori non sono un diritto ma un privilegio, che bisogna studiare da subito perché se no ci si pente e che bla bla bla… Insomma, nessuno aveva realmente ascoltato il discorso, ma tutti sorrideva e annuivano pensando a cosa avrebbero mangiato a pranzo. Quando il preside finì il suo discorso col monotono “Ho finito. Grazie” Fu inondato da una marea di applausi dovuti più che altro al fatto che se ne stava andando. Sul palco arrivarono diversi gruppi di studenti che, in modo sicuramente più interessante di quello del preside, illustravano come funzionavano le cose nella scuola. Poche e semplici regole spiegate in modo efficiente.  C’era anche Alessia e una certa Sandra in mezzo a i ragazzi che intrattenevano il “giovane pubblico” come li aveva definiti il preside. Il loro compito era di raccontare alcune cose della scuola.Anche William era nello spettacolo.
-Avete già sentito della storia sui fantasmi, giusto? Bè posso assicurarvi che è TUTTO VERO!!- Disse. Tutti i ragazzi si ammutolirono di blocco cominciando a squadrarsi. William rise
-No,no scherzavo. Siate furbi e non credeteci, io ci ho creduto e mi sono ritrovato chiuso fuori dalla mia camera con addosso solo un asciugamano. Ma mi sembrate molto più svegli di me. Per esempio oggi ho incontrato… anzi scontrato una ragazza e lei ha la faccia molto più intelligente della mia alla sua età-
“sta… sta parlando di me! Ha il coraggio di parlare di me! E non lo conosco nemmeno…”
Dopo lo spettacolo i ragazzi vennero accompagnati nella mensa per mangiare. Per quei giorni non ci sarebbero stati i ragazzi della seconda a portare il cibo in tavola, solo una sorta di buffet. Questo perché i ragazzi che non erano delle prime classi non avevano l’obbligo di venire qualche giorno prima. I ragazzi come Will, Alessia e Bob ovviamente erano volontari per allestire lo spettacolo, tutti tranne Simone, lui era lì per scontare una delle sue tante punizioni. L’unico problema è che i professori non capivano che facendo così gli davano un’occasione in più per provarci con le  ragazzine.
Elisa si sedette ad un estremità di un tavolo vuoto girando e rigirando il cibo “commestibile” nel suo piatto.
“Che schifo, scommetto che è plastica, quasi quasi preferisco il toast di mia madre…”
Mentre era intenta a fissare e cercare un modo per mangiare il suo schifo senza svenire, si avvicinò William.
“Bene, avvicinati, che devo dirtene quattro!” si disse. Per qualche strano motivo, man mano che si avvicinava, la voglia di gridargli in faccia si affievoliva sempre di più.
-Ciao Ruth!- disse William
- Ti sei ricordato il mio soprannome?- chiese Elisa  guardandolo negli occhi
Lui sorrise
-Certo! Sei identica! L’unico particolare è che Ruth nella storia è un adulta, tu sei una ragazza! Ma del resto sei identica. Dovrebbero prenderti per fare un film ispirato a quel libro, saresti perfetta per lei!- disse Will continuando a fissarla
- Ho qualcosa sulla faccia?- chiese Elisa toccandosi le guance
-Eh? Non, no, pensavo solo che sembri molto più grande di una quattordicenne- disse Will
-Ah ah … tanto il mio budino non te lo do!- disse Elisa sorridendo e alzando il budino.
-Mannaggia! Io puntavo proprio a quello!- disse lui scherzando.
-Sai, dopo  pranzo la divisa la puoi togliere, l’importante è che a lezione e ai pasti tu la porti. Questo non lo abbiamo detto nelo “spettacolo”, L’abbiamo dimenticato… come sai generalmente, le lezioni finiscono a l’una tranne il Mercoledì che finisce alle 16.30. Il pranzo dura fino alle due e mezzo. Da quell’ora lì fino alle sette e mezza, puoi gironzolare per la scuola, andare a fare un giro per la campagna, e in città, a volte mandano un paio di ragazzi a fare la spesa, ma ti guardano tutti male- disse Will
- Perché?-
- Dicono che sembriamo dei minori sfruttati!-
-Che sciocchezza!-
- Ruth,vuoi ….- Will che fu bruscamente interrotto  da  Simone che si sedette fra i due ragazzi e disse
- Ehi bimba! Ti sono piaciuto nello spettacolo? - Elisa prese solo un po’ paura nel vedere questo ragazzo  a sedersi in mezzo a lei e Will senza preavviso, ma poi rispose.
- Si … ma non ti ho visto- disse lei
-Ah! Ma io ero occupato a cercare le persone disperse come te!- disse Simone mettendole un braccio intorno alle spalle. Elisa cercò di scansarsi, ma le sue braccia erano davvero troppo muscolose e ferme.
-Senti, stavamo parlando noi. Ci hai interrotto!- disse Will cercando di guardare in faccia Elisa
- Ehi Bimba! Non vorrai ascoltare questo sputo?! Ma guardalo! Prima che i suoi muscoli diventino come i miei ci vorranno dieci anni!- disse Simone ridendo a crepa pelle.
