[Orlando]
Quando sono arrivato in ospedale, mi hanno detto che
Virginia stava bene, era stato solo un po’ di shock dovuto all’accaduto. Hanno deciso
di tenerla in osservazione per qualche ora. Immediatamente mi sono preoccupato
per Simone, che era stato chiaro, aveva solo sua madre e doveva essersi preso
un bello spavento. Arrivato davanti alla porta della stanza, ho preso un lungo
respiro prima di bussare.
- Avanti.
Ha detto la voce di Virginia, si può definire consapevole
una voce? Beh la sua lo era, sapeva perfettamente chi c’era dietro la porta.
- È lei?
Mi ha accolto Simone senza nascondere l’astio, cosa che gli ha fatto vincere una bella occhiata severa della madre.
- Che cosa vuole?
- Parlare con me. Ora smettila con quest’atteggiamento,
perché non chiami Massimo e lo avvisi? Non credo che uscirò da qui prima di
stasera.
Il ragazzo sbuffa in maniera piuttosto evidente, mostrandosi per
l’adolescente che è, e nell’uscire dalla stanza, si avvicina a me.
- Posso rubarle solo alcuni minuti?
Mi ha chiesto a testa alta, incrociando il mio sguardo.
Con lo sguardo ho cercato brevemente Virginia (cosa che lo ha
fatto incazzare maggiormente), che ha annuito, e poi l’ho seguito fuori dalla
stanza.
- Che cosa vuole lei da mia madre? Non mi dica che è qui per
lavoro perché sarebbe una bugia.
- Ci conosciamo da molto tempo, e volevo sapere come stava,
parlare un po’ con lei.
- Io non l’ho mai vista.
- Non ci vediamo da molto tempo.
- Senta non mi prenda in giro, ho visto come la guarda, e
lei non è qui per una rimpatriata, è sposato, faccia l’uomo sposato.
- Sei un ottimo osservatore.
- E mia madre dice che vedo fin dentro l’anima della gente,
mi viene naturale. Per favore, non mi prenda in giro e non tratti mia madre per
quello che non è; mia madre è una persona per bene, la tratti come tale.
Il suo discorso aveva toccato corde profonde della mia
anima, sconvolgendomi ancor di più, mentirgli non mi andava, avevo bisogno di
una mezza verità, solo così l’avrei tranquillizzato.
- Abbiamo condiviso qualcosa di molto importante e profondo
tantissimo tempo fa, mi sono semplicemente spaventato per quello che le è
successo oggi. Rispetterò tua madre, come ho sempre fatto.
Mi ha guardato a lungo prima di annuire e scostarsi dalla
porta.
[Virginia]
Mi sono immaginata questo momento per molto tempo, troppo. Quindici
anni vissuti con l’idea di trovarmelo davanti, magari quando ero con Simone, e adesso
eccolo qui.
Devo stare calma lo dice anche il medico.
Quest’uomo, il mio Simone (che in realtà si chiama Orlando), è stato la pietra miliare della
mia vita, la svolta che mi ha portato a essere la donna che sono.
E poi non prendiamoci per il culo mia cara, il suo charme
non l’ha perso, il suo odore ti è entrato nel naso come fosse ancora nudo sotto
di te, ed è sposato, occhio e croce con la bionda, tu non hai aspettato lui per
quindici anni.
Giusto ma con chi ti sei sentita viva come con lui?!
Quando bussa di nuovo alla porta, risparmio alla mia coscienza
di rispondere a questa domanda.
- Come stai?
Mi ha chiesto avvicinandosi piano, non sono riuscita a
trattenermi, e sono scoppiata a ridere. Questa timidezza fatico a
riconoscergliela.
[Orlando]
I campanellini.
Sentirla ridere è come una boccata d’aria fresca.
-Ti facccio ridere?
Le ho chiesto avvicinandomi al suo letto, lei mi ha invitato
a sedermi accanto a lei.
- Non ti ci vedo proprio timido e impacciato.
- Sono passati tanti anni, concedimelo. Anche se su di te
non è passato un giorno.
- Grazie. Lo penso anch’io.
Mi ha detto lei arrossendo, e fu il mio turno di ridere.
- Timida?
Le ho chiesto sedendomi accanto a lei, le scostai quella
ciocca che le cadeva sempre sul viso.
