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Autore: _amethyst_    05/11/2012    4 recensioni
« No, non è uno scherzo: è stata tutta colpa sua.
Colpa dell’unico individuo della casa che assisteva senza essere protagonista, colpa di colui che inconsapevolmente ha causato tutto.
Non sono pazza: è stata colpa di quel gatto! »
- Prendiamo due cugine, castane e completamente diverse l'una dall'altra.
Prendiamo due amici, uno smielato potenzialmente figo e un musone che crede di saper scrivere canzoni, anche lui potenzialmente figo.
Prendiamo due ex, un biondo gay effettivamente figo e una piattola bionda con la mania dell'ordine.
Prendiamo un gattaccio puzzolente e dal muso schiacciato di nome Parmigianino.
Mescoliamo insieme questi elementi in un unico calderone e ne deriverà un disastro.
Un ENORME disastro.
Genere: Commedia, Erotico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Universitario
Capitoli:
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La dura verità.
capitolo 16

(Pov. Ileen)
 
Mescolai meticolosamente il contenuto all’interno della terrina, ma non prima di aver immerso le fruste al suo interno ed essermi circondata di tutti gli ingredienti necessari per la preparazione del dolce. Uova, mascarpone e savoiardi, e allo stesso tempo paure, preoccupazioni e tanta malinconia, in un unico metro quadrato. Fintantoché respiravo e mantenevo la mia attenzione sul tiramisù in preparazione riuscivo a non pensare, e di conseguenza tenevo la mente lontana da Chase e da tutti i casini che stava combinando. Ero stanca di combattere contro le sue stranezze, e non avrei mai e poi mai ammesso quanto mi mancasse il suo sorriso etero, le sue mani etero, il suo sguardo innamorato etero. Il nuovo Chase mi stava stretto, e avevo la netta impressione che stesse stretto pure a sé stesso, nonostante avesse quasi fatto venire un embolo ai suoi genitori annunciando loro di essere omosessuale.
Strinsi la presa intorno al manico delle fruste, come autodifesa dai ricordi, ancora troppo vicini e dolorosi.
Tirai su col naso, percuotendo il contenuto della terrina con furia, come se al posto della crema ci fosse la faccia del biondo. Avrei voluto avere la forza di prenderlo a sberle, fargli del male fisico così come lui ne aveva fatto a me moralmente. Ma dovevo resistere.
Volevo dimostrargli che ero più forte, e lo ero davvero, nonostante avessi deciso di mostrare al mondo una parte di me che non esisteva. Come d’altronde stava facendo lui. Non riuscivo a togliermi dalla testa l’opprimente sensazione che ci stesse prendendo tutti quanti (nessuno escluso) per il culo.
Fingevo giorno dopo giorno di essere una stupida ochetta bionda senza cervello, e il fatto che tutti ci fossero cascati era un chiaro segnale che nessuno mi prestasse la minima attenzione, come d’altronde avevo sperato che accadesse.
Erano tutti talmente presi dalle loro vicende sentimentali da non accorgersi che ogni giorno che passava io stavo peggio di quello precedente. Ma c’ero abituata.
Dalla morte dei miei genitori ero stata costretta a cavarmela, a combattere per mantenere intatto il mio sorriso, nonostante i problemi. Malgrado lui.
Lui che sapeva cos’avevo passato e mi aveva lasciata ugualmente nella merda.
Lui che mi aveva risollevata dal pantano in cui ero sprofondata e mi aveva spinta nuovamente nelle sabbie mobili. E mi stavo inabissando, ancora una volta.
- Leen. – trattenni il fiato, e quando riconobbi quella voce (e appurai di non averla sognata) asciugai una lacrima fuggitiva e voltai il capo verso Chase, appena comparso sulla soglia della cucina come un fantasma.
Un meraviglioso fantasma.
Assunsi un’espressione altera e gelida, come se la luce della luna non illuminasse i miei occhi lucidi.
- Chase. – risposi, decisa a non destare in lui sospetti di alcun genere. Non mi avrebbe più vista piangere.
Mi ero ripromessa di non mostrargli più i miei sentimenti.
Dovevo essere forte, ancora una volta.
Così ripresi a fare ciò che stavo facendo, augurandomi che la sua fosse soltanto un’apparizione transitoria e che se ne tornasse in camera a ronfare.
- Quando sei nervosa cucini. Ti conosco ormai. – mi morsi il labbro inferiore, contenendomi categoricamente dall’agire d’impulso.
Strinsi la presa sulle fruste e continuai a lavorare la crema, aggiungendo gradualmente il mascarpone.
