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Autore: franceska92    26/10/2012    1 recensioni
Questa storia non ha una vera e propria trama, ma ha solo lo scopo di denunciare le violenze che esistono a questo mondo, e il fatto che non sempre, poi, si fa giustizia come si deve...
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Nonsense | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Cap 2

Il ragazzo attaccò la radio ad una delle prese sparse per la capanna, e l’accese. L’altro era addormentato, e russava profondamente. Erika era stesa sul letto, con l’impossibilità di muoversi. Era appoggiata sul fianco e stava fissando il malvivente che si stava facendo un’altra delle sue canne.

Si voltò e si appoggiò sul tavolo, girato verso Erika, e stava mettendo nella canna dell’erba. Alzò lo sguardo.

-Cazzo guardi?- domandò in modo sgarbato ad Erika.

La ragazza non rispose e si girò sull’altro fianco, che ricominciò a farle dolore, e, quindi, si mise prona. L’altro, invece, era seduto accanto alla radio e ascoltava musica a volume esagerato, e Erika la seguiva con movimenti delle mani e del capo.

-Vuoi fumare?- domandò lui alla ragazza stesa sul letto, alzando la canna accesa.

-No.- sussurrò lei, a voce abbastanza alta da farsi sentire. Lui le rispose con una smorfia, espirando ciò che aveva aspirato dalla canna.

-Come stai con il rumeno?- chiese poco dopo il ragazzo.

A Erika vennero i brividi: come faceva a sapere della sua famiglia? Non ebbe il coraggio di rispondere, e distolse lo sguardo verso il cuscino. Il ragazzo la guardava impaziente di una risposta. Aveva un’espressione né curiosa, né con il suo solito ghigno. Nascondeva un’espressione triste, e fissava il viso della ragazza.

-Che vuol dire?- fu la sua risposta. Voleva far finta di non capire, non voleva rispondere.

-Sto a parlà del tuo ragazzo, il rumeno. Tiene il doppio dei tuoi anni, lo sai?- affermò poi lui, girando il capo dall’altra parte. Continuava a nascondere quella triste espressione, e ora ancor di più.

-Io non ho un ragazzo. Che dici.- bisbigliò la ragazza, anche lei guardando da un’altra parte.

-Ma tu davvero non sai chi sono?- domandò poi.

-No, e non voglio nemmeno saperlo. Penso solo che siete due stronzi e anche drogati…- disse la ragazza, nuovamente a bassa voce. Il ragazzo si voltò di scatto e si alzò. Intanto anche l’uomo si svegliò, e alzatosi dal letto, si avvicinò subito alla droga.

Erika sperava che non l’avesse sentita. Si mise sotto le coperte del letto e abbassò lo sguardo, mentre il ragazzo si avvicinava velocemente e squadrava con aria poco amichevole.

Tolse in fretta le coperte dal corpo della ragazza, che, con uno scatto, cercò di mettersi seduta e di indietreggiare, acchiappando il cuscino e mettendoselo davanti al viso.

Il ragazzo salì sul letto e, avanzando con le ginocchia, si avvicinò alla ragazza. Le afferrò con forza il braccio, e la tirò a sé. Erika riprese a piangere e tirò dall’altra parte, con meno forza.

-Lasciami stare.- frusciò con il cuscino davanti la bocca. Cercava di sfilarsi il braccio, ma la stretta del ragazzo era troppo forte.

D’un tratto le diede un forte strattone e la spinse sul letto, facendola stendere. Gli si sedette addosso e cominciò a sbottonarle il jeans. Lei intanto gridava e si muoveva, cercando di scansare il ragazzo, che sembrava irremovibile.  

Sputò a terra, e, Erika, rimase ferma per qualche secondo, con le lacrime che le segnavano lunghe righe curve sul viso. Le righe di gocce si piegavano e andavano a finire sulle sue orecchie e le bagnavano i capelli.

La ragazza, presa dal panico, gli affondò le unghie nella pelle, provocandogli dei profondi graffi. Dopo averle, tolto la parte superiore dei jeans, le bloccò le braccia, poiché gli stava facendo molto male, e le smollò uno schiaffone sulla guancia sinistra. Erika trasalì e girò la faccia dall’altra parte.

-Smettila!- ripeteva, singhiozzando. Ma come risposta ebbe un altro vitale schiaffone, dato con il dorso della mano sulle labbra. Iniziò ad uscire un po’di sangue dalle labbra, ed Erika, ormai senza più la forza di dire neanche più “basta!”, cercò di succhiarlo e di lasciare della saliva, per rimarginare la ferita.

Intanto il ragazzo, le aveva fatto arrivare il jeans all’altezza delle ginocchia, ma la ragazza fece resistenza e piegò le gambe, mentre scalciava e tirava ceffoni qua e là.  

-Giorgio! Cazzo vieni!- sbraitò il ragazzo.

