Libri > Harry Potter
Segui la storia  |       
Autore: akiremirror    20/05/2007    6 recensioni
Ipotetico settimo libro. La ricerca degli Horcrux, la guerra che dilaga, ma non solo questo, anzi. Essendo una ostinata sostenitrice di Severus Piton, la mia storia non può che concedergli molto spazio, anche se indirettamente. Attraverso gli occhi e il cuore di un mio personaggio originale si scoprirà il vero Severus, il suo passato, le sue motivazioni, i suoi sentimenti. Il tutto tratteggiato lungo il cammino che Harry dovrà compiere per arrivare alla resa dei conti con il suo unico vero nemico. Per chi ha pazienza, perchè sarà lunghetta...
Genere: Azione, Introspettivo, Guerra | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Il trio protagonista, Nuovo personaggio, Severus Piton
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
 
gealach . Ciao! Vedo che la situazione intriga eh? Benissimo! In effetti l'elenco di tutte le persone mosse dall'amore è stato un punto delicato da scrivere. Non per nulla, ma volevo che non suonasse troppo patetico, che fosse più umano possibile...
Codaliscia può far pena, si, soprattutto per come mi sono costretta a rendere la scena, però ti confesso di aver provato una sadica soddisfazione a farlo sparire dalla scena! Non lo sopporto!
Per quel che riguarda cosa succede alla fine, tranquilla, con questo capitolo avrai tutte le risposte! Spero di non farti venir un colpo!
 
Piccola Vero. Ciao! Lo spirito solidaristico per Dana e Severus mi fa gongolare, e anche a te dico: tranquilla, scoprirai tutto a breve. Mi spiace deluderti, ma questo è il penultimo capitolo. La mia storia si conclude la prossima settimana, anche se poi arriverà l'epilogo, che devo ancora scriver ma che è già tutto nella mia testa. E forse per quello dovrete aspettare un pochino. Gli esami mi impediscono di scrivere quando vorrei...(acciderbolina!)
 
HermioneHC . Ola! Bene, mi fa piacere che anche a te sia piaciuto lo scontro-confronto tra Severus e Lucius...non potevo proprio evitare che quei due si trovassero faccia a faccia...e i caratterini di cui sono dotati hanno reso la cosa particolarmente interessante da scrivere!
 
EDVIGE86 . Oddio! No, ti prego, non piangere...non ancora! Hai proprio ragione, su Draco la pensiamo allo stesso modo. Se JK non gli farà fare qualcosa per redimersi, avrà sprecato un personaggio, soprattutto dopo gli ottimi spunti del sesto libro!
Ora però preparati, perchè qui di dialoghi ne hai quanti vuoi, e soprattutto c'è l'ultimo mio affondo ai tuoi adorati. Mi spiace, ma ricorda....le statistiche parlano chiaro...
Un abbraccio!
 
harry potter 90 . Ecco, adesso l'azione è proprio tutta finita, quindi dovrai rassegnarti. Ma spero che ugualmente apprezzerai. In fin dei conti anche questi ultimi due capitoli parleranno di battaglie...a modo loro. Ciao!
 
Astry_1971 . Eh eh...sappi che mi sono ripresa! (O meglio, cerco di evitare di pensare al finale della tua storia, così il mio cuore non soffre e non si fa travolgere dalla malinconia per quell'amore così voluto e perso...)
Vedo con soddisfazione che però anche la mia storia ti sta tenendo sulle spine! Ebbene, mi spiace ma non sono stata tenera con Severus, anche se io ho il mio modo di non essere tenera. Molto interessanti le tue teorie, davvero, e tra breve scopriamo se hai avuto ragione tu, o tutti quelli che hanno parlato di attacco anche a spese di Dana...
In verità non so se ti strapperò la coppa di sadica, davvero, perchè secondo me la meriti tutta tu, visto che, con il tempo, darò a Severus quello che merita. Il vantaggio di questa storia è che non sono vincolata davvero a quello che JK ha scritto, perchè il passato è immodificabile, ma il futuro è tutto ancora da definire. (E infatti per fortuna che ho finito la mia storia prima dell'uscita del settimo!!! Perchè temo che poi ci sarà poco da poter immaginare...e sicuramente JK gli farà tanto male...povera la mia stella!)
Wow! Riscrivi Traditore? Bene! L'avevo letta e mi era piaciuta, ma chissà, magari ora potrai elaborarla di più! Il bello del passar del tempo è che si maturano idee sempe nuove e interessanti! (Però ti prego...la coppa l'hai già vinta...)
Ginny in effetti rischia di sconfinare in un prototipo di ragazza che nemmeno a me piace molto. Si salva solo per il suo coraggio e l'assenza di superficialità estrema. Io speravo tanto che JK si inventasse qualcuna di diversa per Harry.... ma pazienza, sopporterò!
Mi raccomando...non lanciarmi maledizioni dopo la lettura del capitolo...
 
 
Bentrovati a tutti! Siamo al penultimo capitolo, ormai c'è solo da tirar le fila della storia...e speriam bene! Mi auguro di non guadagnarmi le vostre occhiatacce virtuali...
 
 
Bilanci
 
Un rumore in lontananza la fece riscuotere dal torpore sonnolento e rassicurante in cui si era rifugiata. Non voleva assolutamente lasciare il posto di quiete in cui era in quel momento, e non era nemmeno ben sicura di comprendere la ragione di quell’istintivo capriccio.
Poi un altro rumore, delle voci confuse in lontananza.
C’era qualcuno attorno a lei, e forse stavano aspettando che lei si decidesse ad aprire gli occhi.
