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Autore: Lisbeth17    10/11/2012    2 recensioni
Nella notte un incontro, inaspettato e imprevisto, assolutamente non cercato.
Perdersi per poi ritrovarsi...
Spoiler della Terza Stagione
Come si reagisce quando ci si sente traditi? Come reagirebbe un innamorato tradito? Come reagisce Orlando?
Dopo essermi fatta queste semplici domande è nata questa OS.
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Lime, OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Nella Notte
Nella notte


[Orlando]

Quando sono arrivato in ospedale, mi hanno detto che Virginia stava bene, era stato solo un po’ di shock dovuto all’accaduto. Hanno deciso di tenerla in osservazione per qualche ora. Immediatamente mi sono preoccupato per Simone, che era stato chiaro, aveva solo sua madre e doveva essersi preso un bello spavento. Arrivato davanti alla porta della stanza, ho preso un lungo respiro prima di bussare.

- Avanti.

Ha detto la voce di Virginia, si può definire consapevole una voce? Beh la sua lo era, sapeva perfettamente chi c’era dietro la porta.

- È lei?

Mi ha accolto Simone senza nascondere l’astio, cosa che gli ha fatto vincere una bella occhiata severa della madre.

- Che cosa vuole?

- Parlare con me. Ora smettila con quest’atteggiamento, perché non chiami Massimo e lo avvisi? Non credo che uscirò da qui prima di stasera.

Il ragazzo sbuffa in maniera piuttosto evidente, mostrandosi per l’adolescente che è, e nell’uscire dalla stanza, si avvicina a me.

- Posso rubarle solo alcuni minuti?

Mi ha chiesto a testa alta, incrociando il mio sguardo.

Con lo sguardo ho cercato brevemente Virginia (cosa che lo ha fatto incazzare maggiormente), che ha annuito, e poi l’ho seguito fuori dalla stanza.

- Che cosa vuole lei da mia madre? Non mi dica che è qui per lavoro perché sarebbe una bugia.

- Ci conosciamo da molto tempo, e volevo sapere come stava, parlare un po’ con lei.

- Io non l’ho mai vista.

- Non ci vediamo da molto tempo.

- Senta non mi prenda in giro, ho visto come la guarda, e lei non è qui per una rimpatriata, è sposato, faccia l’uomo sposato.

- Sei un ottimo osservatore.

- E mia madre dice che vedo fin dentro l’anima della gente, mi viene naturale. Per favore, non mi prenda in giro e non tratti mia madre per quello che non è; mia madre è una persona per bene, la tratti come tale.

Il suo discorso aveva toccato corde profonde della mia anima, sconvolgendomi ancor di più, mentirgli non mi andava, avevo bisogno di una mezza verità, solo così l’avrei tranquillizzato.

- Abbiamo condiviso qualcosa di molto importante e profondo tantissimo tempo fa, mi sono semplicemente spaventato per quello che le è successo oggi. Rispetterò tua madre, come ho sempre fatto.

Mi ha guardato a lungo prima di annuire e scostarsi dalla porta.

 

[Virginia]

Mi sono immaginata questo momento per molto tempo, troppo. Quindici anni vissuti con l’idea di trovarmelo davanti, magari quando ero con Simone, e adesso eccolo qui.

Devo stare calma lo dice anche il medico.

Quest’uomo, il mio Simone (che in realtà si chiama Orlando), è stato la pietra miliare della mia vita, la svolta che mi ha portato a essere la donna che sono.

E poi non prendiamoci per il culo mia cara, il suo charme non l’ha perso, il suo odore ti è entrato nel naso come fosse ancora nudo sotto di te, ed è sposato, occhio e croce con la bionda, tu non hai aspettato lui per quindici anni.

Giusto ma con chi ti sei sentita viva come con lui?!

Quando bussa di nuovo alla porta, risparmio alla mia coscienza di rispondere a questa domanda.

- Come stai?

Mi ha chiesto avvicinandosi piano, non sono riuscita a trattenermi, e sono scoppiata a ridere. Questa timidezza fatico a riconoscergliela.

[Orlando]

I campanellini.

Sentirla ridere è come una boccata d’aria fresca.

-Ti facccio ridere?

Le ho chiesto avvicinandomi al suo letto, lei mi ha invitato a sedermi accanto a lei.