- Allora saprai anche che non ho nessuna voglia di parlare con te, dato che… mi conosci. – aggiunsi un tocco di ironia alla frase, cercando di non tirare fuori il lato bellicoso che avevo avvedutamente nascosto dietro un sorriso dolce. Non mi girai quando dissi queste parole, ma sentii distintamente dei passi farsi sempre più vicini. Dovevo reggere. Lo dovevo a me stessa.
- Devo dirti una cosa, Leen. –
- Non mi interessa. –
- Invece ti interessa, lo so. –
- Tu non sai proprio niente. Altrimenti capiresti che non voglio più avere a che fare con te. –
- Invece so che non è così. Ti fingi forte solo perché ti vergogni ad ammettere che ti manco. – la sua voce era sempre più vicina, ma avevo paura che volgendomi in sua direzione me lo sarei trovato a due centimetri dalla faccia. Per l’ennesima volta, strinsi i denti e cercai di non pensare a quanta distanza fisica potesse esserci fra di noi.
- Anche se fosse così non te ne importerebbe niente. Ricordi? Sei gay. – cercai di non pensare al fatto che più di una settimana prima aveva baciato Bethany: ogni volta che mi tornava in mente mi veniva una gran voglia di piangere. E di prenderlo a calci in culo.
- Leen… - rabbrividii appena sentii il tocco della sue mani sui fianchi. Mi morsi il labbro inferiore e feci uno scatto nervoso, nella speranza che quel gesto aspro lo esortasse ad allontanarsi in fretta, ma ciò contribuì soltanto ad aumentare la sua stretta.
Fanculo, fanculo, fanculo.
- Leen ascoltami. –
- NO! – sbottai, allontanandolo di qualche centimetro e puntandogli contro le fruste sporche di crema, dopo essermi girata. Feci un errore gravissimo a incrociare quegli occhi.
Erano parte di ciò che avevo imparato ad amare più di qualsiasi altra cosa al mondo: come potevo essere indifferente a tale bellezza?
- Non sono gay. Non lo sono mai stato… e penso proprio che non lo sarò mai. – sorrise ampiamente, ed io sentii soltanto il tocco leggero della sua mano che accarezzava con delicatezza la mia guancia.
Mi guardava come il Chase etero di cui ero innamorata.
- Ma che scemenze stai dicendo? – mi alterai immediatamente, considerando la sua rivelazione una mera presa per il culo.
- Sono etero, amore mio. Ho fatto una cazzata a mentirti così. Io… -
- Fermo. – posai le fruste sul bancone e mi divincolai dalla sua stretta, questa volta in modo assai più deciso, piantando nei suoi occhi uno sguardo severo e affatto benevolo – Amore mio? – lo imitai, senza comprendere quale fosse lo scopo della sua visita notturna. Se voleva soltanto infrangere la mia maschera di tranquillità ci stava riuscendo alla perfezione.
- Lasciami spiegare… -
- Sta zitto, per favore. Anzi, niente per favore, stai zitto e basta! – lo interruppi per la seconda volta, radunando tutte le idee e tentando di dar loro un ordine logico.
Chase mi aveva appena chiamata amore mio (merdaccia!), e si stava comportando come se nell’ultimo periodo non avesse recitato la parte dell’omosessuale mestruato. C’era qualcosa che non andava.
- Tu dici di non essere gay – ripresi, fissando un punto imprecisato del pavimento, a circa dieci centimetri dai miei piedi… e dalla coda di Parmigianino, che si aggirava da quelle parti come un’anima in pena, desideroso di causare ulteriori catastrofi, maybe – ma hai detto a tutta la tua famiglia che ti piacevano i maschi, rischiando di provocare un infarto precoce a entrambi, e hai passato mesi a comprarti completi improponibili e perizomi pelosi… PELOSI! - rabbrividii, al ricordo di quello che era sbucato come un fungo a ombrello dal suo cassetto della biancheria – E adesso, improvvisamente, mi dici che non sei gay e non lo sei mai stato. Ora, vorresti gentilmente spiegarmi che problemi hai? –
- Vedi… avevo paura. I miei genitori sai come sono. Sono dei tipi vecchio stampo, e quando ti ho presentata a loro stavano già progettando il nostro matrimonio e la nostra vita futura. Parlavano di nipotini, a diciassette anni! Nipotini, Leen! –
Sfarfallai le ciglia al suo dire, le braccia conserte al petto e le unghie nella carne.
- E allora? –
- Ho dovuto mentire a loro, e a te, perché stavo impazzendo. Mi stressavano, e lo facevano anche con te. Erano dei rompicoglioni allucinanti e allora ho pensato che… -
- …che sarebbe stato meglio spezzarmi il cuore invece di muovere il culo e mettere le cose in chiaro con i tuoi. Ti cagavi sotto, ho capito. – abbandonai la mia aria da cupcake per assumere un cipiglio poco indulgente, duro come il marmo. Non l’avrebbe avuta vinta, non ora che avevo la mia occasione di fargliela pagare una volta per tutte.
