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Autore: Aelin_    04/11/2012    1 recensioni
Seconda Guerra Magica. Il Ministero della Magia è caduto, lasciando allo sbaraglio i sopravvissuti.
Ad Hogwarts, l'Ordine della Fenice e l'ES continuano a combattere contro i Mangiamorte, ma sono ormai allo stremo. La fine è vicina. Gli studenti sono abbattuti, fisicamente e mentalmente. I Grifondoro piangono il loro "lutto", i Corvonero e i Tassorosso cercano di aiutarsi a vicenda. I Serpeverde, capitanati da un Draco Malfoy passato alla Luce, si allenano, ostinati, cercando di dimostrare di essere diversi.
Ma la speranza è morta. Harry Potter è scomparso, da due anni ormai. Alla fine del sesto anno, dopo la morte di Silente, è sparito. C'è chi dice che è morto, chi che si nasconde, altri che sta cercando un'arma. Ma tutti sanno che non reggeranno ancora a lungo.
Nel giorno in cui Voldemort abbatte le difese di Hogwarts, due figure compaiono nel mezzo della lotta.
(introduzione più dettagliata all'interno, era troppo lunga)
Genere: Azione, Mistero, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Draco Malfoy, Harry Potter, Nuovo personaggio, Un po' tutti, Voldemort | Coppie: Draco/Harry, Ron/Hermione
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Non-con | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7, Da VI libro alternativo
Capitoli:
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Titolo: Beliar (probabilmente ormai definitivo!)
Fandom: Harry Potter 
Pairing/Personaggi: Harry\Draco, un po’ tutti, nuovo personaggio
Rating: per ora Arancione, poi si vede
Charapter: 2\? 
Beta: la mia Silvia!, che per lo più legge e mi da un parere (e lei odia le Drarry, quindi non oso riportare qui i suoi commenti)
Words:  2.112 (secondo Word)
Warning: ehm… filosofia? Non so xD
Summary: Seconda Guerra Magica. Il Ministero della Magia è caduto, lasciando allo sbaraglio i sopravvissuti.
Ad Hogwarts, l'Ordine della Fenice e l'ES continuano a combattere contro i Mangiamorte, ma sono ormai allo stremo. La fine è vicina. Gli studenti sono abbattuti, fisicamente e mentalmente. I Grifondoro piangono il loro "lutto", i Corvonero e i Tassorosso cercano di aiutarsi a vicenda. I Serpeverde, capitanati da un Draco Malfoy passato alla Luce, si allenano, ostinati, cercando di dimostrare di essere diversi.
Ma la speranza è morta. Harry Potter è scomparso, da due anni ormai. Alla fine del sesto anno, dopo la morte di Silente, è sparito. C'è chi dice che è morto, chi che si nasconde, altri che sta cercando un'arma. Ma tutti sanno che non reggeranno ancora a lungo.

Il giorno in cui Voldemort, aiutato da Piton, riesce ad entrare a scuola, capiscono che è finita. Niente potrà aiutarli. Nel bel mezzo della lotta, due figure si presentano in Sala Grande, magicamente comparse nel mezzo della stanza. Uno è un centauro, il viso impassibile, freddo e distaccato, il torso umano sfigurato da cicatrici profonde, incise nella pelle. Il corpo equino mansueto, calmo e controllato, il manto blu scuro lievemente arruffato dal vento,che spirava forte fuori dal castello. L'altro, un ragazzo, ha gli stessi occhi di Harry Potter. Ma il Ragazzo Che È Sopravvissuto è cambiato.

Note: Sono scleratissima al momento. Nel senso che si stanno avviando le interrogazioni a scuola e io non so una cippa, sono in pieno stato depressivo e non riesco a scrivere (ringrazio il cielo che per un paio di capitoli, compreso questo, con sta storia sono a posto), e… Non lo so. Ho così tante cose da fare, per Salazar. Un sacco di storie abbozzate sul pc, una storia lasciata in quindici qua sul sito (The Wrong Spell) e problemi vari in famiglia.
In più Beliar (che, se mi ricordo bene, qua dovrebbe comparire… no, forse nel prossimo) fa il capriccioso e non si fa ‘modellare’. Rimane una sagoma indistinta nella mia mente.
 
Recensioni, please? Mi tirerebbero su di morale! Anche per dirmi che questa storia fa schifo (non credo che questo aumenterebbe la mia autostima, insomma) oppure solo per discutere il tempo o raccontarmi cosa ha fatto il vostro cane oggi (avete un cane? Io no).
Ok, sparisco.