Ci fermiamo a fissarci, mi perdo nei contorni del suo viso,
così delicati così dolci e decisi, è stupido scoprire come il suo viso non l’abbia
mai davvero dimenticato.
Mi spingo ad accarezzarle il viso con il dorso della mano,
la vedo socchiudere gli occhi per un momento, quando li riapre, mi fissa con
una nuova consapevolezza nello sguardo.
- Ti ho cercato per dirtelo, ma alla villa non conoscevano
nessun Simone.
- Mi dispiace averti mentito.
- Ho sempre saputo che non era vero, e non l’ho mai vissuta
come una menzogna, solo come un dono. Non ho smosso mari e monti per trovarti,
temevo di perdere quel po’ di coraggio che avevo trovato per affrontare la mia
vita.
- Mi dispiace non esserti stato accanto, da sola sarà stato
difficile.
- Simone è sempre stato un angelo. Io ho lavorato come
modella durante la gravidanza per poi riprendere a ballare, mi sono fatta un
nome. Abbiamo girato moltissimo per il mio lavoro, ma Simone ha sempre avuto
un’istruzione adeguata.
- Si vede che è un bravo ragazzo, e che ti adora. Si vede
che è stato amato. Che cosa sa di me?
- Che mi hai amato, per il tempo che io ti ho concesso, e
che sei stato fondamentale nella mia vita. Non ti odia, non gliel’ho mai
permesso.
- Sei stata generosa.
- Io non ti ho mai odiato. Un padre gli è mancato, non posso
mentirti, ma nel mio ambiente ci sono molti uomini e non è certo cresciuto in
un gineceo.
- Ha trovato qualcuno che…?
Le ho fatto la domanda più vigliacca di tutte, mi sono
appena nascosto dietro a mio figlio per capire se ha un uomo accanto.
Cavolo! Ho un figlio! Esco dal mio universo paralello quando
lei mi risponde.
- Nessuno di rilevante. È stato sempre molto geloso delle
mie frequentazioni maschili, ed io non ho mai trovato qualcuno che valesse la
pena imporgli.
Posso essere così vigliacco dal sentirmi sollevato da questa
sua risposta?
- Sei sposato.
Mi dice evitando che la mia coscienza potesse rispondere a questa
domanda.
- Da molto tempo.
La vedo guardarmi attentamente, come se stesse cercando
qualcosa.
- Non mi sembri felice.
Mi dice stringendomi la mano. Ed è vero poi, non sono felice, non lo sono da molto tempo, solo che avevo deciso di non farci più caso.
Si siede sul letto e si avvicina a me, poggia la testa sul
mio petto, ed io le passo una mano tra i capelli, quei fili di seta che sembrano non abbiano abbandonato mai le mie mani.
Abbasso la testa per guardarla e la tentazione di baciarla è
forte come quindici anni prima, appesantita dalla consepovelozza di sapere che
cosa significa perdersi tra le sue labbra.
Le poso una mano sulla guancia e sto per cedere alla dolce
tentazione, quando la vedo chiudere gli occhi e abbandonarsi completamente a
me.
- Non posso, - le dico posandole un bacio sulla guancia. –
Ho promesso a Simone che ti avrei rispettato.
Abbandona il viso sul mio petto e la sento stringersi a me, sente il mio desiderio e sa perché mi sono fermato, questo mi basta.
Quando bussano alla porta, lei torna a sdraiarsi, ed io mi
alzo dal letto.
Simone entra accompagnato da Lucia, mia moglie mi ha
lasciato la mia privacy e il tempo di sistemare qualcosa di veramente
importante nella mia vita? Costato con dispiacere quanto certi suoi atteggiamenti siano cambiati negli anni.
Virginia nota il mio disappunto e scuote la testa, segno che
per lei, noi avremo modo di parlare ancora e Dio solo sa quanto questo pensiero
mi renda felice.
- Signora come si sente?
Le chiede Lucia improvvisando una serenità che non le
appartiene.
- Meglio, grazie. Non sono più una ragazzina e lo stress mi
gioca qualche brutto scherzo.
- Ma tu sei una giovinetta.
Le dice Simone sedendosi sul letto e baciandole la fronte,
l’amore che prova per sua madre è davvero enorme, e si vede benissimo.
- Ho discusso con i miei superiori la possibilità di
concederle una scorta, ma abbiamo troppo poco personale, mi dispiace.