- Perché sei sempre così diretta? –
- A che serve girarci intorno? Te la sei fatta sotto appena hai sentito parlare di matrimonio. Codardo! –
- Ah beh, è normale sentir parlare di matrimonio e mocciosi a diciassette anni! –
- E fingersi gay per mesi invece lo sarebbe?! Porcoparmigianino, hai una strana concezione di normalità! –
- Ti sto chiedendo scusa, va bene? –
- Non l’avevo capito. E comunque credi che delle scuse bastino? Che mi dici di Bethany? –
- Che cosa vuoi sapere? – sembrava confuso dalla mia domanda, ma forse stava solo prendendo tempo per inventarsi una scusa plausibile per ciò che aveva combinato.
- L’hai baciata. Perché, voglio un perché. –
- Io… ecco… - scosse il capo, aggrottando le sopracciglia e distogliendo lo sguardo di tutta fretta – Io voglio proteggerla da quell’idiota di Matt. Lui non è stato del tutto sincero con lei. –
- Sì, ho capito a cosa ti riferisci. Ma ho paura che non ci sia più bisogno del tuo aiuto. –
- Tu sai della scommessa? –
- Certo che so della scommessa! Andiamo, chi è che non conosce la stupidità di quei due? –
- Beh, credo che Bethany non lo sappia. E nemmeno Prudence. Se lo sapesse ce l’avrebbe a morte con Will. E con Matt, anche. –
- Se devo essere sincera non mi interessano i loro casini. –
- Posso chiederti come l’hai scoperto? –
Alzai gli occhi al cielo e mi scostai dal bancone, muovendo qualche passo in direzione del tavolo da pranzo, al centro esatto della cucina. Non respiravo bene, quando gli stavo troppo vicina.
- Ho trovato il quadernino mentre facevo le pulizie, sotto il letto di Matt. Rischiavo di distruggerlo con l’aspirapolvere. L’ho aperto per accertarmi che non fosse spazzatura e alla fine ho letto cosa c’era scritto. Ho trovato il codice per decifrare quella specie di strano alfabeto e ho curiosato un po’, anche se per un pelo non mi scoprivano! Mi sono dovuta muovere a chiuderlo e nasconderlo dov’era. –
- Mi chiedo come si possa essere così bambini. – si stava avvicinando: era deciso a non lasciarmi un attimo di tregua. Ormai ne ero più che consapevole.
- Già. Dovresti saperlo, visti i casini che hai fatto. –
- Potrai mai perdonarmi? – il tono della sua voce era dolce come un barattolo di marmellata di albicocche, ma lasciai scivolare addosso quelle parole, quelle note. Non potevo permettergli di abbattere le mie difese e giocare spudoratamente con le mie debolezze.
Mi ero lasciata andare una volta, e mi era bastato per farmi un male cane.
Deglutii e, nella speranza di non crollare banalmente sotto il suo sguardo, mi voltai a fronteggiare il suo viso, il suo corpo, e lui. Lui che amavo e odiavo allo stesso tempo.
- Non lo so. Non voglio farlo, perché so che mi ferirai di nuovo, ma… - tacqui, bloccata da un paio di labbra che conoscevo a menadito e che non mi sarei mai stancata di sentire sulle mie.
Le sue mani mi stringevano il viso, si infilavano tra i capelli, ed eccolo addosso a me un’altra volta.
Mi domandai com’ero riuscita a sopportare la sua mancanza.
Forse ce l’avevo fatta perché credevo di non avere scelta. Ed ora che sapevo di averne una?
Dovevo permettergli di giocare con me come gli girava?
La mia mano si fiondò sulla sua faccia, centrandolo con forza non eccessiva, ma sufficiente a farlo allontanare di botto da me. Mantenni un’espressione ruvida, come se fosse abbastanza per tenere a bada le sue iridi magnifiche.
- Smettila di giocare con i miei sentimenti. Non sono ancora pronta a perdonarti. Ora vattene in camera: ho un tiramisù da finire. – dissi ciò tutto d’un fiato, e con gambe malferme tornai alla mia postazione da lavoro, riprendendo in mano le fruste sporche di crema. Prima ancora che potessi avere cognizione delle mie azioni sentii il rumore di una porta sbattere furiosamente, segno che Chase era tornato a dormire.
Riempii d’aria i miei polmoni, col cuore più pesante e la testa più incasinata che mai.
 
(Pov. Chase)
 
Ero disposto a tutto per raggiungere il mio obiettivo. Anche ad infilarmi in bagno mentre Will faceva la doccia e aspettarlo pazientemente di fronte al lavandino, con le braccia muscolose conserte sul petto.
