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Autore: Brooke Davis24    06/11/2012    1 recensioni
1708, Altoona, Pennsylvania.
Sophie, il suo essere indomita, caparbia, fiera, spesso sfrontata ma più di tutto donna, come poche altre riuscivano ad essere a quel tempo. Incastrata da un affetto troppo grande per non essere deleterio, riuscirà a liberare il suo cuore dalle catene che tentano di soggiogarlo?
Tratto dal terzo capitolo:
"Ora che nessuno avrebbe più potuto farle pesare ciò che era, rimpianse di non averlo compreso prima, di aver versato lacrime amare per via del modo in cui era stata guardata. Non avere i genitori era sbagliato, parlare con la gente di colore era sbagliato, correre, inzaccherarsi nel fango, giocare alla guerra con i ragazzetti era sbagliato, rispondere a tono era sbagliato. Esisteva qualcosa nel mondo che, per una donna, non fosse compromettente? La risposta era giunta qualche tempo dopo la sua partenza, quando il suo cuore le aveva suggerito che, qualunque cosa avesse fatto, la gente l’avrebbe additata per il solo gusto di farla sentire fuori posto, arrogandosi un diritto che nessuno avrebbe dovuto possedere su un essere umano. Come poteva un uomo giudicare l’anima di un altro e il modo in cui essa veniva espressa senza mai averne preso visione?"
Genere: Avventura, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lemon | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Epoca moderna (1492/1789)
Capitoli:
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8. Il viaggio
 
Dal momento stesso in cui la carrozza aveva iniziato la sua marcia, non per un istante il suo incedere era stato fermato. Talvolta sobbalzando, talvolta con pacatezza, avevano attraversato sentieri battuti, viuzze nascoste tra i boschi, strade larghe e trafficate, ed il viaggio aveva seguito il suo corso senza alcuna interruzione. Il tempo, del resto, era stato giocondo e, sebbene il sole fosse stato nascosto per buona parte dell’iter da nuvole non altrettanto benevole, erano riusciti ad evitare lo smacco di una tempesta nel bel mezzo del nulla. Qualcosa aveva suggerito a Sophie che l’intento del marito fosse quello di scongiurare qualunque sosta e raggiungere il prima possibile la destinazione che si era prefissato, supponendo che fosse la casa di lui, e pareva che ogni elemento della natura volesse agevolarne gli obiettivi.
Benché il suo animo fosse stato tutt’altro che disposto alla conversazione, la ragazza aveva sorprendentemente trovato un amabile interlocutore in Fred, l’amico di vecchia data del marito: era un uomo dai capelli rossicci e dall’espressione ridente, poco più giovane di Carter ma non da meno quanto a fascino. Non possedeva, di certo, lo stesso taglio virile del viso o la stessa imponente figura, ma la dolcezza che emanava dalla sua persona e la tenerezza del suo sorriso gli permisero di conquistarsi la simpatia di Sophie molto prima di quanto non avesse fatto l’uomo che si era costretta a sposare.
Durante quelle lunghe, interminabili ore, Fred le aveva raccontato aneddoti divertenti sulla sua vita e sulle sue conquiste amorose, le aveva svelato alcuni dei segreti più strani appresi durante le notti di passione con le donne più svariate e le aveva posto domande su domande riguardo i suoi trascorsi. Il vivo interesse degli occhi nocciola di lui l’aveva spronata a non trattenersi più del dovuto e, sebbene avesse omesso alcune informazioni qui e lì e le sue risposte non avessero brillato in sincerità, aveva saputo mantenere viva la conversazione, gettandosi completamente in quel passatempo in grado di distrarla dalla scomoda presenza del marito.
Nonostante non avesse quasi pronunciato parola, infatti, e ogni tentativo di Fred di introdurlo nella conversazione fosse miseramente fallito, non era trascorso un solo istante senza che Sophie avesse percepito gravare su di sé l’insistente sguardo di Carter. Si era sentita studiata, controllata, denudata e tutta la sua persona aveva vibrato d’indignazione per la posizione in cui era stata messa da un simile comportamento; a nulla erano valse, tuttavia, le occhiate di fuoco che gli aveva indirizzato, perché, se possibile, l’attenzione del marito era divenuta ancora più insistente e, in diverse occasioni, aveva scorto sulla sua bocca l’ombra di un sorriso soddisfatto, quasi già sapesse quanto nervosismo e rabbia fosse in grado di suscitarle.
