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Autore: Sunny    05/07/2003    3 recensioni
La guerra ha causato molti cambiamenti...Voldemort è forte più che mai, e tenere duro è difficile, soprattutto quando il primo campo di battaglia è il cuore...
Genere: Azione, Dark, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Coppie: Ron/Hermione
Note: Alternate Universe (AU) | Avvertimenti: nessuno
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                                                                  Being a war mage

 

CAPITOLO 3: QUANDO IL GIOCO SI FA DURO

 

Did you ever love somebody

So much that the earth moved?

Did you ever love somebody

Even though it hurts to?

                                                            Did you ever love somebody, Jessica Simpson

 

***************

 

Ron e Hermione rientrarono alla Tana all’alba, o poco meno. Fecero ben attenzione a non fare il minimo rumore, camminarono in punta di piedi, ma cominciarono a ridacchiare a voce molto bassa sulle scale: ogni due gradini lui la tirava indietro per baciarla, e ogni due gradini per camminare senza guardare rischiavano di cadere tutti e due. Tra risatine e baci sulle labbra, riuscirono in qualche modo a trascinarsi al piano di sopra.

 

“Che storia raccontiamo?” bisbigliò lei, giocherellando con un dito sul suo naso.

 

Lui le diede un piccolo bacio. “Tu non dire niente, infilati nel letto il più silenziosamente possibile.”

 

Lei rise contro la sua bocca, gli diede un altro bacio e fece per andarsene, ma lui la trattenne ancora una volta per baciarla di nuovo, ma stavolta non fu un altro piccolo bacio a timbro. Mentre si divoravano l’un l’altra una porta si aprì, e sulla soglia Hermione riuscì a vedere con la coda dell’occhio Ginny (che aveva un sorriso incredulo e compiaciuto) e Harry (con lo sguardo alquanto corrucciato, appoggiato alla porta). Accortasene, Hermione cercò di interrompere il bacio ma Ron sembrava del parere contrario. Si decise a staccarsi da lei solo sentendo Harry che si schiariva rumorosamente la gola.

 

“Si?” fece Ron, molto disinvolto.

 

“Sono le cinque della mattina.” Gli fece notare Harry, accigliato.

 

“Appunto, cosa ci fate in piedi a quest’ora?” insistette sfacciatamente Ron, incrociando le braccia.

 

Harry fece una smorfia. “Che faccia tosta.”

 

“Ci siamo preoccupati.” S’intromise Ginny.

 

“Cosa avete detto a tua madre?” le chiese Hermione, leggermente preoccupata.

 

“Che siete andati insieme al matrimonio di tua zia e poi lui è rimasto a dormire da te.”

 

“Ron, vuoi venire un momento fuori con me?” Harry sembrava molto serio.

 

“Sicuro, andiamo.” Gli rispose tranquillo Ron. I due ragazzi si avviarono giù per le scale. Hermione e Ginny si guardarono un attimo in faccia, poi scoppiarono a ridere.

 

Harry e Ron uscirono di casa e si andarono a sedere sul muretto fuori al giardino della Tana.

 

“Allora?” fu Ron a rompere il silenzio.

 

“Sei rimasto con Hermione tutta la notte, giusto?”

 

“Si.”

 

“Sei andato a letto con lei?”

 

“Non che questi siano affari tuoi, ma si.” Gli rispose tranquillamente Ron.

 

Harry scosse la testa. “Sbaglio o ne avevamo già parlato di questa cosa?”

 

Ron, spazientitosi, scese dal muretto. “Senti, mi hai proprio rotto le palle, sai? Tu ti porti a letto mia sorella in casa mia e con la benedizione dei miei genitori, mentre io, qui, sono il lupo cattivo che vive per fare del male agli altri! Chi cazzo sei tu per farmi la morale, non crederti tanto migliore di me, perché non lo sei!!”

 

Anche Harry scese dal muretto. “Io non ho detto che sono meglio di te, voglio solo che Hermione non soffra più di quanto non lo abbia già fatto!”

 

“Ma perché dovrebbe?!”

 

“Perché lei ci ha sempre adorati fin da piccola, se ora si legasse a te in quel modo e tu la usassi e basta, lei ci starebbe veramente di merda!”