- Non ti ci vedo proprio timido e impacciato.

- Sono passati tanti anni, concedimelo. Anche se su di te non è passato un giorno.

- Grazie. Lo penso anch’io.

Mi ha detto lei arrossendo, e fu il mio turno di ridere.

- Timida?

Le ho chiesto sedendomi accanto a lei, le scostai quella ciocca che le cadeva sempre sul viso.

Ci fermiamo a fissarci, mi perdo nei contorni del suo viso, così delicati così dolci e decisi, è stupido scoprire come il suo viso non l’abbia mai davvero dimenticato.

Mi spingo ad accarezzarle il viso con il dorso della mano, la vedo socchiudere gli occhi per un momento, quando li riapre, mi fissa con una nuova consapevolezza nello sguardo.

- Ti ho cercato per dirtelo, ma alla villa non conoscevano nessun Simone.

- Mi dispiace averti mentito.

- Ho sempre saputo che non era vero, e non l’ho mai vissuta come una menzogna, solo come un dono. Non ho smosso mari e monti per trovarti, temevo di perdere quel po’ di coraggio che avevo trovato per affrontare la mia vita.

- Mi dispiace non esserti stato accanto, da sola sarà stato difficile.

- Simone è sempre stato un angelo. Io ho lavorato come modella durante la gravidanza per poi riprendere a ballare, mi sono fatta un nome. Abbiamo girato moltissimo per il mio lavoro, ma Simone ha sempre avuto un’istruzione adeguata.

- Si vede che è un bravo ragazzo, e che ti adora. Si vede che è stato amato. Che cosa sa di me?

- Che mi hai amato, per il tempo che io ti ho concesso, e che sei stato fondamentale nella mia vita. Non ti odia, non gliel’ho mai permesso.

- Sei stata generosa.

- Io non ti ho mai odiato. Un padre gli è mancato, non posso mentirti, ma nel mio ambiente ci sono molti uomini e non è certo cresciuto in un gineceo.

- Ha trovato qualcuno che…?

Le ho fatto la domanda più vigliacca di tutte, mi sono appena nascosto dietro a mio figlio per capire se ha un uomo accanto.

Cavolo! Ho un figlio! Esco dal mio universo paralello quando lei mi risponde.

- Nessuno di rilevante. È stato sempre molto geloso delle mie frequentazioni maschili, ed io non ho mai trovato qualcuno che valesse la pena imporgli.

Posso essere così vigliacco dal sentirmi sollevato da questa sua risposta?

- Sei sposato.

Mi dice evitando che la mia coscienza potesse rispondere a questa domanda.

- Da molto tempo.

La vedo guardarmi attentamente, come se stesse cercando qualcosa.

- Non mi sembri felice.

Mi dice stringendomi la mano. Ed è vero poi, non sono felice, non lo sono da molto tempo, solo che avevo deciso di non farci più caso.

Si siede sul letto e si avvicina a me, poggia la testa sul mio petto, ed io le passo una mano tra i capelli, quei fili di seta che sembrano non abbiano abbandonato mai le mie mani.

Abbasso la testa per guardarla e la tentazione di baciarla è forte come quindici anni prima, appesantita dalla consepovelozza di sapere che cosa significa perdersi tra le sue labbra.

Le poso una mano sulla guancia e sto per cedere alla dolce tentazione, quando la vedo chiudere gli occhi e abbandonarsi completamente a me.

- Non posso, - le dico posandole un bacio sulla guancia. – Ho promesso a Simone che ti avrei rispettato.

Abbandona il viso sul mio petto e la sento stringersi a me, sente il mio desiderio e sa perché mi sono fermato, questo mi basta.

Quando bussano alla porta, lei torna a sdraiarsi, ed io mi alzo dal letto.

Simone entra accompagnato da Lucia, mia moglie mi ha lasciato la mia privacy e il tempo di sistemare qualcosa di veramente importante nella mia vita? Costato con dispiacere quanto certi suoi atteggiamenti siano cambiati negli anni.

Virginia nota il mio disappunto e scuote la testa, segno che per lei, noi avremo modo di parlare ancora e Dio solo sa quanto questo pensiero mi renda felice.

- Signora come si sente?

Le chiede Lucia improvvisando una serenità che non le appartiene.

- Meglio, grazie. Non sono più una ragazzina e lo stress mi gioca qualche brutto scherzo.