Era trascorsa poco meno di un’ora da quando avevano interrotto brevemente la marcia per lasciare Fred in un albergo di una cittadina lontana all’incirca sei ore da Altoona e Sophie aveva cominciato a sentire il peso della stanchezza come non era accaduto dall’inizio del viaggio. Dal momento in cui la presenza dell’amico del marito aveva avuto la capacità di rendere piacevole perfino una traversata tanto faticosa, la sua assenza era stata in grado di produrre effetti altrettanto notevoli, rendendole quell’ulteriore tratto di strada spossante più di quanto non fossero stati quelli antecedenti. In quei cinquanta minuti buoni, il suo sguardo era stato rivolto, imperterrito, al di là della tendina che copriva il vetro della porta della carrozza, i suoi lineamenti erano si erano fatti tesi e, al di sotto del mantello, le sue mani erano rimaste così a lungo strette in un pugno che, nel momento in cui aveva allentato la presa, la giovane aveva percepito i muscoli delle braccia dolerle come avesse faticato tutto il giorno nelle più degradanti attività manuali.
Alzando il cappuccio sul capo per nascondersi, nei limiti del possibile, alla vista del marito, le sue spalle si rilassarono e le palpebre cominciarono ad abbassarsi con minore frequenza ma a rimanere chiuse più a lungo, fin quando il verde degli occhi di lei non venne completamente celato al mondo esterno. La testa cominciò a ciondolare e, quasi senza accorgersene, si ritirò ancor di più contro la parete della carrozza e lì appoggiò la fronte, lasciandosi andare al riposo.
Carter accorse qualche frangente dopo il suo assopimento: prendendo posto accanto a lei, le passò le braccia attorno alle spalle e l’accostò a sé nella speranza di renderle più confortevole il sonno. Nell’incoscienza, la mano di Sophie scivolò sulla coscia di lui e, benché casuale, l’uomo non rimase immune a quel gesto. Tutto il suo essere era imbevuto del più cocente desiderio nei confronti della giovane moglie ed il sangue nelle vene ribolliva come a contatto con una violenta fonte di calore. In tutte quelle ore di viaggio, la sua mente non aveva smesso di arrovellarsi nel tentativo di trovare una soluzione a quello che si presentava come un doloroso calvario, ma non una via d’uscita gli era parsa plausibile. L’accordo che avevano preso era, sì, privo di qualunque forma d’ufficialità, ma venire meno alla parola data non rientrava nelle sue abitudini, nemmeno nei casi in cui avrebbe benissimo potuto farlo senza che ci fossero ritorsioni. Per l’ennesima volta da quando la lascivia mista al desiderio di rivalsa l’avevano portato a macchinare quel piano, si chiese se non avesse arrecato più danni che non guadagni a se stesso.
«Che diavolo state facendo?» esordì improvvisamente Sophie e Carter, così immerso nelle sue riflessioni, fu colto di sorpresa. I suoi occhi incontrarono quelli verdi della moglie e, leggendovi contrarietà e furore, sorrise di un’espressione incredibilmente affascinante al loro indirizzo.
«Mi prendo cura di mia moglie!» rispose semplicemente e, nel farlo, strinse la presa attorno alle spalle di lei, quasi a voler sottolineare l’evidenza della sua posizione.
«Pensavo di essere stata abbastanza chiara, quando ho parlato di matrimonio di solo nome.» gli fece notare con voce dura e le sue sopracciglia si avvicinarono, quando corrugò la fronte con fare spazientito.
«E io mi sento pienamente nel diritto di comportarmi in questo modo e anche in molti altri, visto che vi piace così tanto servirvi di sporchi trucchetti, signora mia.» la incalzò e il suo tono, stavolta, fu più basso, rabbioso e minaccioso e il suo viso s’incupì tutto.
«Di che state parlando?»
«Del vostro scherzetto in chiesa, tesoro.» le spiegò e Sophie stentò quasi a nascondere il sorriso che minacciava d’incresparle le labbra. Una sensazione di piacevole godimento si irradiò nel suo corpo e il suo animo gongolò interamente per il tiro mancino che aveva giocato a Carter e per risultato ottenuto.
«Voi mi avete incastrata con questo matrimonio.»
«No, io vi ho offerto una soluzione al problema e voi avete accettato.» ribatté e, per quanto infastidito fosse, ammirò la spudoratezza con cui gli si rivolgeva, quasi non temesse le conseguenze delle sue azioni ma, piuttosto, fosse disposta ad affrontarle di petto.
