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Autore: Michy90    03/05/2007    1 recensioni
Come Sao Feng entrò in possesso delle Carte nautiche, la rotta ai Confini del Mondo? E chi è in realtà Mira, la spregiudicata ladra ed assassina che lui ha assoldato? E cosa c'entra con loro un gioiello chimato "La Stella D'Oriente"? Prima dell'avventura che lo porterà ai Confini del Mondo, tra colpi di spada e tempeste in mezzo ai mari più insidiosi, Sao Feng dovrà confrontarsi anche con una misteriosa leggenda, indissolubilmente legata al suo destino e a quello di Mira...
Storia in via di revisione
Genere: Romantico, Avventura, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo Personaggio, Sao Feng
Note: Lemon, What if? (E se ...) | Avvertimenti: Spoiler!
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Capitolo 1 (La Tigre e Drago)

~Capitolo 1~

 

 

Il vento soffiava gentile, quella mattina, al largo della costa Indonesiana.

Le vele nere di una imponente nave erano ingrossate e rigonfie mentre il veliero solcava tranquillo le placide onde che s’infrangevano sul legno.

Solo, in piedi nella cabina della sua nave, osservando l’orizzonte limpido, il pirata Sao Feng, chiamato “Il Temibile”, rifletteva, assorto.

La sua prestigiosa posizione di padrone incontrastato dei mari d’Oriente stava per sfumare, e lui doveva agire prima che succedesse l’irreparabile.

Una compagnia di pirati minacciava ciò che lui aveva costruito in più di sette anni di attività: era quella la radice da estirpare, al più presto. Doveva mettere fuori gioco il capitano nemico con una mossa abile, ma soprattutto silenziosa: ci voleva un agente esterno che Feng avrebbe potuto utilizzare senza che si fosse venuto a sapere che lui c’entrava qualcosa.

Per fortuna aveva già in mente la persona giusta. Ne aveva sentito parlare anche dai suoi contatti, nei bassifondi era molto famosa: si chiamava Mira, era una prostituta dalla seducente bellezza e dalla lama eccezionalmente affilata. Benché fosse un donna, molte morti le venivano attribuite, e tutte caratterizzate dalla perfezione. La sua specialità era nel non lasciare indizi di alcun genere, e anche se tutti i manigoldi, nei bassifondi, sapevano che era lei l’artefice di quegli omicidi, nessuno ne aveva mai parlato alle autorità, che tuttora si adoperavano per scoprire chi potesse aver compiuto quelle orribili uccisioni che, almeno così sembrava, non avevano alcun collegamento tra loro che potesse far pensare ad un unico assassino.

Feng non l’aveva mai vista, ma quando il suo contatto gliene aveva parlato, si era stupito nel constatare quanto la gente fosse compatta in quei quartieri malfamati. Nonostante quella Mira fosse una donna, nonostante per la polizia non avesse volto, nonostante tutti sapessero chi fosse, nessuno era disposto a denunciarla. Cosa abbastanza strana. O le erano fedeli davvero -cosa di cui dubitava alquanto- oppure lei sapeva come…tenerli buoni, dispensando favori, anche e soprattutto con il suo corpo.

Sao Feng fece una smorfia. Le prostitute erano una casta che a lui non era mai interessata granché. Erano i suoi uomini a frequentare i bordelli, e anche se lui di certo non glielo impediva, non poteva permettersi di non rimanere di gustato: l’idea di andare con una donna che fosse, dopo e prima di lui, accessibile a chiunque, non riusciva a soddisfarlo. Per questo lui preferiva comprare le sue concubine, e tenerle con sé fin quando non ne avesse avuto abbastanza.

Ma non gli importava di quello che Mira facesse per ingraziarsi i favori altrui: a lui serviva solo come sicaria, non come prostituta.

Se avesse ucciso con successo il capitano rivale, Feng le avrebbe chiesto anche un secondo compito da svolgere. Ed era ben più importante del primo.

Sorrise, beffardo. Il Mare sarebbe stato in mano sua, se Mira non avesse fallito.

Subito diede la rotta ai suoi marinai: Singapore.

 

                                                   *                                       *

 

Dalla stanza 18 del bordello più famoso di Singapore, l’Impiccato, provenivano dei gemiti, deboli da udire a causa degli schiamazzi nella sala principale.

