Anime & Manga > Magi: The Labyrinth of Magic
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Autore: rainbowdasharp    14/11/2012    2 recensioni
[Magi - The Labyrinth of Magic]
I tarocchi sono, notoriamente, uno degli strumenti più usati nella cartomanzia. Esistono molteplici associazioni tra essi e Magi, essendo quest'ultimo uno shounen ambientato tra le magie delle Mille e una Notte. Ho provato a darne un'interpretazione personale, raccogliendo ognuna di queste carte in una storia a sé. Al momento, ho previsto 22 one-shots, ma probabilmente mi avventurerò anche più in là... Sperando che l'ispirazione mi assista. Buona lettura ~
Genere: Avventura, Azione, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Raccolta | Avvertimenti: Spoiler!
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LA PAPESSA –
La carta della papessa rappresenta serenità, conoscenza, fede e fedeltà, valori e rettitudine morale.
Spesso può riferirsi ad una figura femminile, affidabile e sincera.
E’ una carta indubbiamente positiva.

 

Ricordava fin troppo bene quella sensazione di vuoto assoluto mentre, con gli occhi spenti dalle troppe lacrime versate, osservava i resti di quella che era stata la sua casa. La ferita sulla parte sinistra del volto, non del tutto guarita, ancora faceva male ed aveva imparato a non sorridere troppo, per evitare il dolore.
Non che fosse semplice sorridere, in un momento come quello.
Era rimasto solo: che senso aveva continuare a vivere, ora che aveva perso tutto? I suoi fratelli, suo padre, la sua casa. Perché lui non era morto con loro?
Era a quei pensieri che le sue mani, ancora paffute e piccole, si stringevano in pugni di rabbia. Quello sfregio che aveva sul viso – ne era sicuro – era un monito dei suoi fratelli. “Vai avanti, Hakuryu”, sembrava dirgli, ogni mattina, allo specchio. “Vai avanti e rendici onore”.
Ma Hakuryu, adesso, non era più un bambino. Le sue mani erano abbastanza grandi da impugnare con maestria un’arma grande come la naginata ed erano piene di calli, a causa dei duri allenamenti a cui si sottoponeva. Il suo riflesso nello specchio non aveva smesso di ricordargli quella che, per lui, ormai era una vera e propria missione.
Avrebbe vendicato i suoi fratelli. Avrebbe distrutto quel morbo che attanagliava le pareti della sua casa, ricostruite sulle menzogne, sull’inganno e sul dolore di coloro che aveva amato.
No, Hakuryu non era un eroe: sapeva che il suo obiettivo prevedeva una morte quasi certa, ma questo non lo rendeva un tragico paladino in lotta per estirpare il male dal mondo. Non aveva un animo tanto nobile e  del mondo, in fondo, non gli importava. Gli bastava sradicare da quelle mura chi le aveva già distrutte in passato.
«Hakuryu».
Il ragazzo, preso nello sferrare un fendente all’aria, si bloccò improvvisamente. Ormai, era certo di non essere più un bambino... Eppure, c’era una sola persona in grado di frantumare quella sicurezza e di farlo tornare il piccolo principe in lacrime che aveva smesso di essere da tempo, forse fin troppo presto; quella stessa persona che, con un sorriso sicuro e deciso, adesso si stava avvicinando a lui.
«Hakuei…» sussurrò il ragazzino, interrompendo per un attimo la sua sessione di allenamenti quotidiana. Sua sorella era l’unica persona, in ciò che era rimasto del suo mondo, per cui valesse la pena sopravvivere. Si era presa cura di lui con tanta dedizione da essersi sovrapposta quasi totalmente alla figura della madre, che Hakuryu avrebbe di gran lunga preferito dimenticare. «Stai partendo?».
La ragazza annuì, senza però perdere il suo sorriso. «Sembra che abbiano bisogno di rinforzi con la tribù di Kouga. Il nostro re mi ha affidato parte del suo esercito, con la carica di generale… è un grande onore».
Già, un grande onore. Hakuryu avrebbe avuto da obiettare in più modi ma sapeva che, nonostante le sue parole orgogliose, Hakuei si rendeva perfettamente conto che quello era più un ordine ben preciso, che non una dimostrazione di fiducia.
«Fa’ attenzione, sorella» si lasciò sfuggire, in un sussurro. La ragazza, ignara della verità che tanto pesava sull’animo del fratello minore, dapprima lo guardò con uno sguardo lievemente stupito; poi si sciolse in un sorriso caldo e materno. Lo strinse in un abbraccio pieno d’affetto, tanto che Hakuryu lasciò andare la sua arma, incapace di contrattaccare quella sensazione di tranquillità e pace che solo la sorella riusciva a trasmettergli. Hakuryu si ritrovò a ricambiare la stretta, tornando il bambino spaventato e tormentato dagli incubi di quella notte: tra le braccia di Hakuei, tutto sembrava scivolargli addosso. Eppure, anche lei, come lui, aveva perso tutto, quella notte: perché era riuscita a prendersi cura di lui? Come faceva a sorridere in quel modo, ad essere così risoluta nel volere aiutare l’Impero?
Era per questo che Hakuryu non le aveva mai detto niente, di come erano andate veramente le cose. Non voleva vedere quel sorriso spegnersi sul suo volto determinato. Non voleva che quel tono dolce, che usava solo con lui, scomparisse e non voleva che i suoi occhi luminosi si spegnessero, come i suoi.
Quello era l’unico modo che aveva, al momento, per proteggerla. E avrebbe continuato a farlo, fin quando sarebbe stato possibile.
«Tranquillo, Hakuryu. Andrà tutto bene… Ci vediamo al mio ritorno» e, detto questo, gli baciò la fronte con tenerezza.
Il moro abbassò lo sguardo, senza guardarla allontanarsi. I passi svanirono in pochi attimi, lasciandolo solo nel grande piazzale murato.
Raccolse la naginata, mentre un pensiero infantile e decisamente inappropriato gli attraversò la mente.
“Sarà difficile dormire, per un po’…”  
   
 
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