«Vorrei correggervi: voi avete offerto una soluzione al problema di Catherine e non mi avete lasciato via di scampo alternativa; quindi, a quel punto, mi sono vista costretta ad accettare.» s’interruppe un istante come se volesse lasciargli il tempo di assorbire l’informazione; poi, continuò. «Non pensate che, adesso, sia tutto più aderente alla realtà?» domandò e, nel farlo, inclinò appena il capo in quell’espressione impudente che, a dispetto di quanto le lasciasse intendere, a lui tanto piaceva.
«Dipende dai punti di vista, signora. Avreste potuto non accettare, o sbaglio?» Lei alzò gli occhi al cielo e interruppe il contatto visivo per qualche istante, prima di tornare a guardarlo con fermezza.
«Oh, vi sbagliate eccome!» Un sobbalzo della carrozza fece saltare entrambi sul sedile e scivolare il cappuccio di lei, ma Sophie non parve notare nulla di tutto ciò, perché la sua espressione rimase decisa e il suo sguardo continuò ad incastrare quello di Carter. «Vi sbagliate di grosso, perché, se solo ci fosse stata un’altra possibilità, una soluzione anche solo vagamente diversa…» Alzò la mano a mostrargli il segno della loro unione. «… questo anello non sarebbe mai stato in questo posto. Mai!»
«Allora,» cominciò e, nel farlo, si avvicinò all’orecchio di lei come a volerle sussurrare un segreto. «mi congratulo con me stesso, signora!» concluse, lasciandole un rapido bacio sulla porzione di pelle antistante l’orecchio, ma, quando tornò a guardarla, su quel viso che mille volte aveva sperato di rivedere nei mesi in cui era sparita dalla circolazione, scorse non fastidio, bensì divertimento.
«Non avete idea di cosa vi aspetta, signore. Non ne avete proprio idea!»
*
In seguito a quello scambio di battute, Sophie aveva preso posto nel sedile di rimpetto a quello che aveva occupato per l’intera durata del viaggio e, indipendentemente dal fatto che quella nuova prospettiva da cui vedere il paesaggio esterno le piacesse meno della precedente, preferì di gran lunga quella condizione che non essergli seduta accanto. La conversazione aveva acceso gli animi di entrambi e, per un fortunato caso del Destino, cancellato ogni parvenza di stanchezza che Sophie aveva accusato fino ad allora: il suo sguardo era vigile ed il suo io quasi divertito, privo della malinconia provata in quegli ultimi giorni e che neppure per un secondo l’aveva abbandonata nel corso dei preparativi. Un sorriso indecifrabile colorava le sue labbra e, alla luce rosata del tramonto, conferiva alla sua espressione una sfumatura di calore che, di rado, sembrava le appartenesse.
E Carter sorrise a sua volta, colmo di un sentimento che non aveva nulla a che vedere con quelli provati dalla moglie: si sentiva soddisfatto. Testardo ed orgoglioso com’era, ottenere ciò che più stuzzicava il suo interesse era una delle condizioni che maggiormente lo rinvigoriva tanto nel corpo quanto nello spirito. Era stato cresciuto nell’idea che ogni cosa, persino la più misera, dovesse essere conquistata e che solo il duro lavoro potesse ripagare le fantasie più ardite. Suo padre, suo nonno e i suoi trisavoli prima di lui erano stati conosciuti ed elogiati come uomini di grande tempra morale, di ineguagliabile giustizia ed infaticabili nei lavori manuali, tanto che la sua famiglia godeva di un rispetto inusitato non soltanto tra gli alti ranghi ma, soprattutto, tra la gente comune che di loro sapeva più di quanto non si potesse pensare.
I Matthews erano alcune tra le persone più corrette che si fossero mai viste in Pennsylvania e, dati i tempi che correvano, non era cosa da poco. Quando alcuni tra gli avi di Carter avevano deciso di prendere parte alle spedizioni verso il Nuovo Mondo, non avevano neppure vagamente immaginato cosa li aspettasse: si erano ritrovati in balia di una terra selvaggia, ben lungi dall’essere facilmente conquistata o addomesticata, e abitata perlopiù da popolazioni che mai avevano avuto contatti con il cosiddetto mondo civilizzato. Nonostante l’atteggiamento della maggior parte dei colonizzatori si fosse dimostrato volto alla conquista indiscriminata, i Matthews non avevano preso parte, né idealmente né materialmente, a nessuna di quelle scorrerie ed erano riusciti ad insediarsi nel territorio che, molto tempo più tardi, era stato riconosciuto come il più congeniale alla loro permanenza.