Non ricordava perché era in quello stato, ma forse le era successo qualcosa, perché chiunque si fosse avvicinato a lei ora stava bisbigliando, come se temesse di disturbarla.
Lentamente, Dana aprì gli occhi. La tenue luce delle candele della stanza le ferì gli occhi e la luce che proveniva dall’unico finestrone della stanza era ancora troppo timida per poter essere definita luce.
Forse era mattina presto, o magari il tramonto.
Sbatté le palpebre, cercando di strapparsi dal limbo in cui era caduta, mentre attorno a lei nessuno si accorgeva del cambiamento.
Muovendo gli occhi, vide la figura di Tonks accompagnare alla porta una donna vestita tutta di rosa. Stavano parlando ancora a bassa voce.
Muovendo la punta delle dita delle mani, si rese conto di esser sopra qualcosa di morbido e pulito. Un letto.
Riportò lo sguardo sopra di sé, perdendosi un attimo nel bianco intenso del soffitto della stanza.
Dov’era? E cosa era successo? Faceva estrema fatica a ricordare…
Dei passi leggeri le dissero che qualcuno stava tornando, e sperò si trattasse di Tonks. Non conosceva l’altra donna, e non le era piaciuta.
I passi si bloccarono all’improvviso e Dana si volse appena.
"Oh, Merlino grazie!" esclamò Tonks, ostinandosi però a mantenere un tono di voce basso "Finalmente ti sei svegliata!"
Si avvicinò rapidamente a Dana e le sorrise, il viso tirato per la stanchezza e qualche fasciatura sulle braccia.
Dana la scrutò con sorpresa. Cosa aveva fatto?
"Come ti senti?" le chiese la ragazza "Vuoi bere qualcosa? La Medimaga mi ha detto che, una volta sveglia, avresti probabilmente avuto molta sete…"
Dana annuì appena e Tonks le si avvicinò ancora, aiutandola a sistemarsi meglio sui cuscini, tanto da poter stare almeno un po’ rialzata.
Il movimento le procurò uno strano senso di torpore e dolore diffuso, mentre qualcosa le diceva che non andava tutto bene.
Lanciò uno sguardo al proprio corpo. Non mancava nessun arto.
Qualunque cosa fosse, l’avrebbe scoperta con calma. Ora aveva veramente bisogno di bere.
Tonks le accostò alle labbra un bicchiere di acqua e glielo fece bere.
L’acqua fresca scese giù come una benedizione, e la rinfrancò quel tanto che le bastò per ritrovare l’uso della parola.
"Tonks…dove siamo?"
La ragazza la guardò sempre sorridendo, ma Dana vide il suo viso irrigidirsi innegabilmente. Non era affatto una buona Occlumante.
Sospirando, la ragazza si sedette sulla sedia che si era portata vicino al letto.
"Al San Mungo…Dana, non ricordi nulla?" chiese leggermente titubante.
"Io…non so…ho la testa confusa."
Tonks strinse appena le labbra e la guardò in un modo così intenso che Dana sentì un brivido lungo la schiena. Era successo davvero qualcosa di brutto!
Serrò gli occhi e cercò di ricordare.
Lentamente, vide il Ministero, poi il Ufficio Misteri, e il serpente, il combattimento nel labirinto…sentì di nuovo il dolore…
"Harry!" esclamò riaprendo gli occhi "Harry ce l’ha fatta! Dov’è?"
Tonks sbiancò un attimo, posando lo sguardo sulle proprie mani, impegnate a torturare il lembo di mantello che indossava.
"Lui…lui è vivo…crediamo."
"Credete? Tonks, ti prego, non farmi implorare ogni spiegazione! Non ne ho le forze!"
Tonks annuì e prese un bel respiro.
"Si, scusa, è solo che…lo abbiamo trovato svenuto. Ma svenuto non è il termine giusto. I Medimaghi non sanno cosa dire. Il suo corpo è funzionante, ma lui non si sveglia…è così da tre giorni ormai…"
"Tre giorni?" chiese esterrefatta Dana.
"Si. Tre mattine fa all’alba è finito tutto. Lo abbiamo trovato steso a terra già privo di conoscenza e lo abbiamo portato subito qui, facendoci spiegare da Ginny cosa fosse successo, ma il suo racconto e confuso, povera ragazza. E poi quello che ci ha detto comunque non è stato sufficiente per capire cosa tenga Harry in quello stato…"
Dana sbuffò appena, cercando di mettersi a sedere un po’ meglio.
"Avrà solo bisogno di tempo. Non morirà."
"Come fai a dirlo?" chiese Tonks con voce funerea.
"Perché lo stato in cui è, è del tutto normale per chi ha aperto un collegamento come quello della sua cicatrice per farlo diventare un veicolo di sentimenti. La sua anima avrà bisogno di tempo per riprendersi, ma tornerà."
Tonks la guardò con occhi appena un po’ sgranati, come se non credesse a quel che aveva appena sentito.
"Dici…dici sul serio?"
"Assolutamente. Ma Severus non ve lo ha spiegato?"
Poi un pensiero terribile le attraversò la mente e il terrore produsse sul suo corpo un effetto tremendo. Ogni muscolo le si irrigidì e d’istinto si piegò in due sul nucleo sordo di quel dolore.
Tonks scattò in piedi e la sospinse gentilmente sui cuscini.
"Non devi fare questi movimenti…"
"Dov’è?" chiese, la voce più implorante di quel che avrebbe voluto "Tonks, ti prego, non mentirmi, voglio sapere dov’è?"
Sapeva che non c’era bisogno di fare nomi, Tonks sapeva meglio di chiunque altro a chi lei stesse facendo riferimento. Tremò ancora un attimo: aveva appena ricordato improvvisamente i volti degli Auror che si erano avventati su di lui.