 

Ron fece un passo avanti, furioso. “Ehi, io ci tengo veramente a lei, è chiaro?”

 

“Ah, non è la solita bella notte del sabato?” lo stuzzicò Harry.

 

“No, per niente!!” gli strillò in faccia Ron.

 

Harry allentò un attimo la pressione. “Sei innamorato di lei?” aggiunse, più calmo. “Dimmelo.”

 

Ron si appoggiò di nuovo al muretto, con le braccia conserte e lo sguardo fisso verso il boschetto. “Disperatamente.” Disse piano.

 

A Harry scappò un sorrisetto. “Hai un buffo modo di mostrarlo.” Anche Ron rise per un secondo. “Senti, io non ho niente contro voi due insieme, anzi. E non metterti in testa cazzate come la gelosia, perché non c’entra niente. Ma siete due fra le persone che amo di più al mondo, e non voglio vedervi soffrire ancora.”

 

“Hai preso in considerazione il fatto che potremmo stare anche bene insieme?”

 

“Tu sei il suo primo, vero?”

 

“Si.”

 

“E lei lo sa di essere…più o meno la tua centesima?”

 

Ron si voltò dall’altra parte, e rispose solo dopo qualche secondo. “E’ convinta del contrario.”

 

Harry sospirò. “Ecco, appunto.”

 

“Non è necessrio che lo sappia ancora, se non lo sa non ne soffrirà.” Ron sembrava parlare di quella come l’unica soluzione possibile.

 

“Credi che una relazione nata su una stronzata abbia un futuro lungo e roseo?” domandò cauto Harry.

 

“Un giorno affronteremo il discorso, quando il nostro rapporto sarà più forte.” Disse Ron, un po’ più sicuro.

 

“In bocca al lupo, allora.” Mi auguro con tutto il cuore che tu abbia ragione.

 

Proprio in quel momento entrambi sentirono un piccolissimo rumore che alle loro orecchie di auror non sarebbe mai sfuggito: subito si voltarono e alle loro spalle, in piedi sulla soglia della porta, stavano Ginny e Hermione. Ginny aveva una mano sulla bocca e uno sguardo a metà tra l’amareggiato e l’indignato. Hermione stava immobile con le braccia lungo il corpo, i pugni stretti forte, la mascella serrata e gli occhi pieni di lacrime che si rifiutavano di uscire. Ron si sentì mozzare il fiato in gola.

 

Merda.

 

“Hermione, aspetta…” lui le fu in un attimo accanto e cercò di prenderle la mano, ma lei si divincolò con rabbia.

 

“Stai lontano da me, hai capito?? Non toccarmi!!” e prima che qualcuno potesse vederla piangere, Hermione corse via verso il bosco.

 

Merda! Merda! Merda!

 

Ron strinse i pugni, col viso contratto dalla rabbia; non perse tempo, e subito le corse dietro.

 

Harry si passò nervosamente una mano fra i capelli. “Ecco di cosa avevo paura io.”

 

Hermione stava correndo veloce, non voleva restare lì a piagnucolare neanche davanti ai suoi migliori amici, ma sentiva troppo dolore al cuore per trattenersi. Ron le aveva mentito. Le aveva mentito in quella notte che fino a pochi minuti prima lei riteneva la più bella della sua vita. E cosa ancora peggiore, aveva in mente di continuare a mentirle. No, era solo un brutto incubo, non poteva essere diversamente. Ron era il suo migliore amico da una vita, non avrebbe mai potuto farle una cosa simile. Ma allora perché era tutto così dannatamente reale? All’improvviso fu costretta a fermarsi, trattenuta per un braccio da due mani vigorose che riconobbe subito.

 

“Ti prego, ascoltami solo un momento.”

 

“Sta’ zitto, non voglio sentire nemmeno una parola, tanto sono solo bugie!!” gli gridò contro lei.

 

“Non volevo mentirti, volevo solo che la nostra prima volta insieme fosse speciale, se te l’avessi detto prima avrei rovinato tutto!” cercò di spiegarsi lui.

 

“Avanti, dì la verità per una volta!! Avevi paura che dicendomi come stavano realmente le cose non avresti scopato con me!!” ruggì lei.