Quando guardo Lucia, sono sgomento, non può davvero pensare
di lasciarla priva di protezione.
- Immaginavo, non si preoccupi. Per questi giorni ho fatto
assumere da un mio collaboratore delle guardie del corpo. E per la sera degli
spettacoli avevo già informato la questura e la polizia presenzierà alle
repliche.
- Non me lo aveva detto.
- Sinceramente non c’è stato modo, mi scusi.
- Non si preoccupi, l’importante è che lei sia al sicuro.
Probabilmente è meglio che noi la lasciamo riposare.
Il perché mi ha incluso nel discorso mi pare ovvio, anche se
non sopporto quando lei decide di disporre della mia vita in questo modo, è un
mio superiore, ma non può approfittarsene in questo modo.
- Se avremo novità, la informeremo.
Quando Lucia è già sulla porta, mi avvicino al letto di
Virginia, tiro fuori un mio biglietto da visita. Dopo averglielo consegnato, le
poso un bacio sulla guancia, cosa che fa incazzare la metà dei presenti (Lucia
e Simone), e poi tendo la mano a Simone, che la stringe titubante.
- Prenditi cura di lei, e credimi è stato un piacere
conoscerti.
Virginia mi sembra che abbia gli occhi lucidi, mentre lui è attraversato
da un lampo di consapevolezza.
Lucia fuma di rabbia, ma non me ne frega niente, neanche s’immagina
di quanto mi girino le palle in questo momento; mio figlio, lei mi ha tolto del
tempo con mio figlio e sua madre. Quanto è vero Dio questa sera quando torno a casa,
metto fine a questa farsa, è durata troppo, qualche anno di felicità non valgono
questi quindici anni di matrimonio.
- Hai preso dei campioni per il test DNA?
Mi ha chiesto una volta fuori dalla stanza, ed io mi volto a
guardarla basito.
- Non ne ho bisogno.
- Io sì, io devo sapere.
Mi dice afferrandomi per il braccio, per fermare la mia
corsa fuori dall’ospedale.
- Stanne fuori, Lucia. Questa cosa non ti riguarda.
- Ma riguarda te, tu sei mio marito.
- Questo è vero, ma Virginia e Simone sono una cosa che non
ti deve minimamente interessare. Fatti i cazzi tuoi, stanne fuori.
Le ho detto al limite della calma, e lei mi guarda per la
prima volta come se fossi uno sconosciuto.
- Io ti amo.
- Ti piace pensarlo.
Mi fermo di fronte alla mia macchina, questa conversazione
non sarebbe di certo continuata nel cortile di un ospedale.
Prima di partire, mi volto verso la facciata dell’ospedale,
cercando tra le finestre del secondo piano quella che dovrebbe essere di
Virginia.
Vedo Simone fermo alla finestra, mi fissa come fossi un
alieno, anche lui ha capito e adesso mi sembra sconvolto.
- Io vado in laboratorio, ci vediamo più tardi.
Mi ha detto Lucia mentre io sono fermo a fissare Simone come
un’idiota.
Devo parlarci? È meglio aspettare? Che cosa ha capito? Siamo
sicuri sicuri sicuri che non mi odi?!
M’indica il giardino accanto a me, e si allontana dalla
finestra, lui ha preso la decisione ed io penso sinceramente che sia la cosa
più giusta, non voglio impormi in nessun modo.
Mi siedo sulla panchina in attesa del suo arrivo, mentre
comincio a pensare cosa dirgli. Che cosa si può dire a un figlio che non
conosci? Al quale sei mancato per quindici anni? Quando indago nel vuoto che la
mia assenza deve avergli lasciato, scopro il vuoto che c’è nel mio cuore,
perché non aver saputo della sua esistenza, non è abbastanza.
A me un figlio è mancato, è mancato come l’aria…
- Posso?
Mi ha chiesto indicando la panchina, interrompendo i miei
viaggi mentali.
- Lo hai capito?
- Sì, quando mi hai detto quelle cose, quando ti ho guardato
negli occhi, quando ho smesso per un momento di essere preoccupato per mia
madre e ho visto la tua preoccupazione per lei in un altro modo.
- Mi dispiace.
Gli dico chinando il capo, perché è vero, e non so cos’altro
dirgli ora.
- Io … So che non è colpa tua, mia madre è sempre stata
molto chiara sulla vostra relazione e su quanto tu fossi ignaro della mia
esistenza.