- Ma tu sei una giovinetta.

Le dice Simone sedendosi sul letto e baciandole la fronte, l’amore che prova per sua madre è davvero enorme, e si vede benissimo.

- Ho discusso con i miei superiori la possibilità di concederle una scorta, ma abbiamo troppo poco personale, mi dispiace.

Quando guardo Lucia, sono sgomento, non può davvero pensare di lasciarla priva di protezione.

- Immaginavo, non si preoccupi. Per questi giorni ho fatto assumere da un mio collaboratore delle guardie del corpo. E per la sera degli spettacoli avevo già informato la questura e la polizia presenzierà alle repliche.

- Non me lo aveva detto.

- Sinceramente non c’è stato modo, mi scusi.

- Non si preoccupi, l’importante è che lei sia al sicuro. Probabilmente è meglio che noi la lasciamo riposare.

Il perché mi ha incluso nel discorso mi pare ovvio, anche se non sopporto quando lei decide di disporre della mia vita in questo modo, è un mio superiore, ma non può approfittarsene in questo modo.

- Se avremo novità, la informeremo.

Quando Lucia è già sulla porta, mi avvicino al letto di Virginia, tiro fuori un mio biglietto da visita. Dopo averglielo consegnato, le poso un bacio sulla guancia, cosa che fa incazzare la metà dei presenti (Lucia e Simone), e poi tendo la mano a Simone, che la stringe titubante.

- Prenditi cura di lei, e credimi è stato un piacere conoscerti.

Virginia mi sembra che abbia gli occhi lucidi, mentre lui è attraversato da un lampo di consapevolezza.

Lucia fuma di rabbia, ma non me ne frega niente, neanche s’immagina di quanto mi girino le palle in questo momento; mio figlio, lei mi ha tolto del tempo con mio figlio e sua madre. Quanto è vero Dio questa sera quando torno a casa, metto fine a questa farsa, è durata troppo, qualche anno di felicità non valgono questi quindici anni di matrimonio.

 

- Hai preso dei campioni per il test DNA?

Mi ha chiesto una volta fuori dalla stanza, ed io mi volto a guardarla basito.

- Non ne ho bisogno.

- Io sì, io devo sapere.

Mi dice afferrandomi per il braccio, per fermare la mia corsa fuori dall’ospedale.

- Stanne fuori, Lucia. Questa cosa non ti riguarda.

- Ma riguarda te, tu sei mio marito.

- Questo è vero, ma Virginia e Simone sono una cosa che non ti deve minimamente interessare. Fatti i cazzi tuoi, stanne fuori.

Le ho detto al limite della calma, e lei mi guarda per la prima volta come se fossi uno sconosciuto.

- Io ti amo.

- Ti piace pensarlo.

Mi fermo di fronte alla mia macchina, questa conversazione non sarebbe di certo continuata nel cortile di un ospedale.

Prima di partire, mi volto verso la facciata dell’ospedale, cercando tra le finestre del secondo piano quella che dovrebbe essere di Virginia.

Vedo Simone fermo alla finestra, mi fissa come fossi un alieno, anche lui ha capito e adesso mi sembra sconvolto.

- Io vado in laboratorio, ci vediamo più tardi.

Mi ha detto Lucia mentre io sono fermo a fissare Simone come un’idiota.

Devo parlarci? È meglio aspettare? Che cosa ha capito? Siamo sicuri sicuri sicuri che non mi odi?!

M’indica il giardino accanto a me, e si allontana dalla finestra, lui ha preso la decisione ed io penso sinceramente che sia la cosa più giusta, non voglio impormi in nessun modo.

Mi siedo sulla panchina in attesa del suo arrivo, mentre comincio a pensare cosa dirgli. Che cosa si può dire a un figlio che non conosci? Al quale sei mancato per quindici anni? Quando indago nel vuoto che la mia assenza deve avergli lasciato, scopro il vuoto che c’è nel mio cuore, perché non aver saputo della sua esistenza, non è abbastanza.

A me un figlio è mancato, è mancato come l’aria…

- Posso?

Mi ha chiesto indicando la panchina, interrompendo i miei viaggi mentali.

- Lo hai capito?

- Sì, quando mi hai detto quelle cose, quando ti ho guardato negli occhi, quando ho smesso per un momento di essere preoccupato per mia madre e ho visto la tua preoccupazione per lei in un altro modo.