Elisa  stringeva i pugni e continuava a guardare il suo piatto di schifo condito con schifo bollito
-Su, Ruth, lo so che è insopportabile. Pensa che l’anno prossimo se viene promosso ce lo leviamo dalle scatole- disse Will infilando la testa sotto un braccio di Simone per guardare negli occhi Elisa. Lei rise
-Tse! Ruth che soprannome! A lei sta meglio Biancaneve - disse Simone baciandole il braccio. Elisa rabbrividì. “Lasciami in pace!” voleva gridare.
- Ma per favore! Non sai nemmeno che faccia abbia Biancaneve! - disse Will sbuffando. Effettivamente Elisa assomigliava a Biancaneve, capelli neri, carnagione chiarissima, ma il problema è che Simone lo diceva solo per farsi bello ai suoi occhi. In realtà lui non sapeva nemmeno che Biancaneve fosse una favola.
-Stai insinuando che sono uno stupido?!- disse Simone tirandosi una manica
-Ehi! Non così tanto come pensavo!-Disse Will fingendosi stupito.
- Ehi ehi! Non litigate- disse Elisa tenendo per un braccio il muscoloso ragazzo.
Will squadrò Simone e si alzò.
- Forza Ruth, vuoi venire a fare un giro?- chiese Will fissando rabbioso Simone che ricambiava lo sguardo.
- Si, si va bene.-  Disse alzandosi di scatto lasciando lì il cibo, non capiva perché, ma quel Will le ispirava fiducia. Uscirono in giardino rimanendo fianco a fianco in silenzio. Era un silenzio stranamente piacevole, ma anche molto opprimente…
-Bella la divisa maschile- disse Elisa dopo un po’. La divisa maschile non era molto diversa da quella femminile: Pantaloni blu scuro, camicia azzurro chiarissimo, giacca blu cravatta nera. Quella dell’ estate non prevedeva l’uso della giacca.
- Se lo dici tu! Imparerai ad odiarla!- disse Will ridendo. Elisa lo guardò con sguardo interrogativo. Ci fu di nuovo un silenzio di tomba, solo molto, molto più teso di prima….
- Ma … perché hai fatto quella scenata quando ha detto che Ruth  era un soprannome orribile? Insomma… non riesco a capirlo.- chiese Elisa continuando a camminare a suo fianco
- A parte il fatto che quel soprannome te lo meriti visto che sei praticamente identica, solo un forma più giovane! Ma quello che mi da fastidio è  il fatto che lo dice a tutte le ragazze, lui non sa nemmeno cosa sia Biancaneve e che quando provo a spiegarlo a qualcuna, non mi credono… poi rimangono deluse!-
-Io ti credo- Disse Elisa calpestando un pezzo di terreno coperto da dell’erba alta
-Attenta dove metti i piedi! Potrebbe saltar fuori un topo da un momento all’altro. Ce ne sono a quintali! Abbiamo addirittura messo il cianuro nelle trappole per farli smettere di venire a rosicchiare il nostro cibo! - disse Will togliendosi la giacca e legandosela attorno alla vita. La camicia gli andava larga, ma lui non se ne curava.
- Quando tu e Simone litigate siete troppo diversi- disse Elisa ridacchiando
- Per fortuna, se no non avrei cervello! L’unico problema è che è il cocco del professore di Storia! Questo professore è qui da tre anni. Prima c’era una professoressa di storia davvero simpatica che Simone detestava profondamente. La donna non ci dava peso, se non studiava gli dava un brutto voto, se faceva lo scemo lo sgridava, almeno questo è quello che mi hanno detto.-
-Non sei nella sua stessa classe?-
- No, lui è in 5 io in 3. Bè se ti interessa saperlo la professoressa di storia è deceduta tre anni fa per un incidente stradale, è stata messa sotto da un auto. Se non mi ricordo male  il giornale disse che era il 12 maggio 20XX.Ma la notizia non occupò più di una mezza pagina.- disse con voce rauca e sguardo basso.
-Oh mio dio! No, non lo sapevo!- disse Elisa mettendosi le mani sulla bocca
Continuarono a camminare ancora per una ventina di minuti senza rivolgersi la parola.
-Posso… posso cambiare discorso?- chiese Elisa dopo un po’. William la guardò e rise annuendo.
-Come si fa a creare un gruppo a scuola?- chiese
- Un gruppo? In che senso?- chiese Will guardandola con quei suoi occhi verde acqua, così profondo, così intensi e vivaci, ma stracolmi di sofferenza.
- Vorrei creare un gruppo di investigazioni, ma solo come “trovarobe” , oppure occuparmi di piccoli furti…- disse grattandosi la testa timidamente. Il suo volto era rossissimo.
“Ma che vado a chiedere! E poi un gruppo così a che cosa servirebbe se non a occupare spazio che potrebbe essere sfruttato diversamente? No, no una pessima idea, adesso gli dico che scherzavo”
- Bellissimo, anzi fantastico! Quanto si vede che sei un amante dei gialli! Andiamo subito!- disse William prendendola per mano e cominciando a correre.
- William, William! Non correre che inciampo!- disse Elisa cercando di stargli dietro tenendogli sempre la mano.
William Frassini, quello che si definirebbe un ragazzo di gran cuore e buono come il pane, ma quando si impunta su qualcosa nessuno lo ferma.
  
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