Carter Matthews non era da meno rispetto alla sua stirpe. Era un uomo ben fatto, avvezzo alle fatiche e lontano dai vizi di cui la gente del suo rango era vittima; come molti altri giovani, si era fatto il nome di grande amatore e di scapolo incallito, a tal punto che la sua famiglia, esclusa sua madre, aveva da tempo abbandonato l’idea di saperlo sistemato e con una famiglia a carico. Quando era giunta a destinazione la lettera che portava la notizia del matrimonio con una giovane conosciuta presso la vecchia tenuta che, anni prima, era stata di loro proprietà, una grande confusione ed un grande scompiglio si erano agitati in casa. La vedova Matthews aveva convocato i figli già maritati e chiesto loro quale fosse il modo migliore di comportarsi: ognuno di essi aveva convenuto che, per quanto grande fosse il desiderio di partecipare a quelle nozze e conoscere la ragazza, fosse giusto rispettare il volere di Carter e attenersi al suo desiderio di presentare la moglie alla famiglia in un secondo momento per ragioni che, come aveva sottolineato nella missiva, avrebbe comunicato loro a tempo debito.
Facile a dirsi, la madre di Carter aveva faticato ad attenersi a quella scelta e ancora più difficile era stato abituarsi all’idea che non fosse stata voluta alla cerimonia: suo figlio, che amava con tutta se stessa, era andato via mesi e mesi prima col proposito di vendetta che ardeva nella mente ed era ritornato, qualche tempo dopo, con animo ben più subordinato ma sollevato, rassicurandoli sul fatto che la villa prosperasse e fosse nelle mani di un buon uomo. Eppure non era rimasto a lungo, perché i doveri lo avevano richiamato a casa propria, e ciò aveva alimentato la delusione e la tristezza per la lontananza dall’altro cui era stata costretta a sottostare quell’anno. Molti erano gli interrogativi che, a quel punto, si agitavano in lei, ma a nessuno di essi era riuscita a trovare risposta.
Nonostante conoscesse il tormento della madre e ne fosse sinceramente spiaciuto, Carter aveva appositamente evitato di sbilanciarsi sulla questione inerente il matrimonio per via epistolare, ritenendo fosse più saggio attendere un momento più propizio, ed era ancora persuaso di aver preso la scelta migliore. Il pensiero delle presentazioni alla propria, numerosa famiglia gli attraversò ancora la mente e, con curiosità, si chiese come si sarebbe comportata la giovane moglie al cospetto di un eventuale, assai probabile interrogatorio materno.
Non conosceva abbastanza Sophie da poterlo supporre con certezza, ma qualcosa nel modo in cui si era approcciata a Fred gli suggerì che sarebbe stata in grado di cavarsela egregiamente anche in un’occasione meno rilassata. Con un sorriso divertito, ripensò all’impudenza con cui la giovane aveva risposto, a suo tempo, a Besede e a quanto lo avesse innervosito qualche sera dopo nella stessa cucina, portandolo a covare nel suo intimo un proposito di vendetta che era sopravvissuto per circa un anno. E, tuttavia, provava per la ragazza una simpatia ed una stima che raramente aveva nutrito nei confronti di una donna di quell’età: non c’era traccia di timore nel suo carattere, non aveva atteggiamenti frivoli o svenevoli, non era stata educata alla sottomissione. Sophie era una storia a parte.
Lentamente, la carrozza cominciò a rallentare e, al di fuori della vettura, Carter riconobbe le sue proprietà; quando, pochi istanti dopo, udì il cocchiere intimare ai cavalli di arrestarsi, con espressione incuorata l’uomo scese dal veicolo per dare sollievo alle proprie gambe: avevano viaggiato per buona parte della mattinata e per quasi tutto il pomeriggio e, a causa di ciò, uno spiacevole torpore aveva soggiogato i suoi arti inferiori nelle ultime fasi del ritorno. A quell’ora della sera, una tenue luce si issava ancora da sopra gli alberi, ma il sole era già sulla linea dell’orizzonte, pronto a riposarsi. Alzando le braccia verso l’alto, l’uomo allungò i muscoli e tutto il suo corpo gioì di quella miracolosa concessione.