"Stai tranquilla, è vivo e sta bene. Però è ad Azkaban. La sua posizione era nota a noi, non al Ministero. Ma la McGranitt ha provveduto subito a che fosse tenuto separato dagli altri Mangiamorte…anche se sono disarmati, nelle celle, sono comunque pericolosi, soprattutto per lui."
"E il Ministro ha acconsentito?"
"Si. La McGranitt gli è stata addosso come un avvoltoio, ripetendogli che c’era bisogno di tempo per spiegare tutto, e che nel frattempo non poteva permettere che lui corresse altri pericoli. Credo che l’abbia presa per pazza all’inizio, ma poi siamo intervenuti in parecchi e questo lo ha convinto. Non è come Caramell… Scrimgeour questa volta vuole tutta la verità…"
Dana annuì e si rilassò un attimo. Incredibile… una buona notizia!
"Non credevo che…insomma, temevo che lo avrebbero giustiziato quasi subito…"
Tonks scosse la testa e le posò una mano sul braccio.
"No, adesso basta. Non credi che abbiano pagato le persone sbagliate per troppo tempo?"
Dana sorrise e annuì, avvertendo di nuovo però quello strano senso di disagio. Qualcosa non andava.
Era il suo potere a dirglielo, ma era anche il suo corpo. Qualcosa si era spezzato.
"Tonks…perché sono qui? Non ricordo di essere stata ferita. Ho sentito il dolore della scomparsa del Marchio quelle due volte, ma non sono stata ferita…"
Tonks impallidì all’istante, guardandola come se non sapesse bene cosa fare.
"Mi…mi han detto che forse è meglio aspettare a dirtelo…" ma non sembrava troppo convinta.
Gli occhi improvvisamente lucidi, cercò per un po’ di evitare lo sguardo di Dana.
"Tonks, mi sto preoccupando…" ed era assolutamente vero. L’espressione di Tonks prometteva solo brutte notizie, e se sommava la cosa con le sensazioni che aveva…una maledizione? Un male di cui non si era mai accorta? Ma aveva solo 27 anni…
Alla fine Tonks parve prendere una risoluzione.
"Io…ero d’accordo con i Medimaghi sul fatto che fosse meglio parlartene con calma, ma poi, insomma…non mi sembra giusto tacertelo, e io e te siamo abbastanza in confidenza…"
Dana la fissò con preoccupazione, ma non disse una sola parola. Non era possibile…proprio ora che Riddle era stato battuto! Non poteva aver almeno qualche anno di felicità?
"Dana…cerca di ricordare…hai detto che hai sentito il dolore del Marchio che spariva…due volte."
"Si." Rispose in un soffio, mentre faceva mente locale "un dolore bruciante prima e poi uno più interno, simile a una coltellata qualche secondo dopo…"
"Beh, il secondo dolore…non era legato al Marchio."
Dana la guardò con aria interrogativa, poi i suoi occhi si dilatarono, molti dettagli ora fin troppo chiari nel loro vero significato. Lentamente, più dolorosa di quel che avrebbe mai potuto immaginare, la consapevolezza si fece strada in lei, e una mano scivolò giù, al ventre, mentre gli occhi le si riempivano di lacrime.
"Un bambino…"
Tonks annuì, sull’orlo delle lacrime come lei.
"Perduto?" bisbigliò, anche se non aveva bisogno di attendere la risposta.
"Mi dispiace…"
Dana scrollò la testa e artigliò le lenzuola, mentre il dolore per quella notizia le spezzava il cuore.
Un bambino, suo e di Severus…perduto.
Se solo se ne fosse accorta prima, se solo avesse pensato di meno alla causa e un po’ di più a se stessa, avrebbe cercato di proteggerlo!
E invece lo aveva sacrificato per portare a termine il suo dovere. Un’altra vittima, senza volto e senza nome, ma per lei più grave di tutte le altre.
Non si accorse nemmeno di aver piegato le gambe e di essersi rannicchiata. Avvertì solo un braccio attorno alle spalle prima di cominciare a singhiozzare, del tutto incapace di trattenersi.
Davanti allo Specchio lo aveva visto, lo aveva desiderato, del tutto ignara del fatto che quel sogno avrebbe potuto facilmente diventare realtà. Se solo lo avesse protetto.
Ora non c’era più, e probabilmente non ci sarebbe stata un’altra possibilità.
I singhiozzi si fecero più forti e Tonks la strinse di più, cullandola appena, mentre anche le sue lacrime cominciavano a scendere, silenziose e solidali.
 
Aprì gli occhi lentamente, ferito dalla luce della stanza in cui si trovava.
Dov’era? Aveva fatto dei sogni incredibili… aveva visto se stesso annientare Voldemort, e poi aveva visto Ginny…sopravvissuta.
Che strani scherzi faceva la sua mente. Un sospiro fece per sfuggirgli dalle labbra, ma scoprì di avere la gola troppo arsa per riuscirvi. Cercò di schiarirsi la gola, ma tutto quello che ottenne fu un lamento fastidioso e un po’ d’irritazione.
Un rumore accanto a lui lo costrinse a girarsi, anche se faceva fatica a muoversi. Era senza occhiali e non vedeva bene, ma non poteva dubitare che quella fosse Hermione. Cosa ci faceva in camera sua?
La ragazza si avvicinò, le mani premute sulla bocca. Quando Harry riuscì a distinguerla meglio, vide che aveva gli occhi pieni di lacrime.