Nella stanza, sul letto, erano distesi una ragazza con addosso un uomo molto più grande di lei, che spingeva tra le sue gambe.

Mira, parodiando un’estasi, mugolò con forza, stringendo il lenzuolo tra le dita e inarcando il suo corpo contro il bacino del suo cliente, mentre quello, un uomo non più giovanissimo, spingeva con forza dentro di lei, chiudendo gli occhi rapito e ansimando scompostamente. Mira invece li teneva aperti, ed esalava falsi gemiti appassionati. In fondo era quello il suo dono: far sentire gli uomini desiderati.

Il cliente spinse ancora di più, ansimando, ma poi, stanco, si lasciò cadere su letto accanto a Mira, crollando addormentato. Lei lo guardò disgustata, mentre lo scostava dall’altro lato del letto.

“Ubriaconi” pensò irritata, alzandosi e dirigendosi verso uno specchio annerito ed un lavabo, senza curarsi di coprirsi.

Anche stavolta non aveva sentito nulla. Nulla. Nessuna sensazione che si avvicinasse anche solo lontanamente al godimento. Certo, quel vecchio non era sicuramente l’uomo ideale con cui provare piacere, specie per una ragazza giovane come lei, ma anche con i più vigorosi -e lei ne soddisfava moltissimi ogni giorno- non era mai accaduto nulla. O meglio, non accadeva nulla da sette lunghi anni.

Mira si rivestì, scacciando dalla mente quegli inutili pensieri, e scese nella onnipresente bolgia sottostante, facendosi largo tra risse e pugni, evitando tavoli e sedie, e raggiunse Ana Lucìa, la sorridente giovane donna al bancone.

-Già fatto con il vecchio Tyler?- chiese quella con un sorriso.

-Colpa tua, gli hai dato troppo rum- rispose Mira, accettando il bicchiere che la giovane le porgeva.

-Non dirmi che sta dormendo di nuovo!- esclamò Ana Lucìa scandalizzata.

-Spremilo prima che se ne vada- le disse solo Mira restituendole in due secondi il bicchiere vuoto -Voglio i miei soldi- fece per andarsene, ma la donna la richiamò.

-Ce n’è un altro che ti aspetta alla ventotto- le disse, passando un panno sul bancone. -Ma ti vuole per un affare, non per una notte con te-

-Non mi interessa per cosa mi vuole, basta che mi paghi- rispose Mira indifferente.

-Tieniti pronta, credo che ti toccherà un lavoro non facile stavolta- raccomandò Ana Lucìa.

-Perché?- chiese Mira accigliata.

-Ha detto di essere un pirata. E i pirati, lo sai…Hanno più guai loro che Dio!- rispose la donna -È molto affascinante…Non fartelo scappare- aggiunse con un sorriso furbo.

Mira sbuffò indifferente e si allontanò, diretta alla stanza 28, al secondo piano.

Chissà chi era quell’uomo, e soprattutto cosa voleva che lei facesse per lui. L’ultima volta che aveva ucciso su commissione risaliva a due settimane prima. Sorrise al pensiero. Aveva fatto davvero un ottimo lavoro. A quanto ne sapeva lei, le forze d'ordine locali non erano ancora riuscite a trovare il cadavere di quell’uomo che aveva strangolato. E mai l’avrebbero trovato.

Fuori dalla porta, si sistemò il corpetto striminzito che le copriva solo una piccolissima parte dei seni floridi e i pantaloni aderenti, che la vestivano solo a partire da parecchi centimetri sotto l’ombelico.

Aprì la porta ed entrò, sfoderando la sua camminata suadente, le gambe che si sfregavano una contro l’altra, facendo muovere sensualmente il bacino scoperto e il ventre piatto.

L’uomo che l’aveva cercata era seduto sulla sedia di fronte al letto a due piazze, un gomito sul tavolo. Aveva il cranio rasato, con un drago tatuato sulla destra, lunghi baffi neri che arrivavano fino al petto, mento volitivo, i muscoli che spiccavano da sotto l’armatura leggera che portava. Sul lato destro del viso aveva delle curiose cicatrici che s’intersecavano e che contribuivano a rendere ancora più autoritaria la sua presenza. Ma furono gli occhi ad attrarre la giovane: erano neri, profondi e magnetici. Sembrava quasi che avessero la capacità di perforare le persone. Una dote molto utile per un pirata.