- Ma?
Perché c’è qualcosa che non gli torna e lo sento.
- Ora sei qui, e non capisco più niente. L’hai davvero
amata? Eri già sposato quando avete avuto quella relazione? Come si può far
uscire qualcuno di importante dalla tua vita così? Come puoi davvero aver
provato qualcosa per lei e poi non esserti mai guardato indietro, per quindici
anni?
I suoi occhi sono lucidi, le sue obiezioni logiche e
legittime, ed io mi accorgo che calde lacrime cominciano a bagnare il mio viso.
- Quando ho conosciuto tua madre, la mia attuale moglie ed
io non stavamo insieme, lei mi aveva tradito ed io c’ero rimasto piuttosto
male. Avevo bisogno di stare solo, stare lontano da amici e colleghi, che
conoscevano entrambi e mi guardavano come un povero cretino.
Sono arrivato a Tarquinia, dove una mia amica mi aveva
prestato casa per il weekend di hallowen e sono entrato in un locale per bere
qualcosa e rincoglionirmi di musica.
Non cercavo compagnia, non ho mai creduto nel chiodo
schiaccia chiodo e lei non è mai stata questo per me.
Quando la vidi ballare rimasi ammaliato dal suo modo di
muoversi, era una calamita e non lo era solo per me, in pista fu infastidita da
alcuni ragazzi e per allontanarsi venne al bancone, vicino a dove stavo io, i
ragazzi che l’avevano infastidita tornarono alla carica, le tesi la mano senza
alcuna spiegazione, e quando lei la prese, ci abbracciammo e ci fingemmo
conoscenti, i ragazzi se ne andarono ma noi restammo abbracciati.
La chiamai Tersicore e le dissi che era libera, lei voleva
offrirmi da bere, io le ho chiesto di ballare per me. Dopo un po’ che ha
ballato per me, mi ha invitato a seguirla, non so ballare, sono pessimo, ci
siamo baciati.
Siamo andati a casa mia, siamo stati insieme per due giorni.
Quando è venuto il momento di partire io avevo ritrovato me stesso e lei
brillava di una luce nuova, aveva nello sguardo la forza di una tigre.
Decidemmo che quello era stato un sogno, un bellissimo
sogno, capace di sanare le nostre ferite.
Sono tornato alla mia vita perché era più facile.
La mia musa è sempre stata avvolta nel mistero per me, e poi
era destinata a spiccare il volo, io sarei stata zavorra per lei.
- La tua musa?
- L’ho chiamata così per il tempo trascorso insieme. Lo è
sempre stata, da quel giorno, nel mio cuore.
Simone è riamasto in silenzio, doveva metabolizzare le mie
parole, capire se erano vere, o se potevano essere sufficienti a colmare la sua
rabbia e il suo odio.
- Va bene, credo che lei sia stata importante per te. So che
tu sei stato importante per lei. Adesso che cosa succederà? Che vuoi?
- Conoscerti.
- Che vuoi da lei? Ho visto come la guardi, ho visto come ti
guarda, vi cercate e trovate con lo sguardo. Non è bello da vedere, sapendo che
non vi vedete da quindici anni, sapendo che sei sposato, lo hai fatto davanti a
tua moglie che le ha negato una scorta.
- Le due cose non sono collegate.
- Sei un pessimo bugiardo. Ti ripeto la domanda, cosa vuoi
da mia madre? Non ho bisogno della famiglia del Mulino Bianco, ma avrei piacere
di conoscerti meglio.
- Il mio matrimonio non va bene da molto tempo, ma questa
cosa non riguarda te, Lucia è un mio problema. Quello che provo per tua madre
non te lo so spiegare.
- Stalle lontano.
- Simone basta!! Entra in ospedale, sbrigati. Sono
abbastanza vecchia da sapermi gestire da me.
- Tu non sei vecchia. – ci ritroviamo a dire in
contemporanea Simone ed io. Cosa che la fa scoppiare a ridere.
Ci guardiamo imbarazzati e ridiamo anche noi.
- Che cosa ci fai fuori dal letto?
- Conosco i miei polli. Simone io sto bene. – dice
avvicinandosi a suo figlio, gli spettina i capelli, sembra un gesto abituale,
credo che abbia il potere di calmarlo. – Quello che c’è tra di noi in questo
momento non è oggetto di discussione, ma soprattutto è qualcosa che non
riguarda te.
