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Autore: Delyassodicuori    02/11/2012    1 recensioni
Bene, questa è la mia seconda storia. qui parla sempre degli stessi personaggi di Twilight, solo non più ambientati nel loro solito mondo di Vampiri e Licantropi. Stavolta, infatti, li troviamo a New York City, praticamente nel mondo reale, e non più mostruoso o fantastico. i protagonisti sono sempre gli stessi, ovvero Leah (che farà da ostaggio), Jacob e Seth (che faranno parte di una banda di ladri di New York City con a capo Sam). Buona Lettura!
Genere: Azione, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Jacob Black, Leah Clearweater, Seth Clearwater | Coppie: Jacob/Leah
Note: AU | Avvertimenti: Non-con | Contesto: Nessun libro/film
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Come al solito, al locale, c’era sempre tanta gente. C’erano  persone di tutti i tipi: famigliole felici che facevano insieme colazione con uova e bacon, coppiette felici che prendevano insieme la cioccolata calda, abbracciandosi, mentre si dicevano tra di loro cose sdolcinate, uomini d’ufficio che bevevano solo una tazza di caffè o tè mentre leggevano concentrati il giornale, ragazzi che facevano colazione insieme prima di recarsi a scuola… Anche i camerieri del locale sembravano felici, mentre offrivano i pasti e i menù ai tavoli. Tutti erano felici… tranne una ragazza che stava al lavello dietro il bancone. La ragazza era alta e slanciata, aveva un peletto di muscoli sulle braccia e sulle gambe. Si era legata poi i capelli corti lisci e neri a coda di cavallo, per rispettare le regole del locale, che vietavano a tutte le cameriere di portare i capelli sciolti. La sua pelle era bronzea, visto che è originaria di una tribù di nativi americani, mentre i suoi occhi erano color cioccolato fondente. La ragazza stava pulendo un bicchiere, cercando di distrarsi il più possibile dalle risatine dei clienti. Lei odiava tutto e tutti. 10 anni fa, infatti, aveva perso il padre, che di mestiere faceva il poliziotto. E la madre dopo due anni si era risposata con l’ispettore Capo Swan. Odiava anche lui. Anche se poteva sembrare buono e gentile ( e lo era, la ragazza stessa lo doveva ammettere), alla ragazza sembrava quasi che quell’uomo volesse sostituire in qualche modo suo padre. E la cosa, ovviamente, non riusciva a digerirla. Non aveva né amici né un ragazzo. Mai avuti. Non ne ha mai avuto bisogno. “A che mi servono gli amici se poi ti pugnalano alle spalle?” pensava sempre la ragazza, irritata, mentre riponeva al suo posto il bicchiere. Si girò e andò alla cassa, tanto perché non aveva niente da fare. Nessuno chiedeva ordinazioni da lei, non perché la odiassero… ma perché avevano paura di lei.  La ragazza vide con la coda dell’occhio tre uomini sulla ventina, con tanto di giacca in pelle e sigaretta alla bocca, che si allontanavano dal tavolo con un ghigno soddisfatto. La ragazza notò che al loro tavolo c’erano solo piatti e bicchieri sporchi, ma nessuna mancia. Aspettò che si fermassero alla cassa. Niente, anzi, andarono avanti, verso la porta di vetro, facendo finta di niente. La ragazza ringhiò, stringendo i denti, e si precipitò alla porta, appoggiandosi al muro del mini corridoio e fermando i bulli con un piede appoggiato al muro di fronte a lei.
-Ehi, ma che fai, cocca?!?- domandò ghignoso l’uomo calvo davanti agli altri due, che se la ridevano sotto i baffi. –Chi non paga non esce da qui!- disse scontrosa la ragazza, fissando i bulli con aria di sfida.
-Paga? Ma stai scherzando? Per due pasti?- disse ridendo il bullo. Questo fece bollire di rabbia ancor di più la ragazza. Lei odiava, sin dalla morte del padre, ogni tipo di crimine. Anche quello più stupido, come non pagare la mancia, rubare un lecca lecca ad un bimbo, buttare la spazzatura a terra… erano cose che le davano sui nervi.
-Avete mangiato ben 16 portate! Dovreste pagare, sapete? C’è gente qui che si fa un culo così per servirvi! Dovreste quindi portare rispetto!- disse la ragazza, con aria schifata e severa.