Ma lei non aveva alcun timore, anzi. Quell’uomo le suscitava una strana e…licenziosa curiosità. Non si notava certo per la sua bellezza, ma aveva un che di magnetico che aveva attratto da subito Mira.

Si avvicinò al tavolo,e sedette di fronte a lui, notando che l’uomo non aveva mai abbandonato i suoi occhi, neanche per guardare il suo corpo mezzo nudo: sembrava non interessargli, e la cosa fece infastidire parecchio Mira, oltre ad aumentare la sua curiosità.

-Mira, suppongo- disse con voce profonda, guardandola compito.

-Cosa posso fare per voi?- chiese la ragazza accavallando le gambe e appoggiandosi comodamente allo schienale della sua sedia, senza lasciar trapelare il suo fastidio.

-Due cose. Per prima..Uccidere- rispose il pirata, ora serio, posando sul tavolo un sacchetto, il cui contenuto tintinnò.

-Chi?- chiese Mira senza toccare il denaro e guardandolo negli occhi.

-Lo conoscerete sicuramente…è molto famoso…il terrore della marina cinese…- rispose piano il suo interlocutore, socchiudendo gli occhi.

-Mongkut? Il pirata?-

-Esattamente-

-Quanto tempo mi date?-

-Tutto quello che vi serve. Dev’essere un lavoro ben fatto-

-Non sareste venuto fin qui, altrimenti…Morte lenta e dolorosa?-

-Non m’interessa, è sufficiente che non m’intralci più-

-Bene…Qual è il secondo lavoro?- chiese Mira.

-Ve lo dirò alla fine del primo- ribatté il pirata, calmo.

-Quanto mi pagherete?- volle sapere la ragazza.

-Quella è una caparra, il prezzo lo stabilirete dopo… - rispose, indicando il sacchetto con un gesto vago della mano. -A seconda di quanto sarà difficile ucciderlo- aggiunse alzando un sopracciglio, quasi come se dubitasse di lei.

-Sarà un giochetto per me…Quando volete che lo faccia?- chiese Mira altera a causa di quel tono.

-Domani Mongkut attraccherà su un’isola a 100 leghe da qui. I suoi uomini scenderanno, lui non lo fa mai…Salite su quella nave e uccidetelo. Dovete fare in modo che i suoi se ne accorgano solo quando saranno in mare aperto…Chiaro?-

-Un cristallo- rispose lei annuendo leggermente -Quando avrò i miei soldi?-

-Mi farò vivo io-

-E chi me lo assicura?-

-Il vostro secondo lavoro- rispose il pirata con un ghigno -Se il primo andrà bene, vi ricompenserò a dovere-

-Non mi fido di voi- dichiarò Mira.

-Neanch’io- rispose quello, sollevando di nuovo un sopracciglio.

Non l’aveva guardata, come tutti gli altri suoi clienti avevano fatto.

Non era rimasto ammaliato da lei, come tutti i suoi clienti avevano fatto dopo averla guardata.

Non si stava fidando di lei, come tutti gli altri clienti avevano fatto dopo essere rimasti ammaliati.

Perché lui no? Non sembrava abbastanza bella o desiderabile, forse?

Gli avrebbe subito dimostrato il contrario, e sarebbe caduto subito ai suoi piedi, come tutti.

Il pirata si alzò e Mira gli chiese -Qual è il tuo nome, pirata?-

-Sao Feng- sul viso aveva un’ espressione indecifrabile.

-Bene, Sao Feng…- disse Mira, facendo il giro del tavolo, e venendogli vicino -Posso fare qualcosa per te ora?- chiese, parlandogli all’orecchio con un sussurro.

Poi, gli andò davanti e cercò di baciarlo, gli occhi socchiusi, le labbra carnose e invitanti appena dischiuse.

Ma quello la scansò prendendola per le spalle -No- rispose.