E tutto questo glielo dice prendendomi la mano e sedendosi
sulle mie ginocchia mentre fissa Simone.
- Tra me e lui ci sarà sempre qualcosa, ci sei tu. Lo
capisci?
Gli ripete ancora molto dolcemente, mentre la mia mano che
vive di vita propria (quella che non è intrecciata alla sua), si posa sul suo
fianco.
Simone mi regala una nuova occhiata di fuoco, e poi mi fa
un’altra domanda.
- Hai altri figli? Ho fratelli o sorelle?
Scuoto la testa e questo stupisce entrambi.
- Ti ho semrpe immaginato circondato da figli e figliastri.
- Ho sposato la donna sbagliata, per la seconda volta.
- Ho capito, ti sei sposato tutte tranne la mia mamma?
Virginia arrossisce ed io con lei. Questo evidentemente
calma Simone perché scoppia a ridere in maniera vergognosa mentre lei nasconde
il viso nel mio collo, un gesto così familiare che mi sembra che non abbia mai
smesso di farlo.
[Lucia]
Che bella riunione di famiglia!
Sto perdendo in poche ore quello che ho costruito in anni,
la cosa che più mi spaventa è che questo non mi sconvolge più di tanto. Sono
sposata con Orlando da troppo tempo, quello che c’era all’inizio è sparito,
sepolto dal tempo e dalla routine.
Certi gesti poi non me li sono mai concessi, tantomeno in
pubblico, quella donna è così serena nell'abbondanarsi a lui.
E poi si è presentata con un figlio, io con che cosa
combatto?
Mi perdo di nuovo a guardarli quando vedo il ragazzino
lasciarli soli e avvicinarsi alle porte dell’ospedale, il modo in cui Orlando
la guarda è talmente carico di passione che mi aspetto di vederli avvinghiati
in un attimo, ma non accade, lui le posa un bacio sulla fronte e lei chiude gli
occhi.
Il rispetto che le porta è peggiore di una stilettata in
pieno petto, anche il ragazzino sembra soddisfatto di quel gesto.
Metto in moto perché ho visto troppo, ora devo stare da sola.
[Orlando]
Quando
torno a casa, mi sento confuso, veramente sono inebriato ancora
dall’odore di Viginia nel mio naso, e sento che la mia vita sta
per cambiare.
Non voglio ferire Lucia, perché nonostante i nostri
problemi, le voglio bene e gliene ho voluto davvero tanto, ma non è più lei
quello che voglio.
Mi sembra assurdo che per capirlo abbia avuto bisogno della
mia musa, di nuovo. Molto sinceramente non so cosa provo per Virginia, sono
ancora irrimediabilmente attratto da lei, questo lo so, e lei da me. Quello che
vorrei oggi è il tempo per capire cosa ci aspetta la fuori, che futuro potremmo
avere insieme?
- Sono a casa.
La voce di Lucia mi riscuote dai miei pensieri, perché prima
del futuro c’è il presente da sistemare.
Mia moglie è il mio presente.
- Ben tornata.
Le dico mentre resto seduto al tavolo del salotto, il
silenzio di questa casa mi ha sempre messo tristezza. Lei si avvicina al
tavolo, mi lancia una cartella del laboratorio, e si siede accanto a me.
- È effettivamente tuo figlio, ho preso la bottiglietta
d’acqua che aveva gettato nel cestino.
- Non avevi alcun diretto di fargli il test del DNA.
- Sono tua moglie e voglio sapere che cosa è vero e cosa non
lo è. Perché ora? Perché adesso dopo tanto tempo ti hanno cercato?
- Non mi hanno cercato, Virginia non ha mai avuto modo di
trovarmi, non sapeva nemmeno il mio nome.
Mi cercò alla villa dei genitori di Eleonora quando scoprì di essere
incinta, ovviamente non mi trovò e i genitori di Eleonora non conoscevano
nessun Simone. Aveva due strade davanti: cercare un uomo che non voleva nulla
di più di quello che aveva già avuto, o prendersi tutto il bello di quello che
abbiamo condiviso e vivere la sua vita, farsi una carriera, e crescere nostro
figlio.
Lei ha scelto questa seconda via, io non gliene faccio una colpa.