Neanche gli avesse letto nel pensiero, con mani che tremavano gli infilò gli occhiali, e allora Harry ebbe un attimo di sgomento.
"Non…non siamo a casa…" disse, facendo leva su un braccio per alzarsi.
Hermione scosse la testa, azzannandosi il labbro inferiore per non mettersi a piangere.
"Tieni."
Gli accostò un bicchiere di acqua alla bocca, e Harry bevve quasi tutto il bicchiere.
Solo allora Hermione scoppiò in lacrime, lasciandolo basito.
"Hermione…cosa…"ma un improvviso dolore alla testa gli impedì di proseguire e la sua mente fu bombardata da immagini che era convinto di aver solo sognato. Premette il palmo della mano sopra la cicatrice e serrò gli occhi, mentre tutto diventava improvvisamente chiaro.
Non erano sogni, era riuscito davvero nella sua missione.
Qualcosa di caldo e rassicurante gli si diffuse in corpo, mentre si sentiva incredibilmente leggero, ma ancora un po’ incredulo.
Il dolore passò e lui allungò una mano verso Hermione, posandogliela su una spalla e cercando di tranquillizzarla. Hermione invece parve agitarsi ancora di più, e continuò a piangere, appoggiandosi con la testa sul materasso del letto.
"Hermione, sto bene, ti prego…"
A quelle parole la ragazza alzò la testa di scatto e lo guardò con gli occhi ancora pieni di paura.
"Sei stato in uno stato vegetativo per una settimana! Non….non credevamo ti saresti più svegliato…anche se Dana diceva che era solo…solo questione di tempo…"
Quasi ricordandosi all’improvviso di qualcosa, Hermione si asciugò gli occhi e afferrò una cordicina blu che penzolava accanto al letto, tirandola con poco garbo.
Harry si guardò intorno, ma non accadde nulla.
"Una settimana…" disse, decisamente sorpreso.
Hermione annuì e si prese un bicchiere d’acqua, passandosi una mano sulla fronte.
"Da quanto tempo sei qui?"
"Qualche ora…ci siamo sempre dati dei turni, io, Tonks e Lupin."
Harry sentì un nodo formarglisi nello stomaco.
"E…Ron e Ginny?"
Hermione alzò su di lui uno sguardo indecifrabile, mentre la porta della stanza si apriva. Sulla soglia comparvero lentamente Ron e Ginny, quasi timorosi di disturbare un addormentato.
Poi videro Harry sveglio e rimasero immobili per qualche secondo. Ginny piegò la testa in giù serrando gli occhi, poi corse verso il suo letto e ci salì sopra, gettandogli le braccia al collo e cominciando a piangere.
Harry l’afferrò e le accarezzò la testa, mentre seguiva con lo sguardo Ron, appostatosi ai piedi del letto.
Aveva gli occhi lucidi e stanchi, ma gli sorrise.
"Bentornato, amico."
Harry annuì e strinse ancora Ginny, incapace di frenare il suo pianto. Ed era un pianto troppo disperato e viscerale per essere paragonabile a quello di Hermione.
Fece scorrere lo sguardo da Ron a Hermione, un terribile dubbio che gli gravava sul cuore.
"Come…come sono andate le cose? Intendo…ci sono stati…"
Si interruppe, mentre Ginny stringeva spasmodicamente il cuscino dietro di lui. Poteva percepire la tensione del suo corpo, la stanchezza e il dolore. Cosa le era successo? Si sistemò meglio, senza lasciarla andare, e alla fine se la portò ancora più contro, quasi a volerla cullare per calmarla.
I suoi occhi però cercarono i suoi amici. Ron aveva lo sguardo fisso a terra, le mani ancorate al ripiano in plastica che c’era ai piedi del letto.
Hermione invece stava guardandolo, di nuovo sull’orlo delle lacrime, ma evidentemente con l’intenzione di trattenerle.
"Vuoi sapere il bilancio?" gli chiese in un soffio.
Harry annuì e trasse un bel respiro, e così fece anche lei.
Torcendosi le mani, si apprestò a riferirgli un elenco che ormai conosceva a memoria.
"Abbiamo perso alcuni Auror, ma nessuno che conoscessimo. In tutto otto. E poi…per l’Ordine…Kingsley, e…Habbot. Ma c’erano anche…anche altri di cui non sapevamo… Oliver Baston…e…Angelina…erano appena diventati membri."
Harry sentì il cervello andargli in corto circuito. Angelina e Oliver? Per un attimo vide le loro facce davanti a lui, e gli parve quasi impossibile che fossero davvero morti. E poi Kingsley…
"E…" Hermione cercò di riprendere "e…Dana…"
Harry questa volta sentì il cuore fermarsi. Dana?
"Lei…oh, no, tranquillo…lei sta bene. Solo che ha perso il bambino che aspettava. Non si è ancora del tutto ripresa dalla notizia, non si era accorta di aspettarlo…"
"E Piton?"
"E’ ad Azkaban. Per il momento lì è al sicuro."
Harry annuì e si sentì sprofondare. Però vide Ron ancora in quello stato, immobile e con lo sguardo basso. Non era tutto.
Riportò così lo sguardo su Hermione, che capì al volo di dover sputare tutto il rospo, ma la cosa parve diventarle quasi impossibile, perché le lacrime ripresero il sopravvento, questa volta silenziose.
Accanto a lui, improvvisamente senza più tremare, Ginny si mosse e gli accostò le labbra all’orecchio.
"Papà…ha perso…ha perso il braccio e la gamba sinistri. Non …non sanno se…"
Harry non la lasciò finire di parlare e le premette la testa contro il suo petto, mentre lei ricominciava a singhiozzare. Serrò gli occhi con forza e pregò con tutto se stesso che Arthur Weasley si salvasse.
