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Autore: Ichiria Chan    10/11/2012    2 recensioni
Estratto:
Quella notte, quella fatidica notte nella quale gli Uchiha vennero sterminati, Sasuke non fu l'unico ad essere risparmiato da Itachi, non fu l'unico che Itachi salvò perché provava troppo affetto per poterlo uccidere....No. Infatti ci fu un altro superstite alla tragedia degli Uchiha: Kuria, una bellissima ragazza dai capelli neri come la notte che contrastavano con gli occhi di un azzurro chiarissimo e limpido come l'acqua cristallina.
Genere: Romantico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Itachi, Kisame Hoshigaki, Nuovo Personaggio, Sasuke Uchiha
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Naruto prima serie, Naruto Shippuuden
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La storia continua...^^

Disclaimer: Naruto, Masashi Kishimoto.

 Il corvo nero

Dopo la scomparsa di Itachi, Kuria non si dette pace. La sua mente lavorava giorno e notte per trovare una soluzione, capire, spiegare il comportamento di Itachi. Per lei era incomprensibile. Cosa l'aveva spinto a fare quello che aveva fatto? Perchè? Sapeva che quello che le aveva detto lui qualche giorno prima non era vero. Quello che parlava non era Itachi. Lei sapeva. Lo aveva visto nei suoi occhi, Itachi, il suo Itachi era tornato verso la fine di quel assurdo discorso, quando le aveva baciato la fronte con delicatezza e dopo con quel bacio troppo corto ma concentrato, concentrato di passione, di amore, di dolore... La nana bianca di tutti i baci che si erano dati. Ma quello che glie lo aveva fatto capire più di ogni altra cosa fu quello sguardo, quell'ultimo sguardo supplice che la aveva rivolto prima di balzare fuori dalla finestra. Itachi soffriva, e tanto. Lei non ne sapeva il motivo, e questo la distruggeva.

Subito dopo aver detto addio a Kuria, Itachi andò a cercare l'Akatsuki. Lo accettarono subito. Oramai la sua fama di assassino e sterminatore aveva raggiunto tutto il mondo ninja. La sua nuova divisa era formata da una veste nera con interno rosso lungo quasi fino ai piedi e con il colletto alto, che gli copriva il collo e parte del mento, sopra la quale era ripetutamente rappresentata una nuvola rossa bordata di bianco. A coprirgli il capo ci pensava un cappello di paglia, da quale pendevano strisce di tessuto bianco. Sul anulare destro aveva un anello sul quale c'era inciso il simbolo 朱 che stà a significare "rosso" associato alla divinità Suzaku. Quel anello avrebbe determinato la sua posizioni sulla statua del Re dell'inferno. Ora era membro a tutti gli effetti di quell'orribile organizazzione.

Per le successive settimane il suo unico pensiero erano loro due: Sasuke e Kuria, le persone più importanti della sua vita. Due delle tante persone che ora lo odiavano. Per Sasuke però era meno preoccupato, lo sapeva al sicuro. Addolorato, triste, confuso, ma al sicuro. Kuria invece era sperduta in una nuova vita sconosciuta. Avrebbe dovuto dimenticare persino le sue origini per poter continuare a vivere. Era in pensiero per lei. E se la cercasse e la portasse con lui? Certo sarebbe diventata una criminale come lui, ma almeno sarebbero stati insieme. No. Non doveva pensare queste cose, si sarebbe continuato ad auto infliggere sofferenze. Lei doveva vivere una felice vita tranquilla. Ma la preoccupazione era troppo forte, voleva andare a vedere se stesse bene, se si fosse stabilita. Erano passate più di tre settimane ormai, quasi un mese. Doveva sapere. Ma era rischioso andare lui di persona. Non sapeva cosa sarebbe accaduto se l'Alba l'avesse scoperto, se avessero scoperto Kuria, ma di certo non voleva rischiare, e il fatto che gli fosse stato affidato un compagno, Kisame, non facilitava le cose. E poi non voleva neanche rischiare che lei lo scoprisse, doveva dimenticarlo, e se lo avrebbe rivisto tutte le volte che a lui veniva nostalgia, non lo avrebbe scordato di certo. Così pensò di mandare un corvo, uno dei suoi corvi, uno di quelli in cui si scomponeva, e che testimoniavano il suo oscuro potere. L'avrebbe seguita, e attraverso gli occhi del corvo, avrebbe visto mentre una delle cose più belle della sua vita passata, si sarebbe ricostruita una vita.

Kuria era ancora sconvolta, ma non poteva rimanere in quello stato di depressione in eterno, i suoi soldi stavano finendo, e così anche le sue scorte di cibo. Doveva trovarsi un lavoro e una sistemazione, perchè da lì a poco l'avrebbero cacciata fuori dalla locanda siccome non aveva più soldi. Così si mise a cercare... Non poteva cercare un lavoro da ninja, non voleva rischiare di dare nell'occhio. Doveva abbandonare il suo passato da ninja, da Uchiha, come le aveva detto Itachi. Non sapeva perchè, ma si fidava ancora di lui. Anche se aveva ucciso tutti i suoi legami e le aveva cancellato il passato, sapeva che il suo Itachi c'era ancora, e lui le aveva detto di dimenticare di essere stata un'Uchiha e di nascondere il suo sharingan. E così avrebbe fatto.