- Mi dispiace.

Gli dico chinando il capo, perché è vero, e non so cos’altro dirgli ora.

- Io … So che non è colpa tua, mia madre è sempre stata molto chiara sulla vostra relazione e su quanto tu fossi ignaro della mia esistenza.

- Ma?

Perché c’è qualcosa che non gli torna e lo sento.

- Ora sei qui, e non capisco più niente. L’hai davvero amata? Eri già sposato quando avete avuto quella relazione? Come si può far uscire qualcuno di importante dalla tua vita così? Come puoi davvero aver provato qualcosa per lei e poi non esserti mai guardato indietro, per quindici anni?

I suoi occhi sono lucidi, le sue obiezioni logiche e legittime, ed io mi accorgo che calde lacrime cominciano a bagnare il mio viso.

- Quando ho conosciuto tua madre, la mia attuale moglie ed io non stavamo insieme, lei mi aveva tradito ed io c’ero rimasto piuttosto male. Avevo bisogno di stare solo, stare lontano da amici e colleghi, che conoscevano entrambi e mi guardavano come un povero cretino.

Sono arrivato a Tarquinia, dove una mia amica mi aveva prestato casa per il weekend di hallowen e sono entrato in un locale per bere qualcosa e rincoglionirmi di musica.

Non cercavo compagnia, non ho mai creduto nel chiodo schiaccia chiodo e lei non è mai stata questo per me.

Quando la vidi ballare rimasi ammaliato dal suo modo di muoversi, era una calamita e non lo era solo per me, in pista fu infastidita da alcuni ragazzi e per allontanarsi venne al bancone, vicino a dove stavo io, i ragazzi che l’avevano infastidita tornarono alla carica, le tesi la mano senza alcuna spiegazione, e quando lei la prese, ci abbracciammo e ci fingemmo conoscenti, i ragazzi se ne andarono ma noi restammo abbracciati.

La chiamai Tersicore e le dissi che era libera, lei voleva offrirmi da bere, io le ho chiesto di ballare per me. Dopo un po’ che ha ballato per me, mi ha invitato a seguirla, non so ballare, sono pessimo, ci siamo baciati.

Siamo andati a casa mia, siamo stati insieme per due giorni. Quando è venuto il momento di partire io avevo ritrovato me stesso e lei brillava di una luce nuova, aveva nello sguardo la forza di una tigre.

Decidemmo che quello era stato un sogno, un bellissimo sogno, capace di sanare le nostre ferite.

Sono tornato alla mia vita perché era più facile.

La mia musa è sempre stata avvolta nel mistero per me, e poi era destinata a spiccare il volo, io sarei stata zavorra per lei.

- La tua musa?

- L’ho chiamata così per il tempo trascorso insieme. Lo è sempre stata, da quel giorno, nel mio cuore.

Simone è riamasto in silenzio, doveva metabolizzare le mie parole, capire se erano vere, o se potevano essere sufficienti a colmare la sua rabbia e il suo odio.

- Va bene, credo che lei sia stata importante per te. So che tu sei stato importante per lei. Adesso che cosa succederà? Che vuoi?

- Conoscerti.

- Che vuoi da lei? Ho visto come la guardi, ho visto come ti guarda, vi cercate e trovate con lo sguardo. Non è bello da vedere, sapendo che non vi vedete da quindici anni, sapendo che sei sposato, lo hai fatto davanti a tua moglie che le ha negato una scorta.

- Le due cose non sono collegate.

- Sei un pessimo bugiardo. Ti ripeto la domanda, cosa vuoi da mia madre? Non ho bisogno della famiglia del Mulino Bianco, ma avrei piacere di conoscerti meglio.

- Il mio matrimonio non va bene da molto tempo, ma questa cosa non riguarda te, Lucia è un mio problema. Quello che provo per tua madre non te lo so spiegare.

- Stalle lontano.

- Simone basta!! Entra in ospedale, sbrigati. Sono abbastanza vecchia da sapermi gestire da me.

- Tu non sei vecchia. – ci ritroviamo a dire in contemporanea Simone ed io. Cosa che la fa scoppiare a ridere.

Ci guardiamo imbarazzati e ridiamo anche noi.

- Che cosa ci fai fuori dal letto?