«Oh, che sollievo avervi qui! Temevamo vi fosse accaduto qualcosa!» gli si fece incontro Greta, una delle donne più argute e cocciute che avesse mai conosciuto, la stessa che si occupava di gestire la servitù affinché ogni cosa fosse al suo posto, la stessa che lo aveva visto crescere e divenire quello che era.
«Il tempo che impiego ad arrivare qui da quella parte della Pennsylvania è sempre lo stesso, Greta. Dovreste saperlo, oramai!» la canzonò giocosamente, ammiccando nei suoi riguardi con la piena consapevolezza che, al di là dell’effettivo desiderio di saperlo in salute e al sicuro, nell’animo dell’altra si agitasse la più acuta curiosità di conoscere la donna che aveva sposato.
«Perdonatemi, se ho a cuore il vostro benessere!» ribatté prontamente e Carter ridacchiò sommessamente, spostandosi dietro di lei e mettendole due grandi mani sulle spalle leggermente incurvate dal tempo e dalla fatica.
«Quindi, non siete interessata neppure un po’ a conoscere la signora Matthews?» Si chinò su di lei, accostandosi al suo orecchio, ma pronunciò la domanda con tono abbastanza alto da farsi sentire dalla schiera di domestici posti dinanzi l’ingresso della casa. Alcuni di essi soffocarono le risate in una tosse assai poco credibile, altri non si premurarono di avere quell’accortezza, altri ancora, troppo intenti a sbirciare dentro la vettura, prestarono scarsa attenzione a quello scambio di battute.
«Ero sinceramente preoccupata per voi, signore, e anche per vostra moglie, se è questo che intendete.» Con aria di sufficienza, simulò un’espressione indispettita nell’attesa che l’altro le rispondesse.
«Ovviamente, signora mia, non intendevo nulla di diverso.» le rispose con velata ironia. A quel punto, benché divertito dalla situazione, ritenne fosse arrivato il momento di soddisfare la loro curiosità e, senza indugi, raggiunse la carrozza e si sporse al suo interno. I suoi occhi incontrarono quelli imperscrutabili di Sophie e rise quando, porgendole la mano per aiutarla a scendere, ella la scostò con la propria, rifiutando la sua dimostrazione di galanteria. Carter scosse il capo e il suo sguardo brillò di soddisfazione. «Gli accordi prevedono che vi comportiate da moglie amorevole dinanzi agli altri, amor mio. Ricordate?»
«Come posso atteggiarmi a sposa stucchevole se non provo nemmeno una vaga simpatia per voi?» gli fece notare e Carter fu divertito dal disgusto che l’altra sembrava provasse all’idea di una donna innamorata. Il timore che la risposta del marito potesse metterla alle strette si fece ben presto pressante per Sophie e dovette dare ragione al presentimento avuto, quando ne ebbe la certezza pochi frangenti dopo.
«E’ un problema vostro, mia cara, come sarà un problema mio sopportare il fatto che non potrò godere della vostra compagnia a letto.» S’interruppe per pochi secondi, così da lasciare che le sue parole facessero l’effetto desiderato. Poi, proseguì. «Se voi venite meno alla vostra parte dell’accordo, farò piacevolmente altrettanto.» A quel punto, le porse di nuovo la mano. «Mi permetterete di aiutarvi?»
Profondamente contrariata, Sophie cedette e, pur malvolentieri, si arrese all’idea di dover interpretare un ruolo che non avrebbe saputo bene come gestire, né da cosa prendere spunto senza che la ripugnanza dell’altro le rendesse arduo il compito. Scesi i gradini che permettevano l’ingresso alla vettura, fu accolta da un clima assai meno mite di quello che aveva lasciato ad Altoona e, ancora di più, di quello di cui aveva goduto dentro la carrozza, ma finse indifferenza, sebbene l’intero suo corpo urlasse disappunto.
A disagio, i suoi occhi scorsero le sagome di una decina e più di uomini e donne intenti ad osservarla ed il suo cipiglio divenne, da spaesato, aggressivo, probabilmente in maniera esagerata perché Carter le si accostò all’orecchio e le fece notare di essere decisamente troppo sulla difensiva. A quel punto, consapevole di non poter fare altro, finse una distensione che non le apparteneva e sorrise all’indirizzo dei presenti in una maniera così dolce che ognuno di essi parve dimenticare l’espressione rabbiosa che ella aveva rivolto loro giusto qualche istante prima.
