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Autore: selenasbff    23/10/2012    2 recensioni
"è come se stessi urlando, e nessuno ti sentisse.
ti senti quasi in imbarazzo che una persona possa essere così importante che senza di lui ti senti proprio come il nulla. nessuno capirà quanto fa male.
ti senti senza speranza, e niente può salvarti.
e quando tutto è finito, tu speri di poter avere indietro tutte le cose brutte, per poter vivere quelle belle."
è la storia di una ragazza e le sue passioni.
la vita di una ragazza può cambiare così velocemente? nessuno sa chi è per davvero. solo lui.. riuscirà a capirlo.
Genere: Mistero, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ore 13.00

A scuola era andata malissimo, come sempre d'altronde. I soliti insulti, le solite risate e i soliti fottutissimi sguardi, in più l’interrogazione di fisica era andata uno schifo.
Figuriamoci se mi andava di andare a mensa e subirmi quegli sguardi anche a pranzo. Cosa c’era di così sbagliato a mangiare una salutare mela anziché schifoso cibo spazzatura?

Finsi un mal di pancia e mi feci venire a prendere.

Ore 13.30

Mi sedetti al tavolo, con lo sguardo spento, massaggiandomi la pancia e continuando a far finta che mi facesse male.
«Mi spieghi cos’è successo? So che non hai mal di pancia.»
«Niente, mamma, non ne voglio parlare.»
«No, tu adesso ne parli con me. Fortuna che tuo padre è a lavoro e non sa niente di tutto questo.» Non risposi, abbassi lo sguardo, presi la forchetta e iniziai a spostare delicatamente la pasta nel mio patto.
«Ho detto di spigarmi cos’è successo.» incominciò a dire alzando la voce.
Non risposi nemmeno questa volta, anzi, spostai la sedia e provai ad alzarmi.
«Ho detto di spiegarmelo!» lei mi prese da una spalla e mi buttò sulla sedia con tutta la forza del suo corpo.
«Cosa c’è mamma? Adesso non ho più nemmeno il diritto di avere un fottutissimo segreto? Adesso basta! Io me ne vado!» mi alzai di fretta e buttai la forchetta per terra e camminando veloce presi la mia borsa. «Vado a prendere Isabelle a scuola, non chiamarmi.» dissi sbattendo la porta. Ero così arrabbiata che con tutta la forza delle mie mani ruppi il portachiavi che mio nonno mia aveva regalato prima di morire.
«Ma porca puttana!» mi misi ad urlare. «Tutto a me!» continuai. Presi il portachiavi e lo scaraventai per terra. Sbuffai e, sentendo sempre meno le forze, mi sedetti sul muretto di casa mia. Il portachiavi arrivò qualche metro distante da me.
Vicino ad esso c’erano dei piedi, delle scarpe. Incuriosita, alzai gli occhi. Occhi castani, capelli biondi perfettamente pettinati, il suo ciuffo biondo che rifletteva quel poco di luce che il sole riusciva ad emanere gli cadeva sugli occhi, che casualmente guardava verso di me. Aveva un’aria misteriosa. Non mi guardava né male, né bene. Semplicemente mi osservava con aria cupa e pensierosa. Continuò a fissarmi per qualche secondo, mentre i miei occhi sembravano tremare per la sua infinita bellezza. Poi, senza dire nulla, si abbassò, prese il mio portachiavi, si girò e, infilandoselo nelle tasche dei suoi stretti jeans strappati, se ne andò via.

Ore 17.30

Era ora.
Dovevo andare in quel maledettissimo centro per le persone ‘con disturbi’. Quella voce irritante di tutte quelle persone mi dava fastidio. Ero già depressa per mio conto, non mi servivano altre persone a rendermi la vita orribile, più di quanto già non fosse. Non ci andavo dall’anno precedente, dopo aver avuto una leggera crisi di nervi, ma mia mamma mi aveva costretto a riprovarci.

Arrivai davanti al centro, lo fissai e facendo qualche passo in avanti mi fermai di fronte la porta.
‘Ci siamo’ pensai fra me e me. Girai gli occhi, sbruffai e, facendo un gesto di sconforto, aprii la porta. La stanza era orribile. Le pareti bianche con disegni giallo canarino, sedie messe a cerchio e un buffo tavolino di legno al centro. La finestra era chiusa, mentre la luce della lampadina illuminava quel poco di stanza necessario a farci stare una sola persona. La stanza era un buco, così come si suol dire. Alle pareti erano appesi quadri di persone altamente idiote, con vestiti alquanto antichi e buffi cappelli. ‘Eh si, la solita stanza di sempre’ pensai.
«Silence, ben ritornata!» disse John, il medico.
«Salve John, grazie mille.» dissi con voce fredda e molto ritratta. Lui allungò la mano e per farmi sedere, ma io feci un passo indietro e guardai i miei piedi. Lui capì il mio disagio e si sedette al suo posto.
Sempre guardando in basso, mi andai a sedere vicino la finestra. Allontanai il mio sguardo dalle mie scarpe e osservando di fronte a me vidi delle scarpe. Io conoscevo quelle scarpe. Le avevo già viste. Alzai lentamente lo sguardo, come se avessi quasi paura, e, sobbalzando dalla sedia, lo vidi. Era lui.. il ragazzo del portachiavi. Mi fissò per qualche secondo e poi girò lo sguardo. Era abbastanza strano. Non parlò per tutta la seduta, semplicemente guardava le altre persone, come se le volesse esaminare e poi, sempre delicatamente, si toccava quel suo ciuffo, alzandolo in alto.

Ore 19.00

La seduta era finita. Il caos in quella stanza era immenso, tanto che, pur volendo raggiungere quel ragazzo per farmi ridare il mio portachiavi, non ci riuscii: lui era sparito.
Esitando, uscii dalla porta e incominciai a cercare il cellulare nella mia borsa.
«E così.. anche tu qua.» sentii provenire dalle mie spalle.
Una figura nera appoggiato al muro. Era lui.
Un piede sulla colonna e l’altro che sosteneva il corpo, per terra.
«Così hai anche tu una voce.» risposi fredda, dopo tanto tempo un ragazzo mi degnava di uno sguardo.
«Questo deve essere tuo.» tolse la mano dalla tasca e mi sventolò il portachiavi in faccia, quasi come aria di superiorità.
«Dammelo!» dissi. Allungai la mano e cercai di prenderlo, ma lui, con un gesto delicato, lo strinse nelle sue mani e se lo riportò in tasca. «Non ancora.»
«Ma chi sei?» chiesi insospettita.
Mi accarezzò il mento sorridendo e, abbassando il piede, mi diss «Non è importante.» si girò dall’altra parte e se ne andò via.
Io rimasi lì a fissarlo andarsene via, senza dire nemmeno una sola parola.
Chi era? E cosa voleva da me e il mio portachiavi?
  
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