Perché oggi? Per puro caso, so che sono stati altre volte a
Roma, credo che adesso si vogliano fermare per un po’.
Vuole darmi la possibilità di conoscere Simone.
- Lui vuole conoscerti? Sa chi sei? Perché non ti odia come
dovrebbe?
- Virginia non mi ha mai odiato, e Simone è cresciuto
influenzato dai suoi sentimenti, ha dei dubbi legittimi ed è arrabbiato.
Abbiamo avuto modo di discutere un po’ questo pomeriggio e lui ha capito perché
non ci sono stato fino a ora, e sa che vorrò esserci per il futuro.
- Non recuperarai quindici anni …
- Quelli li ho persi, ma ho tutto il suo futuro e quello non
voglio perdermelo.
- Per me non ci sono problemi, capisco la situazione, ma c’è
dell’altro vero? Tu non mi stai dicendo di accogliere tuo figlio, tu provi
qualcosa per sua madre.
- Sinceramente non lo so quello che provo per Virginia. So
che non sono felice, so che non sono soddisfatto di questo matrimonio, so che
prima di rivederla non mi ero posto il problema, so che non facciamo l’amore da
tantissimo tempo.
- Facciamolo allora, adesso.
- Non sono un pupazzo, non basta ‘facciamolo’ per accendere
i miei desideri.
- Non mi sembri così annoiato.
Dice passandomi una mano sul cavallo dei pantaloni, gesto
che m’infastidisce moltissimo. La mia erezione non è certo merito suo, mi allontano dal suo tocco.
- Sto così da quando ho visto Virginia.
Lei mi guarda con astio ed io le permetto di farlo, quello
che le ho detto non è stato certamente carino.
-Tu la vuoi! - Mi accusa puntandomi il dito contro. –Tu la
desideri, lei ti sta allontanando da me.
Dice mentre cerca di alzare il braccio per schiaffeggiarmi,
ma le blocco il polso.
-Virginia non ha fatto nulla per allontanarmi da te, io la
desidero, ma questo non dipende da lei, ti prego Lucia affrontiamo questa cosa
come due persone civili.
- Che cosa vuoi?
- La separazione.
Questa adesso è la mia unica certezza, l’unica cosa che so
di volere.
- Siamo già a questo punto?
Dice cominciando a tirarmi dietro qualsiasi cosa le capiti
sotto mano.
- Sì, ti prego, smettila. Lucia ti giuro che tra me e Virginia
non è successo nulla, cio nonostante io voglio la separazione.
Quando lei si siede sul divano e si porta le mani alla
fronte, mi siedo di fronte a lei.
-Ti ho visto in ospedale, vi ho visto, io … io lo vedo.
- Lo so.
Le dico abbracciandola, eccola qui la mia Lucia consapevole
e saggia.
- Domani chiamerò l’avvocato.
Mi dice stringendomi la mano e aprendosi in un timido
sorriso quando il mio telefono squilla, forse rispondere in un momento del
genere non è appropriato ma sento di dover rispondere.
- Pronto.
- Orlando Serra?
- Sì, sono io.
- Sono Simone... Del Gado, scusa il disturbo ma …
- Simone, stai bene? Virginia?
- Mamma sta bene, noi stiamo, entrambi. Lei è stata
dimessa, solo che… insomma vista la storia del corpetto è meglio se stasera
dormiamo in albergo secondo me, ma lei vuole stare in casa perché si vuole
allenare, mi sembra una stronzata… scusa il linguaggio, non è che glielo dici
tu?
- Sì, ma le guardie che ha detto di aver assunto?
- Inizieranno domani mattina.
- Prepara una borsa con un paio di cambi per entrambi, io
sto arrivando.
- Simone con chi parli?! - Sento la voce di Virginia lontana.
- Glielo dici tu allora, ti mando l’indirizzo.
E attacca il telefono senza farmi parlare, mi volto verso
Lucia che ha già capito tutto.
- Per la scorta non è stata una mia decisione.
- Non hai insistito immagino.
- Non ho insistito. Dove vai?
- Li porto in albergo, e resto con loro.
- Non sei in servizio, ricordatelo.
- Me lo ricordo, grazie!
Le dico posandole un bacio sulla fronte, preparo una borsa
ed esco in fretta di casa.