- Conosco i miei polli. Simone io sto bene. – dice avvicinandosi a suo figlio, gli spettina i capelli, sembra un gesto abituale, credo che abbia il potere di calmarlo. – Quello che c’è tra di noi in questo momento non è oggetto di discussione, ma soprattutto è qualcosa che non riguarda te.

E tutto questo glielo dice prendendomi la mano e sedendosi sulle mie ginocchia mentre fissa Simone.

- Tra me e lui ci sarà sempre qualcosa, ci sei tu. Lo capisci?

Gli ripete ancora molto dolcemente, mentre la mia mano che vive di vita propria (quella che non è intrecciata alla sua), si posa sul suo fianco.

Simone mi regala una nuova occhiata di fuoco, e poi mi fa un’altra domanda.

- Hai altri figli? Ho fratelli o sorelle?

Scuoto la testa e questo stupisce entrambi.

- Ti ho semrpe immaginato circondato da figli e figliastri.

- Ho sposato la donna sbagliata, per la seconda volta.

- Ho capito, ti sei sposato tutte tranne la mia mamma?

Virginia arrossisce ed io con lei. Questo evidentemente calma Simone perché scoppia a ridere in maniera vergognosa mentre lei nasconde il viso nel mio collo, un gesto così familiare che mi sembra che non abbia mai smesso di farlo.

 

[Lucia]

Che bella riunione di famiglia!

Sto perdendo in poche ore quello che ho costruito in anni, la cosa che più mi spaventa è che questo non mi sconvolge più di tanto. Sono sposata con Orlando da troppo tempo, quello che c’era all’inizio è sparito, sepolto dal tempo e dalla routine.

Certi gesti poi non me li sono mai concessi, tantomeno in pubblico, quella donna è così serena nell'abbondanarsi a lui.

E poi si è presentata con un figlio, io con che cosa combatto?

Mi perdo di nuovo a guardarli quando vedo il ragazzino lasciarli soli e avvicinarsi alle porte dell’ospedale, il modo in cui Orlando la guarda è talmente carico di passione che mi aspetto di vederli avvinghiati in un attimo, ma non accade, lui le posa un bacio sulla fronte e lei chiude gli occhi.

Il rispetto che le porta è peggiore di una stilettata in pieno petto, anche il ragazzino sembra soddisfatto di quel gesto.

Metto in moto perché ho visto troppo, ora devo stare da sola.

[Orlando]

Quando torno a casa, mi sento confuso, veramente sono inebriato ancora dall’odore di Viginia nel mio naso, e sento che la mia vita sta per cambiare.

Non voglio ferire Lucia, perché nonostante i nostri problemi, le voglio bene e gliene ho voluto davvero tanto, ma non è più lei quello che voglio.

Mi sembra assurdo che per capirlo abbia avuto bisogno della mia musa, di nuovo. Molto sinceramente non so cosa provo per Virginia, sono ancora irrimediabilmente attratto da lei, questo lo so, e lei da me. Quello che vorrei oggi è il tempo per capire cosa ci aspetta la fuori, che futuro potremmo avere insieme?

- Sono a casa.

La voce di Lucia mi riscuote dai miei pensieri, perché prima del futuro c’è il presente da sistemare.

Mia moglie è il mio presente.

- Ben tornata.

Le dico mentre resto seduto al tavolo del salotto, il silenzio di questa casa mi ha sempre messo tristezza. Lei si avvicina al tavolo, mi lancia una cartella del laboratorio, e si siede accanto a me.

- È effettivamente tuo figlio, ho preso la bottiglietta d’acqua che aveva gettato nel cestino.

- Non avevi alcun diretto di fargli il test del DNA.

- Sono tua moglie e voglio sapere che cosa è vero e cosa non lo è. Perché ora? Perché adesso dopo tanto tempo ti hanno cercato?

- Non mi hanno cercato, Virginia non ha mai avuto modo di trovarmi, non sapeva nemmeno il mio nome.  Mi cercò alla villa dei genitori di Eleonora quando scoprì di essere incinta, ovviamente non mi trovò e i genitori di Eleonora non conoscevano nessun Simone. Aveva due strade davanti: cercare un uomo che non voleva nulla di più di quello che aveva già avuto, o prendersi tutto il bello di quello che abbiamo condiviso e vivere la sua vita, farsi una carriera, e crescere nostro figlio.