 
 
(Febbraio del '99)
Fece un leggero cenno al quadro di Silente sopra la scrivania. Il vecchio gli sorrise, accomodante, gli occhi azzurri che brillavano da dietro le lenti a mezzaluna.
Draco sollevò un angolo della bocca di rimando, entrando nella sala adiacente alla presidenza. Un tavolo rotondo era stato messo al centro della stanza, sgombrata di tutti quei delicati aggeggi che il vecchio preside amava collezionare.
"Alla buon'ora!" gli disse Hermione, il sorriso sul viso che tradiva la sua finta ira.
"Scusate, Blaise aveva bisogno di una mano con un paio di Serpeverde recalcitranti" spiegò, prendendo posto alla destra della ragazza. Davanti a lui, Ron gli fece un cenno, senza neanche alzare gli occhi dalle carte che stava controllando, mentre accanto a lui Luna lo guardò con un sorriso radioso, gli occhi chiari spiritati come sempre e la matita infilata sopra l'orecchio destro. Ginny gli diede una breve occhiata astiosa, ma non fece commenti.
"Ora siamo tutti?" chiese Minerva, camminando per la stanza. Nonostante la stanchezza ben visibile nel suo viso e i fili grigi tra i capelli neri, rigorosamente tenuti su da una stretta crocchia, la preside continuava ad avere la schiena dritta e lo sguardo fiero e inflessibile. Draco si appoggiò allo schienale imbottito della sedia, ascoltando distratto i rapporti di vari membri dell'Ordine. Salutò con un battito di ciglia il suo vecchio professore, Remus Lupin, mentre guardò con leggero astio Malocchio Moody.
Rabbrividì ricordando l'episodio 'furetto'. Aggrottò la fronte. Ancora non aveva capito perché si era trasformato in quell'animale, visto che la sua forma Animagus era una volpe bianca. A detta di Hermione, negli ultimi due anni era talmente cambiato che la sua personalità aveva perso i comportamenti che lo
caratterizzavano come furetto.
"Draco, ci stai ascoltando?" chiese la ragazza, sfiorandolo piano sull'avambraccio. Il biondo si riscosse, guardandosi attorno. Tutti lo stavano guardando, ma non scorgeva rabbia nei loro occhi. Ancora non si era abituato alla loro fiducia e cordiale simpatia nei suoi confronti.
"Scusate, cosa stavate dicendo?" mormorò, protendendosi leggermente in avanti e preparandosi all'ascolto.
"Ancora non ho capito perché permettete ad un Malfoy" Moody mise nel cognome quanto più veleno poté "di partecipare a queste riunioni. Non sappiamo se possiamo fidarci. "
Con molta sorpresa di Draco, fu Ginny a rispondere a tono all'Auror.
" Sono già passati due anni, e Draco non ha fatto niente per tradirci, consegnarci a Voldemort o comunque meritarsi la nostra sfiducia. Si è impegnato e ha portato tutti i Serpeverde dalla nostra parte. Perché non dovremmo fidarci? "
"Potrebbe star facendo il doppio gioco"
"Sei troppo paranoico, Malocchio" intervenne Hermione, le guance che cominciavano a diventare rosse mentre le sua rabbia cresceva. Draco si spostò di qualche centimetro, scambiandosi uno sguardo preoccupato con Ron. Quando la Grifondoro cominciava ad arrabbiarsi, era meglio correre ai ripari. " Draco è uno degli studenti migliori del nostro anno e un bravo duellante. Ci serve, e ha la mia completa fiducia. " sbottò.
"È anche un ottimo Occlumante" ribatté Moody, deciso.
"E questo ci da la sicurezza che, nel caso venisse catturato, non rivelerà i nostri segreti. Se non ti fidi dei nostri giudizi, Alastor, fidati allora di quello di Harry!"
"Perché dovrei fidarmi delle parole di un ragazzino che ci ha abbandonato al suo destino e che probabilmente, in questo momento, è già sottoterra?"
Il gelo calò nella stanza.