 Si spostò da quel villaggio, anche se a malincuore. In fondo sperava che lui sarebbe tornato da lei. Ma non andò molto lontano, si spostò in un paese poco più a est, un pò più grande di quello che aveva apena lasciato. Con gli ultimi soldi che le erano rimasti afittò una piccola stanza da una coppia di anziani. Si chiamavano Momoko e Kiuji Ochia. Erano adorabili, le lasciarono la stanza a un prezzo molto basso. La signora Momoko le spiegò che era la stanza abitata dalla figlia che era morta ormai troppo tempo addietro. Accettarono di affittargliela perchè lei assomigliava alla figlia deceduta, dicevano che aveva i suoi stessi occhi azzurri, e il suo stesso sorriso. Ora era tempo di trovarsi un lavoro, e chiese sempre alla coppia di anziani.

-Scusatemi signori, sapreste dirmi dove potrei trovare un lavoro in questo paesello? Se non avrò un lavoro non potrò continuare a pagarvi la stanza.

-Oh cara, disse allora la signora Momoko, non saprei dirti... Non so nessuno che offrà lavoro... Ma che ne dici se ci aiutassi con il nostro piccolo ristorantino di ramen, sai ormai siamo vecchi e stanchi, una mano ci farebbe comodo, certo ti daremmo una paga molto ridotta, il minimo indispensabile per le tue spese private, perchè in questi tempi non possiamo permetterci di darti molto, ma almeno non dovresti pagare l'affitto lavorando per noi.

Kuria alzò la testa e li guardò con gli occhi grandi e pieni di gratitudine.

-Non potrei chiedere di meglio! Vi ringrazio di cuore!

Comiciò a lavorare il giorno seguente. Doveva servire ai tavoli e prendere le ordinazioni, non era difficile, ma doveva stare in piedi tutto il giorno e spostarsi di continuo da un tavolo all'altro. La paga era davvero ridotta, ma non si lamentava, in fondo aveva un tetto sulla testa.

Passarono un paio di settimane ed il lavoro le teneva occupata la mente, tenendola lontana dal ricordo di Itachi, e poi quando tornava a casa si abbandonava subito in un sonno senza sogni, per via della stanchezza. Una sera però la stanchezza non fù abbastanza, e Itachi tornò a farle visita nei sogni. Sognò i suoi dolci baci a stampo e le sue carezze, poi però la dolcezza di quei momenti venne interrotta dall'immagine di Itachi che sterminava il clan, lei che scappava disperata, e lui che la prendeva e le infilava un coltello nel cuore. Un urlo. Si risvegliò seduta, stava sudando freddo. Un incubo, era stato soltanto un terribile incubo, niente di più. Guardò la porta della sua stanza, per fortuna non aveva svegliato i signori Ochia. Poi girò il capo e guardo fuori dalla finestra. Guardo la grande luna nel cielo, quella luna che poco tempo fa guardava abbracciata a Itachi. Le venne da piangere, ma chiuse gli occhi e ritrasse le lacrime. Riguardò fuori, stava osservando il pezzo di giardino che si vedeva dalla sua stanza. Al centro della sua visuale c'era un piccolo alberello. E allora lo vide. Un corvo, un corvo nero come la pece. La stava guardando, o per lo meno questa era la sua impressione. Lo fisso per un pò, aguzzo la vista per poterlo vedere meglio, essendo buio non ne distingueva bene i contorni. Ebbe un tonfo al cuore. Le sembro che quel corvo avesse gli occhi rossi, si ricordò subito di Itachi. No, non era possibile che fosse lui. Era soltanto la sua mente che le faceva brutti scherzi. Ma voleva vedere il corvo da più vicino, si alzò dal letto, e usci fuori in giardino. Si avicinò all'albero lentamente, non voleva che scappasse via. Quando arrivò sotto guardò il covo negli occhi, in effetti aveva gli occhi rossi, ma di un rosso spento, quasi nero, un rosso...triste. Allungò la mano per poterlo accarezzare, ma quando arrivo quasi a sfiorare le sue penne, il corvo aprì le ali e spiccò il volo. Allora si ricordò dell'ultima volta che vide Itachi, quando prima di balzare fuori dalla finestra la guardò per l'ultima volta con i suoi occhi buii e tristi, . Ma per quel volatile era normale, le sembrava stano che fosse riuscita ad avvicinarlo così tanto.

La mattina seguente a colazione prese a parlare con i signori Ochia, oramai era diventato abituale prendere la colazione con loro.

-In questa zona ci sono molti corvi?

Gli anziani si guardarono stupiti da quella domanda così improvvisa. Fu il signor Kiuji a parlare.

-No, a dire il vero, non mi ricordo neanche l'ultima volta che ho visto un corvo qua.

E scoppio in una piccola risatina

-Le rare volte che se ne vede qualcuno, sono in volo per andare da qualche altra parte. Ma perché questa domanda?

-Perché ieri notte ne ho visto uno sul alberello nel giardino.

-Strano.

Dopo, come tutti gli altri giorni andò al lavoro.

Per le sere seguenti continuò a vedere quel corvo. E non solo di notte, lo notò anche di giorno, lo stesso corvo dagli occhi rosso scuro. Cominciò a farci l'abitudine. Sentiva una sensazione piacevole, conosciuta, quando vedeva gli occhi rossi del corvo guardala, come se non fossero gli occhi di un corvo, ma di Itachi.

  
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