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Autore: haroldsvoice    20/10/2012    19 recensioni
2 gennaio del 2002.
 Mi trovavo in giardino con mia madre. L’erba era coperta da un sottile strato di neve ed io mi trovavo con lei su un vecchio dondolo, arrugginito dalla pioggia e dalla brina. Il suo braccio circondava il mio collo, tenendomi stretta al suo petto e la mia testa poggiata sul suo morbido collo. Potevo benissimo sentire il suo delicato profumo alla lavanda, misto all’intenso odore di smog, causato dal costante passaggio di auto sulla strqdina all angolo di casa mia..
Genere: Drammatico, Sentimentale, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Styles, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: Contenuti forti
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 Da leggere con sottofondo:

 
Bene, mi presento. Mi chiamo Bella Henke, ho 16 anni e vivo in una piccola cittadina del Cansas, tanto piccola che, affacciandomi dal balcone potevo benissimo vedere ogni angolo della città. Sono abbastanza alta, ho i capelli castani mossi con qualche colpo di sole dorato. I miei occhi sono di colore azzurro ghiaccio sfumato di una tonalità chiara di grigio. Ah,dimenticavo.. La mia vita fa schifo, da quando ho perso il mio punto di riferimento, il mio angelo, MIA MADRE.
 

*FLASHBACK*
Era il 2 gennaio del 2002.
 
Mi trovavo in giardino con mia madre. L’erba era coperta da un sottile strato di neve ed io mi trovavo con lei su un vecchio dondolo, arrugginito dalla pioggia e dalla brina. Il suo braccio circondava il mio collo, tenendomi stretta al suo petto e la mia testa poggiata sul suo morbido collo. Potevo benissimo sentire il suo delicato profumo alla lavanda, misto all’intenso odore di smog, causato dal costante passaggio di auto nella mia via. Lei mi cantava una canzone dolcissima, muovendo dolcemente il dondolo con il piede. Mise una mano tra i miei capelli infilandomici una primula. Mi stavo addormentando poggiata a lei, non notando che la sua voce si faceva sempre più bassa e roca, fino a svanire in un sospiro.

-Mamma,mamma,mamma..! –Le sussurrai, come per richiamare la sua attenzione. Nessuna risposta. Schiusi leggermente gli occhi e li alzai verso il suo dolce viso: i suoi occhi erano chiusi e le sue labbra distanziate tra loro, non udivo più il suo respiro, il suo cuore non batteva più. Fu l’ultima volta che sentii il soave suono della sua voce, non avrei mai più rivisto i suoi meravigliosi occhi azzurro cielo, il suo sorriso. Non avrei mai più rivisto lei. Poggiai la mia piccola mano sulla sua guancia morbida, quasi per accarezzarla, la scossi lentamente per svegliarla. Non capivo. La guardai con l’innocenza di una bambina. Il cielo aveva voluto riprendersi il suo angelo, il MIO ANGELO. Feci per appoggiarmi a lei, ma da dietro qualcuno mi strattonò, tirando le mie lunghe trecce, per allontanarmi da quel corpo, ormai morto.
-Vattene Bella! Corri subito in casa!
Mi voltai e vidi mio padre, i suoi occhi erano lucidi e il suo viso era bagnato di lacrime.
Spaventata corsi di fretta in casa, presi uno sgabello, ci salii sopra, scorsi le tendine e guardai fuori dalla finestra.
Vidi mio padre. Passò delicatamente sulle labbra di mia mamma le sue dita bagnate dal pianto e le bacò la fronte. Sfilò il telefono di tasca per avvisare la nonna (morta anch’essa, tre anni fa) della tragica notizia. LA MAMMA ERA MORTA. Dieci minuti dopo, casa mia si affollò di amici e parenti, venuti a vedere per l’ultima volta il corpo della mamma. Tutti riuniti attorno al letto su cui papà l’aveva stesa. Tutti con una lacrima per la perdita. Tutti con un sorriso, dovuto alla fine delle sue sofferenze. Mamma soffriva di un tumore al seno. Grave. Fatale, che stroncò la sua giovane vita. Pian piano, senza nemmeno lasciarmi il tempo di capire, se n’era andata. Lei era la persona più importante per me, non sarebbe mai più potuta stare al mio fianco, per darmi la forza di andare avanti, sempre.
 
*FINE FLASHBACK*
Circa 10 anni dopo.
17 ottobre 2012.
 