Attesi molto poco, considerando che lo smielato si era già buttato sotto il getto d’acqua bollente da una mezz’oretta prima del mio arrivo, e quando uscì dalla doccia, rilassato e riposato, sorrisi beffardo.
- Dobbiamo parlare. – esordii, senza neanche lasciargli il tempo materiale per avvolgersi un asciugamano intorno ai fianchi e realizzare che Chase il gay (ossia io) era sgattaiolato in bagno mentre lui faceva la doccia, probabilmente con il preciso intento di tendergli un agguato.
- Mapporcoparmigianino CHASE! – esclamò tutto d’un fiato, infiammandosi all’altezza del viso e cercando a tentoni qualcosa con cui coprirsi in fretta. Si accontentò di una paperella di gomma, collocata strategicamente dinanzi alla zona X. – Qualunque cosa tu abbia intenzione di fare sappi che non sono né gay né bisessuale. Mi piacciono le donne e non cambierò idea! – aggiunse, interpretando la mia incursione come un’aggressione sessuale bella e buona.
- L’idea di toccarti in quel modo mi ripugna a sufficienza, non ti preoccupare. Non sono qui per questo. –
- E allora perché? –
- Devo farti una proposta. Anzi, ho paura che tu non abbia molta scelta. – lo vidi aggrottare le sopracciglia, e questo non fece che rendere maggiormente ampio il mio sorriso ironico.
- Che genere di proposta? – era sospettoso, specialmente per colpa della mia espressione rilassata, tipica di chi sa già che otterrà ciò che desidera senza troppi sforzi.
- So di una certa scommessa fra te e Matt. – cominciai, appoggiando la schiena al bancone candido – Ogni dettaglio. – aggiunsi, grattandomi il mento con fare annoiato – E ho constatato che a Bethany e Prudence non farebbe affatto piacere conoscere certe cose. Tu che ne pensi? – lo vidi distintamente impallidire, immobile, con le mani sulla paperella di gomma e il corpo ancora grondante.
- Prudence non c’entra niente in questa storia. Lasciala fuo… -
- Non c’entra? Tu e il tuo amichetto avete scommesso come due imbecilli che vi sareste scopati sua cugina. Anzi, avete scommesso su chi se la sarebbe fatta prima. Certo, tu ci hai rinunciato quasi subito, ma pensi davvero che Prue rimarrebbe indifferente se lo venisse a sapere? –
- Come l’hai scoperto? –
- Vi ho sentiti parlare. Credevate di essere soli in casa, ma io sono tacitamente tornato dall’università senza che voi non ve ne accorgeste e… ho sentito di una certa scommessa. –
- Ah, allora stavi origliando! –
- Non ha nessuna importanza ora, non credi? Ho il coltello dalla parte del manico, e farai bene ad avvertire il tuo amico di questo. –
- Ti consiglio di non giocare con Matt. Non è un tipo particolarmente pacifico. –
- Non ho paura di lui, Will. Piuttosto… lui dovrebbe averne di me. –
- Comunque non mi hai ancora detto qual è la proposta che volevi farmi. –
- Ho bisogno di una mano da voi. Metaforica ovviamente. – ci risi su, sapendo di essere nella posizione di poterlo fare benissimo.
- Cosa ti serve? –
- Ileen. Voglio lei. Dovete convincerla a perdonarmi e tornare insieme a me. –
- Un momento… ma tu non eri gay? –
- Storia lunga. No, non lo sono. –
- Dirlo prima no eh? Vabbè. In ogni caso: come pensi che io e Matt riusciremo a farti perdonare se non ce l’hai fatta tu da solo? –
- Non è affar mio. Se non volete che le fanciulle lo sappiano vi consiglio di fare in modo che accada. – e, dopo aver detto ciò, mossi qualche passo in direzione della porta, pronto a lasciare il ragazzo con i suoi pensieri, a riflettere sulla situazione – Ah, quella paperella non copre un granché. La prossima volta tieniti qualcosa di più grande a portata di mano, se dovessi farti visita ancora. –
- Non ci sarà una prossima volta: piuttosto cemento la porta! –
- Comunque non ho ancora avuto una risposta. Ma tranquillo, hai ancora un giorno per rifletterci. –
- Io accetto. Matt, beh, non lo so. – era visibilmente infastidito dalla situazione, e potevo vederlo nei suoi occhi scuri e nelle labbra serrate. Avrebbe preferito che gli passasse sopra un carro armato, piuttosto che lasciarsi ricattare da me senza fiatare.
- Bene. Ci vediamo a cena, Will. – uscii dal bagno, chiudendomi silenziosamente la porta alle spalle e sgusciando come un anguilla in direzione della mia camera, augurandomi che come piano potesse portare a qualcosa di concreto, nonostante i mezzi per giungere al risultato sperato non fossero del tutto lindi e pinti. Speravo soltanto di non dover fare ciò che avevo appena minacciato di fare.