 
Si era rifiutato categoricamente di rimanersene a letto, e nessuno era riuscito a convincerlo a stare tranquillo.
Si sentiva bene, il suo corpo era tornato pienamente funzionale, per nulla indolenzito o stanco. L’unica cosa che poteva lamentare era la propensione ad addormentarsi piuttosto di frequente, ma non era un problema. Del resto, cosa aveva da fare?
Dopo due giorni dal suo risveglio, ormai passata l’ora delle visite pomeridiane, decise di fare una cosa che gli stava particolarmente a cuore.
Così, coperto dal mantello dell’Invisibilità che Ron gli aveva riportato, uscì dalla propria stanza e si avviò lungo il corridoio deserto dell’ospedale.
Al passaggio di un paio di Medimaghi rimase immobile, giusto per sicurezza, e poi proseguì, lanciando sguardi attenti e ansiosi ad ogni porta che si affacciava su quel piano. Secondo le informazioni che aveva ottenuto, era una delle ultime…
Infine la trovò, una porta bianca come tutte le altre, contraddistinta da un numero blu sull’anta di sinistra: stanza 394.
Bussò piano e non ottenne risposta, ma questo non bastò a tenerlo fuori.
Posò la mano sul pomolo e girò lentamente, attento a non fare rumore, poi controllò che non ci fosse nessuno nei paraggi e sgusciò dentro.
"Avevo come l’impressione che non saresti rimasto fuori"
La voce di Dana parve solo un po’ più stanca del solito, e Harry per un attimo ebbe quasi paura di guardarla. Cosa poteva dirle?
Però poi posò gli occhi sulla figura magra e pallida appoggiata ai cuscini, le gambe piegate contro il petto e un libro in mano.
I capelli rossi erano stati pettinati con cura e lasciati sciolti sulle sue spalle, come piaceva a lei.
E così sembrava quasi irreale.
Harry si sfilò il mantello e le sorrise, andando a sedersi ai piedi del letto.
"Mi dispiace disturbarti, ma volevo vederti con i miei occhi."
Dana corrugò la fronte e posò il libro.
"Vedermi con i tuoi occhi?"
"Si. Hermione mi ha detto cosa ti è successo, e mi ha anche detto che ti stai riprendendo, ma io volevo vederti con in miei occhi. Ho voluto vedere tutti quelli che hanno partecipato allo scontro e che conoscevo. Per rendermi conto che ci sono ancora…"
Dana annuì e abbassò lo sguardo.
"La mia perdita è invisibile, e per il momento io stessa faccio fatica a comprendere bene…è stato tutto troppo…"
Che parola poteva usare? Ne esisteva una che riuscisse a rendere interamente lo stato in cui era la sua anima? Cosa poteva dire? Tutto troppo doloroso, improvviso, lacerante, carico di rimorsi e rimpianti?
"Troppo. E basta." Le venne in aiuto Harry, e Dana sospirò con un sorriso amaro dipinto in volto.
Regnò un momento di assoluto e perfetto silenzio, di quelli che non hanno bisogno di essere riempiti, e Dana si sorprese nell’accorgersi di aver piacere ad avere Harry come spalla. In fin dei conti erano entrambi usciti da una situazione delicata e particolarmente dolorosa.
Come sempre le accadeva in quei giorni, il suo pensiero volò anche a Severus, ma qualcosa le impedì di proseguire lungo quella via. Pensare a lui voleva dire pensare al bambino, a tutto quello che comunque non avrebbe avuto, e al dolore per la perdita.
Non poteva pensarci, non dopo sei giorni, soprattutto perché i primi tre non aveva fatto altro che piangere. Aveva scontato a sufficienza con quelle lacrime il dolore. Non poteva perseverare nel farsi male da sola.
Così decise di intavolare un discorso, uno qualunque, giusto per distrarsi.
"Indovina un po’? Tra poco arriverà un membro del Ministero con il compito di accertarsi della mia identità…"
"Della tua identità?"
Harry la guardò perplesso, ma poi ricordò la simulazione della morte di Dana.
"Credi ti faranno problemi?" indagò pensieroso.
"Non credo…insomma, non vedo cosa possa cambiare loro riconoscere la mia esistenza o meno."
Harry annuì e il quel momento si udirono dei rumori in fondo al corridoio. Si drizzò come un fuso e si volse verso la porta. Conosceva bene quell’incedere di passi.
"Ti dispiace se rimango? Intendo, mentre ci sono quelli del Ministero."
Dana scrollò la testa e lo osservò incuriosita, mentre qualcuno bussava alla porta.
Quasi senza attendere risposta, il nuovo venuto entrò con fare spedito.
Dolores Umbridge si mosse nella stanza con sicurezza finché non posò lo sguardo su Harry.
"Oh, il nostro giovane Signor Potter!" (lo stomaco di Harry si rivoltò) "Come mai qui? Ero convinta che la sua stanza fosse un’altra?"
Harry lanciò uno sguardo d’intesa a Dana e si sistemò meglio sul letto.
"Infatti. Sono qui per tenere compagnia alla Signorina Deepfeel."
"Oh, Signorina Deepfeel. L’identità di questa signorina non è ancora stata accertata, mi spiace…"
"Sono certo che non avrà problemi ad accertarla, allora. Se non le dispiace io rimango."
Dana soffocò una risata camuffandola con un colpo di tosse, mentre la facciona della Umbridge cambiava leggermente tonalità, volgendo al rosso e contrastando con l’enorme fiocco viola che si ergeva sulla sua testa.