Mi trovavo in camera mia, distesa sul mio letto, con le cuffie infilate nelle orecchie, c’eravamo solo io e la musica. Tutto il resto, in quel momento, l’avevo lasciato alle spalle.
Il volume era talmente alto che non sentii il TocToc di mio padre che bussava alla porta di camera mia.
Ero immersa nei miei pensieri.
Bip bip!
-Perfetto! Batteria scarica. Ci mancava solo questa! -.-
Sfilai bruscamente le cuffiette dalle orecchie, gettandole sulla scrivania, presi il caricabatteria e misi a caricare il cellulare. Sistemai velocemente il mio letto e lasciai camera mia sbattendo la porta, scesi di fretta le scale, percorsi il salotto non badando a mio padre e mi fiondai verso la cucina.
-Bella!
Oh dio,che cavolo vuole adesso? –Pensai.
-Che vuoi? –Dissi con aria annoiata.
-Perché prima non mi hai aperto?
-Prima? Quando? Spiegati meglio..
-Ho bussato per quasi dieci minuti in camera tua ma non mi hai aperto. –Spiegò mio padre.
-A me non risulta. –Risposi con tono soddisfatto.
Stavo per tornarmene in cucina.
-Aspetta! –Mi richiamò mio padre.
-Ma si può sapere cosa vuoi? –Risposi alterata.
-Devo parlarti.
-Se vuoi mandarmi a fare la spesa, beh, non contare su di me.
-Mi vuoi ascoltare una buona volta? –Gridò.
Sbuffai e mi gettai sul divano a peso morto.
-Se devi parlarmi, sbrigati, ho di meglio da fare! –Dissi.
-Senti Bella, so che è da 16 anni che viviamo qui ma..
-No! –Lo interruppi. –Ho capito, tu vuoi trasferirti! Beh, sappi che io da qui non me ne vado!-Urlai.
-Ma.. –Non fece a tempo a parlare.
-Qua ho tutto! Amici, parenti, la mia vita, ricordi della mamma,..! Tu non mi porterai via da qui!
-Zitta! Lo faccio solo per te! Vedi, sono stato licenziato e mi è stato offerto un ottimo posto di lavoro a Londra. Lunedì si parte, non discutere! Il caso è chiuso!
-Esco a prendere un po’ d’aria! –Dissi con tono soffocato dal pianto.
-Bella!
Non lo ascoltai, uscii di casa sbattendo violentemente la porta d’entrata.
 
Percorsi quasi venti isolati, raggiungendo un boschetto dall’altra parte della città.
Mi inoltrai nel verde degli alberi e, senza forze, poggiai la mia schiena contro il tronco di un grosso albero lasciandomi scivolare, fino ad arrivare con il sedere a terra. Con gli occhi socchiusi ed appannati dalle lacrime, osservai le foglie staccarsi dagli alberi spogli, lasciandosi cullare dolcemente dal vento. Papà non poteva farmi questo, qui ho tutti i miei amici, i pochi parenti rimasti e tutti i ricordi della mamma. Il giardino della mamma.
Iniziai a riflettere..
Lui mi vuole bene, lo fa per me, per darmi un futuro.
Ripresi le forze ed iniziai a correre verso casa.
Correndo nel bosco inciampai nelle radici di un albero, procurandomi leggere abrasioni su entrambi i palmi delle mani, ma non ci feci a caso, mi rialzai e ripresi la strada.
Arrivai e mi fiondai sulla porta, aprendola.
Trovai mio papà ancora seduto su quel divano. I suoi gomiti erano poggiati sulle ginocchia e con le mani si copriva il volto per nascondere il dolore. Mi avvicinai lentamente a lui, mi piegai sulle ginocchia, misi delicatamente la mia mano destra sul suo ginocchio.
-Scusa, non volevo essere così duro con te, non avevo scelta. –Singhiozzò lui.
-No,sei tu che dovresti scusare me, avrei dovuto capirti. –Ribattei.
-Ti voglio bene. –Dissi.
-Anch’ io te ne voglio, tesoro. –Mi sorrise.
Mi abbracciò. Lo strinsi forte, piegando la mia testa fino alle sue scapole.
Dopo poco mi stacco, sorridendomi.
-Dai, ora vai ad apparecchiare tavola, che il pollo è quasi pronto!
-Ok!
*Bella,come mai così disponibile nei lavori di casa? –Pensai.
Avevo capito che dovevo stargli vicina in momenti come questi, per aiutarlo ed affrontarli insieme.
 
Cinque minuti dopo la tavola era perfettamente apparecchiata.
-Il pollo è pronto! –Gridò mio padre, dopo essersi fatto passare la lingua sul labbro superiore.
Lo appoggiò sulla tavola.
DRRRRIIIINNNNNNN!
Il telefono.
-Rispondo io,papà.
-Ok, veloce però.
 
 
 
  
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