 
(Pov. Martha)
 
Dovevo lasciar stare Brian, ma vederlo girare come un’anima in pena per il locale, probabilmente attendendo una risposta che non sarebbe mai arrivata, non era per niente divertente. Anzi, era piuttosto penoso. Lasciai momentaneamente stare il panno con cui stavo pulendo il bancone e mi avvicinai cauta a lui, piantato nei pressi dei camerini, come nella speranza di veder uscire da un momento all’altro la sua musa. Non sapevo con quale scusa rivolgergli la parola, considerando che lui mi odiava e avrebbe trovato strano anche solo il fatto che io mi avvicinassi a lui.
- Stasera chi c’è di turno, oltre me? – domandai, sapendo benissimo che ci fosse lui e non Nick.
- Io. – si limitò a replicare, lanciandomi un’occhiata che interpretai come un congedo.
- Capisco. Questo significa che dovrai pattugliare tutto il locale, no? -
- Sì. -
- Quindi non solo la porta dei camerini. - misi le mani sui fianchi e lo osservai con attenzione. Sapevo che quella frase avrebbe risvegliato il suo disprezzo nei miei confronti, perciò non mi stupii di vederlo aggrottare le sopracciglia e assumere un'aria tutt'altro che amichevole.
- Il locale è mio, sono affari miei. -
- Sì, vero, ma se speri che io faccia il lavoro che dovresti fare tu ti sbagli di grosso. -
- Se sei venuta qui per provocarmi puoi anche tornare a divertirti a casa con Nick. Basta che mi stai alla larga. -
- Veramente sono qui per dirti che se non fai quello che devi fare chiederò lo straordinario. -
- Se è quello che vuoi prenditelo pure, ma lasciami in pace! - distolse lo sguardo, nella speranza che mi allontanassi di mia spontanea volontà, ma io non avevo nessuna intenzione di farlo. Tutt'altro: desideravo più che mai accertarmi che recepisse il mio (in realtà dell'altra) messaggio.
- Lei non ti vuole, come fai a non capire? Usa il tuo pisello e punto. -
- Credo che tu non sia la persona più adatta a darmi questi consigli. Non so se ricordi... l'ultima volta che mi hai detto una cosa simile mi hai rovinato la vita. - raggelai nel sentire quelle parole. Abbassai lo sguardo, consapevole della gravità di ciò che avevo combinato, seppur in buona fede.
- Eravamo amici. Sai che l'ho fatto solo per prote... - non riuscii a terminare la frase, poiché Brian si era avvicinato a me con la solita aria minacciosa che mi impauriva e che allo stesso tempo mi armava di una nuova forza.
- Proteggermi? Hai distrutto l'unica relazione che mi importava mantenere. E solo perché credevi che lei non mi meritasse. Che razza di amica è una che fa una cosa simile? - taqui, mantenendo lo sguardo basso. Non riuscii a continuare il mio discorso. Presi un bel respiro e tornai in dietro, afferrai il panno e ripresi a pulire il bancone con furia, sfogando tutta la mia frustrazione sulla superficie di marmo del locale.
 
(Pov. Matt)
 
Non immaginavo che l'arrivo dell'autunno avrebbe portato con sé una bufera come quella che si stava cominciando a scorgere all'orizzonte.
Ero convinto che tutto sarebbe andato per il verso giusto. Meditavo di gettare tra le fiamme il quadernino che nascondevo sotto il letto, perché ormai mi ripugnava.
Mi vergognavo di me stesso, per ciò che avevo pensato di fare. Ora partivo con la consapevolezza che Bethany non era più solo una stupida scommessa.
Era più di una vittoria, anche se non sapevo ancora esattamente come definirla. Forse era Bethany e basta.
Sentii la porta della camera aprirsi, e questo mi fece fare un rapido scatto per nascondere il famoso quadernino, ma nel veder comparire Will mi rasserenai visibilmente.
- Bussare è passato di moda? - domandai ironicamente, aggrottando le sopracciglia dinanzi all'espressione turbata dell'altro.
- Siamo nella merda. La buona notizia è che quello a prendere più botte sarai tu. - si lanciò a capofitto sul suo letto, atterrando di schiena e spalancando le braccia con aria stanca.
- Che dici? - una strana sensazione mi attanagliò lo stomaco. Rimase in silenzio per quelli che mi parvero secoli, poi, continuando a fissare il soffitto, disse:
- Chase sa della scommessa. E, sorpresa!, vuole che noi facciamo qualcosa per lui in cambio del suo silenzio. - replicò atono, senza distogliere l'attenzione da un minuscolo ragnetto penzolante.
