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Autore: Virtual Deliverance    16/11/2012    0 recensioni
Un giovane videogiocatore trova un videogioco intitolato Abduction, che promette di essere ultrarealistico. Poco dopo, viene davvero rapito dagli alieni. E' stato il videogioco a chiamarli?
Questa storia è ispirata allo stile narrativo di R. L. Stine.
Genere: Science-fiction, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Quando fui di nuovo in grado di vedere, mi trovavo in un altro ambiente. Era grande, come se fosse un magazzino vuoto, e illuminato fiocamente da schermi giganti appesi alle pareti, sui quali potevo vedere diagrammi di un ambiente labirintico circondati da scritte con caratteri incomprensibili. Il pavimento e le pareti erano di metallo, con dispositivi dalle forme bizzarre posti tutt'intorno. Al centro di quell'ambiente c'era una piattaforma rialzata.

Stavo cercando di dare un senso a tutto ciò, quando sentii la voce di un bambino dietro di me. "Papà! Dove siamo?" diceva.
Mi girai e vidi una dozzina di altre persone, di varie età, tutte ugualmente disorientate. Il più vicino a me era un bambino di circa sei anni aggrappato alla gamba del padre.
A nessuno in particolare, chiesi: "Come siete... come siamo arrivati qui?"
Il primo a rispondere fu il bambino. "L'astronave ci ha portato qui. L'ha chiamata il videogioco."
Non poteva essere una coincidenza. Mi avvicinai al padre e gli chiesi: "Quale videogioco? Si chiamava Abduction, della Sinnesloschen?"
Subito, tutti si voltarono verso di me, con sguardi stupiti. Per me, quello era un sì. Una donna che si trovava più lontano si fece avanti e disse: "Stavamo tutti giocando allo stesso videogioco.

Un giovane con i capelli lunghi, che stava ancora guardando in giro, prese il cellulare dalla tasca.
"Accidenti! Non c'è segnale!" esclamò.
Subito dopo si avvicinò a uno dei dispositivi e iniziò ad armeggiare, premendo i pulsanti e muovendo le manopole. Qualcun altro gridò: "Che cosa stai facendo? E' pericoloso!"

Su uno schermo vicino, la scala del diagramma iniziò a cambiare, mostrando un numero sempre maggiore di gallerie del labirinto, finché fu evidente che il luogo era di forma circolare.
Per un po', lo schema continuò solo a rimpicciolirsi, finché comparve un cerchio molto più grande che lo circondava. Anche questo cerchio si stava riducendo, ma questa volta la visuale si spostava anche verso destra.
Sul lato destro dello schermo apparve un cerchio ancora più grande. Questo, all'interno, mostrava profili familiari: i continenti della Terra.

"Visto? Nessun problema." disse il giovane.

Capii immediatamente che cosa voleva dire il diagramma. Eravamo da qualche parte sotto la superficie della Luna!
Eppure, tutto suggeriva che fossi in piedi in un campo di gravità normale. Quindi, pensai, i costruttori di quel luogo erano in grado di controllare la gravità. Considerando che avevo sperimentato l'assenza di gravità quando il disco volante mi aveva preso, tutto aveva senso.

Poi udii un'altra voce, proveniente dal centro della stanza. "Ehi, ho trovato qualcosa!" diceva.
Mi voltai e vidi un uomo sulla piattaforma sopraelevata, che sembrava stare in piedi... sul nulla. Mi avvicinai alla piattaforma, chiedendomi come fosse possibile, e passai le mani sotto i suoi piedi.
Lì c'era qualcosa. Era freddo e liscio, come il metallo, ma era completamente invisibile.
Mentre seguivo con le mani la forma dell'oggetto, sentii qualcosa cedere con uno scatto. L'oggetto invisibile emise una specie di onda esplosiva che rese gelida la stanza e fece cadere l'uomo. Lanciai un urlo... poi mi accorsi che l'oggetto era diventato visibile. Era una navetta monoposto, e io avevo appena aperto la sua cabina di pilotaggio.

Mi sedetti ai comandi. Il sedile era troppo sottile per essere comodo, e lo schienale era molto alto, con una strana curva in mezzo. La plancia era piena di pulsanti e includeva quattro joystick, due per lato.
"Come bisognerebbe pilotarla?" pensai. Dopo tutto, non era stata progettata per l'anatomia umana.
Afferrai due joystick e li mossi in varie direzioni. Niente. Premetti dei pulsanti a caso. Niente.
"Perfetto." dissi, e mi rialzai.
"Sei riuscito a fare qualcosa?" chiese l'uomo che aveva scoperto la navetta.
"Forse è senza energia. O forse riesce a capire che non sono la specie giusta, non lo so." risposi.