-Ne sei sicuro?- soffiò quella all’orecchio del pirata. -Puoi approfittarne, sai…-

-Non ne dubito…- rispose Feng sarcastico, voltando il viso verso di lei, e guardandola attentamente negli occhi -Ma prima devi uccidere quest’uomo per me-

-Questo momento non tornerà- sussurrò Mira.

-Ne verranno altri migliori- rispose Feng, allontanandola -Ah, se posso darti un consiglio- l’avvertì -Non sottovalutarlo. È molto abile con la sciabola-

Mira alzò un sopracciglio incredula -Rimarrai sorpreso, Sao Feng- disse, mentre quello si avviava verso la porta della stanza.

-Confido che sia così- disse il pirata, prima di chiudersi la soglia alle spalle.

 

                                                        *                                 *

 

La nave era sorvegliata da un marinaio dall’aria assonnata, seduto su un malridotto sgabello di legno con uno schienale, ai piedi della passerella che portava al ponte della nave. Fece un sonoro sbadiglio, mentre il sole veniva oscurato da una nuvola nera. Fu allora che, rapido e silenzioso, arrivò un colpo, fatale, alla testa.

Mira lo prese sotto le braccia prima che cadesse e lo fece sedere appoggiato sulla schiena, la testa china come se dormisse.

Si guardò attorno e, con passo inudibile, percorse la passerella, infilandosi rapida sul ponte. Lo attraversò velocemente, senza far rumore, e trovò la cabina del Capitano Mongkut. Si abbassò sotto la finestra con le ante di legno scuro accostate, cercando di percepire anche il minimo movimento.

Nulla.

Ma Mira sapeva che il capitano non dormiva. Feng aveva detto che non lasciava mai la sua nave; non poteva certo fidarsi di un solo uomo come guardia, specie se, come aveva intuito, era dotato di un carattere così simile a quello di Feng.

Soffocando un moto di rabbia al ricordo di quell’incontro, la ragazza si sollevò con cautela e sbirciò all’interno. Mongkut era fermo davanti ad un tavolo, intento a guardare assorto qualcosa sul tavolo, che Mira non riusciva a vedere. Si chinò di nuovo. Le era venuta un’idea.

 

                                                        *                                *

 

Mongkut poggiò le robuste mani ai lati del tavolo, cercando di decifrare il frammento di pergamena che aveva davanti. Cosa diavolo significava?

Sapeva che anche Sao Feng la cercava, motivo in più per scoprire al più presto il significato di quei segni. Sembravano lettere di alfabeto antico, forse, come gli avevano riferito i suoi informatori, quella era un’antica lingua, estinta da tempo, scomparsa con il suo popolo.

Decise che ci avrebbe pensato più tardi. Aveva tutto il viaggio fino a Singapore per rifletterci: i marinai conoscevano la rotta, e non lo avrebbero disturbato. Ora voleva solo rilassarsi un po’.

Alzò il capo, giusto in tempo per vedere, dalla finestra di vetro smerigliato, qualcosa che si muoveva sul ponte, come un’ ombra.

Subito maledì quell’incapace del suo marinaio, di guardia alla nave: sarebbe stato meglio che fosse stato lui a passare, altrimenti, se ci fosse stato un intruso, avrebbe frustato il suo sottoposto fino a cavargli ogni brandello di carne.

La vide passare di nuovo, e uscì precipitosamente dalla cabina. Cosa diavolo stava succedendo? Fece il giro del ponte, ma non vide nessuno. Con rabbia, pensò che dovesse esserselo immaginato: in quei giorni era molto stanco. Tornò nella sua cabina e chiuse di malagrazia la porta.

Non fece in tempo a tornare al tavolo che sentì una lama fredda premergli contro la gola.

Rimase immobile e sorrise sarcastico -Chi ti manda?- chiese subito.

-Non mi faccio comandare da nessuno- sussurrò Mira al suo orecchio, in risposta.

Mongkut rise -Sao Feng- disse sarcastico -Sao Feng manda una donna ad uccidermi? Da non credere…-

-Ti ho in pugno, potrei mandarti all'altro mondo…e tu ridi?-

-La morte non è nulla- rispose quello.

-Basta che ci creda tu- ribatté Mira preparandosi ad affondare la lama nel collo del pirata.

-Oh, si, ci credo…- rispose piano Mongkut -E tu, donna?- All’improvviso, scivolò con estrema rapidità dalla presa di Mira e afferrò la sua spada dalla cintura, puntandola contro la ragazza.