- Spero niente sesso orale! - esclamai, fingendomi poco toccato dalla rivelazione. In realtà ribollivo di rabbia. Sentivo le mani formicolare per la voglia di dare una lezione a quella mezza-checca.
- Lo dirà a Bethany se non facciamo ciò che dice. E quando Bethany lo dirà a Prudence per me sarà la fine. -
- Chase non lo dirà a Bethany. - asserii convinto. No, non lo avrebbe fatto: l'avrei gonfiato di botte molto prima che potesse anche solo pensarci.
- Ah no? Mi stupirei se non l'avesse già fatto. -
- No, non lo farà. - mi alzai dal letto con calma e mi infilai una maglia. Will comprese le mie intenzioni, mi lanciò uno sguardo ammonitore e si mise a sedere, pronto a fermarmi.
- Se tu lo gonfi, lui gonfierà noi... senza neanche toccarci! E' questo che vuoi?! -
- Non mi interessa. Si è intromesso fin troppo fra me e Bethany! - rabbia e rancore si impossessarono in un baleno del mio corpo, e immediatamente la prima cosa che feci fu quella di ignorare le raccomandazioni di Will e di uscire dalla camera, pronto a scatenare un putiferio, appena trovato Chase.
Non ci misi molto: era appena tornato dal supermercato e aveva un'aria fin troppo rilassata, come se fosse sicuro di aver fatto la mossa giusta.
Nonostante la presenza di Ileen in cucina, mi diressi spedito verso il biondo, lo afferrai per le spalle e lo costrinsi ad indietreggiare.
Osservai un'espressione sorpresa, appena realizzò che l'avevo appena messo con le spalle al muro.
- Adesso basta. - asserii, fingendo calma - Prova ancora una volta ad intrometterti nel mio rapporto con Bethany e giuro che rimpiangerai il giorno che sei arrivato in questa casa. - la risposta di Chase fu un sorrisetto vittorioso. Mi spinse lontano da lui e avanzò minacciosamente in mia direzione, forse per ribadire il fatto che era lui a dettare le condizioni, e che io non potevo che subirle.
- Ho già avvertito Will e non ho voglia di ripeterlo anche a te, ma te lo dico un'altra volta perché forse non hai capito bene. So della vostra scommessa, e non ho certo paura di dirlo a Bethany. Quindi hai una possibilità: o stai alle mie regole o perdi. - Ileen guardava la scena impotente, consapevole di quanto l'aria fosse irrespirabile. Eppure non intervenne, anzi, quando sferrai il pugno sulla faccia di Chase mi sembrò di sentirla sospirare. Non cercò di dividerci: era come se se lo aspettasse.
Ricevetti un bel paio di pugni da Chase, ma gliene restituii altrettanti, pensando soltanto a metterci più forza. Non seppi per quanto tempo durò la nostra lotta: solo una voce mi riportò alla realtà, e anche un miagolio indistinto, ma forse quello lo immaginai.
- Che cazzo state facendo?! - Miss Diplomazia è stata eletta! Era Bethany: tentava di separare me e Chase con l'aiuto di Will. La guardai e la vidi pallida, preoccupata. Non sospettava minimamente il perché di quella lite.
- Ora basta Matt! - Will mi allontanò bruscamente. Mi sentivo la faccia gonfia e in alcuni punti dolorante, ma vedendo quella dell'altro capii che forse non ero quello messo peggio. Ma non mi consolava affatto: sapevo che la vittoria l'avrebbe comunque avuta lui.
- Credo che la tua sia una risposta chiara: vuoi che Bethany sappia. E allora saprà, verrai accontentato. -
- Sapere cosa? - domandò lei, sospettosa. Lasciò andare Chase, forse per avvicinarsi a me, ma prima che potesse farlo mi divincolai dalla stretta di Will e me ne andai in camera, chiudendomi dietro la porta. Solo in quell'istante compresi che mi ero rovinato con le mie stesse mani.
 
(Pov. Ileen)
 
Non mi avvicinai a Chase. Incrociai soltanto il suo sguardo e scossi il capo. Ero disgustata dal suo comportamento e dai suoi ricatti, e di certo non lo nascosi. Lasciai che Bethany gli portasse del ghiaccio, probabilmente intenzionata a venire a conoscenza del motivo della lite fra i due coinquilini, mentre io mi armai di disinfettante e cotone e mi avviai silenziosamente in camera di Matt. Non avevo alcun secondo fine, se non quello di marcare il fatto che volessi tenermi a debita distanza da Chase.
Bussai, e, non ricevendo alcun invito, asserii con voce squillante:
- Sono Ileen, aprimi. - rimasi in attesa qualche istante, ma, forse per la sorpresa di trovarmi lì davanti, mi aprì restituendomi uno sguardo indagatore.