-Senti un po', bellezza…- disse l’uomo, afferrandole con forza il polso. La ragazza strinse i denti e gli diede un forte calcio alla pancia con il piede che aveva poggiato al muro. L’uomo lasciò la presa e cadde a terra, con lo sguardo impietrito dei suoi compagni e degli altri clienti.
-Brutta stronza!- disse l’uomo, ma la ragazza con il solito piede gli serrò la gola, facendolo soffocare.
-Allora, vuoi pagare o no?- chiese dolcemente la ragazza, mentre pestava sempre più la gola all’uomo.
-O-ok… eccoti a mancia…- disse senza fiato l’uomo, mentre prendeva i soldi dal giaccone in pelle e li buttava a terra. La ragazza mollò la presa e si spostò a sinistra.
-Grazie per essere venuti, tornate presto!- disse la ragazza, sorridendo, mentre i tre uscivano correndo dal locale. La ragazza prese i soldi da terra, mentre i clienti tornavano a mangiare i loro pasti, facendo finta di niente. Per questo avevano paura di lei. Da piccola il padre le aveva insegnato le mosse del Kung-Fu e all’età di 8 anni aveva preso la cintura nera! La ragazza tornò alla cassa, la aprì e ci ficcò dentro i soldi, soddisfatta.
-Leah Clearwater!- urlò il capo uscendo dal suo ufficio, rivolto alla ragazza.
-Si?- rispose Leah, senza troppa cura, mentre andava al tavolo dei bulli a sparecchiare.
-Lo sai che i clienti non vanno menati, vero?- chiese il capo ciccione, mentre Leah andava al bancone per mettere le stoviglie al lavello.
-Certo- rispose lei –Ma non li ho menati. Anzi ho dato un calcio e l’ho mezzo soffocato-
-Pure peggio!- disse il ciccione –Così mi mandi via i clienti-
-ti mando via quelli che non pagano, semmai! La gente dovrebbe portare un po' di rispetto qui!- disse Leah, severa, mentre prendeva la spugnetta e lavava un piatto. Il ciccione boccheggiò, dopo di che se ne tornò nello studio, lasciando in pace la ragazza.
 
 
La porta esplose in mille frantumi. Del fumo usciva dalla banca. La polizia aveva circondato l’edificio… ma non aveva notato due individui che saltavano dalla finestra del secondo piano fino ad atterrare sul tetto di un negozio di vestiti. I due individui erano veloci e agili, e riuscivano a saltare molto lontano. La polizia era ancora impegnata con la banca, mentre i due si erano già allontanati di dieci metri. Dopo aver sceso l’ultimo tetto, corsero per le strade buie di New York City. I due individui si nascosero poi in un viale buio e desolato, mentre riprendevano fiato.
-Cavolo, che corsa!- disse uno di loro, un ragazzino di circa 15 anni, alto e muscoloso, i capelli neri e corti e gli occhi scuri.
-Puoi dirlo forte, Seth!- disse l’altro, più grande, alto e muscoloso, con i capelli neri e corti (ma più corti del ragazzo) e gli occhi scuri. Il ragazzino si era tolto dalla testa il sacchetto di plastica bucato, con i capelli che si erano appiccicati alla fronte sudata, mentre il ragazzo (più o meno 23enne) teneva in mano una busta di plastica nera. La portò all’altezza della testa, ma di colpo fece un verso che spaventò il ragazzino.
-Cosa succede, Jacob?- chiese Seth, preoccupato. Seth aveva poi un visino dolce e tenero, ed era molto simile a Jacob quando era più giovane.
-Il sacchetto… il bottino… Vuoto!- ansimò Jacob, fissando il sacco bucato e vuoto.
-Mannaggia! Adesso Sam ci ammazza!- disse Seth, tenendosi le mani alla testa, nervoso.
-Non se andiamo a recuperare la refurtiva!- disse Jacob.
-Ma sei scemo?- fece Seth –Con gli sbirri alle calcagna?-.
Jacob ci pensò su un attimo, guardò la strada vuota, si girò e disse:-Ok, tu torna al rifugio, vado io a prendere le cose!-
-Ma così…- ribatte Seth, ma Jacob lo zittì con una mano. –Vai, ho detto!- ordinò Jacob. Seth si voltò scoraggiato, prese il sacchetto di plastica bucata, se lo mise in testa, disse:-Buona fortuna, fratellone!- e corse via.
-Grazie fratellino- disse Jacob, mentre saltava su un tetto.
   
 
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