«Signori e signore,» fece con atteggiamento volutamente esagerato e tutti risero. «vi presento mia moglie, Sophie Matthews. Giusto per non lasciarvi ingannare dal suo bel faccino, ha un gran brutto carattere e può essere una spina nel fianco della peggior specie.»
«Avete un carattere così dolce, amorevole e delizioso che tenterò di migliorarmi seguendo il vostro esempio. Ho sempre sperato di trovare un uomo come voi, per niente burbero, cocciuto e tendenzialmente smanioso di avere tutto quello che gli si nega.» rispose prontamente lei, esibendosi nel sorriso più angelico che le fu possibile riprodurre e battendo le ciglia rapidamente con fare fintamente civettuolo. Al contrario della maggior parte della servitù, che tentò di dissimulare il proprio acuto divertimento nei modi più svariati, Greta non vide motivo per trattenersi e scoppiò in una fragorosa risata.
«Vedo che la signora vi ha inquadrato per bene, eh?» fece, dando manforte alla neo-padrona di casa, che le sorrise di rimando di una sincera simpatia.
«E vedo che voi continuate a non tener conto dei miei moniti, Greta…» la rimbeccò Carter con un cipiglio meno baldanzoso di quello precedente.
«Il giorno in cui mi caccerete dalla servitù, signore, avrete perso una persona fedele e devota. Vi conosco da che eravate uno scricciolo e so che sapete essere più che intrattabile. Volete forse negarlo?» indagò la donna e Carter osservò l’espressione genuinamente divertita della moglie, imprimendo nella sua mente quell’ulteriore testimonianza della bellezza fuori dal comune di cui era dotata. Quella stessa bellezza gli scaldò il cuore e una parte del suo corpo cominciò ad accusare l’evenienza di una notte separati, seguita da tante altre dello stesso stampo. «Oh, vi gelerete così, dolcezza! Volete seguirmi dentro?» Greta interruppe le riflessioni di lui, portandolo bruscamente alla realtà e facendogli notare che Sophie non indossasse nulla di adatto alle ancor più rigide temperature di Altoona. Benché fosse primavera, infatti, l’aria era ancora frizzante ed un vento gelido spirava dalle alte montagne che, in lontananza, sovrastavano le proprietà sottostanti, compresa quella di Carter. Lasciando un bacio sulla mano della moglie e liberandola con riluttanza dalla sua stretta, la osservò incamminarsi insieme alla domestica verso casa ed immaginò i fianchi danzanti di lei sotto il mantello che copriva ai suoi occhi quella vista.
Saggiamente, decise che doveva berci su.
*
Quella sera, nulla andò come Carter aveva previsto: non c’era stata nessuna cena, nessuna apparizione mozzafiato della moglie in uno degli abiti che aveva comprato per lei, nessuna scaramuccia, nessuna possibilità di metterla alle strette e prendersi, se non un’intera notte da trascorrere insieme, almeno il bacio che gli spettava. Il suo bicchiere di brandy si era riempito e svuotato almeno tre volte, prima che Greta decidesse di allontanarlo dalla sua portata, lanciandogli un’occhiataccia in piena regola ed intimandogli di andare a controllare a che punto fosse la signora, piuttosto di comportarsi come ˝uno di quegli schifosi topo di fogna che erano i pirati˝.
E Carter ne aveva ascoltato il suggerimento ardito, pur con un cipiglio contrariato, affrontando la rampa di scale che lo avrebbe condotto al piano superiore con la testa leggera ma col passo decisamente pesante. Quando le sue nocche avevano bussato a più riprese sulla superficie solida della porta, lo aveva insospettito il silenzio proveniente dall’interno della camera e, col rischio di beccarsi una sfuriata da parte di Sophie, aveva fatto il suo ingresso nella stanza. Ciò che lo aveva accolto si era dimostrato più piacevole di quanto non si fosse aspettato e, nel chiudere l’uscio alle sue spalle, l’uomo aveva passato stancamente una mano sul viso tirato.