Convincere Virginia non è stato facilissimo, soprattutto per
la serie di rimproveri che sono partiti per Simone, non è abituata a condividere
con qualcuno certe preoccupazioni e la posso capire, io non sono abituato a
certi pensieri, ma Simone sembra stare benissimo. Mentre la madre si scaglia
contro di lui, con espressioni davvero colorite, lui si è nascosto dietro le
mie spalle.
Dopo aver sbollito la situazione d’inferiorità numerica, e
il fatto di dover affrontare un adulto e non solo un adolescente, usciamo da
casa. Andiamo in un albergo lontano dal centro ma molto di classe, prendiamo
una suite ma la fermiamo a mio nome, non voglio che qualcuno la possa
disturbare.
Simone dopo una rapida doccia si mette a letto, crollando
addormentato poco dopo, mentre io cerco di fare del divano un giaciglio per la
notte, quando Virginia si avvicina a me con un tablet in mano.
- Posso?
Mi chiede, mentre io la invito a sedersi accanto a me,
evitando di notare che indossa un minuscolo pantaloncino e un’enorme maglietta
dei Doors.
- Mi dispiace se ti abbiamo disturbato, tua moglie non deve
averla presa bene.
- Ha capito, stavamo discutendo prima della chiamata ed io... le
ho chiesto la separazione, lei non si è opposta.
Noto che è rimasta interdetta, allora accende il tablet e lo
mette tra noi due.
- Ho pensato che volessi vederle. È uno dei miei archivi fotografici,
c’è Simone da quando è nato fino a oggi.
La vedo che comincia a sfogliare delle cartelle. ‘Nella
pancia’, ‘Un pulcino1’, ‘Un pulcino2’, ‘Il paperotto’, 'Mamma basta con sto paperotto'…
- Non fare caso ai nomi, sono dannatamente sentimentale, ma
il pulcino era davvero meraviglioso.
- Posso vedere qualche foto della gravidanza?
Lei annuisce e apre la cartella, e l’unica cosa che riesco a
pensare è quanto fosse bella, sorride nella maggior parte delle foto, e si
tocca il ventre con orgoglio, l’ha sempre amato.
- Com’è andato il parto?
Le ho chiesto di fronte ad una sua foto con la pancia
enorme.
- Bene, per essere una primipara sono stata molto fortunata,
dalla rottura delle acque al parto sono passate poco meno di due ore. È nato di
tre chili e otto ed era lungo 48 cm. Si è attaccato al seno senza problemi.
Quando parla, gli occhi le brillano.
- Aspetta…
Mi dice poi cominciando a sfogliare tra le foto, fino a che
non ne trova una, lei ha il volto stanco e molto provato, ma veramente felice,
tiene in braccio un fagotto con un buffo cappellino azzurro. Come un idiota
accarezzo il viso del pulcino e la sento sussultare, mi volto a guardarla, ha
gli occhi lucidi e trattiene malamente le lacrime. La stringo in un abbraccio
senza dire niente, so quello che prova in questo momento.
- Non pensavo che potesse succedere realmente. L’ho sognato
tante volte ma non ho mai creduto che ti avrei ritrovato.
Dice sul mio petto, ed io capisco perfettamente tutta la sua
preoccupazione, l’ha cresciuto sapendo che io non ci sarei stato, vedermi qui
adesso deve essere strano. Dopo essersi accucciata meglio sul mio petto,
continuaiamo a vedere fotografie, da quello che intuisco, hanno girato
moltissimo. Hanno vissuto a Milano, dove Simone è nato, poi a Parigi, New York,
Londra, mio figlio ha sempre il sorriso sulle labbra e guarda alla mamma come
alla persona più importante del mondo. La mia mano è tra i capelli di Virginia,
accarezzarli è come una droga, mentre lei si perde tra i ricordi dell’infanzia
del suo bambino.
Quando si volta a guardarmi il suo viso è illuminato dalla gioia
che non può nascondere.
- Probabilmente tu sarai stanco ed io ti sto trattenendo, è
tardi.
Fa per alzarsi, ma le passo una mano attorno alla vita e le
impedisco di muoversi.
- Puoi tenerlo. – dice indicando il tablet e fuggendo il mio
sguardo.
Le passo una mano sotto il mento per farmi guardare, e
quello che trovo nei suoi occhi è uno splendido deja-vu, lo sguardo è lo stesso
che aveva quindici anni fa, e come allora, non seppi resisterle, mi chinai su
di lei che chiuse gli occhi.