 

Ron scosse la testa, infuriato. “Non metterla in questi termini, Hermione, non è stata solo una scopata tra di noi, non banalizzare tutto!”

 

Hermione era furiosa. “E come la definiresti, una notte d’amore?” fece, sarcastica. “No, caro mio, tu mi hai mentito su una cosa importantissima, questo non è fare l’amore, perché l’amore è sincerità!! Porca puttana, Ron, credevo di conoscerti dopo tanti anni!! Non pensavo che mi avresti usata fino a questo punto!!”

 

“Ma io non ti ho usata, dannazione!!!” ribbattè lui, al massimo della frustrazione. “Cazzo, non capisci, io con te voglio fare sul serio! Tu non hai niente a che vedere con tutte quelle con cui sono stato finora!”

 

“Probabilmente mi avrai anche paragonato a una di loro! Saranno tutte delle gran puttane esperte a letto, immagino!!” lei era viola in faccia.

 

“Ma che cosa diavolo c’entra questo, di loro non mi è mai importato nulla, di te invece mi importa eccome!!” fece esasperato lui.

 

“Infatti ho visto!!!” gridò lei. Ma a quel punto non riuscì più a trattenere le lacrime, che presero a rigarle il viso stravolto dalla rabbia. “Ma come hai potuto…io mi fidavo di te…ti ho dato me stessa perché credevo…credevo di essermi innamorata della persona giusta questa volta…”

 

Per Ron quelle parole e quelle lacrime furono una pugnalata al cuore. “Hermione…” cercò di parlarle, mettendole tutte e due le mani sulle spalle.

 

“Non voglio sentirti!!” gli gridò disperata lei, facendo del suo meglio per respingerlo.

 

A quel punto Ron la spinse contro un albero, sempre tenendole le mani sulle spalle. “E invece mi ascolterai!!” le gridò. Lei lo fissò, per un istante spaventata, poi confusa. “Ascolta,” iniziò lui, cercando di mantenere la calma. “Lo so che ho sbagliato, se potessi fare qualcosa lo farei, ma non posso mandare indietro il tempo e cancellare il mio errore. Però…almeno è giusto che tu sappia la verità. Hermione, tu non sei come tutte le altre, tu per me sei speciale.Quando sono andato a letto con le altre non ho mai provato nient’altro se non piacere fisico, punto. Con te è stata un’esplosione di sentimenti, perché…” facendosi coraggio, la guardò negli occhi. “Dannazione, cerca di capire…quello che sto dicendo è che…credo di essermi innamorato di te.”

 

Per un lungo momento si guardarono negli occhi in silenzio, poi lei scosse la testa, sempre in lacrime. “Io non ti credo.” Disse piano.

 

“Cosa?” fece lui, sentendo le viscere contrarsi.

 

Hermione approfittò del suo momento di smarrimento per respingerlo e liberarsi. “Mi hai detto una bugia una volta, potrai farlo ancora, potrai farlo sempre. Non riuscirò più a guardarti negli occhi convinta che mi stai dicendo la verità, il mio incubo sarebbe di entrare un giorno nella tua stanza e trovarti abbracciato ad un’altra…non funzionerà mai tra di noi.” E tirando su col naso cercò di guardarlo negli occhi. “Tanto quello che non so non può farmi soffrire, giusto?”

 

Ron aprì la bocca per risponderle, ma non riuscì a trovare niente di veramente valido da dirle. Si era distrutto la propria credibilità con le sue mani, era più che logico che ora lei non avesse più fiducia in lui. Vedendolo titubare, Hermione fece per oltrepassarlo e andarsene, ma lui le afferrò un polso e la trattenne. “Dimmi cosa vuoi che faccia. Io voglio te, solo te, e qualunque cosa tu mi dirai di fare, io la farò.” Le mormorò il più dolcemente possibile.

 

Hermione scosse la testa, tra i singhiozzi. “Lasciami in pace…” ma il suo tono era più quello di una supplica che di un ordine, tanto che le fu semplice divincolarsi e correre via. Ron, rimasto solo, serrò gli occhi e i pugni forte e colpì con un pugno il tronco di un albero.