Aveva osservato la giovane sposa addormentata tra i guanciali del letto con cui era stata addobbata la stanza, il volto disteso come se nessun sogno potesse essere in grado di turbare il suo riposo ed ogni singola fibra del suo essere stesse assorbendo le energie di cui avrebbe avuto bisogno per affrontare il giorno seguente. Blande fiamme avevano lambito il tizzone posto ad ardere all’interno del camino, riscaldando la stanza quel tanto che bastava a scongiurare il freddo esterno che, col calar della notte, era solito attaccare bruscamente le mura nel tentativo d’infiltrarsi tra le fessure di porte e finestre e raffreddare la dimora. Raggiungendo una delle poltrone poste dinanzi al comignolo, vi si era accomodato e i suoi occhi avevano sfiorato ancora i bei lineamenti della moglie come, da quell’osservazione, dipendesse l’alleviamento dei suoi affanni.
Il respiro di lei era stato profondo e cadenzato e, benché una parte di lui si struggesse per il desiderio di averla, l’alcool aveva lenito la sua frustrazione e reso abbastanza appetibile l’idea di abbandonarsi alla medesima occupazione. L’intero suo corpo aveva bramato il contatto con quello dell’altra, bruciando di una passione che,  a quel ritmo, l’avrebbe consumato, ma la prospettiva di tornare nella fredda solitudine della sua camera gli era apparsa persino più spaventosa dell’evenienza di mettere a freno le sue voglie. Nel momento in cui aveva accettato le condizioni di Sophie, conoscendone la risolutezza, aveva cominciato a fare i conti con ciò che l’avrebbe aspettato e, sebbene averla accanto rendesse la sua condizione assai meno sopportabile, era stato certo di potersi dire preparato al sentiero irto che l’aspettava.
Sorprendente era stato, invece, scoprire in lei una piacevole compagnia: gli piaceva tenerla sott’occhio, averla intorno persino quando sembrava che fronteggiare un orco potesse renderla più felice di quanto non accadesse in presenza del marito; lo incuriosivano la sua sfacciataggine, la sua indipendenza, la sua temerarietà ed il contrasto evidente con lo spirito di sacrificio che aveva dimostrato per amore di Catherine. E lo affascinava rendersi conto di quanto poco consapevole ella fosse della sua avvenenza, constatare che non vedesse in sé l’incantevole fanciulla che ogni uomo avrebbe desiderato come compagna per la notte, fonte di una bellezza da cui abbeverarsi col rischio di dipendenza.
Una parte di lui avrebbe voluto conoscerla, scoprire cosa si celasse al di là delle molteplici forme che le aveva visto assumere, ma un’altra parte gli suggeriva di mantenere le distanze, di imporre la propria supremazia prima che fosse troppo tardi e si rivelasse ai suoi occhi la reale portata di ciò che aveva fatto. Non era certo della correttezza della loro unione e, nei giorni antecedenti la celebrazione delle nozze, aveva a lungo rimuginato sul modo in cui si erano evolute le circostanze, chiedendosi se le sue smanie di vendetta e possesso non avessero annebbiato le sue capacità di raziocinio. Sarebbe mai potuto venire fuori qualcosa di buono da quel matrimonio? Oppure avrebbe dovuto affrontare la durezza dell’errore commesso e pentirsene amaramente per il resto dei suoi giorni?
Alzandosi, si era servito dell’attizzatoio per separare tra loro ciò che era rimasto dei ciocchi, li aveva ricoperti di cenere e, in seguito ad un alacre lavoro durato appena qualche minuto, aveva riposto l’arnese sul chiodo appeso alla parete e sistemato a dovere il parascintille. Senza pensarci su ulteriormente, aveva cominciato a sciogliere i nodi della camicia – Il solo indumento alla cui comodità si era abbandonato, una volta arrivato a destinazione! – e l’aveva gettato su una poltrona. In men che non si dica, la sua figura era stata privata di qualsivoglia copertura di tessuto e, quando si era introdotto tra le coperte, nello spazio lasciato libero da Sophie, l’alcool gli aveva reso goffi i movimenti. Incurante delle possibili conseguenze al risveglio dell’altra, le si era accostato e l’aveva stretta, ma il suo gesto si era ben presto dimostrato troppo avventato giacché, al di là del leggero annebbiamento causatogli dal brandy, i suoi sensi erano stati all’erta come non mai. Per questa ragione, pur malvolentieri, si era costretto lontano da lei, occupando la parte fredda del letto e maledicendosi per aver accettato delle condizioni tanto sciocche.
L’ultima cosa che aveva percepito prima di assopirsi era stata una cocente pressione all’altezza dei lombi. Infine, il buio aveva preso il sopravvento.

  
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