Il
suo sapore è lo stesso, come un idiota mi sono stupito
nel riconoscerlo dopo tutto questo tempo, la sua lingua cerca la mia ed
io non
mi nego, è tutto il giorno che non vedo loro di perdermi in lei,
con la mano le
afferrò quei morbidi crini e la avvicino a me ancora di
più. Senza mai allontanarsi dalla mia bocca, si metta cavalcioni
su di me, quando la prendo per i fianchi, è per
sentirla più vicina. Soffoco il suo gemito tra le mie labbra, e
con una fatica
immane mi separo da lei.
- È tutto il giorno che morivo dalla voglia di farlo.
Le dico scostandole i capelli che le sono caduti sulla
fronte.
- Anch’io. – dice accarezzandomi il viso. – Sono una mamma, una
serissima professionista, mi chiamano il
ghiacciolo, la maggior parte dei miei colleghi perché mostro sentimenti e
passione solo quando ballo… Basti tu per mandarmi in confusione.
- Ghiacciolo? – Le dico mentre da bravo stronzo le accarezzo
le cosce.
- Lady Icicle, per la precisione. – dice mentre si china a
baciarmi il collo, per ripagarmi con la mia stessa moneta.
- Non mi sei mai sembrata fredda.
Le dico sottovoce e quasi sospirando.
- Non lo sono mai stata con te.
Mi soffia sulle labbra, e sto per perdere quel poco di
controllo che mi rimane, decido quindi di perdermi ancora un momento tra le sue
labbra per poi allontanarla da me prendendola per le spalle.
- Nostro figlio dorme, spero, dietro quella porta. E
sicuramente vorrà la mia testa…
Lei si apre in un sorriso dolcissimo e mi posa un bacio
veloce sulle labbra.
- Buonanotte. – mi dice arrivata alla porta.
- Buonanotte a te, Lady Icicle. – sorride cercando di
soffocare i campenellini con la mano, per poi infilarsi nel letto.
La mattina seguente, mentre Virginia è in bagno Simone viene
vicino a me, vede il tablet della madre, ed io che mi sto svegliando, si siede
sulla poltrona e mi fissa.
- Buongiorno.
Gli dico per capire quel suo strano atteggiamento, sembra
molto indeciso se rispondermi o no, a un semplice saluto.
- Buongiorno. Riposato bene?
- Sì. – dico un po’ esitando – Tu ti senti bene?
- Hai un enorme succhiotto sul collo!
Dice fregandosene di quello che credo fosse il suo primo
proposito ovvero parlarne con calma.
- Non è come pensi.
Mi porto le mani alla testa perché la cosa non è facile da
gestire.
- Mi avevi detto che l’avresti rispettata. Ora dimmi, ti
frega qualcosa di me o vuoi solo portartela a letto?
- Pensi questo di me?
Gli chiedo sconvolto in quel momento credo di aver dato a mio figlio la peggior impressione possibile, quindi quando vedo Virginia uscire dal bagno e avvicinarsi le faccio no con la testa e lei si allontana.
Lui
annuisce e non smette di fissarmi, con aria truce.
- M’importa di te, molto, non posso riavere i quindici anni
che ho perso, ma ieri sera ho potuto sentire di te dalla persona che ti ama più
di chiunque altro.
- Stai dicendo che se hai un succhiotto è per le mie foto da
bambino?
- No, l’attrazione che provo per tua madre non c’entra con
te, o meglio, non proprio. Senza di quella dubito che tu saresti qui oggi,
comunque, io ho chiesto la separazione a mia moglie, quello che so di certo è
che non voglio più stare con lei.
Sembra quasi capire quello che sto dicendo, certamente ci
sta pensando su.
- Oggi, quando tua madre sarà in teatro, con tutte le sue
guardie del corpo, ti va se te ed io ce ne andiamo un po’ in giro? Solo noi
due.
Lui annuisce, aprendosi in un sorriso.
- Sì però copri il succhiotto o rovini la reputazione del
ghiacciolo.
- Tu lo sai?
- Certo. – dice ammiccando nella mia direzione, dopodiché
m’indica il bagno, dicendo che lui può aspettare.
NDA
Ecco il secondo atto, doveva essere una shot, ma è unn po' troppo lunghetta.
Conto comunque di chiuderla in pochi capitoli.
Che cosa ne pensate?
Besos
A