 

Dannazione!!!

 

***************

 

I was cryin’ when I met you

Now I’m tryin’ to forget you

Love is sweet misery

I was cryin’ just to get you

Now I’m dyin’ cause I let you

Love is sweet misery…

                                                                                    Cryin’, Aerosmith

**************

 

Nello stanzone scuro contro la parete di pietra stava appoggiato una specie di trono rudimentale, su cui stava seduto un uomo con un odioso sorrisetto; sul bracciolo della poltrona era seduta in modo alquanto provocante una donna altrettanto sogghignante. A poca distanza da loro stava un uomo con le braccia conserte, dall’altro lato un omuncolo più basso e raggomitolato su se stesso; in fondo alla stanza stavano una decina di uomini incappucciati in un mantello nero, uno dei quali aveva la testa scoperta e stava più avanti degli altri.

 

“E’ così siete stat sconfitti.” Esordì con una calma implacabile e un irritante ghigno l’uomo sul trono. La donna aveva anche lei un’aria insolitamente divertita, e giocherellava con un dito con la piega della gonna piuttosto corta.

 

“Mio signore, erano in molti e ben organizzati, e c’era anche Harry Potter con loro.” Fece con estrema sottomissione l’incappucciato col capo scoperto. L’uomo appoggiato al muro scosse la testa, disgustato.

 

L’uomo sul trono persistette nel suo sorrisetto malizioso. “Ah, adesso è tutto chiaro. C’era Harry Potter, dunque voi eravate autorizzati a fallire la vostra missione, vero, Lestrange?”

 

Quello chinò il capo ancora di più. “Mio signore, padron Voldemort, noi non…”

 

“E dimmi, Lestrange” continuò l’uomo. “In quanti erano il caro Potter e i suoi amici?”

 

“I…inizialmente tre, poi ne sono arrivati una quindicina.” Rispose timoroso quello.

 

“Inizialmente tre?”

 

“Si, mio signore.”

 

Inaspettatamente Voldemort scoppiò a ridere, la sua risata rieccheggiò forte tra le mura, e chiunque in quel momento avesse sentito i brividi lungo la schiena avrebbe avuto ragione ad avere paura, perché pochi secondi dopo la risata si spense e Voldemort estrasse velocemente la bacchetta, puntandola su Lestrange.

 

“Crucio!”

 

Lestrange prese a rotolare per terra, gridando a squarciagola il proprio dolore. Qualche minuto dopo la tortura cessò.

 

“Sei un maledetto incapace, Lestrange, e questo è un fatto.” Sibilò Voldemort a denti stretti. “La prossima volta non sarò altrettanto clemente.”

 

L’uomo che fino a qualche minuto prima era rimasto a braccia conserte contro il muro fece qualche passo avanti. “Mio signore, io credo che a questo punto sia opportuno un cambio di tattica.”

 

“A cosa ti riferisci, Spencer?” chiese interessato Voldemort.

 

“Voglio dire che ormai i War Mage hanno capito la nostra strategia. Noi attacchiamo i babbani e puf, i grandi difensori del bene arrivano e trovano il modo di romperci le palle. E’ diventato ripetitivo.” Spiegò l’uomo.

 

Voldemort parve concentrarsi su quanto appena detto. “Mh. E tu cosa suggerisci di fare?”

 

“Io dico” rispose l’uomo, con un lampo omicida negli occhi. “che contemporaneamente agli attacchi ai babbani ci dobbiamo concentrare sui War Mage. Sono loro che dobbiamo eliminare adesso.”

 

“Niente male come idea.” Sorrise Voldemort, poi si voltò verso la donna seduta sul trono. “Corinne, mia cara, tu conosci la maggior parte di questi idioti. Perché non condividi con noi quello che sai su di loro?”

 

La donna sorrise e guardò in direzione del suo signore. “Innanzitutto credo sia giusto dire che li stiamo sottovalutando tutti. Sono ottimi combattenti, sanno usare armi e magie bene quanto noi, e sono molto svegli.”

 

“E poi c’è il pericolo Potter, vero?” chiese Voldemort in un tono piatto.