Qualcun altro chiamò: "Qui c'è una porta!"
Era lo stesso che aveva attivato lo zoom sullo schermo. Era in piedi vicino a una cavità in una delle pareti, grande abbastanza per lasciar passare la navetta.
Mi avvicinai a lui e gli chiesi: "Riesci ad aprirla?"
Mi mostrò un gruppo di interruttori sul muro.
"Credo di sì." disse. "Ognuno di questi interruttori può essere attivato o disattivato. Ce ne sono sette, per un totale di 128 possibili posizioni. Una di queste deve aprire la porta, devo solo provarle tutte."
Iniziò ad attivare e disattivare gli interruttori in varie combinazioni. Un paio di minuti più tardi, aveva trovato quella giusta.

In completo silenzio, la porta si sollevò e rivelò un corridoio metallico, nel mezzo del quale stava un essere alto due metri, con la pelle coriacea, gambe ossute, un torso che si poteva flettere e avvolgere come un serpente, quattro braccia sottili, gli occhi rossi e una testa allungata. Ci stava osservando, forse aspettando la nostra mossa.
Io decisi di passargli semplicemente a fianco, ma appena arrivato alla distanza di un braccio, mi graffiò il viso con la mano inferiore sinistra.
Molte delle altre persone gridarono spaventate. Io, invece, sentii un'improvvisa rabbia che cresceva dentro di me. Stringendo i pugni, caricai il mostro e lo buttai giù con tutto il mio peso. Era molto più leggero del previsto, probabilmente perché era così sottile.
L'alieno cercò di avvolgersi intorno al mio corpo: ciò mi permise di afferrargli la testa e sbatterla ripetutamente contro il pavimento.
L'essere allentò la presa, ma sibilava ancora contro di me. Lungi dallo spaventarmi, ebbe solo l'effetto di aumentare la mia furia, così, con un grido di rabbia, gli spinsi i miei pollici dritto negli occhi. In risposta, emise un grido di dolore, e subito dopo cercò di mordermi un polso, con denti che sembravano aghi.
Gli scaraventai di nuovo la testa contro il pavimento e gridai: "Vuoi darmi un morso? Adesso te lo dò io, un morso!"
Assestai un morso sul collo dell'alieno, squarciandolo con sorprendente facilità. La ferita riversò fuori una melma verde, e le grida dell'alieno si trasformarono in gorgogli.
Ora che ero completamente libero, mi alzai di nuovo e notai che la porta dietro di me si stava chiudendo. Rapidamente, spinsi l'alieno proprio sotto la porta, che lo schiacciò stritolandogli le ossa.

Riaprii la porta. Tutti gli altri rapiti mi guardavano con un misto di stupore e paura.

Il bambino mi rivolse la parola. "Wow, che figata!" disse. "Schifoso, ma una figata! Come hai trovato il coraggio di farlo?"
"Non lo so", risposi. "All'improvviso ho sentito una furia sanguinaria che si impossessava di me. Quasi non riuscivo a controllare le mie azioni. E' stato strano, quasi come essere fuori dal mio corpo, a guardare."
"Ti era già successo?" mi chiese.
"No. Prima volta." risposi.

Iniziai a camminare lungo il corridoio, insieme agli altri.
Venti metri più avanti, notai qualcosa lungo la parete. Una specie di impalcatura, che sosteneva oggetti che sembravano snowboard. In realtà, erano tavole metalliche, con anelli blu luminescenti sul fondo.
Come toccai una delle tavole, saltò fuori dall'impalcatura da sola. Discese lentamente, fino a una trentina di centimetri da terra, dove rimase a fluttuare nell'aria.
Girai intorno alla tavola. Era qualcosa che avevo visto innumerevoli volte... nei fumetti di fantascienza. Avevo quasi paura di riconoscerla per quello che era: un hoverboard.

Pochi secondi dopo, saltai sulla tavola. Sembrava stabile: perlomeno, riusciva a reggere il mio peso.
Mi sporsi gradualmente in avanti e la tavola iniziò ad accelerare. Spostando il mio peso in altre direzioni, potevo rallentare o curvare. Se non fossi stato prigioniero in una base lunare, con alieni ostili che probabilmente osservavano ogni mossa che facevo... sarebbe stato piuttosto divertente. No, ma chi voglio prendere in giro? Sarebbe stata la cosa più divertente di tutta la mia vita!
Mentre scivolavo lungo il corridoio, giurai a me stesso che non avrei mai lasciato andare la tavola finché non fossi di nuovo sano e salvo sulla Terra.

Mentre pensavo a come utilizzare la tavola per poterci guadagnare il massimo, tutte le luci del corridoio si spensero. Subito dopo, un altro lampo di luce bianca mi accecò. Questa volta sapevo che cosa sarebbe successo: di lì a poco, mi sarei trovato in un altro posto.
In meno di un decimo di secondo, la mia mente formò decine di pensieri: "Dove mi portano? Mi faranno del male? Prenderanno anche gli altri rapiti? Mi porteranno via l'hoverboard?"
  
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