Lei ha scelto questa seconda via, io non gliene faccio una colpa.

Perché oggi? Per puro caso, so che sono stati altre volte a Roma, credo che adesso si vogliano fermare per un po’.

Vuole darmi la possibilità di conoscere Simone.

- Lui vuole conoscerti? Sa chi sei? Perché non ti odia come dovrebbe?

- Virginia non mi ha mai odiato, e Simone è cresciuto influenzato dai suoi sentimenti, ha dei dubbi legittimi ed è arrabbiato. Abbiamo avuto modo di discutere un po’ questo pomeriggio e lui ha capito perché non ci sono stato fino a ora, e sa che vorrò esserci per il futuro.

- Non recuperarai quindici anni …

- Quelli li ho persi, ma ho tutto il suo futuro e quello non voglio perdermelo.

- Per me non ci sono problemi, capisco la situazione, ma c’è dell’altro vero? Tu non mi stai dicendo di accogliere tuo figlio, tu provi qualcosa per sua madre.

- Sinceramente non lo so quello che provo per Virginia. So che non sono felice, so che non sono soddisfatto di questo matrimonio, so che prima di rivederla non mi ero posto il problema, so che non facciamo l’amore da tantissimo tempo.

- Facciamolo allora, adesso.

- Non sono un pupazzo, non basta ‘facciamolo’ per accendere i miei desideri.

- Non mi sembri così annoiato.

Dice passandomi una mano sul cavallo dei pantaloni, gesto che m’infastidisce moltissimo. La mia erezione non è certo merito suo, mi allontano dal suo tocco.

- Sto così da quando ho visto Virginia.

Lei mi guarda con astio ed io le permetto di farlo, quello che le ho detto non è stato certamente carino.

-Tu la vuoi! - Mi accusa puntandomi il dito contro. –Tu la desideri, lei ti sta allontanando da me.

Dice mentre cerca di alzare il braccio per schiaffeggiarmi, ma le blocco il polso.

-Virginia non ha fatto nulla per allontanarmi da te, io la desidero, ma questo non dipende da lei, ti prego Lucia affrontiamo questa cosa come due persone civili.

- Che cosa vuoi?

- La separazione.

Questa adesso è la mia unica certezza, l’unica cosa che so di volere.

- Siamo già a questo punto?

Dice cominciando a tirarmi dietro qualsiasi cosa le capiti sotto mano.

- Sì, ti prego, smettila. Lucia ti giuro che tra me e Virginia non è successo nulla, cio nonostante io voglio la separazione.

Quando lei si siede sul divano e si porta le mani alla fronte, mi siedo di fronte a lei.

-Ti ho visto in ospedale, vi ho visto, io … io lo vedo.

- Lo so.

Le dico abbracciandola, eccola qui la mia Lucia consapevole e saggia.

- Domani chiamerò l’avvocato.

Mi dice stringendomi la mano e aprendosi in un timido sorriso quando il mio telefono squilla, forse rispondere in un momento del genere non è appropriato ma sento di dover rispondere.

- Pronto.

- Orlando Serra?

- Sì, sono io.

- Sono Simone... Del Gado, scusa il disturbo ma …

- Simone, stai bene? Virginia?

- Mamma sta bene, noi stiamo, entrambi. Lei è stata dimessa, solo che… insomma vista la storia del corpetto è meglio se stasera dormiamo in albergo secondo me, ma lei vuole stare in casa perché si vuole allenare, mi sembra una stronzata… scusa il linguaggio, non è che glielo dici tu?

- Sì, ma le guardie che ha detto di aver assunto?

- Inizieranno domani mattina.

- Prepara una borsa con un paio di cambi per entrambi, io sto arrivando.

- Simone con chi parli?!  - Sento la voce di Virginia lontana.

- Glielo dici tu allora, ti mando l’indirizzo.

E attacca il telefono senza farmi parlare, mi volto verso Lucia che ha già capito tutto.

- Per la scorta non è stata una mia decisione.

- Non hai insistito immagino.

- Non ho insistito. Dove vai?

- Li porto in albergo, e resto con loro.

- Non sei in servizio, ricordatelo.

- Me lo ricordo, grazie!

Le dico posandole un bacio sulla fronte, preparo una borsa ed esco in fretta di casa.