 

Lei annuì. “Che può essere facilmente superato. Prendiamo i suoi amici e avremo risolto. Per loro quello stupido farebbe qualsiasi cosa.”

 

Voldemort annuì con un sorriso soddisfatto. “Molto ingegnoso. E dimmi, chi sono le persone più care a Potter?”

 

“Il nostro amico adora in particolare un ragazzo coi capelli rossi e una ragazzina mezzosangue suoi coetanei. Ma per lui sono molto importanti anche i due amici di Codaliscia.” Fece lei, con aria eloquente.

 

“Ah, ma certo. Sirius Black e Remus Lupin, giusto, Codaliscia?” Voldemort, con voce suadente, si rivolse verso l’omuncolo raggomitolato su se stesso, che alzò spallucce, mortificato.

 

“Puntiamo ai mocciosi, allora.” Concluse sbrigativo l’altro uomo.

 

“Non essere così superficiale, Spencer, quei due ragazzi possono farti il culo in due secondi.” Ribbattè aspra la donna. “Lui è un vero demonio con le armi, e lei è più furba di quanto immagini, il più delle volte ha salvato la vita a Harry Potter grazie alla sua dannata intelligenza.”

 

“Ne ho battuti di molto più forti ed esperti.” Fece con aria di sufficienza Spencer. “Saranno anche svegli, ma non mi sembrano questo gran problema.”

 

“Bene, a questo punto ci concentreremo sulla guerra e ne intensificheremo i ritmi.” Concluse Voldemort con un sorriso calmo e rilassato. “Lestrange, confido che la prossima volta saprai essere in grado di gestire la situazione con maggiore abilità.”

 

“Sicuramente, mio signore.” Annuì umilmente quello, ancora in ginocchio.

 

“Perciò mi dimostrerai la tua fedeltà attaccando la Londra babbana, questa volta in modo decente.”

 

“Porterò a termine la mia missione con successo, mio signore e padrone.” Fece ancora più ossequiosamente Lestrange.

 

“Molto bene. Spencer, tu ti occuperai degli amici del giovane Potter. Voglio un piano preciso ed efficiente.” L’uomo annuì, sicuro di sé. “Quanto a te, Corinne, come sempre. Occupati delle informazioni di cui abbiamo bisogno.”

 

Lei si alzò in piedi. “Fidati di me, mio signore.”

 

Voldemort rise. E rise così forte che le mura sembrarono vibrare sotto il suono crudo delle sue risate.

 

***************

 

Ron si avvicinò alla porta della stanza di Ginny con una insolita insicurezza. Doveva cercare di parlare a Hermione. Doveva assolutamente spiegarle, lei doveva capire. Da quel terribile giorno di torture e dolore a Hogwarts non era stato più in grado di esternare i suoi sentimenti a nessuno, il suo cuore si era indurito; ma se per riavere lei doveva sforzarsi di aprire il proprio cuore, l’avrebbe fatto anche a costo di costringere se stesso. La posta in gioco era davvero troppo alta. Tanto che lui stesso si chiese come mai non se ne fosse mai accorto prima.

 

“Hermione?” provò, bussando alla porta. “Lo so che sei là dentro. Per favore, esci. Io e te dobbiamo parlare.” Nessuna risposta. “Hermione, ti prego, vieni fuori tu o fai entrare me.”

 

La porta si aprì, ma sulla soglia c’era una seccata quanto annoiata Ginny Weasley. “Hermione non è qui. E’ andata al quartier generale con Bill.” Rispose aspra, quasi sbattendo la porta in faccia al fratello. Ron la fermò prima che potesse buttarlo fuori dalla stanza.

 

“Che cosa diamine hai, scusa? Perché quel tono?”

 

“Perché se fossi stata al posto di Hermione ti avrei riempito la faccia di sberle.”

 

“Grazie, sorellina.” Le rispose con sarcasmo lui.

 

“Mi dispiace, Ron, ma questa volta non riesco né a capirti né a giustificarti.” Ginny si mise le mani sui fianchi. “Tu hai fatto piangere la mia migliore amica. Ti sei comportato da infame bastardo, esattamente come la maggior parte degli uomini e l’opposto di come ti credeva Hermione, e onestamente anch’io.”