"Non credo sia opportuno da parte sua…"
"Io invece credo proprio di si." Intervenne Dana, un tranquillo sorriso sulle labbra ma lo sguardo duro "Il Signor Potter potrà confermare molte cose che potranno esserle utili. Del resto, credo che la parola di Harry sia di tal peso da non poter più esser messa in discussione, non crede?"
Questa volta fu il turno di Harry di soffocare un sorriso, mentre la Umbridge stringeva le labbra e faceva saettare lo sguardo dall’uno all’altro.
Ma evidentemente il Prescelto non era più toccabile.
Con stizza, fece comparire una poltroncina rosa dal nulla e ci si sedette, impettita, penna e cartellina in mano.
"Benissimo! Allora vediamo di sbrigarci."
 
Sette giorni. Sette estenuanti giorni di silenzio e di buio, in una cella grande poco più di uno stanzino. C’era di che impazzire lì dentro, ma Severus Piton non impazzì per le condizioni della sua reclusione.
Seduto a terra con la testa posata all’indietro contro il muro, stava seguendo per l’ennesima volta le venature della pietra con la quale era fatto il soffitto della cella.
La piccola porticina della cella affacciava su un lungo corridoio dal quale si accedeva alla maggior parte delle celle della prigione, e attraverso le feritoie Severus poteva sentire ogni rumore, ogni passo, ogni imprecazione, ogni maledizione che i suoi vecchi compagni gli mandavano contro. C’era di che essere grati che non avessero con loro le bacchette, altrimenti lo avrebbero ucciso molto in fretta e in modi decisamente atroci, alcuni dei quali a lui assolutamente nuovi.
"Mi odiano a morte, tutti. Ma tra le loro voci non si è mai levata quella di Lucius. Né per maledirmi o insultarmi, né per difendermi. So che è vivo, e so che è in una di queste celle, ma non si fa sentire. Chissà, forse ritiene il mio tradimento talmente grave da non considerarmi nemmeno più."
Sorrise a quell’ipotesi. Quanto avrebbe voluto che fosse vero… ormai era tutto finito, e lui a cosa poteva servire ancora? Mentre il Marchio spariva dalla sua pelle lui aveva provato sollievo, non poteva negarlo, ma si era trattato di una cosa momentanea, dovuta all’esigenze ormai viscerale di non dover più mentire e recitare.
Eppure la sensazione di sollievo era passata molto in fretta, lasciando spazio solo al vuoto.
La sua anima era ora libera, ma che importanza poteva avere? Non aveva più assolutamente nulla.
"Bugiardo!"
Aprì di scatto gli occhi, mentre quella parola gli risuonava nelle orecchie come se qualcuno l’avesse veramente pronunciata. Qualcuno con una voce molto familiare…
"Che scherzi assurdi sono questi? Sono così tanto legato a te, Albus, da sentire nella mia testa quello che riusciresti a dirmi se fossi qui con me?"
Una terribile fitta al cuore, mentre realizzava improvvisamente quanto fosse forte il desiderio di avere davvero lì con sé il proprio mentore.
Un sospiro gli uscì dalla bocca, vibrando di dolore.
"A cosa serve pensare che tu possa sentirmi? Quale vantaggio ne trarrei? Nessuno! Sarebbero solo nuove ferite sul cuore, perché poi dovrei tornare con i piedi per terra, dove tu non ci sei."
Chiudendo di nuovo gli occhi, sperò di trovare un po’ di calma. E invece la sua mente gli presentò l’immagine di Silente, nitida e lucente.
"Maledizione Albus! Vuoi lasciarmi in pace una buona volta? Cosa puoi volere ancora da me? Più di così non posso darti!"
Silente gli sorrise, indulgente, e Severus sentì nascergli in petto una gran rabbia.
Riaprì gli occhi e si alzò in piedi, muovendo qualche passo agitato nel poco spazio che aveva a disposizione. Certo, era stanco e stremato, ma davvero riusciva a prendersi così tanto in giro?
E va bene, allora. Tanto valeva fare le cose fino in fondo. Non aveva nulla da perderci.
"Allora Albus, da dove vuoi che cominciamo?" sentì la sua voce come lontana e irreale, leggermente tremante, perché l’idea di starsi veramente rivolgendo a lui era straniante.
"Niente più filtri Severus, niente bugie o trucchetti. Digli la verità, tra queste silenziose mura che mai tradiranno la tua segreta confessione."
"Cosa potrei dirti che tu non sappia già?" un sorriso sarcastico, degno dei suoi tempi migliori, gli si disegnò in volto e i suoi passi si arrestarono.
"Oh, c’è molto che tu non sai. Molto che ti ho taciuto e che forse da dove sei non riesci a scorgere. O forse lo vedi e io non posso saperlo. Ma non sono certo troverò il coraggio di pronunciare quelle parole, Albus. Non ho più forze, né stimoli. Ormai è tutto finito, lui è caduto definitivamente. Nessuno scopo più mi regge in piedi, e sento che per questo sarò presto schiacciato da quello che non sono convinto di aver pagato."
Posò una mano pallida sulla pietra gelida e chiuse gli occhi. Un ultimo grande errore, commesso per devozione, che ora però lo rodeva da dentro come nessun altro rimorso aveva mai fatto.
Il suo corpo divenne di pietra, come la superficie cui era appoggiato. Teso e irrimediabilmente furioso, lo stomaco diventato un pugno di ferro e i polmoni compressi da qualcosa di invisibile e potente.
Si era sbagliato, il coraggio per pronunciare parole amare non era necessario. Bastava il sentimento che gli stava sconquassando corpo e anima.