- Beh, non vai a curare il tuo amichetto? - domandò sprezzante, appoggiandosi allo stipite della porta con fare altezzoso.
- No. Se l'è meritato, qualunque cosa abbia fatto. - la mia risposta lo sorprese. Forse fu il mio tono fermo ad impressionarlo, così diverso da quello che era solito sentir uscire dalle mie corde vocali.
- Cosa vuoi? -
- Hai un taglio nel sopracciglio e il labbro mezzo spaccato. Mica vorrai rimanere in questo stato? Che direbbe Bethany se rimanessi così? -
- Tanto ormai non vorrà nemmeno più guardarmi in faccia. Che differenza fa? - nonostante queste parole amare mi lasciò entrare. Si accomodò sul letto ed io, dopo essermi chiusa la porta alle spalle, gli sedetti accanto, posando momentaneamente il disinfettante sul comodino.
- Perché dovrebbe? - non ci volle molto a comprenderlo, ma preferii non fargli intendere che sapevo più del dovuto.
- Perché l'unica cazzata che ho fatto è ormai di dominio pubblico! - 
Sospirai, bagnai il cotone col disinfettante e lo avvicinai ai suoi graffi.
- Mi fate ridere voi maschi: prima fate le stronzate, poi piagnucolate quando avete quel che meritate, e poi noi passiamo per le troie che non vogliono perdonarvi. - non ero affatto dispiaciuta per Matt. Non quanto lo ero per Bethany. Chi meglio di me sapeva cosa significava essere presa per il culo dal ragazzo amato? - Nascondi meglio i tuoi quaderni la prossima volta... devi saper proteggere i tuoi segreti, se non vuoi che comincino ad essere un problema. -
- Mi stai dicendo che anche tu sai della scommessa? -
- Se ti dicessi di no sarei una bugiarda. - tamponai la ferita rapidamente, desiderosa di tornare alle mie faccende.
- Perfetto. Allora se non glielo dirà Chase lo farai tu al posto suo, non è così? -
- No, ti sbagli. Io non ho nessuna intenzione di mettermi in mezzo a questa storia. Come ho già detto, sono affari vostri. E sinceramente non capisco che interesse abbia Chase a fare lo stronzo. - diedi un'ultima, rapida, occhiata ai graffi e mi alzai dal letto. Afferrai cotone e medicinale e mi avviai in direzione della porta - Ah. - mi voltai nuovamente, a pochi passi dall'uscita - A questo punto mentirle non ha più senso. - non attesi una risposta: uscii dalla stanza e tornai in cucina. Non mi stupii di trovarla nuovamente vuota.
 
(Pov. Bethany)
 
- Bene! Ora mi piacerebbe sapere di cosa stavi parlando poco fa. - incrociai le braccia al petto, assumendo un'espressione decisa. Avevo praticamente costretto Chase a seguirmi in camera sua, e non avevo intenzione di uscirne finché non fossi venuta a conoscenza del motivo a causa del quale i due si stavano scannando, solo pochi minuti prima. Lui per tutta risposta si sdraiò sul suo letto con un sospiro rilassato, come se non fosse appena stato pestato. Rimasi in attesa di una risposta, ma non ricevetti nulla, se non un invito:
- Vieni, siediti qui sul letto, così ne parliamo con calma. - poteva chiedermi tutto, meno che essere calma.
La situazione non prevedeva che io stessi tranquilla, era impensabile.
- Come faccio a stare calma? Tu e Matt vi siete appena pestati. - rimasi ostinatamente in piedi e con le braccia conserte, ma mi avvicinai al suo letto con qualche passo indeciso.
- Capita, quando c'è un conflitto d'interessi. -
- Parla chiaro, o giuro che ti rinchiudo nello sgabuzzino insieme a Parmigianino per una notte intera. -
- Non mi spaventa poi tanto quest'eventualità. In ogni caso l'argomento può essere riassunto in poche parole. -
- Ah sì? E quali? -
- Siediti e lo saprai. - alzai gli occhi al cielo, ma, dopo avergli lanciato un'occhiataccia, obbedii alla sua richiesta, tenendomi tuttavia a debita distanza da lui.
- Beh, allora parla. Sono seduta. O hai qualcos'altro da chiedermi? - misi un tocco di ironia nell'ultima domanda, e l'allegria con cui Chase rispose mi fece intendere che ciò che stava per dirmi non mi sarebbe piaciuto affatto.
- No no, ora devi solo ascoltarmi. Credo che questo che ti sto per dire ti farà capire molte cose. -
- Parla. - tagliai corto, osservandolo rimettersi a sedere e avvicinarsi a me. Repressi l'istinto di allontanarmi nuovamente.