 

“Tanto meglio, adesso so cosa pensi di me.” Ron si voltò e fece per andarsene.

 

“Che c’è, Ron, la verità fa male e non riesci a sentirla? Non ce la fai proprio ad assumerti le tue responsabilità, eh?” lo provocò lei, alzando la voce.

 

Lui si voltò all’istante. “Cosa vorresti dire con questo?”

 

“Semplicemente che non sei l’egoista indifferente che vuoi sembrare, e che ti comporti di schifo perché non riesci ad ammettere di avere paura.”

 

Ron fece una risatina ironica. “Io paura?!”

 

Ginny s’infuriò. “Si, grande eroe, proprio tu! Hai paura di soffrire di nuovo, e perciò ti sei costruito un muro tutto attorno perché il tuo cuore restasse al sicuro da tutto il resto, ma a quanto pare quel dannato muro non era poi così resistente, visto che Hermione l’ha buttato giù con un colpetto, vero?” Ron la guardò allibito, ma prima che potesse intromettersi Ginny proseguì. “Tu non volevi innamorarti perché sapevi che così avresti dovuto rimettere la tua felicità nelle mani di qualcun altro, e quindi hai preferito continuare a fingere per illuderti di essere sempre l’invulnerabile uomo d’acciaio che sei diventato. Ho ragione?” concluse lei, aspettando una risposta. Ginny aveva cercato di stare il più possibile vicino a Harry, Ron e Hermione in tutti quegli anni. Aveva imparato a capirli fino in fondo, aveva rispetto per il dolore che si portavano dentro, e credeva anche di capire quel sentimento di vendetta sorda che covavano e che permetteva loro di uccidere senza pensarci due volte, anche se non lo condivideva. Aveva passato intere giornate a studiare il loro comportamento semplicemente per capire come aiutarli, e aveva imparato ad ascoltarli nel modo in cui loro volevano essere ascoltati. Harry poteva stare in piedi le ore a parlare, parlare e parlare…per poi nascondere la testa fra le mani e chiedere perdono al mondo per la sua mera esistenza. Hermione le raccontava tutto della vita da auror evidenzando tutti i lati che più la facevano sentire gratificata. Ron parlava con orgoglio di quanti mangiamorte aveva ucciso o sbattuto dentro, e poi cambiava discorso tutto in una volta, prima di potersi sentir dire qualcosa. Ma forse lei stessa aveva sbagliato a non dirgli mai nulla. In ogni caso non avrebbe sbagliato ancora.

 

“Brava, sono impressionato.” La schernì il fratello. “Ti piace giocare alla psicologa?”

 

“Ti stai comportando da bambino, Ron, e col tuo atteggiamento stai perdendo Hermione. Ti stai rovinando con le tue mani, e a quanto pare io, purtroppo, non riesco a fare niente per impedirtelo. Fammi un fischio quando sarai disposto a vivere come un essere umano anziché come il robot senza sentimenti in cui ti stai trasformando.” E così dicendo, Ginny rientrò nella sua stanza, chiudendosi sonoramente la porta dietro le spalle.

 

Ron passò la successiva mezzora cercando di scacciare la voce insistente della sua mente che riprendeva le parole di Ginny per martellargli nella testa un alquanto irritante ‘lo vedi cos’hai combinato?’

 

**************

 

Throw away the chains

Let love fly again

I’ll be okay

Life passes so quickly

You gotta take the time

Or you’ll miss what really matters

I’ve spent my life searching

For what was always there

                                                                                    I’ll be okay, Amanda Marshall

 

**************

 