-La prossima volta che vedi Feng- le disse -Digli che non avrà mai ciò che desidera. Mi hai capito bene? Diglielo!-

-Non so di cosa parli e non m’interessa- rispose Mira decisa -Sono venuta solo per ucciderti!- urlò, tirando il coltello da lancio verso il pirata a gran velocità. Ma Mongkut lo scansò abilmente, e il pugnale andò a conficcarsi nella parete opposta, vibrando.

-Scoprirai che non sarà così facile farmi fuori…Feng non ti ha messa in guardia su di me?- chiese Mongkut sarcastico.

Mira estrasse a sua volta la sciabola dalla cintura -Non ho bisogno di essere messa in guardia dai buoni a nulla- disse con un sorriso feroce. Poi si scagliò su di lui.

Feng aveva ragione: Mongkut era estremamente abile, ma anche Mira non era da meno.

Menò fendenti muovendosi con abilità e senza far rumore. Erano alla pari.

Mira scattò di lato, cogliendo di sorpresa il suo avversario che recuperò subito colpendola di striscio. La ragazza parò altri colpi e attaccò a sua volta. Ad un certo punto però, Mogkut non la vide più.

-Avanti ragazzina esci fuori! Voglio vederti morire dissanguata davanti a me!- disse voltandosi intorno. Era scomparsa…impossibile.

Mira, nascosta dal suo mantello nero dietro l’ombra dell’ elegante armadio di legno scuro, aspettava il momento più opportuno per attaccarlo senza preavviso. Ma quel pirata aveva dei sensi dannatamente acuti. Quasi come i suoi.

-Dove diavolo sei?- urlò adirato. Improvvisamente sentì un piccolo tonfo dietro di lui, e si voltò. Mira era lì, la sciabola puntata alla sua gola.

-Ah, sei tornata…Passata la paura, bambina?- la chiese sarcastico, scansando la lama della giovane.

-Tu non sai cosa sia la paura!- urlò Mira attaccandolo di nuovo, menando fendenti che vennero parati senza difficoltà.

Il modo di combattere di quel pirata era notevole, e il suo trucco stava nel muovere poco le gambe. Allora le venne un’idea. Scattò di lato ad una velocità che lasciò di stucco il pirata e mentre muoveva la lama contro la sua per distrarlo, prese un coltello da lancio dalla cintura e lo nascose dietro la schiena. Si scagliò di nuovo su di lui, attaccandolo con colpi imprecisi ma violenti che spinsero il pirata contro il muro.

-Arrenditi- gli disse Mira puntandogli la sua arma addosso. Provò a muoversi, ma la sciabola della ragazza lo bloccava al muro.

-Davanti a una donna? Mai!- rispose il pirata riuscendo, con uno scatto, ad invertire le posizioni; ora era Mira a ritrovarsi con le spalle al muro.

-Vedi, ragazzina? Non devi sfidare le maree se sei solo un piccola onda…- la sbeffeggiò Mongkut.

Mira sorrise -Nella vita esistono anche i paradossi- sussurrò. Poi, senza preavviso, gli piantò il coltello nel braccio che reggeva la sciabola puntata contro di lei. Il pirata urlò dal dolore, piegandosi sull’arto ferito, mentre Mira ne approfittò per concludere il suo lavoro.

Ansimando, le mani sporche di sangue, Mongkut si alzò a fatica, estraendo il pugnale dal braccio e guardandosi intorno per vedere dove diavolo fosse andata a finire quella ragazzina che aveva osato tanto.

Ma prima ancora che avvertisse una presenza alle sue spalle, un coltello era già affondato nella sua gola, senza schizzi di sangue. Un secondo dopo il famigerato pirata Mongkut, il terrore dei mari d’Oriente, crollò a terra, morto.

Non ci fu alcun problema. I marinai lo ritrovarono nel suo letto, voltato di spalle alla porta. Sapevano che quando il Capitano dormiva non voleva essere svegliato per nessun motivo. Si accorsero che qualcosa non andava solo quando arrivò il momento di servire la cena, e il Capitano non rispondeva alle loro chiamate.

Ma ormai era troppo tardi.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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