- Come sei fredda tesoro. Ti sto solo facendo un favore a dirti questo, credimi. - mi sorrise, ma io distolsi lo sguardo. 
- Vai dritto al punto. -
- Okay, va bene. La smetto di sviare. Il problema è che, io non vorrei dirtelo, ma ho saputo una cosa che mi sembra giusto che tu sappia. Vedi... è anche per questo che ti ho baciata, quella sera. Inconsciamente volevo allontanarti da Matt. Lui non ti merita, insomma... il vero motivo per cui sta con te è per scommessa. - non mostrai alcuna emozione. Troppe cose non tornavano, e desideravo soltanto saperne di più.
- Vai avanti. -
- Qualche tempo fa sono tornato prima dalla facoltà. Mancava il professore, e passando di fronte alla camera di Matt e Will li ho sentiti parlare di una scommessa. Così sono rimasto ad ascoltare e ho sentito chiaramente quello che stavano dicendo. A quanto pare Will si è tirato indietro, Matt invece voleva continuare per vincere. E indovina qual'era la scommessa? - fece una pausa. Sollevò la mano e la portò in alto, sfiorandomi il viso. Deglutii. - Avrebbe vinto chi per primo ti avesse portata a letto. Trovata ingegnosa per rendere le cose più interessanti, non credi? Peccato che la vittima non la pensi allo stesso modo. Vero Betty? - tenevo lo sguardo basso. Non ci potevo credere, o forse sarebbe più corretto dire che non ci volevo credere.
Sembrava tutto così assurdo... ma allo stesso tempo spiegava perfettamente il perché dello strano comportamento di Matt e Will i giorni dopo il loro arrivo nell'appartamento e il perché della rabbia di Matt mentre pestava Chase. Ma, se ormai la scommessa era vinta, perché inferire?
- E' per questo che vi stavate pestando? Matt non voleva che tu me lo dicessi? -
- Certo che non voleva! Chi è l'idiota che lo direbbe? - il ragionamento non faceva una piega. Filava tutto perfettamente liscio.
- Bene, grazie di avermelo detto. Ora devo... vado a mettere a posto la camera. - mi alzai di scatto e uscii dalla camera in fretta, nauseata al massimo dalla scoperta. Improvvisamente, tutto quanto cominciò ad avere un senso. Il quadernino, tutte le scommesse vinte, perse, e quella, quell'unica scommessa che era ancora in atto... ero io. E lui ovviamente l'aveva vinta. Mi aveva ottenuta. 
Non ce l'avevo con Will. Lui amava Prudence (si vedeva lontano un miglio), ma Matt? Matt avrebbe pagato il suo errore, e l'avrebbe pagato caro.
Mi infilai nella mia camera e, con rammarico, mi accorsi che mia cugina era appena tornata dalla facoltà. 
- Ehi cugi! Indovina? Ho comprato quel vestitino a fiori che tanto mi piaceva! - esclamò con un gran sorriso, mostrandomi fieramente il suo nuovo acquisto. Era felice, e beatamente ignara del casino combinato da Chase e Matt circa mezz'ora prima. Le sorrisi con un grandissimo sforzo, ma non le risposi. Mi gettai sul letto sfatto e mi misi a leggere, semplicemente. Decisi sul momento che non le avrei detto nulla della scommessa.
Meritava di essere felice con Will. Meritava di essere amata, almeno lei.

 
NdA: Chi non muore si rivede eh? Ormai avete sviluppato una quantità abnorme di odio nei miei confronti, me lo sento XD
Ma, ehm, posso dire a mia discolpa che non ho avuto affatto tempo. Quest'anno devo studiare il triplo degli altri anni, perciò cercate di essere comprensivi *-*
Comunque... questo è uno degli ultimissimi capitoli di TCP e, sì, se avete notato sto incasinando molto le cose. Ma questo è niente ancora. Potete soltanto immaginare come sarà la fine. Un macello, ma ovviamente non anticipo nulla.
Posso solo dire che:
1- Ho mostrato la vera Ileen e il vero Chase.
2- Ho finalmente fatto esplodere la bomba tra Matt e Chase.
3- Prudence e Will sono in una situazione di stallo MOMENTANEA.
4- Martha è una pazza psicopatica.
5 - Nick è il classico cornuto e contento.
6- Quel quadernino farà una brutta fine.
7- Parmigianino sembra momentaneamente scomparso, ma tornerà, in un modo o nell'altro.
Ora vi lascio, nella speranza di postare presto il prossimo capitolo e finire in breve questa ff. Per commenti, delucidazioni e suggerimenti potete lasciare tranquillamente una recensione. Non mi offendo eh :P
Mi raccomando, vi voglio in tanti (L)
Kisses, Frens.
   
 
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