Hermione continuava a giocherellare con la penna su un blocco di appunti, col libro aperto davanti a sè. Aveva lo sguardo perso nel vuoto e l’aria triste. Non riusciva a concentrarsi sulla sua ricerca, sembrava che la sua mente si fosse arenata sull’unico argomento che aveva in testa da qualche mese, Ron. Volendo essere precisi, non sapeva bene nemmeno lei quando aveva smesso di vedere in lui il fratello maggiore e aveva cominciato a trovarlo l’uomo più affascinante della terra. Forse dopo l’ennesima litigata causata dalla rottura di lei con il suo ragazzo, Adam, sei mesi prima. Lui e Harry erano sempre stati leggermente iperprotettivi nei suoi confronti, ma mai Hermione avrebbe immaginato che Ron avrebbe preso in disparte il suo ragazzo e lo avrebbe minacciato di bruciarlo vivo se l’avesse mai fatta soffrire. Ovviamente Adam si volatilizzò in un paio d’ore, e ne venne fuori una delle litigate per cui lei e Ron erano famosi. Eppure la rabbia per aver perso Adam lasciò il posto a un senso di calore e completezza che sul momento le sembrò un attimo di confusione, e che col tempo si modificò sempre di più, fino a trasformarsi in attrazione fisica e non solo. Hermione si morse il labbro inferiore. Ron aveva fatto il discorsetto intimidatorio ‘tu-fai-male-a-lei-io-distruggo-te’ a tutti i ragazzi con cui era stata, e nessuno le aveva mai fatto male quanto lui. Proprio lui. Il suo migliore amico.Quasi inconsapevolmente, una lacrima le scivolò lungo la guancia.

 

“Ehi, ti hanno affidato un bel lavoretto, eh?”

 

Lei riconobbe subito quella voce: era Julian Gillis, del reparto di ricerca e spionaggio della War Mage Team; un tipo in gamba, probabilmente il più fascinoso lì al quartier generale, motivo per cui Hermione si asciugò subito le lacrime e cercò di riconcentrarsi sull’argomento della sua ricerca. Lui le sedette accanto.

 

“Oh…ciao, Jiulian.”

 

“Vedo che ti hanno caricato non poco.” Fece lui con un sorriso.

 

“Come?…ah, si…beh…” rispose lei un po’ impacciata, guardando il suo blocco note. “Homer vuole sapere qualcosa in più sul Glacialibus e sull’Infernobilia.”

 

“E hai trovato roba interessante?” le chiese lui, sporgendosi in avanti per dare un’occhiata ai suoi appunti.

 

“Qualcosina, ma credo che dovremo chiedere l’autorizzazione per consultare gli archivi del ministero se vogliamo sapere qualcosa in più”

 

Julian la guardò un attimo. “Hai l’aria stanca.”

 

“No, è tutto a posto.” Fece lei, con un sorriso spossato.

 

“Perché non fai una pausa? Dai, ti offro un caffè.”

 

Lei esitò un momento. “Grazie.” Chiuse il libro, prese i suoi appunti e seguì Julian al bar del quartier generale. Dietro il bancone c’era una ragazza sempre sorridente e molto simpatica, che oltre a dare una mano come bibliotecaria e segretaria faceva anche da barista.

 

“Ehi Lysa.” La salutò Julian.

 

“Ciao ragazzi!” rispose vispa lei. “Cosa vi preparo?”

 

“Due caffè andranno benissimo, grazie.”

 

“Certo, vi faccio qualcosa di forte per sopravvivere alla mega riunione.” Lysa con la bacchetta fece comparire due tazzine di caffè fumanti.

 

“Grazie.” La salutò con un sorriso Hermione, mentre lei e Julian prendevano le tazze e si avviavano lungo il corridoio.

 

“Ci voleva una pausa, non credi? Voglio dire, prima della riunione.” Ruppe il ghiaccio lui.

 

“Già.”

 

“Ho sentito dello scontro di ieri. So che siete stati in gamba.”

 

“Però non siamo riusciti ad evitare l’esplosione che ha causato tutti quei morti.” Alzò spallucce lei.

 

“Avete dato il meglio di voi stessi, non c’è niente che vi si possa rimproverare.” Lei gli rivolse un breve sorriso, poi abbassò lo sguardo. “Senti, mi sbaglierò, ma…mi sembri molto giù.”

 

Lei annuì. “Non è stato esattamente un buon risveglio stamattina.”

 

“E’ successo qualcosa?”

 

Hermione distolse lo sguardo, stringendosi nelle spalle. Aveva tanto bisogno di parlare, e si ritrovò a concordare con chi le aveva detto che è molto più facile parlare con un estraneo che con gli amici alle volte. “Mi sento una stupida.”