Tutti abbassarono il capo, fissando il tavolo. Draco si guardò intorno, il viso pallido e gli occhi sgranati. Non poteva crederci. Lui stesso, durante quei due anni, si era ritrovato tante volte, troppe, a chiedersi dove fosse Harry, cosa stesse facendo, se stava bene... Era diventato la sua personale ossessione. Lo sognava la notte, e il suo corpo reagiva in modo imbarazzante. Girovagava per il castello e si aspettava di vederlo spuntare da un momento all'altro, i capelli neri arruffati, gli occhi verdi luminosi e uno splendido sorriso sul volto, tutto per lui. E quando non succedeva, un moto di delusione e tristezza lo sommergeva, facendolo rintanare sotto le coperte per qualche ora.
Sapeva che anche agli altri mancava. Lo vedeva negli occhi di Hermione, quando entusiasta trovava qualcosa di importante in un libro e alzava lo sguardo, in procinto di raccontare tutto al suo migliore amico. Poi si ricordava che Harry non era lì e l'entusiasmo lasciava il suo viso, veloce come la neve che si scioglie in primavera.
Lo vedeva nel volto di Ginny, che da quando se n'era andato passava ore alla finestra, scrutando il prato del castello, come se si aspettasse di vederlo comparire da un momento all'altro. Molti attacchi dei Mangiamorte erano stati sventati grazie alla sua vista acuta.
Lo vedeva in Ron, che guardava impotente la fidanzata e la sorella struggersi per la preoccupazione, senza poter fare niente.
E lo vedeva nei Grifondoro. L'intera casata ai pasti era silenziosa, meditativa, il loro solito chiacchiericcio sostituito da un silenzio di tomba. Sembrava una veglia. Una veglia interminabile per un morto.
Draco aveva sentito molte voci di corridoio, mentre si muoveva per Hogwarts, che ipotizzavano una presunta morte del moro, e dicevano che erano senza speranza, allo sbaraglio.
Ma in quel momento si accorse che le persone attorno a quel tavolo, quegli stessi ragazzi e adulti che ogni giorno si riunivano per progettare attacchi e studiare libri su libri per trovare più difese per la scuola, avevano perso la speranza. Lo vide nei volti cupi e nelle teste chine.
Lo sconvolse. Quelli dovevano essere le colonne portanti, coloro che avrebbero dovuto infondere la speranza ai ragazzi. Come potevano farlo se neanche loro ci credevano? Come potevano dare il meglio se ipotizzavano solo la loro disfatta? Si alzò in piedi lentamente, calamitando l'attenzione di tutti. Posò i palmi sul tavolo, sentendolo solido e liscio, e trasse da lì la forza per parlare. Dentro di se tremava, cercando di convincersi che no, Harry non poteva essere morto, non poteva averlo lasciato così allo sbaraglio, da solo, ma fuori non lasciò trapelare niente. Il suo viso indossava la solita maschera, fredda e impassibile, altera e decisa.
" Potter non è morto. Non ci avrebbe mai lasciato così da soli per vigliaccheria. Posso dire tutto quello che voglio su di lui, ma non che è un codardo. Ci ha lasciato qui perché aveva una missione da compiere, e facendolo è andato da solo contro il pericolo " alzò il viso, guardandoli tutti in viso, gli occhi duri e determinati. "Voi dovreste essere i suoi amici, le persone a cui affiderebbe la sua stessa vita. Come potete anche solo pensare che fallirà? Senza la speranza non possiamo andare avanti"
"Belle parole, signor Malfoy" lo interruppe Moody. " Ma Harry Potter ha solo diciotto anni. Potrebbe essere già morto. "
"È vero, lo ammetto" si ritrovò costretto a concordare Draco. Abbassò lo sguardo per un secondo,  prima di stringere forte il bordo del tavolo e rialzarlo, fulminando il vecchio Auror. " Ma sa una cosa? Conoscendo Harry, se servisse ad aiutarci, riuscirebbe anche a tornare dal mondo dei morti " concluse, lapidario.
In quel momento, il suo Patronus entrò nella stanza.