Convincere Virginia non è stato facilissimo, soprattutto per la serie di rimproveri che sono partiti per Simone, non è abituata a condividere con qualcuno certe preoccupazioni e la posso capire, io non sono abituato a certi pensieri, ma Simone sembra stare benissimo. Mentre la madre si scaglia contro di lui, con espressioni davvero colorite, lui si è nascosto dietro le mie spalle.

Dopo aver sbollito la situazione d’inferiorità numerica, e il fatto di dover affrontare un adulto e non solo un adolescente, usciamo da casa. Andiamo in un albergo lontano dal centro ma molto di classe, prendiamo una suite ma la fermiamo a mio nome, non voglio che qualcuno la possa disturbare.

Simone dopo una rapida doccia si mette a letto, crollando addormentato poco dopo, mentre io cerco di fare del divano un giaciglio per la notte, quando Virginia si avvicina a me con un tablet in mano.

- Posso?

Mi chiede, mentre io la invito a sedersi accanto a me, evitando di notare che indossa un minuscolo pantaloncino e un’enorme maglietta dei Doors.

- Mi dispiace se ti abbiamo disturbato, tua moglie non deve averla presa bene.

- Ha capito, stavamo discutendo prima della chiamata ed io... le ho chiesto la separazione,  lei non si è opposta.

Noto che è rimasta interdetta, allora accende il tablet e lo mette tra noi due.

- Ho pensato che volessi vederle. È uno dei miei archivi fotografici, c’è Simone da quando è nato fino a oggi.

La vedo che comincia a sfogliare delle cartelle. ‘Nella pancia’, ‘Un pulcino1’, ‘Un pulcino2’, ‘Il paperotto’, 'Mamma basta con sto paperotto'

- Non fare caso ai nomi, sono dannatamente sentimentale, ma il pulcino era davvero meraviglioso.

- Posso vedere qualche foto della gravidanza?

Lei annuisce e apre la cartella, e l’unica cosa che riesco a pensare è quanto fosse bella, sorride nella maggior parte delle foto, e si tocca il ventre con orgoglio, l’ha sempre amato.

- Com’è andato il parto?

Le ho chiesto di fronte ad una sua foto con la pancia enorme.

- Bene, per essere una primipara sono stata molto fortunata, dalla rottura delle acque al parto sono passate poco meno di due ore. È nato di tre chili e otto ed era lungo 48 cm. Si è attaccato al seno senza problemi.

Quando parla, gli occhi le brillano.

- Aspetta…

Mi dice poi cominciando a sfogliare tra le foto, fino a che non ne trova una, lei ha il volto stanco e molto provato, ma veramente felice, tiene in braccio un fagotto con un buffo cappellino azzurro. Come un idiota accarezzo il viso del pulcino e la sento sussultare, mi volto a guardarla, ha gli occhi lucidi e trattiene malamente le lacrime. La stringo in un abbraccio senza dire niente, so quello che prova in questo momento.

- Non pensavo che potesse succedere realmente. L’ho sognato tante volte ma non ho mai creduto che ti avrei ritrovato.

Dice sul mio petto, ed io capisco perfettamente tutta la sua preoccupazione, l’ha cresciuto sapendo che io non ci sarei stato, vedermi qui adesso deve essere strano. Dopo essersi accucciata meglio sul mio petto, continuaiamo a vedere fotografie, da quello che intuisco, hanno girato moltissimo. Hanno vissuto a Milano, dove Simone è nato, poi a Parigi, New York, Londra, mio figlio ha sempre il sorriso sulle labbra e guarda alla mamma come alla persona più importante del mondo. La mia mano è tra i capelli di Virginia, accarezzarli è come una droga, mentre lei si perde tra i ricordi dell’infanzia del suo bambino.

Quando si volta a guardarmi il suo viso è illuminato dalla gioia che non può nascondere.

- Probabilmente tu sarai stanco ed io ti sto trattenendo, è tardi.

Fa per alzarsi, ma le passo una mano attorno alla vita e le impedisco di muoversi.

- Puoi tenerlo. – dice indicando il tablet e fuggendo il mio sguardo.

Le passo una mano sotto il mento per farmi guardare, e quello che trovo nei suoi occhi è uno splendido deja-vu, lo sguardo è lo stesso che aveva quindici anni fa, e come allora, non seppi resisterle, mi chinai su di lei che chiuse gli occhi.