 

Lui le mise le mani sulle spalle. “Ehi, qualunque cosa tu abbia fatto non devi pensare una cosa del genere, tu non sei stupida.”

 

“Mi sono comportata da credulona, mi sono fidata troppo di una persona e ora ne sto pagando le conseguenze.” Rispose triste lei.

 

“Non è stupidità fidarsi di qualcuno, specie poi se è uno a cui vuoi bene.” Cercò di rassicurarla lui. “Tu sei una persona molto dolce e anche molto passionale, non puoi pretendere di agire in modo freddo e razionale. Sarebbe come forzare la tua natura, e sarebbe un vero peccato perché sei una gran bella persona. Non è colpa tua se ti sei fidata troppo, semmai è colpa di chi ti ha deluso.”

 

Lei lo guardò nelgi occhi. “Ma fa male comunque.” Gli sussurrò, con la voce rotta da un pianto represso.

 

Julian l’abbracciò. “Ascolta, se ti va di parlarne io sono qui, ok? Dimmi cosa posso fare per aiutarti.”

 

“Potresti cominciare a toglierle le mani di dosso, sarebbe già un buon inizio.”

 

Hermione e Julian si staccarono e si ritrovarono davanti Ron e Harry. Ron aveva le braccia incrociate sul petto e le sopracciglia aggrottate, Harry stava con le mani in tasca un passo più indietro.

 

“Che cosa vuoi?” sibilò Hermione a denti stretti.

 

“Parlarti un momento.” Le rispose Ron.  “In privato.” disse aspro rivolto verso Julian, scandendo ogni sillaba.

 

“Non c’è tempo, dobbiamo andare alla riunione.” Ribbattè Hermione.

 

“Ascoltami un momento, per favore.” Le chiese più dolcemente Ron, facendo un passo verso di lei.

 

“No.”

 

“Non voglio immischiarmi, ma magari dopo la riunione potrete parlare a mente più chiara e senza fretta.” Disse calmo Julian.

 

Ahia, pensò Harry.

 

Ron si voltò verso di lui, inferocito. “E allora perché non cominci ad andarci tu, Mister Fascino?”

 

“C’è qualche problema, Ron?” fece brusco Julian.

 

“Direi proprio di si.” Il tono di Ron era provocatorio.

 

Julian non sembrò intenzionato a raccogliere, ma Harry scelse di mettersi di mezzo preventivamente. Conosceva lo sguardo sul viso di Ron: rabbia allo stato puro. “Va bene, io direi che dovremmo andare tutti, prima che Liam ci venga a ripescare qua.”

 

Julian scosse la testa. “Lasciamo perdere. Ci vediamo dopo.” Disse a Hermione prima di allontanarsi.

 

Hermione lanciò un’occhiataccia a Ron e fece per andarsene, ma lui l’afferrò per un braccio.

 

“Che diamine ti viene in testa a flirtare con quel rinnegato di Gillis?!”

 

“Io non ci stavo flirtando, e poi fatti gli affari tuoi!” ruggì lei.

 

“Sto cominciando a stancarmi di correrti dietro, lo sai?” ringhiò lui.

 

Lei si liberò il braccio. “E chi te lo prega, vai a sbatterti una delle tue amichette!” e se ne andò senza lasciargli il tempo di replicare.

 

Ron rimase a guardarla mentre si allontanava a passo sostenuto. “Dio mio, ma perché…cosa devo fare?…”

 

Harry gli diede una pacca sulle spalle. “Dalle un po’ di tempo. Lasciala sbollire, non è roba che si digerisce facilmente. Non puoi pretendere che lasci cadere la cosa, deve chiarirsi le idee. E deve farlo da sola.”

 

Ron annuì, amaramente. “Si. Lo so.”

 

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E questo è il quanto per il capitolo tre…

Ovviamente mi sembra superfluo aggiungere per ogni capitolo che Harry Potter e i suoi personaggi non appartengono a me! Miei sono solo i ragazzi della War Mage Team e la storia, punto.

Presto è in arrivo il capitolo 4, “Decisioni”

Recensite, ragazzi! Le vostre recensioni mi hanno aiutato un sacco con l’altra fic!

  

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

  
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