"Lo vedi, Albus? Vedi, da lassù, quanto mi è costato ucciderti? Vedi cos’è successo dentro di me?"
Stava tremando, di rabbia e di paura. Picchiò un pugno sulla pietra e si volse di scatto, come se il vecchio Preside fosse lì, a guardarlo. E allora si lasciò travolgere, perdendo per un attimo lucidità e lasciando uscire da lui cose che altrimenti il suo cuore avrebbe tenuto ingabbiate.
"Sono morto con te, su quella torre. E muoio ogni volta che i miei incubi rinverdiscono quel ricordo! Non volevo, maledizione! Non volevo ucciderti, per nessuno al mondo. Ma per te si!
Per te avrei fatto qualunque cosa, e lo sapevi, maledetto vecchio sconsiderato! Lo sapevi e ne hai approfittato! Non sai quante volte ti ho odiato per questo…per questo motivo ti ho odiato, così tanto da riuscire a scagliare quell’anatema. Mi sono servito dell’odio che ho covato verso di te, e soprattutto verso di me, per fare quello che mi stavi chiedendo…"
Irritato per la profonda amarezza con cui aveva parlato cercò di proseguire, ma non gli riuscì subito a causa di una non prevista compressione delle vie aeree. Deglutì a forza e prese un bel respiro.
"Mi piacerebbe sapere se riesci ad immaginare il motivo per cui ti ho odiato. Si, credo che, in fondo, vorrei proprio tu potessi saperlo, una buona volta!"
Sorrise sarcastico al vuoto davanti a sé e alzò la testa in segno di sfida.
"Qualcuno ha creduto che si trattasse per l’enorme sacrificio che mi stavi chiedendo, ovvero uccidere di nuovo, e chissà, forse è vero. Ma c’è anche un’altra teoria interessante. Con quell’imposizione mi hai rigettato nel baratro, condannandomi quasi sicuramente a una morte posticipata per mano di qualche devoto membro dell’Ordine o di un impietoso Auror. Oh, si, potrebbe essere anche questo, ma so con certezza che quello che non mi faceva dormire la notte, prima di ucciderti, era altro.
Mi hai condannato a fare una cosa orribile a te, proprio a te che sei stato come un padre! È questo, Albus, ciò che non sono mai riuscito ad accettare. Mi hai condannato a privarmi di te, della mia guida, della mia sicurezza, di una delle pochissime certezze che mi erano rimaste. E per cosa? Per la causa, naturalmente…e questo metteva a tacere ogni mia possibile obiezione, almeno ai tuoi occhi. Ma non ai miei! Se solo avessi potuto convincerti che eri più importante tu di me…ma eri così ostinato…
Non capivi che ai miei occhi non poteva esserci paragone! Sacrificare la tua vita per la mia? Era una follia, e la considero tale ancora adesso, senza dubbio alcuno.
Dovevo riuscire a convincerti, e non ci sono riuscito…hai idea di quanto mi sia odiato per questo? Forse non riesci neanche a immaginarlo. Io invece lo so benissimo…
Ma ormai è inutile pensarci, vero? Ormai sei morto, svanito per sempre dalla mia vita, eppure ancora così maledettamente presente che fa quasi male. Ti sento, sento quello che potresti dirmi, quello di cui potresti rimproverarmi e quello che invece potresti consigliarmi di fare (ovviamente non richiesto).
Lo capisci Albus? Mi manchi.
E pensare che ho fatto tutto per non deluderti… In fin dei conti sono arrivato in fondo anche per questo. L’idea di deluderti e di fallire era così bruciante che poche volte non è stata sufficiente per farmi andare avanti."
Sospirò, appoggiando la schiena alla parete e scivolando di nuovo a terra, sfiancato. Non si era mai reso conto di quanto sforzo comportasse per una persona come lui riuscire ad essere sincero, a distruggere tutte le finzioni che aveva costruito attorno a se stesso e al proprio sentire per proteggersi.
"Riuscirò Albus? Riuscirò mai a perdonarmi?"
Silenzio. E il suo cuore stava dicendo di no.
Nessuno sconforto nel percepire distintamente quella ferrea presa di posizione. Lo sapeva già.
"Ma non è giusto."
"Zitto!" sibilò Severus, mentre la voce di Silente si ripresentava nella sua mente "Lo so che tu vorresti che mi perdonassi. Anzi, se ora fossi qui mi diresti che non c’è proprio nulla di cui dovrei pentirmi, nulla per cui farmi perdonare! Ridicolo!"
Le mani tremarono di nuovo di rabbia, e per frenarle Severus non trovò altro modo che ancorarle alle ginocchia.
"Come potrei mai perdonarmi?"
"Non ti ho forse insegnato abbastanza cose sull’amore per riuscire a capirlo?"
Severus serrò gli occhi, un terribile nodo alla gola e le lacrime che, per la prima volta dopo anni, premevano per ripresentarsi a lui.
"Amore? Maledizione Albus, è proprio per questo che non posso perdonarmi! Ho dovuto colpire te, una delle poche persone che ancora amassi! E per questo non posso amare me stesso, non posso concedermi il perdono che si può concedere a chi amiamo."
"Ma io posso concedertelo."
Scrollando la testa con ostinazione, si aggrappò ancora di più alle proprie ginocchia.
"Perché? Forse perché tenevi a me? Me lo hai dimostrato in infiniti modi, Albus. Credi che il mio cuore fosse così arido da non accorgersene? Ma qui non valgono i ragionamenti razionali. È una questione di sentire. Qualcosa che non controllo. No, Albus. Niente perdono per me."
La vocina dentro la sua testa si spense, finalmente, lasciando spazio solo al silenzio e al vuoto.