Un grosso cervo argentato fece la sua comparsa, dirigendosi verso di lui. Chinò elegantemente la testa, alla ricerca di coccole, e Draco immerse la mano sul morbido pelo sulla sua testa, sorridendo piano. Era strano toccare un Patronus. La ragione ti diceva che non era reale, non poteva essere tangibile, eppure lo sentivi sotto la pelle, potevi annusare l'odore di pulito e pioggia che emanava. Il suo era sempre stato sotto forma di gatto, agile e slanciato, ma da due anni aveva cambiato forma. Hermione lo guardava sospettosa, mentre gli altri aspettavano. Il cervo gli morse piano la manica, dandogli poi un leggero strattone. Voleva essere seguito.
"Herm, Ron, con me. Minerva" si voltò verso la preside " credo ci sia qualcosa fuori dai cancelli. Horn non avrebbe mai lasciato il suo giro di ronda senza un motivo" proclamò, scostando la sedia per poter camminare.
I Grifondoro, senza proteste, lo seguirono.
 
Draco rabbrividì nell'aria gelida, stringendogli meglio addosso il mantello. I semplici jeans e il maglione che portava sotto non lo riscaldavano abbastanza. Come se gli avesse letto nel pensiero (e probabilmente l'aveva fatto) il cervo gli si avvicinò, trasmettendogli il proprio calore. Il ragazzo gli sorrise grato.
"Sapevi che il Patronus di Harry è un cervo?" chiese Hermione, guardandolo di sottecchi. No, non lo sapeva. Ora tutto quadrava. Sorrise al proprio Patronus, che ricambiò con una giocosa spinta al gomito. In quegli occhi argentati gli sembrava quasi di rivedere le iridi verdi e vivaci di Potter, il suo sguardo concentrato quando studiava o non capiva qualcosa, il colore più scuro che prendevano di fronte al pericolo o alla sfida... In tutti quegli anni che avevano passato da nemici, lo aveva osservato, camuffando il proprio interesse con odio e bugie. Aveva imparato le sue abitudini, i suoi tic, le cose che amava mangiare e quelle che non gli piacevano, i suoi posti preferiti e le lezioni che odiava. Aveva passato così tanto tempo a notare queste cose che da due anni la loro mancanza lo colpiva con l'intensità di un pugno nello stomaco, facendogli venire le lacrime agli occhi.
Horn gli morse piano la mano. Si era distratto, di nuovo.
Il trio attraversò il prato ricoperto di brina, che luccicava sotto il tramonto serale, in cui il grosso sole arancione si tuffava tra le cime degli alberi della Foresta Proibita. I grossi cancelli di Hogwarts comparvero all'orizzonte, neri e dritti come macabri pali infissi nel terreno. Il lucido ferro nero brillò, come a salutare la loro venuta.
Non notarono niente di strano o anomalo mentre si avvicinavano, fino a quando non furono a pochi metri di distanza dalla cinta.
Una magra e slanciata figura si reggeva con una mano pallida all'inferriata, tremando contro le raffiche di vento invernale provenienti da nord. Era avvolta in un logoro mantello nero sbrindellato, e sembrava che da un momento all'altro potesse andare in pezzi, accasciandosi al suolo come un corpo morto.
"Mostra la tua identità!" disse pomposo Ron, facendo alzare gli occhi al cielo al biondo. Negli ultimi tempi aveva imparato ad appezzare i Weasley, ma alcuni comportamenti di Ronald erano decisamente... troppo.
La figura alzò la mano, lasciando cadere indietro il cappuccio, scoprendo lunghi e mossi capelli biondi, un viso liscio come alabastro e bianco come la neve e due occhi azzurri colmi di sofferenza.
Draco si precipitò in avanti di scatto, ringhiando quando Hermione gli bloccò la strada, trattenendo lo per un braccio.
"Draco" disse piano, preoccupata. "Non sappiamo se è veramente lei"
"Certo che è lei" rispose il ragazzo, cercando di liberarsi. Guardò affranto il viso della madre, scorgendo i segni della sua sofferenza. Ad occhi estranei sarebbe apparsa bella e fredda come sempre, ma lui riusciva a vedere la stanchezza e il terrore in fondo alle iridi, le scie secche che le lacrime avevano lasciato sulle sue guance e che lei aveva cercato disperatamente di lavar via. Era emaciata, smunta, il biondo dei capelli spento e opaco.
"Draco..." Hermione si morse il labbro inferiore, preoccupata.
"È lei, Herm" affermò di nuovo il biondo, risoluto.
Appena, con un sospiro rassegnato, la ragazza lasciò il suo braccio, si precipitò al cancello, passando la punta della bacchetta sulla serratura, che scattò con un lieve cigolio.
Si fiondò tra le braccia della madre, stringendola al petto, immergendo il naso nel suo collo e odorando quel profumo che gli ricordava casa. Quanto gli mancava il Manor, con le sue grandi stanze, il silenzio rilassato e i giardini pieni di fiori...
Quando Narcissa Black in Malfoy svenne tra le braccia del figlio, una lacrima le rigò il volto.
 
 


(Giugno del '97)
Era debole.
Accasciato contro il muro di pietra, aspettava.
Non sapeva dove si trovava.
Non sapeva da quanto tempo era lì.
Non sapeva niente del mondo esterno.
Non sapeva chi lo osservava, giorno dopo giorno.
Arrivava ad orari diversi, da quello che riusciva a capire. Sentiva un rumore di zoccoli, poi si apriva una feritoia nella porta di ferro e due profondi occhi viola lo fissavano. A volte pochi secondi, altre minuti interi.
Non gli importava.
Era nudo, rannicchiato su un pavimento di pietra. Il muro dietro di lui gli grattava la schiena, creando lunghi solchi. Quando si svegliava, erano già spariti. Non sentiva freddo, nonostante l'umidità della cella.
Sapeva solo di avere fame.
Insaziabile, dolorosa, lo tormentava.
Lo portava sull'orlo della follia, ogni giorno più vicino.
 
 
Stava fissando il vuoto. La fame si era ormai ridotta ad un pulsare rabbioso in fondo allo stomaco, sordo. Non ci badava.
Davanti agli occhi, sospeso in una dimensione accessibile solo a lui, vedeva l'orlo. Il confine.
Era arrivato alla Bestia dentro di se.
 
 
 
   
 
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