Il suo sapore è lo stesso, come un idiota mi sono stupito nel riconoscerlo dopo tutto questo tempo, la sua lingua cerca la mia ed io non mi nego, è tutto il giorno che non vedo loro di perdermi in lei, con la mano le afferrò quei morbidi crini e la avvicino a me ancora di più. Senza mai allontanarsi dalla mia bocca, si metta cavalcioni su di me, quando la prendo per i fianchi, è per sentirla più vicina. Soffoco il suo gemito tra le mie labbra, e con una fatica immane mi separo da lei.

- È tutto il giorno che morivo dalla voglia di farlo.

Le dico scostandole i capelli che le sono caduti sulla fronte.

- Anch’io. – dice accarezzandomi il viso. – Sono una mamma, una serissima  professionista, mi chiamano il ghiacciolo, la maggior parte dei miei colleghi perché mostro sentimenti e passione solo quando ballo… Basti tu per mandarmi in confusione.

- Ghiacciolo? – Le dico mentre da bravo stronzo le accarezzo le cosce.

- Lady Icicle, per la precisione. – dice mentre si china a baciarmi il collo, per ripagarmi con la mia stessa moneta.

- Non mi sei mai sembrata fredda.

Le dico sottovoce e quasi sospirando.

- Non lo sono mai stata con te.

Mi soffia sulle labbra, e sto per perdere quel poco di controllo che mi rimane, decido quindi di perdermi ancora un momento tra le sue labbra per poi allontanarla da me prendendola per le spalle.

- Nostro figlio dorme, spero, dietro quella porta. E sicuramente vorrà la mia testa…

Lei si apre in un sorriso dolcissimo e mi posa un bacio veloce sulle labbra.

- Buonanotte. – mi dice arrivata alla porta.

- Buonanotte a te, Lady Icicle. – sorride cercando di soffocare i campenellini con la mano, per poi infilarsi nel letto.

 

La mattina seguente, mentre Virginia è in bagno Simone viene vicino a me, vede il tablet della madre, ed io che mi sto svegliando, si siede sulla poltrona e mi fissa.

- Buongiorno.

Gli dico per capire quel suo strano atteggiamento, sembra molto indeciso se rispondermi o no, a un semplice saluto.

- Buongiorno. Riposato bene?

- Sì. – dico un po’ esitando – Tu ti senti bene?

- Hai un enorme succhiotto sul collo!

Dice fregandosene di quello che credo fosse il suo primo proposito ovvero parlarne con calma.

- Non è come pensi.

Mi porto le mani alla testa perché la cosa non è facile da gestire.

- Mi avevi detto che l’avresti rispettata. Ora dimmi, ti frega qualcosa di me o vuoi solo portartela a letto?

- Pensi questo di me?

Gli chiedo sconvolto in quel momento credo di aver dato a mio figlio la peggior impressione possibile, quindi quando vedo Virginia uscire dal bagno e avvicinarsi le faccio no con la testa e lei si allontana. 

Lui annuisce e non smette di fissarmi, con aria truce.

- M’importa di te, molto, non posso riavere i quindici anni che ho perso, ma ieri sera ho potuto sentire di te dalla persona che ti ama più di chiunque altro.

- Stai dicendo che se hai un succhiotto è per le mie foto da bambino?

- No, l’attrazione che provo per tua madre non c’entra con te, o meglio, non proprio. Senza di quella dubito che tu saresti qui oggi, comunque, io ho chiesto la separazione a mia moglie, quello che so di certo è che non voglio più stare con lei.

Sembra quasi capire quello che sto dicendo, certamente ci sta pensando su.

- Oggi, quando tua madre sarà in teatro, con tutte le sue guardie del corpo, ti va se te ed io ce ne andiamo un po’ in giro? Solo noi due.

Lui annuisce, aprendosi in un sorriso.

- Sì però copri il succhiotto o rovini la reputazione del ghiacciolo.

- Tu lo sai?

- Certo. – dice ammiccando nella mia direzione, dopodiché m’indica il bagno, dicendo che lui può aspettare.




NDA

Ecco il secondo atto, doveva essere una shot, ma è unn po' troppo lunghetta.
Conto comunque di chiuderla in pochi capitoli.
Che cosa ne pensate?

Besos
A
   
 
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