E poi, perché tentare di salvarsi? Non gli era rimasto più nulla.
Nulla tranne lei.
Ma lei doveva essere ancora protetta. Perché il peggior pericolo per Dana era proprio lui.
Chissà, magari il Ministero non avrebbe creduto alla sua versione dei fatti, condannandolo subito a morte.
"No, Severus! Ti prego, questo no!"
Di nuovo una voce nella sua testa. Ma non era quella di Albus, e il cuore di Severus lo sapeva troppo bene, perché improvvisamente aveva ripreso a battere in un modo dolorosamente intenso.
"Lily?"
No, era assurdo! Non si era permesso di pensare a lei nemmeno quando rappresentava ancora la sua unica vera ancora di salvezza. E ora, dopo tutto quel tempo, riusciva a trovare il coraggio di rievocare il suo ricordo? Come se non fossero stati sufficientemente dolorosi gli occhi di Potter puntati su di lui in tutti quegli anni…
Scrollò la testa, sentendo il rimorso rigenerarsi in un nodo pesantissimo nel suo stomaco.
"A te non ho mai avuto il coraggio di rivolgermi armandomi solo della verità…chissà perché. Eppure eri così vicina a me…"
"E a cosa ti è servito negare il tuo amore per me?"
"Solo a condannarmi al buio. Credi non lo sappia?"
Non aveva bisogno di immaginarsi un simile rimprovero da lei! Sapeva fin troppo bene che aveva fatto scelte sbagliate anche per riempire la voragine che gli si era creata nel petto perdendola. Ma non poteva rimproverarglielo, assolutamente. L’errore era stato solo suo.
"Vuoi ripeterlo?"
Ripeterlo?
Il volto di Dana gli si affacciò alla mente, e per un attimo si chiese perché l’ossigeno avesse smesso di entrare nei suoi polmoni.
"Lo so che non dovrei allontanarla, che forse è l’unica persona in grado di darmi ancora una qualche speranza di vivere come un essere umano, ma…con che diritto potrei mai? Lei mi ripete che non mi odia, che non mi considera responsabile di quello che è successo a lei e alla sua famiglia, ma anche in questo caso sono io che non riesco a crederci. Non riesco a perdonarmi nemmeno questo…"
"Vuoi davvero attribuirti tutte le colpe del mondo, Severus?"
Questa volta era la voce di Silente a risuonargli nelle orecchie. E non era la sua immaginazione. Il vecchio Preside gli aveva veramente fatto un discorso simile, un paio di anni prima, quando Dana era tornata a Hogwarts durante il Torneo Tremaghi.
"Non puoi essere così convinto di essere responsabile di ogni cosa, Severus. È solo un espediente, fra l’altro stupido, che riesci ad escogitare per soddisfare un tuo bisogno che con questa guerra non ha nulla a che vedere."
Non aveva capito subito il significato di parole, ma poi ad un certo punto la sua mente aveva cancellato tutto, facendo finire quel dialogo in un angolo segreto della sua mente. Se ne era reso conto solo dopo, durante l’ultima estate, in una delle notti di fuga.
Perché aveva nascosto anche a se stesso quel ricordo? Si conosceva troppo bene per non capire al volo che dietro c’era una giustificazione più profonda. E così aveva scavato nella propria anima e nei propri ricordi per trovare una risposta.
L’aveva trovata. Ma ecco che ripescarla dal passato mandava in corto circuito la sua mente persino in quel momento.
"Ammettilo. Poi sarà una strada in discesa."
Scrollò la testa, veramente terrorizzato, per la prima volta dopo tanto.
Era assurdo! Non poteva essere come credeva e sentiva. Aveva ormai trentasette anni. Era possibile che il motivo di quel suo atteggiamento costante fosse sepolto così indietro nel tempo, e che nonostante questo fosse ancora in grado di dominarlo così prepotentemente?
Può l’essere umano, Mago o Babbano, farsi vincere da convinzioni dell’anima sepolte tra le pieghe della giovinezza?
Non lo avrebbe mai accettato. Era un’ipotesi troppo ridicola e inverosimile.
"Eppure hai iniziato così, vero? Prendendo su di te le colpe per quella situazione."
"Albus! Per Merlino! Vuoi lasciarmi in pace?" sbottò con rabbia.
Era già abbastanza amara l’idea che una simile eventualità potesse essere vera…rifletterci sopra sarebbe stato peggio. E comunque, anche ammettendo la veridicità di quella strampalata teoria, cosa poteva farci ora?
"Cambiare."
"Cambiare? E come? Ho già esaurito tutta la mia capacità metamorfica per essere la spia perfetta! Plasmarmi ancora forse non è più nemmeno possibile!"
"Sei davvero così arrendevole?"
"Mai!"
"Allora prova."
Soffiando tra i denti un’imprecazione, Severus volse la testa di scatto, quasi che la sfida lanciatagli lo spaventasse davvero ma non volesse darlo ad intendere.
Cambiare ancora? Oh, certo che poteva riuscirci! Ma voleva? L’unico vero problema era quello.
Trasse un profondo respiro, cercando di calmarsi. Era assurdo… stava davvero litigando con la propria coscienza in quel modo? Forse stava impazzendo davvero, tra quelle fredde mura.
Con o senza Dissennatori, Azkaban era comunque una tortura.
Chiuse gli occhi, sperando che la propria mente decidesse di prendersi una pausa particolarmente lunga.
Ma non fu così.
 
 
This Web Page Created with PageBreeze Free HTML Editor
  
Leggi le 6 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Harry Potter / Vai alla pagina dell'autore: akiremirror