Il complice lo raggiunse lentamente. Mise le gambe sotto il capo di Erika, faccia a faccia con il suo amico. La riempì di sberle sul viso. Erika piangeva e gridava, mentre l’altro le aveva tolto i pantaloni ed era ritornato al suo solito ghigno.

La radio era ancora accesa e aveva il volume ancora molto alto. Stava trasmettendo una canzone energica, di quelle che piacevano a lui. Iniziò anche lui a scalarsi i pantaloni, mentre guardava negli occhi di Erika sorridente, e si muoveva a ritmo. Tutto questo per prenderla in giro.

L’uomo le aveva coperto con la sua grossa mano le labbra, ridendo guardando il suo amico, e lei non poteva fare a meno di socchiudere gli occhi e girare il capo, per resistere alle provocazioni di quel ragazzo, apparentemente in preda ad una crisi sessuale.

-Ahahahahaha! Tu non stai bene!- esclamò l’altro, che teneva Erika.

-Aspetta mo’.- gli rispose lui, che prese i suoi pantaloni e scaraventò sull’altro letto, poco distante. Alzò di poco la maglia bianca e grigia di Erika, e le afferrò lo slip.

-Vedi ‘sta maglia? Mo’ci diventa completamente bianca per tutto lo sperma che ci faccio finì.- affermò il ragazzo, e rise. Rise anche l’altro, che si piegò e rimase quasi senza fiato.

Erika, invece, gli guardava solo con disprezzo. Piegò di nuovo le due gambe, per non dare la possibilità che le scalassero gli slip. Lui incominciò a tirargli, e la ragazza contrattaccò con un calcio in pancia. Il ragazzo non si fece nulla, e, con un cenno, ordinò all’amico di schiaffeggiarla di nuovo.

Erika abbassò subito le gambe, e le abbassò anche gli slip. Continuava a piangere, e guardava gli occhi verdi di lui, pensando che probabilmente lo conosceva, pensando che probabilmente, se lo conosceva, perché le stava facendo questo.

Si sentiva impotente e debole, non riusciva a reagire, e l’unica cosa che pensava era quella di chiudere gli occhi. “Prima o poi finirà… Prima o poi qualcuno mi troverà, o mi lasceranno stare, o morirò direttamente, ma almeno non starò più qui dentro…” ponderava dentro di sé, e chiuse gli occhi, ancora gonfi dalle lacrime.

L’uomo si alzò e si avvicinò al tavolo. Era girato e si stava preparando un panino. Da dietro si sentivano soltanto le urla della ragazza, che erano un misto fra il pianto e il dolore fisico che il ragazzo le stava provocando. Il letto tremava, come se ci fosse un terremoto, e il ragazzo, ormai anche senza la maglia, rideva come un pazzo, e ogni tanto dava ad Erika qualche carezza in viso.

Dopo che il panino fu pronto, si voltò verso i due, ma non gli guardò. Fissava il suo sandwich ripieno di pomodori, insalata, salame e qualche altra schifezza. Dopo circa mezz’ora il ragazzo si avvicinò al complice.

-Vai che tocca a te.- affermò.

-No, mo non tengo voglia. Mi voglio fa un po’.- rispose invece l’uomo, che aveva finito il panino.

I due si diressero verso il tavolo e cominciarono a maneggiare la roba.

-Facciamolo anche a lei.- disse poi il ragazzo.

-E basta. Tu stai fissato!- esclamò l’altro, tirandogli una gomitata sarcastica.

-Almeno io la riconosco la bellezza, non come a te che tieni gusti che fanno schifo!- rispose. Preparò una siringa e si diresse verso Erika, che era sfinita sul letto.

-No basta.- mormorò con la poca forza che le rimaneva in corpo. –Ti prego basta, lasciami stare.-

Riprese a scalciare e a muovere le braccia: l’orrore della sera prima l’aveva stravolta, e cercava in tutti i modi di evitare di provare le stesse emozioni, di sentire addosso lo stesso brivido, e, soprattutto, evitare di sentirsi impotente e incapace di fare qualcosa.

Il ragazzo, che oramai era molto infastidito, si lasciò prendere dall’ira. Gettò via la siringa e prese le braccia della ragazza, provando a piegargliele al petto. Ma Erika gli sferrò un calcio potente nella pancia, facendolo indietreggiare di qualche passo.

Si piegò all’indietro e mise una mano sull’addome, per alleviare il dolore. Non riusciva a sopportare il fatto di essere stato “battuto” da una quattordicenne. Afferrò subito un coltello, sporco di qualcosa di marroncino, che si trovava lì a terra.

Il ragazzo lo prese e lo affondò nella coscia dell’adolescente, che diede un urlo straziante.

 

                                                                       ***

 

Il funerale ci fu alle tre del pomeriggio. La ragazza, anzi, le sue ceneri, erano state ritrovate nel bel mezzo del bosco, sotto le macerie di una casa completamente in fiamme. C’era poca gente, tra cui la sua famiglia e tutti i suoi amici, che piangevano tristi la sua tragica morte prematura.   

 

  
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